Archive for Luglio 10th, 2021

Firenze, Gkn: 422 licenziamenti via mail, i dipendenti: «Qui la pazienza è finita»

sabato, Luglio 10th, 2021

di Jacopo Storni, Marzio Fatucchi

«Ero sul lungomare di Cecina con mia moglie, stavo andando in spiaggia, all’improvviso sulla chat dei lavoratori ho letto che avrei perso il posto di lavoro nel giro di 48 ore». Marco Sassi ha 51 anni e da 27 fa il tornitore nello stabilimento Gkn di Campi Bisenzio. Ieri mattina, nel gruppo Whatsapp degli operai, ha ricevuto la notizia del licenziamento. «Ho pensato a uno scherzo di cattivo gusto, poi ho capito che era tutto vero. Allora ho lasciato mia moglie al mare e sono partito, mi sono precipitato in fabbrica». Nel viaggio verso Firenze, il pensiero alle due figlie all’Università. «Mi sono chiesto come farò a mantenere adesso la mia famiglia». Quando Marco è arrivato nel capannone dell’azienda ha trovato gli altri lavoratori. Ma l’accesso alla fabbrica era impedito da un gruppo di guardie giurate private reclutate dai vertici dell’azienda. «Ci siamo trovati come degli estranei dentro il nostro posto di lavoro». Il cancello era chiuso, gli operai hanno provato a forzarlo, poi gli ingressi sono stati aperti per evitare incidenti. E così i lavoratori sono entrati. Marco è andato subito verso la sua postazione. E per quasi tutto il giorno è rimasto lì: «Sono legatissimo a questi macchinari, pensare di lasciarli mi fa soffrire».

Quasi tutti gli operai sono in pantaloni corti e maglietta, ieri era per tutti un giorno di ferie concesso dall’azienda, con senno di poi è facile capire il perché. In fabbrica comincia l’assemblea permanente che durerà fino alla notte, con sedie a sdraio per i lavoratori e la cena preparata dai volontari del circolo Arci Rinascita di Sesto Fiorentino. Le riunioni si tengono ogni due ore dentro il gigantesco capannone di 30 mila metri quadrati, tra una linea di montaggio e l’altra, tra giunti omocinetici e robot manipolatori. C’è la cella assemblaggio semiassi e la cella lavorazione semialberi. E poi il grande magazzino, dove ci sono ancora migliaia di prodotti già ordinati da aziende come Ferrari, Fiat, Maserati.

Gkn, 422 licenziamenti via mail: cosa è successo a Campi Bisenzio

A prendere la parola per primi in assemblea sono Dario Salvetti e Matteo Moretti, lavoratori e sindacalisti. «Non lasceremo la nostra azienda — dicono con un megafono — Se il signor Gkn vuole parlarci, deve venire a farlo di persona». Viene annunciato che la fabbrica resterà occupata: «Dovremo vigilare sul nostro stabilimento, da qui non dovrà uscire neppure una vite senza il nostro consenso». Gli operai si organizzano: servono bottiglie d’acqua, sacchi a pelo per la notte, generatori di corrente. Nell’azienda non funziona più la rete wi-fi e gli impiegati amministrativi non riescono più ad accedere alla mail: «Ci hanno bloccato gli account — racconta Paolo, impiegato — Siamo diventati fantasmi nei nostri uffici. Nelle ultime ore mi hanno chiamato clienti come Maserati e Ferrari per capire cosa sta succedendo, neppure loro sapevano niente. Fino a ieri sera ero al telefono per discutere di investimenti da un milione di euro, adesso ci dicono che la fabbrica chiuderà per sempre».

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Casi Covid, aumentano i contagi di variante Delta, preoccupa la Spagna. Le cause: giovani turisti e tifosi agli Europei

sabato, Luglio 10th, 2021

di Adriana Logroscino

Il Covid ha ripreso la sua corsa ovunque. Ma in alcuni Paesi ha dei picchi riconducibili non soltanto alla maggiore contagiosità della variante Delta che si sta imponendo sulla Alfa, ma anche alla circolazione di turisti e visitatori, attratti dalla vita notturna o dalle partite degli Europei. È quanto contenuto nella circolare, indirizzata a tutti gli assessorati regionali alla Sanità, con cui il ministero della Salute lancia «l’allerta internazionale variante Delta» e chiede ulteriori sforzi di contenimento. A firmarla è il direttore generale del dipartimento Prevenzione, Giovanni Rezza.

Turismo e calcio

I casi di infezione sono trainati dalla ripresa della vita sociale, dai viaggi (anche quelli studio, è il caso di Malta), dalle serate nei locali soprattutto in Spagna e Portogallo. Infatti i primi a contagiarsi sono i ragazzi. Inevitabilmente poi il virus raggiunge le altre fasce d’età, contatti cosiddetti secondari. Ma anche i viaggi per assistere alle partite dei campionati europei di calcio hanno un effetto, rilevato in Finlandia.

