Archive for Aprile, 2021

Fascia tricolore e vista sui Fori, ecco il sogno di Nicola Zingaretti

sabato, Aprile 24th, 2021

Arnaldo Magro

In autunno più di 6 milioni di italiani andranno al voto. Venti i capoluoghi che potrebbero rappresentare un banco di prova per il governo. Gli equilibri all’interno delle coalizioni saranno messi a dura prova. A Napoli Roberto Fico, viene dato già come vincente al primo turno, qualora decidesse davvero di lasciare la Presidenza della Camera, per giocarsi la partita. Su Torino il centrosinistra non ha ancora l’asso da calare e pensa ad un ritorno al passato, con Piero Fassino. Paolo Damilano, imprenditore e volto noto nei sabaudi salotti, dovrebbe essere invece il nome su cui convergerà il centrodestra, che a Milano punterà forte su Gabriele Albertini per contrastare Beppe Sala.
La Partita delle partite si giocherà su Roma. Se il centrodestra si affiderà probabilmente ad Andrea Abodi, Pd e 5 Stelle ancora non hanno sciolto le riserve. La sola certezza, è che spetti al Pd esprimere il candidato. Roberto Gualtieri è un nome che poco scalda la segreteria dem.

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Vincerà il virus, ecco la rivelazione choc di Pfizer

sabato, Aprile 24th, 2021

Franco Bechis

La pandemia? Ci sarà ancora per buona parte del 2022, più o meno come abbiamo vissuto nel 2020 e nel 2021, anche se probabilmente con intensità diversa nelle varie aree del mondo. E poi che accadrà al virus Covid 19? Resterà. E quindi bisognerà combatterlo. Non è un virologo catastrofista di quelli che impazzano nelle nostre tv, chiamati soprattutto da conduttori che vogliono sentirsi dire le peggiori tregende. Ma vale assai di più di un virologo: perché la stima è di Albert Bourla, presidente e amministratore delegato di Pfizer, il colosso farmaceutico che insieme alla tedesca BioNTech ha le chiavi del vaccino contro il coronavirus più richiesto nel mondo.

Le sue previsioni – che a noi portano a toccare ferro – valgono molto più di quelle di un virologo qualsiasi che del virus nulla sa. Perché il signor Bourla come tutta la Pfizer vivranno di quei vaccini, e le previsioni sono state fatte davanti all’assemblea annuale degli azionisti del 22 aprile, perché quelli erano desiderosi di capire che sorte avrebbe avuto il loro investimento anche a tre o cinque anni.

Il vaccino contro il coronavirus ha portato nelle casse di Pfizer 15 miliardi di euro di fatturato, destinato a crescere però grazie agli ordini aggiuntivi appena arrivati da Stati Uniti, Unione Europea e Giappone. Visto con gli occhi degli azionisti il problema è l’esatto opposto di quello che vive tutto il resto del mondo: il vaccino oggi fa lievitare i fatturati, ma potrebbe avere assai più margine di guadagno. Solo che in piena pandemia il prezzo ai loro occhi è calmierato: 39 dollari per la doppia dose fornita a tutti i paesi ad «alto reddito» come Europa e Usa, «il costo medio di un pasto in America», ha spiegato Bourla. La metà di quel prezzo per le forniture a tutti i paesi a medio reddito pro capite, secondo la policy scelta da Pfizer. E da zero a comunque molto meno per i paesi poveri, per cui non è che Pfizer in questo momento si stia facendo in quattro. Di fronte a una rete di organizzazioni cattoliche intervenuta in assemblea per chiedere un maggiore sforzo per fornire le dosi al programma Covax dell’Onu caldeggiato anche da papa Francesco, Bourla non ha lasciato aperta la minima disponibilità: «abbiamo sottoscritto un accordo per fornire 40 milioni di dosi in tutto il 2021, e quei numeri rispetteremo».

