Archive for Aprile, 2021

Vaccini: AstraZeneca e tutti gli altri. Quando, come e perché i benefici superano i rischi

lunedì, Aprile 19th, 2021

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Al 4 aprile, su 35 milioni di dosi AstraZeneca somministrate, nel database sulla sicurezza dei farmaci dell’Ue sono segnalati 222 casi di trombosi cerebrali e addominali. Ad oggi i primi 86 casi confermati, di cui 18 fatali, hanno portato alla correlazione con il vaccino: 62 casi di coaguli di sangue si sono verificati nelle vene del cervello, gli altri 24 nelle vene dell’addome. Per capire il significato di questi numeri bisogna rispondere alla domanda: di quanto il numero di eventi tromboembolici nelle persone vaccinate con AstraZeneca è superiore al numero osservato nella popolazione generale?

I casi prima del vaccino

La valutazione dei vaccini nell’Unione Europea spetta all’Ema con il suo comitato per i medicinali per uso umano (Chmp), e quello della valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (Prac), istituito nel 2012 per rafforzare il monitoraggio della sicurezza dei farmaci. Con le prime segnalazioni di questi eventi rari, Ema ha raccolto i dati europei prima delle campagne vaccinali per anno, fasce di età e genere per stabilire se con il vaccino AstraZeneca c’è un aumento del rischio. L’analisi delle banche dati di Italia (Ars, Pedianet), Spagna (Fisabio, Aemps), Danimarca (Auh), Germania (Gepard) e Regno Unito (Cprd) ha permesso di conoscere l’incidenza naturale della coagulazione intravascolare disseminata, tromboembolia venosa, polmonare, ictus ischemico ed emorragico, microangiopatia trombotica e trombosi del seno venoso. Proprio quest’ultima è quella incriminata. Se guardiamo all’Italia, nel 2020 sono state colpite da trombosi del seno venoso una donna su 100 mila tra 0-19 anni, 3 su 100 mila tra 20-39 anni, 4 su 100 mila tra 40-49 anni, una su 100mila oltre i 50 anni. Negli uomini invece si riscontrano casi solo a partire da 50-59 anni (meno di uno su 100 mila) e oltre i 60 (1-2 su 100 mila).

Dove aumenta l’incidenza

Il passo successivo è stato quello di verificare se il tasso di incidenza dei casi tromboembolici nei vaccinati è superiore. Occorre precisare che si tratta di eventi segnalati spontaneamente, quindi insufficienti per stabilire l’incidenza con precisione. A oggi si è riscontrato un aumento dell’incidenza rispetto all’atteso di 1 su 100.000 vaccinati con AstraZeneca in chi ha meno di 50 anni, soprattutto donne per la trombosi del seno venoso e, in particolare, per la trombosi associata a trombocitopenia (carenza di piastrine) che in assenza di uso dell’anticoagulante eparina è un evento rarissimo.

Rapporto rischio beneficio

Consideriamo ora il rischio di ammalarsi gravemente o di morire per Covid. Nella Ue a fine marzo 2021, il tasso di letalità per gli over 80 supera il 27%. Nella fascia 70-79 per i maschi è dell’11,5%, per le donne del 6%. Fra i 60-69 per i maschi è quasi del 3%, per le donne dell’1,4%. Mentre nelle donne tra i 20 e 29 anni è circa lo 0,002%.

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Superlega, Perez & Agnelli alla guida Le strategie di una guerra per soldi

lunedì, Aprile 19th, 2021

di Daniele Dallera e Fabio Savelli

Superlega, Perez & Agnelli alla guida Le strategie di una guerra per soldi

L’ideologo della Superlega è Andrea Agnelli, il capitano della Juve in questo fronte italiano di ribelli. Sul suo carro sono saliti Inter e Milan, Marotta e Gazidis. Ma il pilota in questo Gran premio della follia calcistica è Andrea Agnelli che studia questo progetto da anni. Nell’ultima stagione ha lavorato in tanti campi, forse in troppi. Con la Juve ha cercato scudetto e Champions, li ha persi entrambi. Nella Lega serie A si è schierato subito a favore dei fondi, della Media Company, il progetto innovativo del presidente Paolo Dal Pino, per poi sfilarsi, nonostante facesse parte della Commissione che studiava e portava avanti la trattativa con i nuovi finanziatori, e scaricare lo stesso numero 1 della serie A. Una partita a tutto campo per sé e pochi altri, per i ricchi, ai danni del campionato.

