Archive for Aprile, 2021

Covid, «riaperture da maggio»: ristoranti (all’aperto) e coprifuoco più tardi, le ipotesi di governo e Cts

mercoledì, Aprile 14th, 2021

di Marco Galluzzo

Covid, «riaperture da maggio»:  ristoranti (all'aperto) e coprifuoco più tardi, le ipotesi di governo e Cts

Le Regioni stanno lavorando a delle linee guida sulle riaperture da sottoporre domani al governo. Mario Draghi ha chiesto ai membri del Cts, il Comitato tecnico scientifico, di predisporre dei protocolli per quelle attività che possono riaprire prima di altre. Non ci sono ancora dettagli, né certezze, perché tutto dipenderà dai dati dei prossimi giorni, ma è ormai chiaro che dai primi di maggio ci sarà una graduale riapertura sia delle attività di ristorazione, sia delle attività all’aperto, probabilmente anche di quelle sportive e culturali. (Qui i grafici e la mappa del contagio del Coronavirus in Italia)

Maggio, il mese delle riaperture

Se il governo sembra intenzionato a prorogare lo stato d’emergenza per altri due mesi, dunque sino a fine giugno, tutti ormai parlano di maggio come del mese decisivo per un graduale ritorno alla normalità. Ne discute Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, con i rappresentanti del Fipe, i pubblici esercizi: «Presumibilmente maggio sarà un mese di riaperture. La decisione sarà presa probabilmente la prossima settimana dal Consiglio dei ministri». Ci crede anche Mariastella Gelmini, ministra per gli Affari regionali, ribadendo che non «dobbiamo farci prendere da un eccesso di fretta» anche se le riaperture vanno fatte «nel più breve tempo possibile». E maggio «sarà il mese delle riaperture di tutte le attività economiche», come ha confermato anche la sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento Deborah Bergamini a una delegazione di ristoratori.

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Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 13 aprile: 13.447 nuovi casi e 476 morti

martedì, Aprile 13th, 2021

di Paola Caruso

Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 13 aprile: 13.447 nuovi casi e 476 morti

Sono 13.447 i nuovi casi di coronavirus in Italia (ieri sono stati +9.789, qui il bollettino). Sale così ad almeno 3.793.033 il numero di persone che hanno contratto il virus Sars-CoV-2 (compresi guariti e morti) dall’inizio dell’epidemia. I decessi odierni sono 476 (ieri sono stati +358), per un totale di 115.088 vittime da febbraio 2020. Le persone guarite o dimesse sono complessivamente 3.158.725 e 18.160 quelle uscite oggi dall’incubo Covid (ieri +18.010). Gli attuali positivi — i soggetti che hanno il virus — risultano essere in tutto 519.220, pari a -5.197 rispetto a ieri (-8.588 il giorno prima), in flessione dal 6 aprile. La flessione degli attuali positivi di oggi — con il segno meno davanti — dipende dal fatto che i guariti, sommati ai decessi, sono in numero maggiore rispetto ai nuovi casi.

I tamponi e lo scenario

I tamponi totali (molecolari e antigenici) sono stati 304.990, ovvero 114.355 in più rispetto a ieri quando erano stati 190.635. Mentre il tasso di positività è 4,4% (l’approssimazione di 4,408%): vuol dire che su 100 tamponi eseguiti, più di 4 sono risultati positivi; ieri era 5,1%. Qui la mappa del contagio in Italia.

Più contagi in 24 ore rispetto a ieri, a fronte di più tamponi. La curva sale a causa di un maggior numero di analisi, come di consueto, ma si tratta di una crescita contenuta. Bene il rapporto di casi su test che scende ancora, per il secondo giorno consecutivo, e si attesta al 4,4% contro il 5,1% di lunedì. Negli ultimi due martedì di marzo — escludendo il 6 aprile post-Pasquetta con solo 112 mila tamponi — si registravano da 16 mila casi giornalieri (con tasso 5,3%) a 18 mila (con tasso 5,6%). Il dato attuale delle nuove infezioni mostra un piccolo miglioramento, se lo si confronta con quello dei due martedì passati. «La situazione sembra aver preso una buona piega», afferma il governatore del Veneto Luca Zaia, commentando i dati della sua regione. La stessa cosa si potrebbe dire anche per l’andamento nazionale. «Se non scendiamo sotto i 50 casi per 100 mila abitanti, il tracciamento non può essere riattivato», ricorda Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe.