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Le scuse della sindaca

sabato, Aprile 24th, 2021

Che la sindaca Virginia Raggi abbia convocato i vertici della municipalizzata Ama per chiedere loro di risolvere con urgenza lo scempio dei cadaveri insepolti è una buona e insieme terribile notizia. Buona naturalmente, perché da molti e molti mesi – come abbiamo raccontato più volte in queste righe dando voce ai parenti dei morti in attesa di cremazione – la situazione del cimitero di Prima Porta è al collasso, le bare sono accatastate in magazzini di fortuna, l’unico impianto di cremazione di tutta la capitale ha una lista d’attesa di due mesi di media.

C’è stato chi ha affisso manifesti per strada per scusarsi con la madre, chi ha scritto lettere ai giornali, chi – come Elisa e Daniela, le cui parole abbiamo pubblicato in questo spazio – ha chiesto aiuto, senza ottenerlo. Ci sono state, naturalmente, inchieste giornalistiche e televisive a documentare lo scempio indegno.

Hanno parlato titolari di imprese funebri, sindacalisti, dipendenti del municipio che svolgono servizio nell’Azienda di cui si tratta. Una cittadina ha denunciato che un operaio Ama le ha chiesto denaro per sistemare la questione fuori dall’orario di lavoro. Dubito molto che la sindaca non ne fosse al corrente, avrà pure – se non altri sensori – qualcuno che le faccia una rassegna stampa.

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Recovery, superbonus fino al 2023 solo per le case popolari. Rabbia di M5s e Forza Italia. Abilitazioni, basterà la laurea

sabato, Aprile 24th, 2021

MILANO – Arriva a 318 pagine la bozza del Recovery plan che il Consiglio dei ministri deve limare, in vista della presentazione alle Camere nei primi giorni della prossima settimana e della successiva chiusura per arrivare a spedirlo a Bruxelles entro il 30 aprile.

Il Piano “comprende un ambizioso progetto di riforme” con “quattro importanti riforme di contesto – pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza”, scrive il premier Draghi nel preambolo. Ci sono poi la “modernizzazione del mercato del lavoro; il rafforzamento della concorrenza nel mercato dei prodotti e dei servizi” e la riforma del fisco, anche in chiave ambientale.

Polemiche sul superbonus

Il testo che circola in queste ore non scioglie il nodo del Superbonus al 110%, l’agevolazione fiscale per i lavori di efficientamento energetico e antisismici per la quale il Parlamento e la filiera dell’edilizia hanno chiesto una proroga a tutto il 2023. “Per far fronte ai lunghi tempi di ammortamento delle ristrutturazioni degli edifici, per stimolare il settore edilizio, da anni in grave crisi, e per raggiungere gli obiettivi sfidanti di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni al 2030, – si legge – si intende estendere la misura del Superbonus 110% recentemente introdotta (articolo 119 del Decreto Rilancio) dal 2021 al 2023”. 

Si tratta, in realtà, della proroga per le sole case popolari già prevista dall’ultima legge di Bilancio. Per un’estensione a tutti i tipi di abitazione, servono altri 10 miliardi. Le esitazioni del governo deludono Forza Italia: “Il super bonus è una misura importante. Avevamo chiesto la proroga di un anno con adeguati finanziamenti ed estensione ad altre tipologie di edifici, strutture recettive turistiche e non solo”.

Rabbia anche tra i grillini: “Il superbonus al 110% è una misura creata dal Movimento, la sua proroga è indispensabile e imprescindibile per la transizione ecologica. Si ricorda che proprio la transizione ecologica è la matrice che ha fatto nascere questo governo”.

Nella sua introduzione, il presidente del Consiglio dà la cifra politica del lavoro: “Il Pnrr è parte di una più ampia e ambiziosa strategia per l’ammodernamento del Paese. Il governo intende aggiornare e perfezionare le strategie nazionali in tema di sviluppo e mobilità sostenibile; ambiente e clima; idrogeno; automotive; filiera della salute. L’Italia deve combinare immaginazione e creatività a capacità progettuale e concretezza. Il governo vuole vincere questa sfida e consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale”. E il Next generation Eu “può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni”.

