Archive for Aprile, 2021

I nostri anziani trascurati, ora un investimento straordinario

sabato, Aprile 10th, 2021
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di   Maurizio Ferrera

Gli anziani stanno pagando un prezzo altissimo per la pandemia. Lo dimostrano giorno dopo giorno i dati sulla mortalità e sui ricoveri in terapia intensiva. È vero che gli over 80 sono in Italia particolarmente numerosi. Ma fatta cento la popolazione anziana, i nostri tassi di mortalità sono i più alti in Europa, dopo quelli del Regno Unito: 46 decessi ogni cento casi accertati, di contro ai 34 della Germania.

Le inefficienze organizzative, il deficit di informazione, lo scarso coinvolgimento dei medici di base e, da ultimo, il ritardo nelle vaccinazioni hanno giocato un ruolo determinante. Ma a monte c’è un problema più generale: l’inadeguatezza dei servizi di assistenza, in particolare quelli a sostegno della non autosufficienza. Per ogni mille anziani sopra i 65 anni di età, i posti disponibili nelle residenze assistite sono meno di venti, in Spagna sono il doppio, in Olanda il triplo. Più o meno la stessa situazione si registra per i servizi a domicilio. Oltre che sulla salute e sulla qualità della vita degli anziani, il deficit di servizi ha ripercussioni molto negative anche sull’occupazione. Molte donne sono costrette alla inattività o al lavoro part time per motivi di cura. L’atrofia dei servizi pubblici comprime l’offerta di posti di lavoro. Lo Stato risparmia in termini di spesa pubblica, ma molte famiglie devono pagare di tasca propria badanti e altre forme di aiuto. I circoli viziosi generati da questa situazione sono un «male collettivo» che va al più presto superato.

Nel contesto delle politiche pubbliche italiane, la parola «presto» ha perso purtroppo ogni significato. La Commissione Onofri aveva raccomandato una riforma dell’assistenza agli anziani già nel 1997. Nessun governo ha mai promosso un intervento di sistema, di ampio e lungo respiro. L’Unione europea ha da tempo incluso il sostegno alla non autosufficienza fra le priorità che gli Stati membri dovrebbero affrontare. L’articolo 18 del Pilastro europeo dei diritti sociali (il nuovo «faro» della politica sociale Ue) recita: «Ogni persona ha diritto a servizi di assistenza a lungo termine di qualità e a prezzi accessibili, in particolare ai servizi di assistenza a domicilio e ai servizi locali». Parole che sembrano scritte di proposito per dare una scossa ai governi italiani.

Oggi abbiamo un’opportunità di agire che non si ripeterà. Da un lato, il pacchetto Next Generation Fund mette a nostra disposizione una quota significativa di risorse per investimenti e riforme che siano in linea con l’agenda Ue. Dall’altro lato, esiste già un progetto elaborato dal Network Non Autosufficienza, promosso da Caritas, il Forum Diseguaglianza e Diversità e quello del Terzo settore, Cittadinanzattiva e molte altre organizzazioni della società civile. Manca solo la «scintilla», il veicolo decisionale. O meglio, il veicolo c’è, basta volerlo usare: il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, che il governo sta mettendo a punto per ottenere i fondi Next Generation. Per chi non lo vedesse, il nesso fra politiche a sostegno della non autosufficienza e generazioni future sta nell’alleggerimento dei carichi familiari per le donne e nell’espansione dell’occupazione, auspicabilmente anche sui tassi di natalità. Il nesso peraltro risponde ad un altro obiettivo chiave della Ue: la parità di genere.

Il progetto messo a punto dal Network prevede un forte rafforzamento dei servizi domiciliari, la riqualificazione e l’ammodernamento delle strutture residenziali, la creazione di punti di accesso unici per la definizione di prestazioni individualizzate, un nuovo modello di relazioni fra livelli di governo, coordinato in tandem dal Ministero della Salute e da quello del Welfare, e l’istituzione di un efficiente sistema di monitoraggio. La stima dei costi per il periodo 2022-2026 è di circa 7,5 miliardi.