È così che nasce laSuperlega europea. Nel comunicato di ieri sera, pronto da ore, preparato nei minimi particolari, la Juventus fa sapere di aver aderito al progetto della Superlega. Il bello è che si precisa che «i club fondatori continueranno a partecipare alle rispettive competizioni nazionali e, fino all’avvio effettivo della Superlega, la Juventus ritiene di partecipare alle competizioni europee alle quali ha titolo di accedere». Ingordigia? Una cosa è certa: Andrea Agnelli punta a tutto, oltre a far saltare il tavolo del calcio internazionale. Vuole partecipare alla Champions, ma fonda un campionato europeo per nababbi. Si disinteressa dell’annunciata presa di posizione della Uefa che intende squalificare, sospendere, forse radiare, le società che hanno fondato la nuova competizione. Così fa spallucce all’opposizione della Federcalcio che giustamente difende, vuole tutelare il campionato nazionale. Nel mirino di Agnelli, sostenuto da Lotito e De Laurentiis, oltre a Dal Pino, c’è anche il presidente federale Gravina, tanto per cambiare. Quanto a battaglie non si risparmia. Tattiche le sue dimissioni da presidente dell’Eca e dall’esecutivo Uefa. Per ora l’Uefa ha annunciato cause miliardarie.

Suo grande alleato è Florentino Perez, grande capo del Real Madrid. Anche lui vuole terremotare il calcio europeo, è il presidente della Superlega. In pratica si è autonominato.

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Superlega, ora è ufficiale: «Dodici club creano una nuova competizione». Ci sono Juve, Inter e Milan

lunedì, Aprile 19th, 2021

di Guido De Carolis

L’idea di una Superlega chiusa è uno strappo compiuto. «Dodici club europei hanno annunciato un accordo per costituire una nuova competizione calcistica infrasettimanale, la Super League, governata dai Club Fondatori». Così inizia il comunicato della nuova Super lega che spacca il calcio e dà vita a un nuovo campionato continentale, in stile Nba, che partirà «il più presto possibile», forse già la prossima stagione e che vede tra i club fondatori Juve, Inter e Milan, oltre a Barcellona, Atletico e Real Madrid, Manchester United e City, Chelsea, Tottenham, Arsenal e Liverpool (qui i dettagli sul progetto della Superlega).
L’ipotesi circolava da tempo, come una bomba a orologeria è esplosa alla vigilia del Comitato esecutivo dell’Uefa che oggi deve ratificare il nuovo format della Champions League a 36 squadre con inizio nel 2024, concertato con l’Eca (qui tutti i dettagli)., ma disatteso proprio da alcuni dei maggiori membri, primo tra tutti dall’ormai ex presidente dell’associazione club europea, Andrea Agnelli che ha rassegnato le dimissioni. La stessa Eca, di cui la Juve e gli altri club della Superlega da ieri non fanno più parte, ha condannato l’idea della Superlega, sconfessato l’operato del numero uno bianconero e spiegato di «essere contraria al progetto».
Il nuovo campionato europeo sarà a «20 squadre, con 15 posti fissi riservati ai membri fondatori e i restanti 5 assegnati ogni anno in base ai risultati conseguiti nella stagione precedente», scrive la Superlega. Due gironi da 10 squadre con partite infrasettimanali di andata e ritorno, poi quarti, semifinale e finale. Un colpo mortale alla Champions e alle competizioni nazionali. Ad annunciare il nuovo progetto è stata proprio la neonata Superlega, di cui il numero uno del Real Madrid, Florentino Perez, è il nuovo presidente e Agnelli il vice, posizione condivisa con Joel Glazer del Manchester United. «In questi ultimi mesi ha avuto luogo un ampio dialogo riguardo al futuro formato delle competizioni europee. I club fondatori credono che le misure proposte non rappresentino una soluzione, c’è la necessità di offrire partite di migliore qualità e risorse finanziarie aggiuntive. I club fondatori auspicano l’avvio di consultazioni con Uefa e Fifa al fine di lavorare insieme».