Guardando ai numeri, l’impatto sul Pil del Piano nazionale di ripresa e resilienza legato al Recovery sarà nel 2026 “di almeno 3,6 per cento più alto rispetto all’andamento tendenziale”. Si auspica che l’effetto sull’occupazione sarà di quasi 3 punti percentuali.

La governance: coordinamento centrale al Tesoro e task force locali

Nel testo si chiarisce che il governo “ha predisposto uno schema di governance del Piano che prevede una struttura di coordinamento centrale presso il Ministero dell’Economia. Questa struttura supervisiona l’attuazione del piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione Europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti. Accanto a questa struttura di coordinamento, agiscono una struttura di valutazione e una struttura di controllo. Le amministrazioni sono invece responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme; inviano i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale, per garantire le successive richieste di pagamento alla Commissione Europea”. Confermato anche il livello locale: “Il governo costituirà anche delle task force locali che possano aiutare le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e a semplificare le procedure. La supervisione politica del piano è affidata a un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio a cui partecipano i ministri competenti”.

La laurea varrà come esame di Stato per le professioni

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Scuola, 7 giorni per sperimentare il 70% in presenza. Il ministero suggerisce quinte e prime al 100%

sabato, Aprile 24th, 2021

maria teresa martinengo

Da lunedì sarà il 70% della popolazione scolastica – non il 100% – a frequentare le scuole superiori nel Piemonte diventato giallo, ma resterà alle scuole la possibilità di organizzarsi in base alla propria situazione. È quanto è emerso al Tavolo prefettizio di coordinamento regionale, riunito ieri mattina. «Dopo molte perplessità e incertezze, le attività didattiche – hanno riassunto i segretari di Flc Cgil, Luisa Limone, Cisl Scuola, Maria Grazia Penna, e Uil Scuola, Diego Meli – sono previste in presenza al 70% con una sperimentazione di una settimana. Le criticità riguardano i trasporti, soprattutto per la città di Torino, e in alcuni casi l’adeguata capienza delle aule rispetto alle necessità di distanziamento. Sono stati opportunamente esclusi i doppi turni, considerando la difficoltà di riorganizzazione per le scuole e per le famiglie». Il direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Fabrizio Manca spiegato che, «il consueto monitoraggio quotidiano dei contagi e delle criticità nei trasporti sarà oggetto di attenta analisi del Tavolo prefettizio ulteriori valutazioni nel corso della prossima settimana. Ci sarà la possibilità di rimodulare le indicazioni, incrementando, se le condizioni lo consentiranno, la percentuale di presenza».

Ancora: «Nel rispetto delle scelte organizzative delle scuole, che sono e restano autonome, nonché dipendenti dalle esigenze degli specifici contesti e dalle necessità di applicare i protocolli di sicurezza già adottati, sarebbe preferibile – ha scritto ai presidi – dare la priorità tendenzialmente alla frequenza in presenza al 100% della classi quinte, in vista dell’esame di maturità, e possibilmente delle prime». I dirigenti scolastici stanno valutando gli aggiustamenti necessari per arrivare alla percentuale stabilita.

E ieri la Regione ha annunciato il nuovo bando che prevede la messa a disposizione di un milione di euro per il reclutamento di psicologhe e psicologi che saranno coinvolti per il sostegno del personale scolastico, delle studentesse e degli studenti e delle famiglie. Entro 30 giorni dall’assegnazione delle risorse, l’Ordine degli Psicologi del Piemonte procederà alla mappatura dei bisogni per mettere a punto interventi specifici.

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Italia più moderna in un’Europa solidale, la sfida del governo per salvare i giovani

sabato, Aprile 24th, 2021

Mario Draghi*

La pandemia di Covid-19 ha colpito l’economia italiana più di altri Paesi europei. Nel 2020, il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9%, a fronte di un calo nell’Unione Europea del 6,2. L’Italia è stata colpita prima e più duramente dalla crisi sanitaria. Le iniziali chiusure locali sono state disposte a febbraio 2020, e a marzo l’Italia è stata il primo paese dell’Ue a dover imporre un lockdown generalizzato. Ad oggi sono stati registrati oltre 110.000 decessi ufficiali dovuti al Covid-19, che rendono l’Italia il Paese che ha subito la maggior perdita di vite nell’Ue.

