Archive for Aprile, 2021

Brunetta: «Rimuoviamo il blocco delle lobby. Con la Ue un contratto di sei anni»

mercoledì, Aprile 28th, 2021

di Federico Fubini

Ministro, il vostro piano di Recovery ha 40 pagine sulle riforme che in Italia tanti interessi costituiti hanno sempre bloccato. Perché questa volta l’impresa dovrebbe riuscire?

«Perché c’è stata una pandemia — risponde Renato Brunetta, titolare della Pubblica amministrazione —. E la pandemia ha messo a nudo i mali del nostro Paese: le corporazioni, i dualismi, gli egoismi, le miopie, la frattura fra garantiti e non. Ha approfondito i punti di rottura, fin quasi al baratro. Ma dall’impatto di questo meteorite è venuto fuori il momento Merkel in Europa che nessuno si aspettava, perché fino a metà lockdown la cancelliera mai e poi mai avrebbe detto sì al debito comune. Invece va reso onore alla sua intelligenza. Da lì è nato Next Generation EU e ora siamo in una straordinaria congiuntura astrale che dà speranza: ci sono i vaccini, un governo di unità nazionale con Mario Draghi, un piano italiano di Recovery di portata storica di cui ancora non ci stiamo accorgendo».PUBBLICITÀ

Aver tolto l’impegno a mettere fine alle pensioni a Quota 100 fa parte del non accorgersi della portata storica?

«Sì. Ma anche la discussione sul coprifuoco alle 22 o alle 23, uguale. Significa non capire. Forse sarà la mia età, ma io il fatto storico l’ho avvertito subito».

Che succede se Bruxelles ci blocca i pagamenti perché non facciamo le riforme?

«Tutto è legato. Ora siamo nel momento Draghi, che sta diventando il leader d’Europa un po’ perché lui è lui, un po’ perché Angela Merkel sta lasciando e in Francia Emmanuel Macron è preso dalle sue questioni interne. A un tavolo del G20 oggi Draghi non è il più potente, ma è il più autorevole. Quando mai ci era successo?».

Ma gli altri a quel tavolo non pensano anche che l’Italia è quel Paese che ha fatto 210 miliardi di debito in 13 mesi?

«A parte che anche altri hanno fatto debito, il punto è che la credibilità di Draghi è un asset. E il valore è che l’Italia di Draghi può fare deficit e debito senza pagarne le conseguenze nel giudizio dei mercati. Chiunque lo voglia far cadere deve sapere che non potrà fare né deficit né debito, perché non ne ha la credibilità».

Pensa a Matteo Salvini?

«Certamente no. Chiunque facesse cadere Draghi avrebbe la strada sbarrata, perché porterebbe l’Italia al default. Invece di avere un Paese potenzialmente leader in Europa, avrebbe un Paese fallito».

Avete discusso con Bruxelles del piano. Ma ora il Recovery vincola anche il prossimo governo? Quello di Draghi può durare solo fino alla fine della legislatura nel 2023.

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L’Italia è bloccata dalla paura di cambiare

mercoledì, Aprile 28th, 2021
Se non cambiamo il sistema i giovani italiani alzeranno bandiera bianca e sceglieranno rassegnazione o espatrio – Beppe Severgnini /CorriereTv
La videorubrica Fotosintesi
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Francia, 7 ex brigatisti arrestati su richiesta dell’Italia

mercoledì, Aprile 28th, 2021

Sette ex membri delle Brigate Rosse sono stati arrestati stamani in Francia su richiesta dell’Italia, mentre altri tre sono in fuga e sono ricercati. L’annuncio è stato dato dall’Eliseo. I dieci sono accusati di atti di terrorismo risalenti agli anni ‘70 e ‘80.

Tra i nomi della lista che era stata consegnata dall’Italia e che sono stati nuovamente chiesti durante l’ultimo incontro tra i ministri della Giustizia e dell’Interno italiani e francesi ci sono quelli di Marina Petrella, Giovanni Alimonti, Enzo Colavitti, Roberta Cappelli, Giorgio Pietrostefani, Sergio Tornaghi, Raffaele Ventura e Maurizio Di Marzio. Non è al momento ancora chiaro quali siano gli ex brigatisti arrestati e quali, invece, siano ancora in fuga.