La curva dei nuovi positivi sul sito della Protezione civile

La curva dei nuovi positivi sul sito della Protezione civile

È la Lombardia la più colpita per numero di nuovi contagiati: +1.975 casi grazie a oltre 38 mila tamponi, ossia il numero di test regionali più alto della giornata (qui il bollettino della Lombardia). Seguono: Campania (+1.627), Sicilia (+1.384), Puglia (+1.191), Lazio (+1.164) e Piemonte (+1.057, qui il bollettino). Da notare il Molise che comunica zero contagi in 24 ore per la seconda volta nel mese di aprile, come martedì scorso, e l’Emilia-Romagna che scende sotto quota mille nuovi positivi (+785 con 26 mila test).

Le vittime

Drammatico il bilancio delle vittime: i decessi aumentano — sono più di 400 come il 9 aprile — e in totale superano quota 115 mila dall’inizio dell’emergenza. Nel conteggio odierno sono comprese anche persone che hanno perso la vita nei giorni scorsi e inserite in ritardo nel sistema (vedi per esempio il Piemonte). Il maggior numero di morti è in Lombardia (+94), Piemonte (+75, con decessi dei giorni scorsi), Puglia (+54), Veneto (+42) ed Emilia-Romagna (+41). In basso il dettaglio di tutte le regioni.

Il sistema sanitario

In calo le degenze, ordinarie e non, dopo un giorno in lieve crescita. I posti letto occupati nei reparti Covid ordinari sono -377 (ieri +78), per un totale di 26.952 ricoverati. I posti letto occupati in terapia intensiva (TI) sono -67 (ieri +8), portando il totale dei malati più gravi a 3.526. La variazione dei posti letto occupati, in area critica e non, indica il saldo tra i pazienti usciti e quelli entrati nelle ultime 24 ore. Infatti, i nuovi ingressi in rianimazione sono +242 (ieri +167). Il maggior numero di persone entrate in TI è in Lombardia (+58), Lazio (+24) e Piemonte (+21).

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Riaperture, ipotesi spostare coprifuoco a mezzanotte

martedì, Aprile 13th, 2021

La regola sarà rispettata anche questa volta. Per il Governo dovrà essere il Comitato tecnico scientifico a fissare la sostenibilità del perimetro delle riaperture. La sostenibilità, cioè scrivere i nuovi protocolli anti Covid e dire cosa si può e cosa non si può fare per tenere in equilibrio le ragioni della salute, legate alla campagna di vaccinazione, con quelle dell’economia. La sostenibilità, non il perimetro. Questo si arricchisce di ora in ora di più ipotesi che maturano in diversi ambienti di governo. L’ultima in ordine di tempo è posticipare il coprifuoco, dalle dieci di sera a mezzanotte. Con la possibilità per i ristoranti di restare aperti la sera, ma solo all’aperto, con un numero contingentato di tavoli e solo su prenotazione.

Quella di allungare il coprifuoco è un’ipotesi che ha ragioni economiche, le stesse che hanno spinto il premier Mario Draghi a indicare al Cts la necessità di essere meno severi nella definizione e nella valutazione delle nuove regole. Alcuni settori – e la ristorazione è uno di questi – hanno bisogno di ripristinare una parte importante della propria attività. L’asporto o le aperture a pranzo in zona gialla non sono più sostenibili sul fronte delle spese e dei mancati incassi. Il nuovo decreto Sostegni che arriverà a fine mese garantirà un indennizzo a fondo perduto e una copertura delle spese fisse, dagli affitti alle bollette. Ma nel frattempo le perdite si sono accumulate, complice anche marzo e aprile a prevalenza rosso-arancione. Insomma la strategia dei ristori – è il ragionamento che si fa a palazzo Chigi e al Tesoro – è arrivata all’ultimo intervento corposo. Altri circa 40 miliardi, ma bisogna subito sterzare verso le riaperture. Oltre al coprifuoco, alcuni punti fermi ci sono già: saranno graduali, per settori, slegate dalla data unica del liberi tutti. Palestre e piscine per ultime. Per prime le ferie e i congressi, poi i ristoranti e i bar. E qui subentra il fattore temporale, cioè quando si riaprirà. L’ipotesi di allungare il coprifuoco, ad esempio, è legata a metà maggio-giugno, quando dovrebbe scattare il grosso delle riaperture.