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Antartide, si è sciolto A68: l’iceberg più grande del mondo

lunedì, Aprile 19th, 2021

Si è sciolto l’iceberg più grande del mondo, diventato una star dei social media e noto con il nome di A68. Lo riporta la Bbc. Era grande circa 6mila km quadrati, pesava quasi un miliardo di tonnellate e si era staccato dall’Antartide nel 2017. Secondo il National Ice Center degli Stati Uniti si è ormai frantumato in migliaia di piccoli pezzi che non valgono più la pena di essere monitorati.

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Niente vaccini per disabili e malati di cancro. La rabbia delle famiglie

domenica, Aprile 18th, 2021

GIACOMO GALEAZZI

ROMA. Da nord a sud bufera per i ritardi nelle vaccinazioni delle persone più fragili. «La disuguaglianza nell’accesso al vaccino è l’offesa più grave che si possa infliggere alle persone  vulnerabili», afferma don Aldo Buonaiuto, sacerdote di frontiera alla Comunità Giovanni XXIII. «I disabili hanno sofferto più di tutti i 15 mesi di pandemia, perciò metterli in sicurezza vaccinandoli è un dovere sociale», evidenzia Antonio Massacci, padre di un ragazzo affetto da un’epilessia farmacoresistente che gli impedisce di memorizzare ciò che apprende, impegnato in prima linea nell’Anffas, associazione delle famiglie dei disabili intellettivi.

Disparità tra regioni
La situazione è a macchia di leopardo sul territorio nazionale. I genitori dei bambini oncologici (Ageop) hanno lanciato un appello al  governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. «Non chiediamo di prevaricare nessuno, né di combattere l’avvilente guerra delle sfortune dove vince chi ne conta di più. Vogliamo solo ribadire, con tutta la forza di cui siamo capaci, che è necessario stabilire per i famigliari dei minori oncologici, e di tutti quelli in condizioni di grave fragilità, esclusi per età dalla possibilità vaccinale, un criterio e una modalità chiari, semplici ed uniformi, di accesso prioritario alla vaccinazione».

Odissea burocratica
Spiega Francesca Testoni, direttrice di Ageop Ricerca Onlus Odv (l’associazione che si occupa dei piccoli pazienti oncologici e dei loro nuclei familiari): «Alcune famiglie ci sono riuscite affrontando quella che ci è stata descritta come una vera odissea attraverso una burocrazia respingente, ma come Associazione di genitori non possiamo accettare che la maggioranza delle famiglie non riesca a far prevalere il proprio diritto, trasformandolo di fatto in un fortuito privilegio, anche se in situazioni di fragilità estrema. Siamo assolutamente consapevoli  che le priorità del piano vaccinale siano state pensate e volute per proteggere le persone che, se contagiate, rischiano la vita». E’ proprio questa consapevolezza infatti che «ci spinge a chiedere che ai famigliari delle bambine, dei bambini e degli adolescenti, affetti da cancro, sia proposta la vaccinazione al più presto per impedire che possano contagiare i propri figli ammalati, con esiti drammatici. La nostra richiesta è quindi formulata nel pieno rispetto e condivisione della logica che ha ispirato il piano vaccinale».
Senza uniformità
Per famigliari si intendono, quando ci sono, i fratelli di età superiore ai 16 anni, prosegue Testoni, che «per non rischiare di contagiare la famiglia sono costretti ad un totale isolamento forzato. La nostra richiesta non è limitata ai piccoli affetti da patologie oncoematologiche: la preoccupazione si estende a tutti i nuclei in cui vi sono minori di 16 anni con disabilità e malattie gravi o croniche. La vaccinazione dei loro caregivers costituisce una priorità così come quella degli over 16 disabili o fragili. In gioco ci sono le vite di tantissimi minori, inoltre non va trascurato il fatto che, qualora fossero contagiati i loro caregivers, ci si troverebbe a dover affrontare il problema sociosanitario del loro accudimento, oggi difficilmente affidabile ai nonni o ad altre figure di riferimento», Quindi, conclude Testoni, «siamo certi che sia possibile identificare una soluzione univoca, veloce ed efficace che sollevi ogni famiglia dall’onere di affrontare percorsi tortuosi e diversi per ottenere la sicurezza di non mettere a rischio la vita dei figli. Il nostro è un appello perché le istituzioni accolgano la nostra istanza e rassicurino le famiglie con una iniziativa tempestiva». 