Il 9 aprile scorso la ministra della Giustizia italiana, Marta Cartabia, ha incontrato Eric Dupond-Moretti, suo omologo francese, e ha chiesto ufficialmente la consegna dei brigatisti, per i quali a maggio sarebbe scattata la prescrizione. Per Di Marzio, ad esempio, la prescrizione sarebbe scattata il 10 maggio prossimo.

CORRIERE.IT

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Coprifuoco e varianti

mercoledì, Aprile 28th, 2021

ANTONELLA VIOLA

In questi giorni, due argomenti alimentano il dibattito televisivo e le analisi sui giornali: le riaperture e la variante indiana. Nonostante la prima questione venga affrontata prevalentemente su un terreno di scontro politico, il tema si presta invece a una attenta analisi scientifica. I dati ci dicono che siamo molto distanti dalla situazione in cui ci trovavamo un anno fa, quando iniziarono le riaperture: contagi alti, ospedali ancora pieni e un numero inaccettabile di morti. Se ci fermassimo a esaminare questi dati, dovremmo dire che le riaperture sono una follia e che bisogna attendere almeno un altro mese per far abbassare la curva del contagio. Tuttavia, ci sono altre riflessioni che ci possono far vedere le cose in modo diverso. Prima di tutto, l’allentamento delle restrizioni non è stato proposto senza tener conto della gradualità e del rischio. Si è deciso di far ripartire solo la scuola e le attività all’aperto. I dati ci dicono che la scuola non incide in modo sostanziale sul valore di Rt e che quindi non rappresenta il motore dell’epidemia. Per quanto riguarda il rischio di contagio all’aperto, sappiamo che è bassissimo: circa 1 contagio ogni 1000 si verifica in queste condizioni, verosimilmente in presenza di assembramenti. Oltre a questo, va valutata la situazione immunologica del Paese: il 21% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino e gli studi ci dicono che, sebbene in misura minore rispetto a due dosi, anche una sola dose conferisce protezione dalla malattia e dal contagio. Inoltre, in Italia ci sono milioni di persone che hanno contratto l’infezione naturale e sono guarite, e oggi sappiamo che queste persone sono protette dalle reinfezioni, tanto quanto i vaccinati. Certamente, se avessimo vaccinato seguendo il rischio clinico oggi saremmo in una situazione più tranquilla, ma comunque, da un punto di vista immunologico, non siamo dove eravamo un anno fa. Covid, abolizione del coprifuoco: ecco cosa succede in Europa

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Crepe nella maggioranza: quei 90 minuti di distinguo in cui si è sfiorata la crisi

mercoledì, Aprile 28th, 2021

Fabio Martini

Poi tutti hanno frenato, e bruscamente, ma per un’ora e mezza il Palazzo è stato ostaggio di una schizofrenia senza precedenti nella storia della Repubblica, visto che la Camera aveva appena approvato, tra applausi a scena aperta, qualche ciglio bagnato e a larghissima maggioranza, il poderoso Recovery plan, il nuovo Piano Marshall al quale il presidente del Consiglio affida il «destino» del Paese. Ebbene pochi minuti dopo, sullo stesso palcoscenico, l’aula di Montecitorio, è andata in scena una plateale, pubblica dissociazione della Lega e di Forza Italia, che non hanno partecipato al voto sull’ordine del giorno Meloni sull’orario di apertura dei ristoranti, che è stato respinto con i voti di Pd, Cinquestelle e Leu. Per un’ora di coprifuoco in più o in meno il governo ha ballato pericolosamente e tutto questo appena 90 minuti dopo aver festosamente approvato l’epocale Recovery. Recovery, Draghi: “E’ una scommessa che l’Italia non può perdere, una sconfitta sarebbe grave”

Una schizofrenia tale che dietro le quinte i principali protagonisti hanno sfiorato la rissa verbale. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, che si era trasferito al Senato per il dibattito-bis sul Recovery plan, è stato aggiornato sulla novità dell’ultima ora: Matteo Salvini vuole una data precisa per portare l’apertura dei ristoranti dalle 22 alle 23. La risposta di Draghi ai suoi, il sottosegretario Roberto Garofoli e il ministro pentastellato Federico D’Inca, è stata chiara: «Sulla data non cambiamo idea: sulla base dei dati si deciderà che fare a metà maggio. E quanto alla Lega, troviamo un’intesa». E così sulla base del mandato ricevuto da Draghi e dopo una lunga trattativa che ha visti impegnati Dario Franceschini e il capo della delegazione leghista Giancarlo Giorgetti, finalmente si trova un accordo: alla Camera il governo si presenterà con un testo nel quale si annuncerà che il governo è pronto a decidere «nel mese di maggio», la revisione degli orari di chiusura, naturalmente sulla base dei dati in via di aggiornamento. Il piccolo miracolo sembra compiuto: Salvini è dentro l’accordo.