La crisi e la povertà
La crisi si è abbattuta su un Paese già fragile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Tra il 1999 e il 2019, il Pil in Italia è cresciuto in totale del 7,9%. Nello stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e 43,6%. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà è salita dal 3,3% al 7,7% della popolazione – prima di aumentare ulteriormente nel 2020 fino al 9,4%. Le donne e i giovani
Ad essere particolarmente colpiti sono stati donne e giovani: l’Italia è il Paese dell’Ue con il più alto tasso di giovani tra i 15 e i 29 anni non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione (Neet), e il tasso di partecipazione delle donne al lavoro in Italia è solo il 53,1%, molto al di sotto del 67,4% della media europea. Questi problemi sono ancora più accentuati nel Mezzogiorno, dove il processo di convergenza con le aree più ricche del Paese è ormai fermo.

L’ambiente
L’Italia è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e, in particolare, all’incremento delle ondate di calore e delle siccità. Le zone costiere, i delta e le pianure alluvionali risentono degli effetti legati all’incremento del livello del mare e delle precipitazioni intense. Secondo le stime dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), nel 2017 il 12,6% della popolazione viveva in aree classificate ad elevata pericolosità di frana o soggette ad alluvioni, con un complessivo peggioramento rispetto al 2015…

La produttività
Dietro l’incapacità dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri paesi avanzati europei e di correggere i suoi squilibri sociali ed ambientali, c’è l’andamento della produttività, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. Negli ultimi vent’anni, dal 1999 al 2019, il Pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2%, mentre in Francia e Germania è aumentato rispettivamente del 21,2 e del 21,3%. La produttività totale dei fattori, un indicatore che misura il grado di efficienza complessivo di un’economia, è diminuita del 5,8% tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo.

I ritardi
Tra le cause del deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale. Questo ritardo è dovuto sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo italiano, caratterizzato da una prevalenza di piccole e medie imprese, che sono state spesso lente nel muoversi verso produzioni di più alto valore aggiunto.

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Il tempo delle scelte scomode

sabato, Aprile 24th, 2021

Mario Deaglio

Per affrontare la tematica della quasi impronunciabile sigla Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è opportuno, anzi doveroso, porsi una domanda in apparenza impertinente: ma gli italiani vogliono davvero che l’economia cresca? Oppure la “ripresa” per molti non è un viaggio, necessariamente pieno di incertezze e di rischi, in un mondo che non li aspetterà all’infinito bensì un ritorno al “dove eravamo” prima del Covid-19?

E la “resilienza” è il poter ritrovarsi, nelle lunghe sere d’estate, su una bella piazza a bere qualcosa di fresco?

Nei primi Anni Cinquanta, quando intrapresero l’avventura del “miracolo economico”, gli italiani avevano, per metà, meno di trent’anni, e gli anziani erano relativamente rari; oggi la metà meno giovane va dai 47 anni insù e all’incirca uno su tre ha i capelli bianchi. Gran parte dell’Italia non vuole gli immigrati ma non è neppure disposta a fare qualche sacrifico perché i giovani trovino un lavoro; e pur di bere qualcosa nelle sere d’estate, chiude un occhio sulla generale incapacità delle autorità locali a trasportare gli studenti tra casa e scuola, e viceversa, senza trasportare anche il virus. In questo contesto, le 318 pagine del Piano presentato ieri dal governo delineano condizioni necessarie ma non sufficienti, anche se le riforme in esso illustrate sono delle vere e proprie “boccate d’aria fresca” in un’atmosfera, non solo economica ma anche civile, a tratti soffocante. Basterebbe instradare giustizia e amministrazione pubblica lungo le linee indicate nel Piano per concludere che le energie impiegate nella sua preparazione sono state comunque spese bene. I “tre assi strategici” (digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale) sembrano tuttavia rappresentare più il recupero di intollerabili debolezze del passato che una vera preparazione per un salto nel futuro. E lasciano quindi aperti gli interrogativi – tipici, infatti, di un governo “politico” – su dove vogliamo andare, sul tipo di Paese che vorremmo diventare di qui a dieci o vent’anni. Con molta sincerità il documento chiarisce che, in base a questo Piano, il Pil italiano intorno al 2026 crescerà alla velocità di circa 1,5 per cento l’anno. La velocità di crociera da raggiungere perché l’economia italiana rimanga “in volo”, e la crescita non torni quindi ad abbassarsi, è generalmente stimata in almeno il 2 per cento.

