Archive for Aprile, 2021

Proposta di legge per vietare i cellulari a chi ha meno di 12 anni: provocano disturbi

venerdì, Aprile 30th, 2021

Tom. Car.

È una discussione che ciclicamente si ripropone all’attenzione dell’opinione pubblica ma ora la «stretta» sui cellulari ai minori approda in Parlamento con una proposta di legge presentata alla Camera: il tema è disciplinare l’impiego di «dispositivi digitali funzionanti tramite onde a radiofrequenza da parte dei minori di dodici anni» e introdurre «l’articolo 328-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, concernente» il divieto dell’uso di telefoni mobili e «altri dispositivi di comunicazione elettronica» da parte degli alunni nelle scuole primarie e secondarie di primo grado.

La pdl che prevede tra l’altro multe da 300 a 1.500 euro a quei genitori che consentono ai propri figli non ancora dodicenni «di navigare online e di utilizzare smartphone, tablet e qualsiasi altro dispositivo digitale senza accompagnamento e presidio educativo» è stata presentata da alcuni esponenti ex M5s, tra cui l’ex ministro Fioramonti che all’epoca in cui era responsabile del dicastero dell’Istruzione paragonò i telefonini agli studenti a delle «armi in tasca». «Difficoltà di apprendimento, ritardi nello sviluppo del linguaggio, perdita della concentrazione, aggressività ingiustificata, alterazioni dell’umore, disturbi del sonno, dipendenza: sono solo alcuni degli effetti che eminenti studiosi hanno riscontrato dopo aver verificato le conseguenze che l’uso continuato di telefoni cellulari e di altri apparecchi radiomobili provocherebbe nei bambini e negli adolescenti», si legge nella premessa della pdl.

Si ritiene necessario intervenire prima «che tale situazione sfugga ad ogni controllo, prevedendo adeguate disposizioni per tutelare soprattutto chi vede in un telefono cellulare un innocuo strumento di svago e divertimento». I sottoscrittori della Pdl – oltre a Fioramonti ci sono alcuni esponenti M5s ed altri ex pentastellati (la prima firmataria è De Giorgi) – sottolineano nella premessa come «una serie di accertamenti hanno confermato che un uso prolungato del telefono cellulare da parte dei bambini provoca la perdita della concentrazione, l’affievolimento della memoria, una riduzione della capacità di apprendimento e un’interferenza con lo sviluppo cognitivo».

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Il silenzio del ministro Giorgetti sul polo per produrre in Italia il vaccino

venerdì, Aprile 30th, 2021

Francesco Storace

Se l’Unione Europea prenota quasi 2 miliardi di vaccini da Pfizer, vuol dire che siamo di fronte ad una svolta nel contrasto alla pandemia. Che si prevede diventi endemica, che ogni anno ci si debba vaccinare per non farsi pizzicare. Ulteriore considerazione: se la prospettiva è quella annuale, non si può più indugiare sulla produzione nazionale di vaccini. Perché sarebbe folle stare appresso alle carenze a gettone delle varie aziende multinazionali. Tempo addietro sembrava che l’Italia si incamminasse lungo questa strada, un polo vaccinale nostro per poter produrre rapidamente i sieri autorizzati. Ne aveva parlato il ministro per lo sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, ma poi – dopo lo stanziamento di 200 milioni di euro nel decreto sostegni – non se ne è saputo più nulla. Al ministero tutto tace, come se ci fosse qualche intoppo non noto. Lo stesso ministro, più taciturno del solito, non ne parla. Idem il suo staff, come se ci fosse chissà quale esigenza di riserbo. Al ministero dello sviluppo si sono svolte ben quattro riunioni, ma fino alla fine di marzo. Poi, non si è saputo più nulla. Tavoli su tavoli per la fortuna dei falegnami, discussioni che durano sessanta minuti con le aziende che si dicono disponibili a produrre in Italia i vaccini anti Covid. E poi? Entro quando? Con quali costi? Basteranno gli stanziamenti? Ci sarà un indotto per le aree territoriali di produzione?