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Vaccini, nei frigo solo tre milioni di dosi, ma servono per i richiami: ritardi e inciampi del piano

sabato, Aprile 10th, 2021

di Fiorenza Sarzanini e Alessandro Trocino

Vaccini, nei frigo solo tre milioni di dosi, ma servono per i richiami: ritardi e inciampi del piano

Il presidente del Veneto Luca Zaia rispolvera un proverbio inventato dal direttore del Mattino Edoardo Scarfoglio, a fine 800: «Non si possono fare le nozze con i fichi secchi». Dove le nozze sarebbero l’immunità di gregge e i fichi secchi i pochi vaccini. L’infettivologo Massimo Galli, invece, si affida alla saggezza popolare: «Senza AstraZeneca, abbiamo solo due gambe per il nostro sgabello». E, si sa, con due gambe sole il rischio di cadere è alto. In questi giorni la campagna vaccinale sembra sempre più traballare: le scorte sono praticamente finite, ci sono tre milioni di dosi che restano in magazzino prudenzialmente per tenere una riserva per i richiami e molte regioni hanno hub, farmacisti e volontari in stand by perché manca la materia prima. Eppure, nonostante tutto, il commissario straordinario per l’emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo, perlustra il campo di battaglia spronando le truppe (le Regioni) e ostentando sicurezza: «Siamo in linea con il piano». I suoi dati non sembrano però combaciare con quelli delle Regioni. E dai governatori parte l’allarme.

I calcoli di Figliuolo

Nella sua ultima versione (prima era previsto a metà aprile), l’obiettivo è raggiungere 500 mila vaccinazioni al giorno a fine mese per arrivare a settembre a immunizzare il 70 per cento della popolazione. Giovedì sono state fatte 299 mila somministrazioni. Come recuperare le 200 mila che mancano? Ecco i calcoli del commissario. Le dosi previste da contratto per aprile sono 8 milioni, alle quali Figliuolo assicura che si aggiungerà un 15-20 per cento in più. A queste bisogna sommare le dosi consegnate a inizio aprile, relative al primo trimestre, e non ancora usate: il totale delle dosi disponibili ad aprile, dunque, dovrebbe essere di 12 milioni circa. Dal 1° all’8 aprile sono state fatte 1,9 milioni di vaccinazioni. Sottraendo 1,9 da 12 milioni, si hanno 10,1 milioni. Dividendo per 22 giorni, la media farebbe 460 mila circa al giorno. Ma ora siamo, come abbiamo visto, a 300 mila circa. Quindi a fine mese la disponibilità dovrebbe consentire, nell’ultima settimana, di avere 500 mila dosi al giorno. E a maggio e giugno? Sottraendo dai 52 milioni di dosi previste nel secondo trimestre le 10 milioni di aprile, ne rimangono 42. Divisi per 60 giorni farebbe 700 mila dosi al giorno disponibili. Calcolando una riserva del 25-30 per cento per i richiami, avremmo comunque a disposizione 500 mila dosi al giorno. Ancora meglio andrebbe nel terzo trimestre, quando le dosi da contratto sono 84,8 milioni.

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Coronavirus in Italia, il bollettino del 9 aprile: 18.938 nuovi casi, 718 decessi. Indice di positività al 5,22 per cento

venerdì, Aprile 9th, 2021

Il record dell’anno dei decessi, 718 in 24 ore, è difficile cogliere segnali positivi nel calo di 60 letti occupati in terapia intensiva e nei 705 in meno nei reparti di medicina, Mentre di contagi salgono da 17.221 al 18.938, con un tasso di positività in crescita di mezzo punto percentuale al 5,22%.

In Lombardia i contagi salgono da 2.537 a 3.289, con un tasso di positività che dal 4,6 sale al5,8%. Sono 92 i decessi, 38 in meno di ieri.

Contagi in salita da 1.661 a 1,798 in Piemonte, dove il tasso di positività cresce dal 12,7 al 13,3% e i decessi passano da 23 a 37. Come curare da casa i pazienti Covid: gli errori da non fare

Calano da 1.241 a 988 i positivi registrati in Veneto nelle ultime 24 ore, con una incidenza del 2,74%. Gli infetti totali dall’inizio dell’emergenza salgono a quota 393.282. I morti in un giorno sono 38, portando il totale a 10.899. Il numero degli attualmente positivi in Veneto è di 32.918. I ricoverati in meno sono complessivamente 74 (il numero è 2.194:, 1886 in area non critica (-61), 308 in area critica (-13). «Oggi mi sembra un buon bollettino» ha commentato Zaia.
In Emilia Romagna contagi in aumento da 1.075 a 1.488, con un tasso di positività che però raddoppia passando dal 5,9 al 10,2%. I nuovi casi positivi Covid registrati in Toscana nelle 24 ore sono 1.309 su 26.094 esami di cui 15.031 tamponi molecolari e 11.063 test rapidi. Il tasso dei nuovi positivi è 5,02% (14,4% sulle prime diagnosi). Lo riferisce il governatore Eugenio Giani sui social aggiornando l’evoluzione della pandemia nella regione. I tre motivi secondo il virologo di Perri per cui stiamo affrontando la fase più critica della pandemia

I nuovi casi sono in aumento su ieri (erano stati 1.153) su numero superiore di esami complessivi (28.229).