L’altra grande questione è chi potrà riaprire. Qui un elemento che sta
cementificando un fronte comune nel Governo è quello delle riaperture all’aperto. Complici il miglioramento dei dati e dello scenario epidemico, l’orientamento sulla possibilità di riaprire è cambiato. E si punta, anche in un’ottica di scalabilità di misure e riaperture, sugli spazi all’aperto, come ha invitato a fare oggi Roberto Burioni via Twitter. Convinzione, quella del virologo dell’Università Vita-San Raffaele di Milano, condivisa anche da diversi parlamentari – in testa il senatore del Pd, Andrea Marcucci, che ha scritto: “La scienza ci dice che i contagi negli esterni sono molto più difficili, in più siamo in vista della bella stagione”, concludendo perentorio: “Il governo decida”.

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Provenzano: “La nostra strada contro la rabbia”

martedì, Aprile 13th, 2021

Vicesegretario Giuseppe Provenzano, anche oggi ristoratori in piazza. Siamo solo davanti alla rivolta di alcune categorie o vede in queste proteste un principio di sgretolamento del tessuto sociale?

Il tessuto sociale è lacerato dalla pandemia, che ha aggravato divari già insostenibili tra cittadini, imprese e territori. A pagare di più sono stati i lavoratori precari, giovani e donne. E gli autonomi che vivono una nuova questione sociale. Nelle piazze di questi giorni ho visto la protesta ma anche le infiltrazioni dell’estrema destra che non hanno nulla a che fare con loro. Anzi, prima si sciolgono le organizzazioni neofasciste come Casa Pound meglio è. Lo Stato deve isolare gli eversori. Ma la politica, e soprattutto la sinistra, deve guardare negli occhi la rabbia sociale, ascoltarla e rispondere.

Al netto delle strumentalizzazioni hanno ragione: ristori insufficienti e tardi, mancanza di aiuti sul fronte fiscale, in questo anno solo stati aiutati poco.

Noi chiediamo di rafforzare da subito i sostegni a chi è stato costretto a chiudere in queste settimane. I nostri emendamenti al Senato li rafforzano proprio per i piccoli esercenti. Il decreto si è rivelato insufficiente. Ecco perché serve un nuovo ampio scostamento.

Cosa proponete?

Un nuovo decreto, rivolto alle imprese, al lavoro e alle professioni. Con una novità che rispondo al malessere e ai bisogni concreti: agire non a compensare cali di fatturato, ma sostenere i costi fissi delle imprese: affitti, bollette, tasse comunali. E poi, più in prospettiva, vogliamo allungare le garanzie pubbliche sui prestiti e disinnescare in maniera strutturale la bomba sociale della montagna di debiti privati contratti dalle imprese durante la pandemia, favorendo la ricapitalizzazione.

Pensa che basti?

No, non basta. La piazza chiede le aperture. Ma lo chiedono anche i cittadini chiusi in casa. Io rigetto la rappresentazione di una destra che vuole aprire e una sinistra che vuole chiudere. Noi abbiamo voluto che riaprisse la scuola. Ora vogliamo riaprire ristoranti e piccoli esercizi, i luoghi della cultura, non ci rassegniamo al coprifuoco. Ma tutto questo vogliamo farlo in sicurezza. E in modo irreversibile, per evitare quello che è accaduto in Sardegna. Per questo ogni sforzo dev’essere orientato ad accelerare la campagna vaccinale per gli over 60.

Non crede che, in questo clima, sia positivo che Salvini sia al governo? Se non lo fosse starebbe in piazza a soffiare sulla rivolta, come fa la Le Pen in Francia. Invece così è corresponsabile, infatti parecchi dei manifestanti ce l’hanno con lui.

Vuole la verità? Penso che aver riportato la destra al governo sia stato un grave errore e un danno al Paese. Le faccio un esempio di questi giorni. Se invece di buttare i soldi pubblici con il condono chiesto dalla Lega sulle multe di quindici anni fa, magari anche chi potrebbe pagarle benissimo, avessimo rafforzato ristori e sostegni alle partite Iva sarebbe stato meglio. Quanto a Salvini, non so se a fischiarlo fossero i ristoratori o quelli di Casa Pound. In quest’ultimo caso, non entrerei nei dissidi tra vecchi amici, affari loro.