Purtroppo al Mise ancora non si riesce a delineare un quadro di risposte. Per adesso si sa che sono quattro le aziende pronte a produrre direttamente o per conto terzi. Il che vorrebbe dire, in caso di avanzamento dei progetti, che l’Italia potrebbe competere fattivamente con i partner europei per l’attrazione di investimenti. E guadagnarsi l’autosufficienza vaccinale. Ma l’assenza di informazione non aiuta ad essere ottimisti per il futuro. Il che rischia di provocare ulteriori stress ad un popolo già abbastanza esasperato per la pandemia. Ad ogni riunione ci sono impegni, promesse, ma non si comprende la tempistica. Tanto più che occorre anche un segnale concreto di disponibilità dei gruppi che posseggono i vaccini già autorizzati a trasferirne la tecnologia. E qui è ancora l’Unione Europea che deve fare da garante. Il commissario di Bruxelles delegate ai vaccini, Breton, lo ha promesso a marzo, ma risultati effettivi non sono ancora visibili.

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Il Garante della Privacy: “Molti rischi per i dati sensibili. Così il pass vaccinale non va”

venerdì, Aprile 30th, 2021

Flavia Amabile

ROMA. La norma del governo che istituisce il pass vaccinale non è chiara e non tutela la privacy dei cittadini, va modificata, insiste Pasquale Stanzione, presidente dell’Autority per la protezione dei dati personali.

Che cosa contesta alla norma? «Così com’è, la norma non circoscrive sufficientemente l’ambito di utilizzo dei pass, con il rischio di interpretazioni, magari in buona fede, che però abbiano l’effetto di estenderne indebitamente il perimetro. Non vi è una chiara definizione dei protagonisti del trattamento (titolare e responsabile in particolare) necessaria invece, a tacer d’altro, per l’esercizio, da parte degli interessati, dei diritti loro riconosciuti dalla disciplina privacy. Inoltre, la previsione di due modelli diversi di pass a seconda che siano tampone negativo o da guarigione o, invece, da vaccino andrebbe sostituita dall’indicazione della sola scadenza temporale del certificato. Vanno poi introdotte garanzie adeguate alla natura dei dati trattati, che sono sensibili».

Il governo non l’ha consultata quando ha scritto il decreto che prevede l’introduzione dei pass. Se l’aspettava?

«È una questione di osservanza di norme, come quelle che impongono il parere obbligatorio, ancorché non vincolante, del Garante, a tutela tanto di un diritto di libertà, quale è appunto la privacy, quanto della stessa efficacia delle misure di contrasto della pandemia. Norme dall’ambito applicativo non ben definito, prive di una chiara indicazione dei soggetti responsabili e delle misure idonee a prevenire indebiti trattamenti dei dati, rischiano infatti di complicare, anziché agevolare l’azione di contrasto della pandemia».

Secondo Fratelli d’Italia l’Autorità non aveva mai contestato in modo così diretto un atto del governo.

«Laddove è apparso necessario, il Garante è intervenuto sempre, anche in passato, a sottolineare le criticità di provvedimenti proposti o approvati, come per l’obbligo della conservazione fino a sei anni dei tabulati o l’imposizione della rilevazione biometrica della presenza dei dipendenti pubblici. In ciascuno di questi casi l’intento del Garante è sempre stato costruttivo, volto cioè a indicare quali aspetti rivedere e perché, alla ricerca del miglior equilibrio possibile tra i vari interessi in gioco».

Forza Italia, invece, denuncia che con il suo intervento lei mette a rischio la funzionalità del pass.

«La funzionalità del pass rischia di essere pregiudicata non già dalle richieste di modifica del Garante, ma dalle lacune della norma che auspico possano essere colmate, almeno in sede di conversione del decreto legge».