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Sileri: “Le aperture sono irreversibili, gli ospedali non ne risentiranno”

domenica, Aprile 18th, 2021

Federico Capurso

ROMA. Si è sempre definito un «aperturista moderato», il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri. E adesso che molte attività si preparano a sollevare le saracinesche, non può che essere fiducioso: «Le riaperture sono irreversibili – assicura –, non dovremo più temere di dover chiudere. La campagna vaccinale avanza e guardiamo con ottimismo ai risultati ottenuti dai Paesi più avanti di noi, come Inghilterra e Israele».

Sileri, è la prima vera sconfitta dei rigoristi?
«Le riaperture erano previste per il 1 maggio, cambia poco anticiparle al 26 aprile. Non si può parlare di vittoria o di sconfitta di qualcuno. Serviranno attenzione e gradualità nell’allargare le maglie perché con aperture avventate, senza sufficienti controlli, rischiamo di fare passi indietro. Ma voglio ripeterlo: non torneremo più alle chiusure».

Come fa a esserne certo?
«Perché stiamo uscendo da questa ondata e non ce ne saranno altre che peseranno seriamente sulle ospedalizzazioni. L’incidenza dei contagi è sempre più bassa, caleranno i posti occupati nelle terapie intensive e inizieremo presto a vedere l’effetto dei vaccini sui ricoveri degli over 80. Per avere un calo del numero dei morti, invece, servirà almeno un altro mese».

Eppure, molti virologi e infettivologi dicono sia un rischio enorme aprire in questo momento…
«Il rischio è stato calcolato con buonsenso scientifico e la programmazione è basata sull’andamento dei numeri. Inghilterra e Israele si sono mosse con le nostre stesse tempistiche: perché non dovremmo vedere gli stessi risultati che loro hanno oggi? »

Ma qui c’è ancora un milione di over 80 non vaccinati e gli over 70 sono ancora più indietro. Non si mette in pericolo la campagna vaccinale?
«Non finiremo con il 100% degli over 80 immunizzati, ma una buona parte di questo milione mancante riceverà la sua dose entro fine mese, con una vaccinazione casa per casa per raggiungere gli anziani che hanno più difficoltà. Per gli over 70, invece, concluderemo il percorso nella prima metà di giugno, perché hanno ricevuto in gran parte AstraZeneca, che ha tempistiche più lunghe ma è abbastanza efficace già dalla prima dose. Le fasce più a rischio, quindi, saranno presto al sicuro dalle forme gravi di infezione».

Riparte anche il mondo della scuola, ma i governatori sono molto preoccupati.
«Potrà determinare un aumento dei contagi, certo. Arriverà un momento in cui avremo molti più contagi tra i giovanissimi e nei soggetti sotto i 55 anni, semplicemente perché non sono ancora vaccinati. Ma se i nostri anziani sono già protetti, il rischio è minimo».

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Ecco i 20 cantieri che apriranno entro l’anno. “Il piano vale oltre 100 mila posti di lavoro”

domenica, Aprile 18th, 2021

Luca Monticelli

Finalmente, si parte. Ci sono voluti due anni e tre governi per sbloccare una buona parte delle opere pubbliche incagliate nelle secche della burocrazia. Il ministro per le Infrastrutture e le mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha nominato 29 commissari straordinari che avranno il compito di assicurare la realizzazione di 57 progetti, per un valore di circa 83 miliardi. L’impatto occupazionale nel 2025 arriverà a valere 118 mila posti di lavoro. Sulla base dei cronoprogrammi disponibili, nel corso del 2021 apriranno 20 cantieri, se ne aggiungeranno 50 nel 2022 e altri 37 nel 2023.