Non ritiene che questa narrazione sullo strapotere di Salvini sia del tutto priva di fondamento? È in un governo dichiaratamente europeista e si muove in continuità sulle chiusure. Non sono questioni di poco conto per la Lega.

Ma quale strapotere? Salvini ha perso consenso da quando abbiamo formato il governo Conte II e non lo guadagna adesso. Ora è schiacciato da Giorgetti e Zaia da un lato e dalla Meloni dall’altro. E così va da Orban e dal leader polacco. Due governi che agiscono contro l’interesse europeo, ma soprattutto contro l’interesse nazionale. Altro che chiacchiere. Fosse per loro, non avremmo mai avuto i soldi di Next Generation Eu. Chissà se avrà parlato delle delocalizzazioni in Polonia, tra le cause delle crisi industriali che il ministro del suo partito dovrebbe risolvere.

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Usa: “Chiesta la sospensione del vaccino Johnson&Johnson” | Rinviata le consegne delle dosi previste in Europa

martedì, Aprile 13th, 2021

Gli Stati Uniti chiedono una sospensione sul vaccino Johnson&Johnson dopo alcuni casi di coagulazione. La Food and Drug Administration e i Centers for Disease Control smetteranno di usare il siero nei siti federali e solleciteranno gli Stati a fare lo stesso in attesa di ulteriori indagini. La sospensione, che sarà probabilmente questione di giorni, è legata a sei casi di sviluppo di una malattia rara nelle due settimane successive alla vaccinazione.

Cdc e Fda raccomandano alle persone alle quali è stato somministrato il vaccino J&J e che abbiano forte mal di testa, dolori addominali, dolori alle gambe o respiro corto di contattare il proprio medico. “Quello che vediamo per i vaccini Johnson&Johnson è simile a quanto osservato con AstraZeneca”, hanno affermato le autorità sanitarie americane nel corso di un incontro per spiegare le motivazioni che hanno portato alla pausa nella somministrazione del vaccino. I problemi con il vaccino Johnson&Johnson si hanno in media nove giorni dopo la somministrazione.

Finora negli Stati Uniti circa sette milioni di persone hanno ricevuto il vaccino Johnson & Johnson. “Raccomandiamo una pausa nell’uso di questo vaccino per cautela”, ha annunciato la Food and Drug Administration su Twitter. 

A New York tutti gli appuntamenti già programmati per il vaccino monodose sono stati confermati ma ad essere somministrato sarà il vaccino Pfizer. Mentre nel District of Columbia, dove si trova la capitale federale Washington, gli appuntamenti per il vaccino Johnson&Johnson sono stati tutti cancellati in attesa di essere riprogrammati.

Johnson&Johnson ha inoltre annunciato che ritarderà le consegne dei suoi vaccini in Europa. Tutti e sei i casi di malattia rara hanno riguardato donne di età compresa tra i 18 e i 48 anni. Una di queste è morta mentre una seconda, in Nebraska, è stata ricoverata in condizioni critiche.

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La crisi non è uguale per tutti

martedì, Aprile 13th, 2021

di MICHELE BRAMBILLA

Delle due foto che vedete qui sopra, guardate innanzitutto quella in alto. L’ha scattata il sottoscritto domenica pomeriggio all’ingresso di un centro commerciale della Brianza. Come vedete, c’era un centinaio di persone in coda per entrare. Non si pensi che gli ingressi fossero contingentati o che fosse previsto un controllo della temperatura particolarmente lungo. Dentro, le persone erano già almeno un migliaio. Tutto regolare, sia chiaro: mascherine, distanziamento eccetera. Ma che cosa devono pensare tutti coloro che da un anno sono costretti a stare chiusi? Ristoranti, bar, palestre, cinema e teatri? Che cosa devono pensare se non un “perché loro possono e noi no”? 

Quella foto introduce un tema di cui non si parla quasi mai: il senso di disparità di trattamento percepito da una buona parte del popolo italiano. Infatti, si pensa sempre che la rabbia (vedi ora la foto sotto) sia provocata dal fatto che certe categorie sono esasperate da un anno di crisi. Invece no, non è solo quello il motivo di tanta rabbia. C’è anche la percezione – ma meglio sarebbe dire la constatazione – che il conto del Covid l’abbia pagato solo una parte degli italiani. E cioè quegli italiani che non possono riaprire e vedono altri che non devono chiudere.