In molti l’accusano di aver già affossato l’app Immuni con i suoi rilievi…

«Con Immuni si è scelto un sistema che, pur garantendo un tracciamento efficace, non ci condannasse a forme di biosorveglianza invasive come sarebbe stata la geolocalizzazione obbligatoria. I limiti che ne hanno contrassegnato l’applicazione non sono diversi da quelli che hanno caratterizzato il contact tracing digitale negli altri Paesi europei, dovuti probabilmente a una percezione scorretta del reale funzionamento del sistema».

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Il dovere di pesare in Europa

venerdì, Aprile 30th, 2021

di Antonio Polito

Da un po’ l’Europa, un tempo così arcigna verso noi italiani, sembra essere diventata una potenza benigna. L’estate scorsa Berlino ha sconfitto le resistenze olandesi e nordiche per concederci la porzione più grande dei fondi per la ripresa; pochi giorni fa Bruxelles ha accettato in ventiquattr’ore le garanzie del nostro governo su come abbiamo deciso di spenderli, rimuovendo le obiezioni al piano; l’altro ieri Parigi ha finalmente accolto dopo decenni la richiesta di estradizione per i responsabili di gravi fatti di sangue negli anni di piombo. Che cosa succede? A che cosa si devono tanti successi italiani?

Si dice che il carisma personale di Mario Draghi e il rispetto di cui è circondato abbiano favorito e accelerato questo processo di upgrading del nostro Paese nelle gerarchie continentali. E sicuramente è vero. Aveva ragione Giancarlo Giorgetti quando si chiedeva come potessimo, nel pieno di una crisi storica, «lasciare in panchina il nostro uomo migliore». Ma la politica internazionale non è mai solo chimica e relazioni personali. Fattori più strutturali devono essere alla base di questa nuova fase.

Non c’è infatti solo una «nuova Italia» sulla scena internazionale; sta anche nascendo una «nuova Europa». I cui contorni sono ancora incerti, ma di certo diversi. Basterebbe dire che a settembre va in pensione Angela Merkel, l’autista del bus, l’autrice e l’interprete del progetto europeo da sedici anni a questa parte. Che Macron, l’altro navigatore, tra un anno ha le elezioni. Che non c’è più la Gran Bretagna. È dunque naturale che le grandi capitali si guardino intorno, cercando nuovi assetti e nuove alleanze. Ed è altrettanto naturale che in questo andirivieni Draghi abbia i tratti rassicuranti di un senior, potenziale perno di stabilità.

Ma c’è di più. In tutta Europa, e in Germania in particolare, si guarda al laboratorio italiano come a un esperimento continentale sull’affidabilità di governo delle forze populiste e sovraniste. L’impegno diretto della Lega nella gestione del piano europeo, e perfino segnali minori come l’astensione in aula di Fratelli d’Italia, sono considerati novità rassicuranti, anche in vista di una possibile futura vittoria elettorale di queste forze in un Paese fondatore dell’Unione. Chi ha a cuore il progetto europeo sta insomma scommettendo sul successo del governo di unità nazionale, il che ci rende decisamente più forti.

Nell’Europa retta dalle Regole, alcune decisamente «stupide» per usare un’antica espressione di Romano Prodi, eravamo condannati al fondo della classifica. Ma ora le regole sono sospese, e chissà per quanto, a causa della guerra contro la pandemia; e così la Politica si sta riprendendo la guida, come ai tempi della Guerra Fredda. L’austerità ci isolava, mentre l’interesse al «debito buono» ci accomuna. La Francia non ha meno bisogno di noi di cambiare il Patto di Stabilità, e cerca alleati per quando un homo novus, o piuttosto una donna nuova, prenderà possesso della Cancelleria a Berlino.