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Draghi: “Italia fragile ma non destinata al declino”. Nel Recovery green, giovani, sanità e riforme

sabato, Aprile 24th, 2021

Marco Grimaldi

L’Italia è certamente fragile ma non è destinata al declino. Parola del premier. Parola di Mario Draghi che lo scrive nero su bianco nella bozza di Recovery fund che si appresta a presentare ad inizio settimana alle Camere e poi in Europa. «La pandemia di Covid-19 ha colpito l’economia italiana più di altri Paesi europei. Nel 2020, il prodotto interno lordo si è ridotto dell’8,9 per cento, a fronte di un calo nell’Unione Europea del 6,2», scrive Mario Draghi nella bozza di premessa al Pnrr, insomma, «l’Italia è stata colpita prima e più duramente dalla crisi sanitaria. Ad oggi sono stati registrati oltre 110.000 decessi ufficiali dovuti al Covid-19, che rendono l’Italia il Paese che ha subito la maggior perdita di vite nell’Ue».


Parità di genere

Tuttavia, la storia economica recente dimostra che l’Italia non è necessariamente destinata al declino. Nel secondo dopoguerra, durante il miracolo economico, il nostro Paese ha registrato tassi di crescita del PIL e della produttività tra i più alti d’Europa. In particolare, scrive Draghi, «le riforme strutturali sono essenziali per migliorare la qualità della spesa da parte delle amministrazioni pubbliche e incoraggiare i capitali privati verso investimenti e innovazione». Da qui, l’esigenza di un piano, se si preferisce Pnrr che sappia mettere in moto risorse ed investimenti. A cominciare dalla rete. Come dire: internet veloce su tutto il territorio nazionale entro il 2026. L’obiettivo del Pnrr in materia di digitalizzazione è di portare connessioni, infatti, a 1 Gbps a oltre 8 milioni di famiglie, 9 mila scuole, 12 mila ospedali e nelle 18 isole minori. Non solo rete naturalmente ma anche investimenti sulle ferrovie (oltre 29miliardi), nell’ambiente e appunto sulla transizione digitale e ambientale. Nel totale il piano che l’Italia manderà in Europa avrà un impatto sul Pil di 3,6 punti percentuali e sull’occupazione di 3 punti al 2026, ultimo anno del Recovery plan. Con il 40 per cento circa delle risorse destinate al Mezzogiorno, il 38 per cento al green e il 25 per cento al digitale. Un fondo extra, poi, sarà utilizzato per coprire i progetti che resteranno fuori dal Piano, che potranno avere scadenze più lunghe e saranno svincolati dall’obbligo di rendicontazione all’Ue. Naturalmente, l’esecutivo è ancora al lavoro sul testo e restano alcuni nodi da sciogliere, a partire dalla definizione della governance e dalle risorse per la proroga del superbonus al 2023. Tanto che la riunione del Consiglio dei ministri per il primo esame è slittata a domani mattina. Il testo sarà quindi ulteriormente limato nel weekend, e lunedì e martedì il premier lo presenterà alle Camere. Il via libera definitivo dovrebbe arrivare tra mercoledì e giovedì, in tempo utile per l’invio a Bruxelles il 30 aprile. Nella bozza in circolazione si legge che il governo «intende estendere la misura del Superbonus 110% recentemente introdotta (articolo 119 del Decreto Rilancio) dal 2021 al 2023» ma si tratta dell’estensione già prevista dalla legge di bilancio solo per le case popolari. Al momento sono previsti 18 miliardi, tra i 10,26 già stanziati e gli 8,2 aggiuntivi del fondo extra Recovery, la stessa dote indicata dal piano del governo Conte. Tali fondi serviranno per finanziare la proroga della detrazione al 110% al 30 giugno 2022 per le singole case e al 31 dicembre 2022 per i condomini che abbiano concluso a giugno il 60% dei lavori, con la possibilità solo per le case popolari di arrivare a giugno 2023, così come previsto dalla legge di bilancio. Tuttavia, spiegano fonti di governo, l’orientamento è di arrivare a settembre per fare una valutazione sui dati effettivi e sugli aspetti economici della misura e se sarà positiva, prorogarla con la legge di bilancio stanziando ulteriori fondi. Per estendere il superbonus al 2023 per tutte le categorie sono infatti necessari altri 10 miliardi di euro. Rispetto alle risorse già disponibili, viene inoltre spiegato, se il tiraggio della misura dovesse risultare piu’ basso e ci fossero dei risparmi, si potrebbe valutare di utilizzarli sugli anni a venire e non dirottarli su altri interventi. Quindi ci sarebbe un impegno politico a confermare la misura ma sulla base dei risultati. Ma al di là delle limature che subirà da qui in avanti il testo, alcune centralità restano: ecco quali.