Si tratta di 16 infrastrutture ferroviarie, 14 stradali, 12 caserme per la pubblica sicurezza, 11 opere idriche, tre porti e la metro C di Roma. Il governo conta così di abbattere il gap con l’Europa e ancora di più quello tra nord e sud. La parte più consistente degli interventi, infatti, proprio nel Mezzogiorno sarà concentrata con 36,3 miliardi impegnati, mentre quelli per il centro Italia valgono circa 24,8 miliardi e 21,6 per il nord.

Le opere sono già stata finanziate con 33 miliardi di euro e saranno alimentate anche dai fondi legati al Recovery plan. «La nomina di 29 commissari tecnici, competenti, con strutture a loro supporto è un segnale di accelerazione», ha detto Giovannini. L’intervento vedrà «un forte investimento dal programma Next Generation Eu e risorse aggiuntive sul bilancio nazionale per far sì che questi progetti vengano realizzati bene e rapidamente». Inoltre, ha detto il ministro, il piano nazionale di ripresa e resilienza prevede 50 miliardi dedicati alle infrastrutture con un forte orientamento al Sud. L’impatto occupazionale sarà in media di 68 mila posti l’anno che diventeranno 118 mila nel 2025. Per accelerare i tempi, un accordo sindacale ha previsto la possibilità di lavorare 24 ore su 24, mentre l’avanzamento dei cantieri sarà monitorato trimestralmente dal dicastero. Ai commissari spetta un’ampia capacità decisionale e la facoltà di superare i vincoli previsti dal Codice degli appalti. È previsto che l’approvazione dei progetti da parte dei commissari, d’intesa con i presidenti delle regioni competenti, sostituisca a effetto di legge ogni autorizzazione, parere e nulla osta per l’avvio o la prosecuzione dei lavori, salvo che per quelli relativi alla tutela ambientale e dei beni culturali e paesaggistici.

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Crisanti: “Riaprire è una stupidaggine epocale, rischiamo di giocarci l’estate”

domenica, Aprile 18th, 2021

Francesco Rigatelli

MILANO. «Le riaperture sono una stupidaggine epocale. Rischio calcolato? Di calcolato vedo ben poco e il vero rischio è giocarci l’estate». Andrea Crisanti, professore ordinario di Microbiologia a Padova, non le manda a dire al governo Draghi.

Secondo lei come si è arrivati alla decisione delle riaperture?
«Purtroppo l’Italia è ostaggio di interessi politici di breve termine, che pur di allentare le misure finiranno per rimandare la ripresa economica». Qual è la situazione attuale?
«Da settimane viaggiamo tra i 15 e i 20 mila casi al giorno: un plateau altissimo, che non consente di progettare riaperture».

Cosa si potrebbe fare?
«La decisione è stata presa e il governo se ne assumerà la responsabilità. L’unica sarebbe potenziare la vaccinazione, ma tra forniture, disorganizzazione e diffidenza verso AstraZeneca pare difficile superare quota 350 mila».

Lei rimanderebbe le riaperture a giugno?
«Non è una mia opinione, ma di chiunque si basi sui dati. Sento parlare di rischio calcolato, ma come? Di calcolato vedo ben poco e il vero rischio è giocarci l’estate. Allora diciamolo chiaramente: la scommessa è riaprire ora per vedere se a giugno dobbiamo richiudere tutto».

La gradualità, i vaccini e il clima potrebbero aiutare?
«Il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, ieri è stato diplomatico, mentre io che non ho vincoli lo dico chiaramente: riaprire ad aprile è una stupidaggine epocale».

Lei cosa farebbe?
«Copierei l’Inghilterra, che ha vaccinato il 65% della popolazione e si permette timide riaperture. Bisogna diminuire di molto il contagio prima di alleggerire le misure, altrimenti senza tamponi e tracciamento riparte in poche settimane».