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La scuola (perduta) al Sud e la Dad che divide: quel 34% dei ragazzi senza tablet e pc

venerdì, Aprile 30th, 2021

di Goffredo Buccini

Sono «le voci di fuori» della Dad. I derubati da un altro anno di esclusione nelle città del nostro Sud, dove bambini e ragazzi non hanno potuto frequentare in classe nemmeno la metà del tempo rispetto ai loro coetanei di Roma, Firenze o Milano: alle superiori di Napoli 31 giorni sui 134 da calendario, tagliati dai Dpcm e dalle ulteriori restrizioni regionali, 58 su 144 alle medie di Bari, 45 su 134 alle secondarie di Reggio Calabria Sono voci che raccontano la storia di un divario formativo sempre più grave per studenti come Lorenzo, 13 anni, che «faceva finta», si metteva davanti al computer e subito la testa gli viaggiava altrove: i professori della sua scuola media, eternamente in didattica a distanza nella periferia problematica di Napoli Est, l’avevano dato per «quasi disperso»; o come Michela, sua coetanea, che ci avrebbe messo testa e pure cuore, nelle lezioni in video, se solo non avesse dovuto combattere col fratellino disabile e i genitori disoccupati per un angolino tranquillo davanti all’unico tablet nel solo buco di stanza del loro basso, la cucina.

Sono storie di mamme e papà che non possono aiutare i figli perché avrebbero bisogno di essere aiutati a loro volta: come Rosanna, dello Zen di Palermo, incapace di scaricare sul telefonino le app per permettere al suo Massimo, 8 anni, di seguire le lezioni online e alla fine assistita dai volontari di Save the Children perché il bambino non perdesse un altro anno di elementari. Secondo i dati della Svimez (l’associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno), vive al Sud il 34% dei ragazzi con famiglie prive di dispositivi informatici e coi titoli di studio più bassi: «Il rischio è che un terzo dei ragazzi italiani venga escluso dal percorso formativo a distanza, con conseguenze rilevanti nei prossimi anni sui tassi di dispersione scolastica».

Questione meridionale e questione scolastica al tempo della pandemia coincidono fino a sovrapporsi. E non ci consola granché sapere che la tendenza del Covid-19 a impoverire i più poveri sia planetaria: i minori di America latina, Caraibi e Asia meridionale hanno perso il triplo dell’istruzione rispetto ai coetanei dell’Europa occidentale.

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I terroristi arrestati in Francia sono già a casa in libertà vigilata. E adesso cosa succede?

venerdì, Aprile 30th, 2021

di Giovanni Bianconi

I terroristi arrestati in Francia sono già a casa in libertà vigilata. E adesso cosa succede?

Nella foto grande: Giorgio Pietrostefani, Da in alto a sinistra, in senso orario: Marina Petrella, Roberta Cappelli, Giovanni Alimonti, Narciso Manenti, Sergio Tornaghi, Enzo Calvitti shadow

Dunque è durata una notte, la detenzione degli ex terroristi (Qui tutti i ritratti) degli anni Settanta arrestati all’alba di mercoledì in Francia. Ma nella strategia italiana la decisione dei magistrati francesi non rappresenta una sorpresa e tantomeno un intoppo. Il blitz e gli arresti erano necessari per interrompere il decorso della prescrizione, evitando così che per sei dei dieci rifugiati Oltralpe — i non ergastolani — di qui a poco tempo l’Italia non potesse nemmeno più chiedere la riconsegna.

Compiuto questo atto, e considerando che i tempi per le procedure in tutti i loro passaggi saranno piuttosto lunghi (si prevedono un paio d’anni, anche se la prima udienza davanti alla Chambre d’accusation è stata fissata per mercoledì prossimo) era prevedibile che gli estradandi non restassero in prigione. Anche perché il vaglio preventivo effettuato dal Bureau del ministero della Giustizia francese ha riguardato solo l’ammissibilità delle istanze giunte da Roma, non il merito. Domande accettate, ma risposte non scontate.