Spunta un nuovo «Sistema nazionale di certificazione della parità di genere» con uno stanziamento di 100 milioni nell’ultima bozza del Recovery Plan: l’obiettivo è definire un sistema che «accompagni e incentivi le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il gap di genere in tutte le aree maggiormente “critiche” (opportunità di crescita in azienda, parità salariale, gestione delle differenze di genere, tutela della maternità)». Il sistema sarà aperto a tutte le imprese nella fase sperimentale, fino a giugno 2026 sarà agevolata per le Pmi e le microimprese, e accompagnata da servizi di assistenza.

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Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 23 aprile: 14.761 nuovi casi e 342 morti

venerdì, Aprile 23rd, 2021
Coronavirus in Italia, il bollettino di oggi 23 aprile: 14.761 nuovi casi e 342 morti

Sono 14.761 i nuovi casi di coronavirus in Italia (ieri sono stati +16.050 con una correzione di oggi sui dati del Piemonte, qui il bollettino). Sale così ad almeno 3.935.703 il numero di persone che hanno contratto il virus Sars-CoV-2 (compresi guariti e morti) dall’inizio dell’epidemia. I decessi odierni sono 342 (ieri sono stati +360), per un totale di 118.699 vittime da febbraio 2020. Le persone guarite o dimesse sono complessivamente 3.351.461 e 21.069 quelle uscite oggi dall’incubo Covid (ieri +19.125). Gli attuali positivi — i soggetti che hanno il virus — risultano essere in tutto 465.543, pari a -6.653* rispetto a ieri (-3.439 il giorno prima), in calo dal 6 aprile.

I tamponi e lo scenario

I tamponi totali (molecolari e antigenici) sono stati 315.700, ovvero 49.104 in meno rispetto a ieri quando erano stati 364.804. Mentre il tasso di positività è 4,7% (l’approssimazione di 4,67%): vuol dire che su 100 tamponi eseguiti, più di 4 sono risultati positivi; ieri era 4,4%. Qui la mappa del contagio in Italia.

Meno contagi in 24 ore rispetto a ieri. Una buona notizia arriva dal rapporto di casi su test che pur salendo al 4,7% dal 4,4% di giovedì, rimane comunque sotto il 5% per il quarto giorno consecutivo: non è mai successo da quando il 15 gennaio sono stati introdotti i test rapidi nel calcolo di questa percentuale. La curva inizia a calare prima del weekend. Il trend settimanale si mantiene in discesa lenta. A confermare il rallentamento dell’epidemia è anche l’indice Rt nazionale che si abbassa, fissandosi a 0,81 da 0,85 della settimana prima, e permettendo alle regioni di cambiare colore da lunedì. L’incidenza scende da 160,5 a 157,4 casi per 100 mila abitanti, ma è ancora lontana dalla quota di «50 per 100 mila», considerata fondamentale per riprendere il tracciamento.