L’estate prossima sarà più difficile di quella passata?
«Non dimentichiamo che Israele fu costretto al lockdown in pieno agosto. L’anno scorso venivamo da forti chiusure, mentre ora ci presentiamo alla bella stagione in ordine sparso. La vita all’aria aperta può mitigare il contagio, ma non risolve il problema. Teniamo anche conto dell’esperienza cilena, dove il 40 per cento della popolazione protetta dalla vaccinazione non ha arginato l’epidemia».

Quando raggiungeremo l’immunità di gregge?
«Penso che la sfioreremo soltanto. Bisognerebbe vaccinare 40 milioni di italiani entro l’autunno, senza contare i giovani e i dissenzienti, e poi ci sono le varianti, il problema della durata dell’immunità, i richiami…».

Sulle varianti e sull’immunità però ci sono buone notizie.
«Le varianti sembrano sotto controllo, ma non si sa mai e ne possono arrivare di nuove. I guariti hanno un’immunità di almeno 10 mesi, mentre sui vaccinati c’è ottimismo senza però dati definitivi».

Lei come lo vede il futuro?
«Purtroppo ci sono decisioni che hanno conseguenze. Penso alle leggerezze dell’estate scorsa, ma anche a quelle attuali. Il futuro lo si scrive in base alle decisioni che si prendono».

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Scuola, si riapre: ecco tutte le incognite e i nodi ancora irrisolti

domenica, Aprile 18th, 2021

Flavia Amabile

Domani ci saranno otto milioni e mezzo di studentesse e studenti nelle scuole, secondo il sito Tuttoscuola. Non accadeva da febbraio dello scorso anno. Dal 26 aprile il numero dovrebbe ancora aumentare per effetto della riapertura al cento per cento delle lezioni in aula nelle regioni arancioni e gialle annunciata dal presidente del Cosiglio. Ma non ci sarà un «tutti a scuola». I presidi hanno trascorso la giornata di ieri a chiarire che non possono farcela. «È stato un annuncio ad effetto molto simpatico, ma nella realtà cambierà poco – spiega Mario Rusconi, presidente dell’Associazione presidi del Lazio –. La gran parte dei miei colleghi delle superiori sottolinea di non poter garantire le misure di sicurezza in vigore con un rientro al 100%». Ad autorizzare le scuole a non modificare la situazione attuale dovrebbero essere le circolari che saranno emanate dagli Uffici Scolastici Regionali. «Inseriranno la possibilità di continuare al 50% se non riusciranno a rispettare i protocolli di sicurezza», spiega Rusconi. Lo stesso timore emerge anche nel commento dei sindacati, che affidano a una nota unitaria la richiesta di «aggiornare i protocolli di sicurezza, peraltro mai puntualmente applicati, che sono fermi all’estate del 2020». Chiedono di risolvere i problemi dei trasporti e del tracciamento, di proseguire i vaccini e comunque di «consentire» che le scuole «possano auto organizzarsi».

Il caso trasporti, seimila bus in più

Per la riapertura delle scuole «sono stati stanziati 390 milioni per un programma di trasporti pubblici locali da attuarsi con le Regioni», ha spiegato il presidente del Consiglio Mario Draghi due giorni fa ricordando anche che però una parte dei fondi ancora non è stata spesa, e che ci sono dei limiti alla capienza al 50%, «ma è stato fatto molto». Secondo gli ultimi dati forniti dal ministro Enrico Giovannini dieci giorni fa «risultano programmati fino al mese di giugno 2021 servizi aggiuntivi che prevedono l’impiego di 6.144 mezzi, anche privati, con un onere finanziario complessivo di circa 320 milioni di euro». In totale «sono state stanziate dall’inizio della pandemia e fino ad oggi risorse pari a circa 2,3 miliardi di euro. Dette risorse sono destinate sia alla compensazione dei minori ricavi tariffari, sia, nella misura di circa 453 milioni come concordato in sede di Conferenza Unificata, al finanziamento dei servizi aggiuntivi di trasporto pubblico». Un potenziamento c’è stato ma ancora non sembra sufficiente se il presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga nel commentare le riaperture in un’intervista a Radio24 ha ammesso di essere «perplesso» sulle scuole perché «ci sono dei problemi tecnici importanti». E si augura «una differenziazione molto ampia degli orari». Una scelta di cui si va discutendo dallo scorso autunno. 