Casi in salita nel Lazio da 1.240 a 1.363. in salita anche i decessi da 37 a 47.
In Puglia contagi in calo da 1.974 a 1.791 con un tasso di positività anch’esso in lieve decrescita dal 13,2 al 12,5%.

Da lunedì 12 aprile tutta la Liguria sarà in zona arancione. Non sarà emanata nessuna nuova ordinanza specifica riguardante le province di Imperia e di Savona, che abbandoneranno quindi la zona rossa alla mezzanotte di domenica 11 aprile. La decisione, annuncia la Regione Liguria, è stata assunta oggi pomeriggio alla luce degli ultimi dati comunicati da Alisa sull’andamento della pandemia e d’intesa con i sindaci e Anci Liguria, al termine della riunione convocata in videoconferenza dal governatore. Le due regole tassative del virologo Di Perri per fermare la pandemia da seguire ossessivamente

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Draghi ferma i cinesi con il «golden power»: cos’è e perché l’italiana Lpe è stata protetta

venerdì, Aprile 9th, 2021

di Fabrizio Massaro09 apr 2021

Draghi ferma i cinesi con il «golden power»: cos'è e perché l'italiana Lpe è stata protetta

Mario Draghi ha vietato a un gruppo cinese di rilevare il controllo di un’azienda italiana di semiconduttori: è il primo esercizio di veto nell’ambito del «golden power» da parte del nuovo esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce. È a questo provvedimento che il premier si è riferito giovedì nel corso della conferenza stampa in cui ha parlato di vari argomenti a cominciare dai vaccini. «Sono d’accordo con Giorgetti, la golden power è uno strumento del governo per evitare la cessione di asset strategici a potenze straniere, va usato. Quello sui semi conduttori è stato un uso di buon senso in questa situazione. È un settore strategico, ce ne sono altri», ha detto Draghi.
Il riferimento era alle parole del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che poche ore prima aveva annunciato, fra l’altro, che al Mise si sta anche valutando la possibilità di «estendere l’ambito di applicazione della golden power» a filiere rilevanti e al momento escluse, come l’automotive e la siderurgia, dal carattere «strategico» e «particolarmente esposti alla concorrenza cinese».

Il provvedimento

Il veto da «golden power» da parte del governo Draghi è stato posto pochi giorni fa, il 31 marzo scorso, per bloccare la vendita del 70% di una azienda italiana, la Lpe di Baranzate, nel Milanese, alla cinese Shenzhen Investment holdings. Draghi ha sottolineato che «la carenza di semiconduttori ha costretto molti costruttori di auto a rallentare la produzione lo scorso anno quindi è diventato un settore strategico».

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Filippo, il principe che non ci teneva a essere raccontato: insieme a lui se ne va un’epoca

venerdì, Aprile 9th, 2021

di Beppe Severgnini

Filippo, il principe che non ci teneva a essere raccontato: insieme a lui se ne va un'epoca

Ambasciata britannica, Roma. Credo fosse il 2000. Avevo già visto il duca di Edimburgo un paio di volte, in passato, a Londra: ma sempre a debita distanza. E non avevo mai parlato con lui. Quella sera ha parlato lui con me. Il rituale dei saluti prevede che siano i reali a introdurre un argomento di conversazione. Il principe Filippo, ritto di fianco alla consorte, mi ha guardato e ha chiesto: «What keeps you occupied?». Cosa la tiene occupata? In quella domanda c’era tutto il personaggio. La sua cortesia, la sua professionalità, il suo splendido anacronismo.

What keeps you occupied?, cosa la tiene occupata? Non «Che lavoro fa?», domanda brusca e troppo precisa. Ma: come occupa le sue giornate? Domanda poco impegnativa, elegante, quasi ingenua; in qualche modo perfetta. Cosa fate, voialtri, là fuori?, chiedeva l’uomo con un’occupazione unica: accompagnare, nel corso di una lunga vita, una protagonista come Elisabetta. Accettando di essere sempre un passo indietro, un’idea in ritardo, un fotogramma dopo. Nella serie televisiva The Crown – che The Economist giudica più realistica della stessa famiglia reale – c’è una battuta eloquente e meravigliosa, e tocca proprio a Filippo. Parlando della regina Eilisabetta sua moglie dice: «Lei è il sole, noi siamo i pianeti che le girano intorno».