Dei dieci condannati che l’Italia reclama, solo su tre la giustizia francese non s’è mai pronunciata in precedenza; si tratta dell’ex brigatista Enzo Calvitti, di Narciso Manenti (ergastolano per un delitto firmato Guerriglia proletaria) e dell’ex dirigente di Lotta continua Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi. Per loro è la prima volta che si apre una procedura di estradizione, mentre per gli altri sette si era sempre bloccata, per un motivo o per l’altro. Proprio esaminando il fascicolo di Pietrostefani, il rappresentante della Procura che ha firmato il provvedimento d’arresto aveva già anticipato che in sede di convalida avrebbe chiesto la scarcerazione, a causa delle sue precarie condizioni di salute.

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Israele, pellegrinaggio finisce in tragedia: 44 morti e oltre 150 feriti

venerdì, Aprile 30th, 2021
Incidente sul monte Meron. Alcuni sarebbe scivolati su una passerella scatenando la fuga di massa

CorriereTv

In Israele le grandi celebrazioni per la festa di Lag B’Omer, a monte Meron, si sono trasformate in tragedia. 44 persone sono morte schiacciate dalla calca e oltre 150 fedeli sono rimasti feriti. Tra le vittime ci sono anche diversi bambini. La causa del disastro non è ancora stata accertata: all’inizio si pensava al crollo di una gradinata, ma secondo alcuni media locali la tragedia, in parte, è stata causata da una folla immensa stipata e paventata mentre cercava di uscire dal raduno attraverso un lungo e stretto corridoio su una piattaforma metallica scivolosa. In occasione della festa di Lag B’Omer, 50 mila fedeli hanno partecipato al concerto finito in tragedia e più di 500 mila, come ogni anno, si sono radunati nella regione dell’Alta Galilea per pregare sulla tomba Rabbi Shimon Ber Yochai, un saggio e mistico personaggio, e per ricordare la ribellione ebraica del 132 d.C. contro le legioni romane.

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Dl proroghe, ok del Cdm ma non ci sono le concessioni balneari. Cade l’obbligo dello smart working al 50% nella Pa

giovedì, Aprile 29th, 2021

Tra le altre misure nel provvedimento, più tempo al governo per esercitare il golden power in alcuni settori, e documenti di identità scaduti durante la pandemia validi fino a settembre. Non entra la norma sulle concessioni delle spiagge

Smart working amaro, disagi in casa per 5 lavoratori su 10

Via libera del Consiglio dei ministri al decreto legge proroghe.Tra le novità del provvedimento, l’addio alla soglia minima del 50% per lo smart working. Niente obbligo di far lavorare in modalità agile un dipendente pubblico su due, né durante l’emergenza né con l’adozione dei Pola, i piani organizzativi per il lavoro agile. Lo smart working si potrà proseguire in deroga fino alla definizione delle nuove regole con il contratto nazionale e comunque non oltre la fine dell’anno, ma non ci sarà il vincolo del 50%. Salta anche il limite del 60% indicato nei Pola, mentre scende dal 30% al 15% la soglia minima in caso di mancata adozione dei Piani organizzativi.

Brunetta:P.a. ritorna a normalità, con ok Cts

«Facciamo tesoro della sperimentazione indotta dalla pandemia e del prezioso lavoro svolto dalla ministra Dadone per introdurre da un lato flessibilità coerente con il riavvio delle attività che stiamo vivendo e dall’altro lato la piena autonomia organizzativa degli uffici – è il commento del ministro Renato Brunetta -. Un percorso di ritorno alla normalità, in piena sicurezza, concordato con il Comitato tecnico-scientifico e compatibile con le esigenze del sistema dei trasporti».