I tamponi annunciati non sono mai arrivati

Era agosto quando si iniziò a parlare di tamponi per tornare in classe in sicurezza. Dei tamponi si persero le tracce in autunno. Riapparvero nelle discussioni sul rientro dopo le vacanze di Natale e sono diventati protagonisti del rientro dalle vacanze di Pasqua quando il governo era cambiato e Agostino Miozzo appena nominato consulente dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi per la gestione delle scuole aveva sottolineato la necessità di un piano tamponi regolare negli istituti. Miozzo aveva precisato di essersi ispirato all’esperimento della provincia autonoma di Bolzano che aveva deciso un tracciamento di massa dopo Pasqua con tamponi nasali «fai da te» per tutti gli studenti.

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Il dopo virus e le ferite da curare

domenica, Aprile 18th, 2021

Massimo Giannini


Dice Mario Draghi: “Guardiamo al futuro con prudente ottimismo e fiducia”. Vorremmo credergli, mentre pensiamo già al 26 aprile come a un’appendice festosa del 25: il giorno di un’altra Liberazione, non più solo dal giogo del nazifascismo, ma anche dal morso della pandemia. Non sappiamo se andrà davvero così. La scommessa “aperturista” del governo riposa sull’efficienza della macchina vaccinale (palesemente fallibile) e sulla coscienza del popolo italiano (notoriamente labile). Il “rischio ragionato” che ha spinto il premier ad anticipare i tempi della ripartenza riposa su curve di contagio e di mortalità non dissimili da quelle della Germania, dove Angela Merkel ha preso la decisione opposta, inasprendo addirittura il lockdown. “Ciò che è pensabile o impensabile non lo decidiamo noi, lo decidono i numeri”, aveva assicurato il presidente del Consiglio, mettendo a cuccia Salvini.

L’impressione è che stavolta, più che l’aritmetica, abbia pesato la politica. La sensazione che la “pandemic fatigue” veicolata insieme al virus nelle vene del Paese abbia raggiunto il livello di guardia. La preoccupazione che dopo un anno di clausura sociale e di chiusura industriale i cittadini siano arrivati davvero alla rivolta di piazza, dove certamente si insinua la solita destraccia squadrista che strumentalizza. Eppure, come dice Marco Revelli, si può strumentalizzare solo una cosa che esiste. E il disagio esiste: diffuso, profondo e reale tanto quanto il Covid che lo nutre, lo ingrassa, lo fa deflagrare. Dunque, speriamo. Speriamo che la decisione politica sia coerente con l’evoluzione sanitaria. E speriamo che l’altra scommessa legata alle ripartenze, quella sulla crescita e sul debito, sia altrettanto credibile. Mentre vediamo una luce in fondo al tunnel, e forse per la prima volta pensiamo sia l’uscita che si avvicina e non il treno che arriva, dobbiamo avere piena coscienza del “dopo”. Da quel tunnel usciremo con un corpo sociale martoriato e un tessuto produttivo lacerato. Le ferite da curare saranno tante.

Andrà ripensato il patto fiscale. In Italia un dipendente con 35 mila euro di reddito lordo, coniuge e due figli, paga imposte per 6.695 euro l’anno: in Germania ne paga 1.250, in Francia 600. Nel 2019 gli Over the Top, con fatturati vicini o superiori al miliardo, hanno versato meno tasse dei loro impiegati: Microsoft 16 milioni, Amazon 11, Google 6. In poco meno di un anno il mondo ha conosciuto una distruzione di reddito pari a 250 miliardi di dollari: più del doppio rispetto al Big Crash del 2008. In una manciata di mesi la “neo-plebe di massa” di cui parla Massimo Cacciari è aumentata di 25 milioni di individui, mentre le 500 persone più ricche della Terra hanno accresciuto il patrimonio fino alla cifra-monstre di 7.600 miliardi di dollari: più della somma del Pil di Francia e Germania messe insieme.

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