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Napoli, la spesa per il reddito di cittadinanza sfiora quella dell’intero Nord

mercoledì, Aprile 28th, 2021

La spesa per il reddito di cittadinanza a marzo a Napoli si avvicina a quella dell’intero Nord Italia. E’ quanto emerge dalle tabelle dell’Inps, secondo cui nel capoluogo campano 157mila famiglie percepivano il reddito o la pensione di cittadinanza, mentre nell’intero Nord 224.872 nuclei. Poiché l’importo medio è più basso al Nord che al Sud, a marzo sono stati spesi per il sussidio 109,7 milioni nel Settentrione e 102,2 solo a Napoli.

Su base geografica, dal rapporto dell’Inps emerge che 1,8 milioni di percettori del reddito di cittadinanza si trovano nelle Regioni del Sud, 452mila nelle Regioni del Nord e 334mila in quelle del Centro. La Campania è la prima Regione in Italia per sussidi, con il 22% delle prestazioni erogate, seguita dalla Sicilia con il 20%, dal Lazio con il 10% e dalla Puglia con il 9%: in queste regioni risiede il 61% delle famiglie con il reddito.

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Scuola, scatta il “Piano estate”: partecipazione volontaria

mercoledì, Aprile 28th, 2021

La partecipazione degli studenti al “Piano estate” per la scuola, che prevede istituti aperti a luglio e agosto per recuperare la socialità persa in questi mesi di pandemia, sarà volontaria sia per gli studenti che per i docenti. Le attività potranno svolgersi in spazi aperti delle scuole e del territorio, teatri, cinema, musei, biblioteche, parchi e centri sportivi, con il coinvolgimento del terzo settore, di educatori ed esperti esterni.

Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, lo definisce un “ponte” tra questo e il prossimo anno, per “costruire un nuovo inizio” e che prevede un investimento da 510 milioni di euro.

Tre fasi – Il piano è stato pensato in tre fasi:  potenziamento degli apprendimenti a giugno, recupero della socialità a luglio e agosto, accoglienza a settembre fino all’avvio delle lezioni. Si farà largo uso di laboratori, ma anche di attività educative incentrate su musica, arte, sport, digitale, percorsi sulla legalità e sulla sostenibilità, sulla tutela ambientale.


Bianchi: “La scuola non si è mai fermata” – “La scuola non si è mai fermata durante tutta la pandemia. E’ rimasta sempre in contatto con le nostre ragazze e i nostri ragazzi”, precisa Bianchi. “L’emergenza sanitaria ha inevitabilmente accentuato problematiche preesistenti, ha evidenziato le diseguaglianze e accresciuto le fragilità”, afferma assicurando che riporterà la scuola “al centro della comunità”, lavorando insieme ai territori, alle associazioni, promuovendo i Patti educativi. Un percorso di “trasformazione ed evoluzione” dell’intero sistema di Istruzione, per dare vita a una scuola “affettuosa, che sappia stare al fianco dei nostri bambini e ragazzi, che, partendo dai più fragili, sia punto di riferimento per tutta la comunità e le famiglie”.


Le attività saranno complementari e integrate con quelle organizzate dagli enti locali. Le risorse saranno dedicate soprattutto alle aree più fragili del Paese, in particolare del Sud.


I finanziamenti – Tre sono le linee di finanziamento. 150 milioni di euro saranno assegnati direttamente alle singole istituzioni scolastiche (in media 18mila euro ciascuna) per attività aggiuntive svolte dal personale interno, non escluso quello del cosiddetto “organico Covid”, per cui sarebbero sottoscritti nuovi contratti, ed esterno e per l’affidamento di contratti di beni e servizi; 320 milioni previsti dal Pon destinati al contrasto della povertà educativa: le scuole potranno decidere se partecipare, contando anche sul supporto tecnico messo a disposizione dall’Indire. Il 70% delle risorse sarà destinato alle regioni meridionali, il 10% a quelle del centro, il 20% a quelle settentrionali. Infine 40 milioni di euro saranno attribuiti direttamente alle scuole che aderiranno a un avviso emanato dal ministero.