Molti ristoratori, baristi, gestori di cinema teatri e palestre dicono: anche noi possiamo garantire misure di sicurezza, perché non vi fidate? Perché loro possono e noi no? È un senso di ingiustizia che si somma a un altro fatto oggettivo: e cioè che i commercianti e le partite Iva hanno visto crollare i loro redditi, mentre i lavoratori dipendenti, specie nel settore pubblico, hanno continuato a prendere lo stipendio, magari lavorando da casa. E si fa fatica a far capire che questi che ora protestano sono la parte più debole del Paese.

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Carta verde o tampone negativo. Ecco come andremo in vacanza

martedì, Aprile 13th, 2021

di ALBERTO PIERI

La speranza di un’estate di libera circolazione in Europa si chiama Carta verde. Nella presunzione che la situazione epidemiologica continui a migliorare, l’Ue lavora al rilascio del Green Pass. Ma per arrivarci i nodi da sciogliere sono rilevanti e moltepici. Il che non toglie che si possa fare un primo bilancio sullo stato dei lavori in corso.

Il Cvd (Certificato verde digitale) sarà un documento cartaceo o elettronico di attestazione con codice QR. Proverà che il titolare del documento sia stato vaccinato contro il Covid, abbia effettuato test con esito negativo o sia guarito dalla malattia. Oltre ai dati anagrafici del cittadino (nome, cognone, data di nascita, eventuale codice fiscale), il Cvd conterrà le seguenti informazioni vaccinali: nome del siero, numero di lotto, numero di dosi, data di inoculazione, codice del Paese di somministrazione, e – a scopo di cura – nome del centro (o del medico) che ha effettuato la vaccinazione, inclusa la data dell’eventuale dose in sospeso.

Il vero problema di sicurezza del Cvd sarà garantire a ogni emittente (ospedali, centri vaccinali, autorità sanitarie) la propria univoca chiave di firma digitale dei dati. La Commissione europea realizzerà un gateway. Attraverso questo programma, le firme dei certificati potranno essere verificate in tutta l’Ue. Tuttavia, se si considera la miriade di soggetti vaccinatori, la presenza di stati federali come la Germania o la devoluzione sanitaria a Regioni o Province autonome come in Italia, la costruzione di un così ramificato sistema di accreditamento e autenticazione non appare così immediato anche confidando nelle meraviglie del digitale.

Ma i nodi da sciogliere, restano numerosi. Manca ogni indicazione di quali saranno i soggetti abilitati alla verifica del Cvd. Polizia di frontiera? Vettori aerei o navali? Personale degli alberghi? Medici e autorità sanitarie? I proprietari delle case date in locazione? Domande che a dieci settimane dall’estate i cittadini si pongono. E altre domande incuriosiscono gli under 60 fuori dalle categorie protette: potenziali turisti che in estate non saranno ancora vaccinati e non vorrebbero essere discriminati. Dovrebbero essere equiparati ai vaccinati a condizione di poter esibire un tampone appena fatto con esito negativo. Ma non è detto che basti: anche in questo caso si deve attendere.

La realtà è che, a 69 giorni dall’estate, l’operazione resta nel limbo. In teoria, tutto è studiato nei dettagli. In pratica, molto è da costruire. Non bastassero i timori di privacy o falsificazioni in uno scenario digitale che coinvolge tutti i paesi dell’Unione ma anche Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, il Green pass nasce per facilitare la libera circolazione nei paesi indicati, ma di per sé non rappresenta alcuna condizione preliminare per esercitare il diritto al viaggio.

“Stiamo lavorando al Green pass che sarà una specie di certificato verde che consentirà ai paesi europei una più facile mobilità”, è il vago testuale recitato in tv dal ministro della Salute Roberto Speranza.

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Debito pubblico, macigno per l’Italia fra tre anni 100 punti più dei tedeschi

martedì, Aprile 13th, 2021

Carlo Cottarelli

Il Fiscal Monitor del Fondo Monetario Internazionale (FMI) pubblicato qualche giorno fa presenta un quadro aggiornato e completo dell’andamento dei conti pubblici del mondo. In quanto segue però mi limito a qualche considerazione sugli sviluppi della finanza pubblica nei Paesi avanzati. Concludo che il divario crescente tra livelli del debito nel Nord e nel Sud Europa potrebbe causare in futuro tensioni da non sottovalutare nell’area dell’euro.