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Recovery: sì finale dal Cdm, ora il testo a Bruxelles. Primi piani approvati all’Ecofin del 18 giugno

giovedì, Aprile 29th, 2021

Incassato il via libera del Parlamento, è arrivato l’ok definitivo del Consiglio dei ministrial Recovery plan da 248 miliardi. Dopo la riunione di questa mattina una nuova riunione era stata convocata per l’esame finale del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il Cdm ha dato il via libera anche al decreto legge che istituisce il fondo complementare al Recovery per le infrastrutture, fondo da 30,6 miliardi. L’Italia invierà il suo Piano nazionale di ripresa e resilienza all’Ue. Il termine è fissato per il 30 aprile. Intervenuto prima alla Camera e poi al Senato per illustrare i contenuti del Recovery plan italiano, il premier Mario Draghi ha riconosciuto che il Parlamento ha avuto a disposizione tempi stretti per esaminare il documento, ma allo stesso tempo ha ricordato che la data del 30 aprile per inviare il piano a Bruxelles «è una data per avere subito i soldi».

Giovannini: oggi ok governo, investimenti sicurezza

«Oggi il governo approva il Pnrr, un passaggio cruciale, atteso da molti mesi, che però vede accanto all’uso dei fondi del Next Generation Eu, un investimento fortissimo di 30 miliardi per un fondo complementare a cui si aggiungono 10 miliardi per il completamento dell’Av Sa-Rc e il completamento della Brescia-Vicenza-Padova di Av e soprattutto si aggiungono 15 miliardi del Fondo Sviluppo e Coesione, che viene rifinanziato, e quasi 80 miliardi dei fondi comunitari ordinari», ha detto il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini.

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Tasse e salari: l’Italia migliora, ma il cuneo fiscale al 46% rimane da quarto posto nell’area Ocse

giovedì, Aprile 29th, 2021

MILANO – L’Italia è tra i Paesi che hanno registrato uno dei miglioramenti più significativi per quel che riguarda il peso di tasse e contributi sul costo del lavoro, pur restando ai vertici dei più “tartassati” nella classifica dell’Ocse (Taxing Wages) nell’edizione 2020.

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Nell’anno del passaggio dal bonus Renzi alla versione a 100 euro per una fascia di reddito più ampia, l’Italia viene citata insieme agli Stati Uniti per il maggior calo del cuneo (-1,91 punti percentuali) rispetto al 2019 (-1,37 punti percentuali per gli Usa). Nonostante questo importante miglioramento, il Belpaese resta ai vertici della graduatoria dei lavoratori più tartassati: per un single senza figli fanno peggio solo Belgio (51.5%), Germania (49.0%), Austria (47.3%) e Francia (46.6%), quindi arriva proprio l’Italia al 46%. Un dato di 11,4 punti sopra la media Ocse. Ben lontani Paesi quali Colombia (zero), Cile (7%) e Nuova Zelanda che stanno dalla parte opposta della classifica (19.1%).

A livello di Ocse, nel 2020 un lavoratore single vedeva applicarsi una somma di imposte e contributi pari al 34,6% del suo “costo” per il datore di lavoro, un calo di 0,39 punti percentuali rispetto al 2019. Ventinove dei 37 Paesi analizzati hanno riportato un calo.

Dallo spaccato sull’Italia emerge che il costo medio di un lavoratore è di 49 mila euro, sopra la media dell’area Ocse (quasi 45.000 mila euro), al diciannovesimo posto tra i paesi più avanzati. Emerge anche che in Italia il salario medio lordo è di oltre 37 mila euro (37.178 euro), al di sotto di quello medio Ocse pari a 39.188 euro. Inoltre, i salari lordi italiani sono tassati del 29% contro il 24,9% della media Ocse. Più nel dettaglio, il costo del lavoro in Italia nel 2020 si attesta a 48.919 euro l’anno per ogni lavoratore single senza figli, considerando le tasse sul reddito e i contributi delle imprese e dei lavoratori. Si tratta del diciannovesimo costo del lavoro più alto tra i 34 paesi dell’area Ocse. Inoltre, in Italia il peso maggiore del costo del lavoro è sulle spalle delle imprese, i cui contributi rappresentano il 24% del totale, mentre i contributi dei lavoratori pesano per il 7,2% e la tassazione sul reddito per il 14,8%.

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