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Trovato un corpo nell’Adige a Trento: è Peter Neumair. Riconosciuto dall’orologio

martedì, Aprile 27th, 2021

TRENTO. E’ di Peter Neumair il cadavere ritrovato nelle acque del fiume Adige all’altezza di Ravina, nei pressi di Trento. Il cadavere, come riferito dal Tg3 regionale, è stato riconosciuto dall’avvocato della figlia Madè. Ad avvistare il corpo dell’uomo, 63 anni, in stato di decomposizione, è stato un giovane che stava camminando lungo la ciclabile che costeggia il corso d’acqua assieme al suo cane. Il corpo della sua compagna, Laura Perselli di 68 anni, era stato rinvenuto sempre nelle acque del fiume Adige sabato 6 febbraio.

L’identificazione sarebbe avvenuta tramite alcuni effetti personali trovati sul corpo, in particolare l’orologio. La conferma definitiva potrà arrivare comunque solo dall’esame del dna che la Procura di Bolzano intende disporre nelle prossime ore. Per questo motivo gli inquirenti e la difesa dovranno nominare i loro consulenti. Visto che il ritrovamento è avvenuto a Trento, la procura di Bolzano è in attesa dell’informativa.

Le ricerche nel fiume erano riprese da alcuni giorni, su ordine della Procura, che aveva incaricato un reparto cinofilo, specializzato nelle ricerche in acqua, della Polizia di stato. Il gruppo di ricercatori era arrivato da La Spezia. Il corpo recuperato dall’Adige era in acqua da molto tempo. 

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Un appello all’unità non raccolto dagli alleati

martedì, Aprile 27th, 2021

di Massimo Franco

I toni ecumenici e a tratti solenni scelti ieri da Mario Draghi per presentare il suo Piano per la ripresa sembravano provenire da un altro pianeta. Il premier ha evocato il democristiano Alcide De Gasperi, regista della ricostruzione postbellica, e la consapevolezza di un destino comune; ma con più di una sottolineatura dei rischi che si corrono. Sa di dovere fare i conti con una maggioranza in ebollizione; e incline a comportarsi in modo opposto allo spirito unitario invocato ieri. A guardare bene, l’unico punto di contatto che i partiti della coalizione hanno è proprio Draghi. Nella mezza ovazione che ha accolto la fine del suo discorso alla Camera si indovinano interessi divergenti. La pressione sulla Lega di Matteo Salvini perché abbandoni la tattica della forza di lotta e di governo si accentua. Continua a incalzarlo il segretario del Pd, Enrico Letta, irritato per gli smarcamenti sulle restrizioni dovute al Covid. E, via tweet, si fa sentire anche l’ex premier Giuseppe Conte, quasi volesse segnare un ruolo in vista di una leadership del M5S che tarda a essere formalizzata. Dovrebbe suonare come conferma di un’alleanza allo stato nascente tra Pd e grillini, o almeno di una loro parte. Le parole di Conte contro la Lega dicono anche, tuttavia, che si delinea una sovrapposizione tra i due alleati: con Letta deciso a affermare una politica non subalterna ai Cinque Stelle; e dura con i populismi sul loro atteggiamento nei confronti dell’Ue e di Draghi. I veleni che filtrano da alcuni settori del grillismo verso il premier, accompagnati da parole di nostalgia per il governo Conte, contraddicono gli attestati di lealtà a Palazzo Chigi. E comunque, Salvini non appare intenzionato a cambiare registro. Nel governo la Lega c’è e «ci resta», avverte il capo del Carroccio. Replica alle critiche di Letta sulla «cancellazione del coprifuoco» sostenendo che spingono nella stessa direzione anche molti esponenti locali del Pd. Cerca dunque di intercettare un malcontento trasversale, glissando sul paradosso di una forza che stando al governo organizza la protesta.