Come sappiamo, la crisi Covid ha fatto crescere i deficit pubblici di tutti i Paesi avanzati. Il livello del deficit resta però molto diverso da Paese a Paese. Si possono identificare tre principali gruppi. Il primo è quello dei Paesi che hanno portato il deficit nel 2020 a livelli ben superiori al 10 per cento del Pil. Sono quattro: Israele, Regno Unito, Giappone e Stati Uniti. In quest’ultimo Paese il deficit ha sfiorato il 16 per cento del Pil, un valore superato in precedenza solo tra il 1943 e il 1945.

Il secondo gruppo comprende Paesi con un deficit intorno al 10 per cento: qui si colloca l’Italia, insieme ad altri Paesi “mediterranei” (Francia, Grecia, Spagna). Il terzo gruppo comprende Paesi con deficit molto più bassi, tra il 3 e il 6 per cento del Pil. Qui stanno Svizzera, Corea del Sud, e tutti i Paesi “nordici” (Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Olanda). Ci sta pure il Portogallo, seppure su valori tra i più alti del gruppo (6 per cento).

Queste differenze tra gruppi di Paesi riflettono tre circostanze. Primo, il punto di partenza: Paesi che già prima della crisi avevano un deficit basso o, come Germania e Olanda, erano in surplus, hanno retto meglio lo shock. Secondo, la caduta del Pil: dove il Pil è caduto di più le entrate dello stato hanno maggiormente sofferto e la spesa è aumentata più rapidamente. Terzo, probabilmente, hanno pesato fattori culturali: insomma, la Germania è stata come sempre molto prudente.

Ma, qualunque siano le cause, il diverso andamento del deficit pubblico nel 2020 e, come previsto dal Fmi, nel 2021 alimenterà una maggiore divergenza tra i debiti pubblici dei vari paesi. Tale divergenza potrebbe diventare problematica particolarmente nell’area dell’euro. Nel biennio, il Fmi prevede un aumento del debito pubblico di 9 punti percentuali per la media di Finlandia, Germania e Olanda, contro 21 punti percentuali in media per Francia, Italia, Grecia e Spagna, che già partivano con un debito più alto. Questi andamenti proseguirebbero negli anni a venire.

Cosa accadrà, per esempio, al debito pubblico italiano rispetto a quello tedesco? Il divario tra debito italiano e tedesco, già sui massimi storici nel 2019 (75 punti percentuali) raggiungerebbe i 92 punti percentuali nel 2024 (62 per cento per la Germania contro 154 per cento per l’Italia).

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Il Copasir e il Colle

martedì, Aprile 13th, 2021

Montesquieu

Il Copasir è il comitato bicamerale che controlla l’attività dei servizi di informazione per la sicurezza dello Stato. Che il compito sia delicato, lo si capisce dal nome per esteso; e dal diritto, esclusivo, che viene riconosciuto alle minoranze di presiederlo, da una norma della legge che lo istituisce, la 124 del 2007.

In questi giorni, per la prima volta sulla scelta del presidente è il gelo, per di più tra alleati di sempre: la Lega Nord, aggrappata all’incarico che detiene, pur essendo ora partito di maggioranza e di governo, e Fratelli d’Italia, che vanta dall’opposizione un diritto (per ora non esigibile, a quanto pare), alla presidenza. Alleati curiosi, peraltro, portati naturalmente a separarsi quando nasce un nuovo governo. Un caso sul nulla, giuridicamente e politicamente, tra gentiluomini: il diritto a presiederlo è di FdI, unico partito di opposizione, forte di un gruppo parlamentare alla nascita del governo Draghi. Le Camere non sono sciolte dal rispetto delle leggi che fanno (o dovrebbero fare). Un caso, almeno per la vertenza e il gelo: per un ruolo in passato segnato dal nobile, arcaico gesto di Francesco Rutelli, che lo lasciò spontaneamente assieme al partito in cui era stato eletto; e dalla conservazione dell’incarico da parte di Massimo D’Alema, deputato di maggioranza. Conservazione non contestata. Era ieri, nei tempi, ma le relazioni internazionali dei nostri partiti non erano state ancora aggredite dai germi incoscienti del sovranismo e del populismo. Una foto lo spiega, e va tenuta nell’archivio della memoria: i due vicepresidenti del governo chiamato gialloverde orgogliosamente ai lati di Putin, quasi guardie del corpo, nel giorno stesso in cui il presidente russo annuncia la fine della la democrazia liberale, oramai un anacronismo.