Ora il pianeta Filippo — un po’ greco e un po’ danese, molto inglese — si è spento, alla viglia dei cento anni, e dispiace. Insieme a lui se ne va un’epoca. Un’epoca di uniformi e cerimonie, parenti e silenzi, rotocalchi e rumours, riti agresti e nuore incomprensibili. Pensateci: per il principe Filippo, come per la regina Elisabetta, usiamo ancora tradurre il nome. Per i loro figli maschi (Carlo, Edoardo, Andrea), talvolta. Per i loro nipoti e le loro spose, non più. William e Kate, non Gugliemo e Caterina; Harry e Megan, non Enrico e Margherita.
Ammettiamolo: il mestiere di Filippo di Edimburgo non era semplice. Marito e padre, presente e distante, accompagnatore e indossatore, funzionario e missionario. All’inizio ha faticato ad accettare un ruolo inevitabilmente subalterno. Ma poi ha capito. Il pianeta Filippo ha trovato l’orbita, il ritmo, perfino il gusto di fare le cose. La monarchia è una forma di servizio. Un servizio di lusso, certo. E Filippo lo ha accettato. All’interno della famiglia reale britannica il duca di Edimburgo è stato tra i personaggi più difficili da raccontare, proprio perché non ci teneva a essere raccontato. Ma l’uomo era attento, quando non sceglieva di essere svagato. Cauto, se non aveva deciso di abbandonare le cautele. Per i giovani inglesi era un bisnonno lontano. Per i meno giovani, una figura affettuosa, misteriosa, un po’ eccentrica.

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Prince Philip has died aged 99, Buckingham Palace announces

venerdì, Aprile 9th, 2021

Prince Philip, Queen Elizabeth II’s husband, has died aged 99, Buckingham Palace has announced.

A statement issued by the palace just after midday spoke of the Queen’s “deep sorrow” following his death at Windsor Castle on Friday morning.

The Duke of Edinburgh, who was the longest-serving consort in British history, had returned to Windsor on 16 March after a month in hospital.

Boris Johnson said he “inspired the lives of countless young people”.

“It is with deep sorrow that Her Majesty The Queen announces the death of her beloved husband,” the palace said.

“The Royal Family join with people around the world in mourning his loss.”

Speaking at Downing Street, the prime minister said that the duke had “earned the affection of generations here in the United Kingdom, across the Commonwealth, and around the world”.

Meanwhile, Justin Welby, the Archbishop of Canterbury, said he “consistently put the interests of others ahead of his own and, in so doing, provided an outstanding example of Christian service”.

The flag at Buckingham Palace was lowered to half-mast and a notice was posted on the gates following the announcement of the duke’s death.

Bunches of daffodils, tulips, roses and lilies were among floral tributes placed by people outside the palace, while crowds began to gather at Windsor Castle.

The BBC’s royal correspondent Nicholas Witchell said it was “a moment of real national sadness” and “a moment of sadness, most particularly of course, for the Queen losing her husband of 73 years – a bigger span of years than most of us can imagine”.

He said Prince Philip had made “a huge contribution to the success of the Queen’s reign”, describing the duke as “utterly loyal in his belief in the importance of the role that the Queen was fulfilling – and in his duty to support her”.

“It was the importance of the solidity of that relationship, of their marriage, that was so crucial to the success of her reign,” he added.

Mourners stand outside Buckingham Palace after it was announced that Britain"s Prince Philip, husband of Queen Elizabeth, has died at the age of 99, in London
image captionMourners gathered outside Buckingham Palace after the announcement
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È morto il principe Filippo, duca di Edimburgo: aveva 99 anni

venerdì, Aprile 9th, 2021

di Luigi Ippolito

È morto il principe Filippo, duca di Edimburgo: aveva 99 anni

Dal nostro corrispondente
LONDRA — Sempre un passo indietro: per tutta la sua vita. Questo è stato il destino di Filippo, consorte di Elisabetta, morto nella mattinata di oggi — «serenamente», come comunicato «con profondo dolore» dalla Regina attraverso l’account ufficiale di Buckingham Palace —, all’età di 99 anni: compagno della regina Elisabetta, ma non suo pari.