Le vittime

Rimane tristemente alto il bilancio delle vittime. Secondo Giorgio Parisi, docente di meccanica statistica dell’Università Sapienza di Roma, quando tutti i 77enni e gli over 77 saranno vaccinati, dovremmo «passare automaticamente da 300 decessi al giorno a 100».

Il sistema sanitario

Prosegue l’allegerimento della pressione sugli ospedali. I posti letto occupati nei reparti Covid ordinari sono -654 (ieri -690), per un totale di 21.440 ricoverati. I posti letto occupati in terapia intensiva (TI) sono -42 (ieri -55), portando il totale dei malati più gravi a 2.979, con +153 nuovi ingressi (ieri +174). Da notare che le terapie intensive sono sotto la soglia di 3 mila. Per vedere meno di 3 mila persone in rianimazione bisogna andare indietro di oltre un mese, al 13 marzo 2021.

I vaccinati

Le dosi di vaccino somministrate sono oltre 16,8 milioni. I cittadini che hanno ricevuto la seconda dose sono più di 4,9 milioni. Qui la mappa aggiornata ogni sera e qui i dati in tempo reale del report «Vaccini anti Covid-19» sul sito del governo.

I casi regione per regione

Il dato fornito qui sotto, e suddiviso per regione, è quello dei casi totali (numero di persone trovate positive dall’inizio dell’epidemia: include morti e guariti). La variazione indica il numero dei nuovi casi registrati nelle ultime 24 ore.

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Rousseau e M5S, c’è la rottura: «Troppi debiti, cambiamo strada: faremo web laico aperto a tutti i cittadini»

venerdì, Aprile 23rd, 2021

di Emanuele Buzzi

Rousseau e M5S, c'è la rottura: «Troppi debiti, cambiamo strada: faremo web laico aperto a tutti i cittadini»

Davide Casaleggio e Rousseau sanciscono il divorzio dai Cinque Stelle e preparano un futuro alternativo. Alla fine lo strappo tanto evocato si è consumato. «L’Associazione Rousseau cambia strada. La scelta è dolorosa, ma inevitabile», si legge in un post sul blog delle Stelle. «Stare insieme deve essere una scelta reciproca e deve presupporre rispetto e assunzione di responsabilità da ambo le parti. Questo, purtroppo, non si è verificato», spiega Rousseau. Che poi annuncia: «A fronte dell’enorme mole di debiti cumulati dal MoVimento 5 Stelle nei confronti dell’Associazione Rousseau e della decisione di chi ritiene di essere il gruppo dirigente del MoVimento di impartire ai portavoce un invito diretto a violare espressamente lo Statuto stesso del MoVimento, omettendo di versare, già dal mese di aprile, il contributo stabilito per i servizi erogati, questa mattina abbiamo dovuto comunicare a tutto il personale di Rousseau che siamo costretti ad avviare le procedure per la cassa integrazione». «Abbiamo pensato fino all’ultimo che si sarebbe usciti dall’ambiguità e dal cerchiobottismo per risolvere i problemi in modo concreto, ma non è successo», si legge nel post.

L’addio al Movimento e il nuovo progetto

L’associazione evoca anche le vie legali per risolvere i contenziosi con i Cinque Stelle: «Proseguiremo nell’onorare i patti fino a che non siano consensualmente modificati da soggetti legittimati a farlo, nel rispetto delle regole che la comunità del MoVimento ha deciso di darsi». Nel passo d’addio c’è anche la rivendicazione di essere all’origine del Movimento, di incarnare i valori di Gianroberto Casaleggio. «Rousseau è nato molto prima del MoVimento stesso. Non aveva ancora il nome di Rousseau, ma era ed è stato, negli anni il metodo che ha guidato tutto il percorso di nascita, crescita ed evoluzione del MoVimento 5 Stelle», con riferimento agli anni del blog di Grillo e delle liste civiche.

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