Nella realtà, la vertenza, se non sciolta rapidamente, porta con sé una quantità di implicazioni non solo politiche, ma istituzionali e addirittura costituzionali. Basta tirare un filo, ed esce di tutto. Le resistenze alla sostituzione, inconfessate ma tenaci, portano diritto a un sovvertimento nella limpida gerarchia delle fonti del diritto: sopra tutto le leggi e le norme costituzionali, poi le leggi ordinarie, ma sempre leggi. Tutto il resto viene incontestabilmente dopo: regolamenti, usi, precedenti e altre fonti non legislative. Basterebbe che i due presidenti delle Camere, inutilmente invocati dal partito “creditore”, ricordassero che la terzietà istituzionale non consiste nel tenersi lontani dai conflitti politici, ma nel dirimerli secondo diritto, unica espressione della terzietà. Astenersi, confidando in un accordo tra le parti, significa prendere le parti di uno dei contendenti. Chi segue le vicende delle due Camere, vicende che meritano apprensione, sa che la materia parlamentare è da tempi lontani teatro della creazione di comodi e artificiosi precedenti, proprio al fine di aggirare disposizioni scomode. L’esempio più inquietante, in sé e per la fitta coltre omertosa che lo protegge, è offerto da generazioni di presidenti delle Camere, che da qualche decennio e spalleggiandosi l’un l’altro, avallano implicitamente e quando serve esplicitamente ben altro sovvertimento della graduatoria delle fonti: la manomissione della norma costituzionale, l’articolo 72, che disegna un procedimento legislativo tutto interno alle Camere.

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“Quindici giorni per riaprire”. Draghi accelera i tempi e dà 40 miliardi alle imprese

martedì, Aprile 13th, 2021

ALESSANDRO BARBERA

ROMA. Circa quaranta miliardi di euro di nuove spese, parte delle quali necessarie a finanziare le opere «fuori budget» previste dal Recovery Plan, e un nuovo piano di aiuti per le attività tuttora penalizzate dalle restrizioni anti Covid: stop alla rata Imu di giugno, alla tassa di occupazione del suolo pubblico, un credito d’imposta per gli affitti commerciali. In un lungo vertice a Palazzo Chigi Mario Draghi e il suo ministro del Tesoro Daniele Franco ieri hanno fatto il punto delle misure necessarie ad accompagnare il Paese fuori della pandemia. Il premier è deciso ad allentare le misure restrittive per ristoranti, bar e le altre attività tuttora ferme, ma vuole attendere «altre due settimane», almeno fino a quando il Comitato tecnico scientifico non avrà valutato appieno l’effetto del rientro a scuola della gran parte degli studenti, iniziato ieri, e un calo consolidato dei contagi. Il nuovo decreto di aiuti alle imprese serve da un lato a dare ossigeno a chi è costretto ad attendere, dall’altra a dare fiato alla ripresa prevista per la seconda parte dell’anno.
Già domani il consiglio dei ministri darà il via libera al nuovo Documento di economia e finanza con l’aggiornamento delle stime macroeconomiche e alla richiesta di ulteriore «scostamento» di bilancio al Parlamento. Venerdì prossimo, o al più tardi il 26 aprile, arriverà il decreto bis con gli aiuti dedicati in gran parte alle attività commerciali. Si tratterà però di un decreto molto diverso da quello varato poche settimane fa. Questa volta gli aiuti non saranno concessi ai lavoratori autonomi e ai commercianti che riusciranno a dimostrare cali di fatturato superiori a un terzo, ma per affrontare i costi fissi: Imu per gli immobili commerciali, tassa di occupazione del suolo pubblico, un credito d’imposta per il pagamento degli affitti e una nuova moratoria sui mutui. La scorsa settimana in un incontro a quattr’occhi il leader Pd Enrico Letta e il leghista Matteo Salvini si sono accordati per chiedere a Draghi e Franco il massimo impegno possibile. Salvini vorrebbe aumentare la dote del decreto fino a cinquanta miliardi, Franco ha imposto cautela. Con quest’ulteriore spesa il deficit pubblico del 2021 supererà il dieci per cento, troppo per un Paese che, nonostante il Recovery pagato dall’Unione e il sostegno incondizionato della Banca centrale europea, ha un debito pubblico sempre stratosferico.

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