Un ruolo che il duca di Edimburgo – quello il suo titolo – ha sempre interpretato con rispetto e dignità: ma anche con la libertà concessa a chi non portava il peso della corona sul capo.

Principe delle gaffe, per certi versi, se si ricordano tutte le sue uscite sopra e fuori le righe: che poi gaffe non erano, ma piuttosto la maniera di esternare l’inevitabile insofferenza per le costrizioni cui veniva sottoposto. Ma anche principe modernizzatore, artefice nel corso dei decenni di molte aperture della monarchia britannica.

Un animo tormentato, al fondo, dietro la maschera di giullare che talvolta indossava, specie nella tarda età. Perché la sua famiglia aveva sofferto: e lui con essa.

Nipote del re di Grecia, aveva visto la monarchia ellenica rovesciata dalla rivoluzione; sua madre, la principessa Alice, aveva trascorso l’esistenza tra crisi mistiche e ricoveri in manicomio; sua sorella era morta in un incidente aereo e lui aveva dovuto presenziare ai funerali, appena sedicenne.

Già, la famiglia di Filippo: un po’ danesi e un po’ tedeschi, tutte le sue sorelle sposarono nobili germanici e finirono, chi più chi meno, compromesse col nazismo.

Ma l’influenza più grande su di lui la esercitò lo zio, Louis Mountbatten, nipote della regina Vittoria e ultimo viceré d’India: che lo considerò sempre alla stregua di un figlio, lo volle con sé in Inghilterra e fece in modo di propiziarne il matrimonio con Elisabetta, erede al trono britannico e lontana cugina di Filippo.

Con l’incoronazione della moglie, lui entra nel cono d’ombra: e deve perfino rinunciare a dare il proprio cognome, Mountbatten, ai suoi figli. Ma è lui che ha l’idea di mostrare in televisione la cerimonia solenne: aprendo così per la prima volta la monarchia allo sguardo dei sudditi.

Così come sarà sua, più tardi, l’iniziativa di chiedere alla Bbc di produrre un documentario sulla famiglia reale, con l’obiettivo — non tanto riuscito — di apparire persone in qualche modo normali.

Spirito irrequieto, quello di Filippo: che trovava sfogo nelle imprese fisiche e sportive. Da giovane si era distinto nel servizio in Marina e poi era diventato un provetto pilota di aerei. Ed è su suo impulso che nasce il programma chiamato «Duke of Edimburgh Award»: sulla scorta del quale fino a oggi schiere di giovani britannici hanno passato e passano settimane nei boschi e sulle montagne, per forgiare il corpo e il carattere.

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Vivere sulla Luna: il Made in Italy va nello spazio

venerdì, Aprile 9th, 2021
Fra i 16 progetti spicca lo ’Shelter’, modulo abitabile che potrà diventare un rifugio
Fra i 16 progetti spicca lo ’Shelter’, modulo abitabile che potrà diventare un rifugio

Laboratori, abitazioni per gli astronauti, un sistema per le telecomunicazioni fra la Terra, la Luna e la futura stazione spaziale Gateway nell’orbita lunare: sono 16 i progetti per le future basi lunari pronti a partire grazie all’accordo firmato da Thales Alenia Space, joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%), e Agenzia Spaziale Italiana (Asi). L’iniziativa, partita dall’Asi, si colloca nell’ambito dell’accordo di collaborazione con la Nasa nell’ambito del programma Artemis per l’esplorazione lunare.

Dei 16 progetti un particolare interesse è rivolto allo Shelter, un modulo abitabile per la superficie lunare che potrà diventare un rifugio pressurizzato per gli astronauti in caso di emergenza. In programma anche un sistema di telecomunicazioni fra i vari elementi della base lunare, la stazione Gateway e la Terra. Si studieranno inoltre la fattibilità di un laboratorio lunare per esperimenti scientifici ed elementi pressurizzati per la stazione Gateway, come un modulo pressurizzato per gli astronauti e una finestra panoramica per osservare la Luna, la Terra e lo spazio profondo. In programma poi lo studio di sistemi di trasporto per esplorare la superfice lunare e un rover automatizzato per raccogliere e trasportare materie prime.

Tra le infrastrutture di supporto alla futura base lunare si considererà anche un Lunar Data Centre che possa supportare la gestione di grandi dati e la capacità di calcolo di esperimenti sulla superficie lunare, più un impianto di generazione e distribuzione di potenza.