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Covid, in India i morti «sono più del doppio di quelli ufficiali»: ecco perché la strage ci riguarda (molto) da vicino

martedì, Aprile 27th, 2021

di Sandro Modeo

Covid, in India i morti «sono più del doppio di quelli ufficiali»: ecco perché la strage ci riguarda (molto) da vicino

Le immagini che irrompono — tra le tante: i fuochi delle pire per le cremazioni notturne dall’Est di Delhi, venerdì 23 — varrebbero più di ogni descrizione. Ma i diversi report che arrivano dall’informazione locale e internazionale aggiungono molti dettagli non esornativi, nonostante i tentativi di censura del governo di Narendra Modi.

L’incremento parossistico di casi del nuovo flusso o ondata di Covid legato a una specifica variante, B.1. 617 — e quello, correlato, di decessi, riassunti nella spietata curva grafica che trovate qui sotto — stanno portando a un marasma ingestibile: alla base, una carenza di ossigeno negli ospedali dovuta anche all’uso privato dello stesso, acquistato su un crescente mercato nero che offre, con le bombole, uno dei principali antivirali, il Remdesivir, arrivato al prezzo di 40.000 rupie a iniezione (440 sterline).

La situazione è talmente drammatica — e al punto 1, qui sotto, si capirà il perché — da aver indotto lo stesso Modi a parlare di «tempesta» pandemica e a esortare la popolazione a «vaccinarsi senza esitazione», cioè «senza ascoltare voci o critiche» riguardo ai vaccini stessi. Atteggiamento sintomatico per un leader a lungo oscillante tra negazionismo e realismo melodrammatico, come ci ricordano le stazioni del 2020: l’esortazione «al popolo» a suonare le campane o a uscire sui balconi sbattendo pentole in omaggio agli «eroici» operatori sanitari (nel momento in cui il ministero della Sanità esporta i respiratori); la tardiva adozione delle mascherine (29 aprile); e l’invito (19 giugno, due giorni prima della Giornata Nazionale della disciplina) a ricorrere allo yoga ayurvedico e alla sua protezione (il «cerchio di fuoco», o «lo scudo invisibile») contro il patogeno come «invasore», mentre sono ancora lontane prove convincenti sull’efficacia immunologica (via placebo) di quella pratica.

Ma soprattutto, la situazione è talmente drammatica da aver immediatamente richiamato gli aiuti occidentali: in questi giorni, il Regno Unito sta inviando 495 concentratori di ossigeno — dispositivi che possono estrarlo dall’aria —, 120 ventilatori non invasivi e 20 ventilatori manuali; e provvedimenti simili sono in adozione da parte di Francia e Germania. Quanto agli Usa, non solo stanno a loro volta organizzando un analogo sostegno tecno-sanitario, come ha ricordato Anthony Fauci (oltre all’ossigeno, farmaci, kit per i test, equipaggiamenti di protezione), ma cercando anche di intervenire alla radice del problema, cioè di sbloccare l’impasse a livello di produzione-distribuzione vaccinale (come vedremo sotto, al punto 3).

Non si tratta di puro solidarismo umanitario. In tutti i Paesi avanzati, c’è l’acuta consapevolezza di come l’India possa diventare il «collo di bottiglia» dell’evoluzione-risoluzione pandemica: da un lato, per l’incidenza di una variante (la citata B.1.617) che diffondendosi rischierebbe di frenare/depotenziare i vaccini o — almeno in certe aree — di innescare ricontagi anche in fasce di popolazione immunizzate ai ceppi precedenti (una sorta di effetto-Manaus); dall’altro, l’ impasse nella produzione-distribuzione vaccinale non bloccherebbe solo il processo di immunità nazionale (grave di suo in un Paese così popoloso), ma si tradurrebbe, a domino, in un attrito globale, dato che in India si produce in generale il 60% delle dosi di buona parte di tutti i vaccini impiegati nel mondo (1,5 miliardi di dosi per 150 Paesi) e in particolare di quelle dei vaccini anti-Covid. Una cui elevata percentuale è destinata — all’interno del piano COVAX — a Paesi di reddito medio e basso, al fine di «coprire» la più ampia porzione di globo possibile e tentare di arrivare, se non a un’eradicazione, a un’accettabile condizione endemica, sulla falsariga dell’influenza. Mai come in questa pandemia, in sintesi, sembrano chiarirsi il senso e la dinamica dell’«effetto farfalla», l’immagine-letterale e metaforica (il celebre «battito d’ali di farfalla a Pechino» che può «scatenare una tempesta a New York») con cui il matematico-meteorologo Edward Lorenz ha esemplificato i nessi tra eventi locali e ricadute globali.

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