Come primo contraente del progetto, Thales Alenia Space guiderà un gruppo di aziende delle quali fanno parte Aiko, Altec, Argotec, Design Gang, Enel, Fondazione Amaldi, Leonardo, Merlo, Nanoracks Europe, Pieco, Prima Additive, Qascom, Stellantis, Telespazio e Value Partners.

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Il fallimento di un’Europa senza identità

venerdì, Aprile 9th, 2021

di GABRIELE CANÈ

Chissà su che divano ci hanno fatto accomodare quando abbiamo trattato gli acquisti dei vaccini? Non di prima fila di sicuro, quello dei clienti migliori. Se fossimo euroscettici ci fregheremmo le mani: visto che figura ha fatto Bruxelles! Siccome c’è di mezzo la vita e la salute di milioni di persone, e pure il presente e il futuro di una istituzione in cui vogliamo ancora credere, non troviamo invece nulla di cui rallegrarci. Anzi. Detto questo, però, non bisogna neppure essere “eurociechi”, quindi non vedere e non denunciare una situazione partita male e che continua a non ingranare al meglio.

Se tutta l’Europa balbetta, stenta, ritarda nelle forniture e nelle somministrazioni, e quindi nelle guarigioni e nelle riaperture, bisogna dirlo: il difetto è nel manico. Che sarebbe Bruxelles, e il governo continentale della Commissione. Benemerito e insostituibile in tante cose, pensiamo solo al paracadute quotidiano che ci offre la Bce comprando a man bassa i titoli di un Paese, il nostro, con un debito mostruoso che aumenta di 30 miliardi al mese solo in ristori, come fossero caramelle, e come se l’economia tirasse a mille. Ma fallimentare nel capitolo vitale delle fiale salvavita, in cui gli uomini di Big Pharma hanno potuto fare gli Erdogan (“il dittatore”) con i nostri compratori come il ras di Ankara con la von der Leyen; in cui i mercanti Ue (“mai più contratti cosi”, parola di Draghi) erano troppo sprovveduti per non sbattere i pugni o lasciare il salotto.

Ora è tardi e si naviga a vista, sperando che l’”amico” Biden faccia in fretta a vaccinare tutti i suoi (America First, ovvio) e arrivino i fiumi di dosi necessarie a farci immunizzare e ripartire; e che finisca pure la caccia ad AstraZeneca, troppo poco costosa per non avere qualche contro indicazione vera o…tedesca. Nel frattempo, sarebbe sbagliato non avviare da subito una riflessione su questa Europa.

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Colori delle Regioni, l’Italia verso l’arancione solo quattro in rosso

venerdì, Aprile 9th, 2021

Tre regioni sono certe di restrare in rosso e una si aggiungerà sicuramente. Tutte le altre potrebbero essere arancioni anche se non è esclusa qualche sorpresa. Oggi la Cabina di regia di Istituto superiore di sanità e ministero alla Salute sancirà la riduzione delle restrizioni in alcune delle Regioni più grandi del Paese.

In Rosso, a causa dell’incidenza superiore a 250 casi per 100mila abitanti, resteranno Valle d’Aosta (415) e Puglia (257). Anche la Campania sarà nello scenario con più restrizioni ma a causa dell’Rt, che la settimana scorsa era superiore a 1,25. Lo stesso paramentro manda in rosso la Sardegna, fino a nemmeno troppo tempo fa addirittura in zona bianca. Tra gli incerti ci sono la Calabria, che era rossa la scorsa settimana per il fattore di replicazione dell’epidemia e potrebbe entrare in arancione e pure la Sicilia, che si trova nello stesso colore ma con dati preoccupanti soprattutto a Palermo, con il sindaco Leoluca Orlando che ha chiesto alla Cabina di regia di mettere in rosso almeno la sua città.

Turismo, piccole isole covid-free. Garavaglia: “Possiamo farlo”. I governatori di Sardegna e Sicilia chiedono a Draghi l’immunizzazione

08 Aprile 2021

Alla fine di una settimana, con i dati che si calcolano dal venerdì al giovedì, durante la quale c’è stato un crollo di tamponi e quindi anche di casi in coincidenza con le feste di Pasqua, tante grandi Regioni che avevano i dati dell’incidenza da rosso scendono sotto la soglia dei 250 e quindi da lunedì o martedì dovrebbero passare in arancione. Si tratta di Piemonte (238), Toscana (230), Emilia-Romagna (207), Friuli (187), Lombardia (183).

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