Spagna, Paesi Bassi e Finlandia

La circolare riporta la situazione nei Paesi che segnalano variazioni e incrementi maggiori. In Spagna il maggior pericolo viene dalla movida: se l’incidenza del Covid è balzata a 252 casi ogni centomila abitanti, questo valore, già alto, si triplica (800/100.000) nella fascia di età tra i 12 e i 29 anni. E tutti i positivi, riferiscono le autorità sanitarie spagnole, hanno raccontato di aver partecipato a feste, eventi su larga scala, senza misure di protezione. Un ampio focolaio, poi, proviene da studenti di ritorno dalle isole Baleari. Anche per i Paesi Bassi principale indiziato dell’aumento dei casi è il turismo: 81 positivi sono stati individuati su 16 voli da Palma de Maiorca, e altri 60 su altri 14 collegamenti aerei dall’Algarve, in Portogallo. E in generale 205 nuovi positivi, tutti tra i 15 e i 29 anni di età, erano stati in Spagna o Portogallo. Le autorità sanitarie finlandesi, invece, riconducono l’incremento di casi agli spostamenti per seguire le partite del campionato europeo di calcio che si sono svolte in Russia: 481 casi confermati di persone a bordo dei voli di rientro, e 165 casi secondari. Tutti i campioni dei tifosi sequenziati finora, appartengono alla variante Delta del virus.

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Conte tira e non strappa. Ma M5S è ormai logoro

sabato, Luglio 10th, 2021

Giuseppe Conte si muove sul suo terreno, quello della giustizia. “Non canterei vittoria”, ironizza, quasi a voler ridicolizzare e sfidare i ministri grillini soddisfatti invece per l’accordo raggiunto ieri con il ministro Marta Cartabia sulla reintroduzione della prescrizione. Parte da qui l’ex premier che in ogni sua uscita divide ulteriormente i pentastellati, in un momento di grande incertezza, in cui M5s è politicamente allo sbando, senza guida. Talmente senza rotta che c’è chi inizia a parlare di fuga dal governo, e non è più solo Alessandro Di Battista a farlo. Conte però non strappa, anche se appare lontano un accordo con Beppe Grillo che possa portarlo alla guida del Movimento. Il tema della giustizia non è altro che la riprova. L’aspirante leader e il Garante si trovano di nuovo l’uno contro l’altro, con il secondo che ha sbloccato l’impasse dicendo ai ministri M5s di votare la mediazione Cartabia provocando così l’ira di Conte. Sul fronte interno si lavora a un’intesa sul nuovo Statuto, ma c’è il rischio che fallisca ancora una volta. Di certo servirà altro tempo.

Il nuovo caos giustizia porta all’ennesima resa dei conti, un’assemblea urgente dei senatori e dei deputati che si terrà domenica. Tutto questo rallenta il lavoro dei sette saggi che devono stilare il nuovo Statuto M5s. “Siamo così disperati che faremo riunione alla vigilia della finale degli Europei, dopo che da giorni chiediamo di parlare della riforma del processo penale”, commenta un deputato amareggiato. Il timore tra chi sta lavorando alle nuove regole è uno solo: “Conte sta facendo il suo solito gioco. Alzare la posta per ottenere di più. E sulla giustizia vuol far vedere quante persone ha dalla sua parte”. Insomma, l’ex premier va alla conta.

L’avvocato non sta fermo, contatta e arruola le sue truppe contro il governo e contro tutti coloro che ieri hanno chiuso l’accordo con il ministro Cartabia sulla reintroduzione della prescrizione. Nel mezzo, oltre a Luigi Di Maio, alla sottosegretaria Anna Macina, ci finisce anche Stefano Patuanelli, tra i fedelissimi dell’ex premier, ma ora reo di aver avallato l’intesa. Da questa mattina i sodali di Conte dal canto loro pubblicano in batteria post sui social e comunicati stampa contro le modifiche alla riforma targata Bonafede, passate ieri in Consiglio dei ministri con il benestare anche dei 5Stelle. La bandierina dell’esecutivo Conte II è stata abbattuta e l’ex presidente del Consiglio si è messo a capo della fazione ribelle. Se resterà un partito nel partito o se invece è la premessa di una scissione lo si vedrà nei prossimi giorni. Per ora Conte tira la corda ma non strappa. 

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Il pressing del G20 sui paradisi fiscali: “Sì alla global tax”

sabato, Luglio 10th, 2021

PAOLO BARONI

La «Global minimum tax» fa un altro passo avanti. Dal vertice del G20 arriverà infatti il via libera «politico» dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali riuniti per tre giorni a Venezia assieme al gotha della finanza mondiale. Nella bozza del documento finale, che entro sera otterrà l’ok definitivo, pare senza grandi ritocchi, i Venti esprimono il loro «appoggio» convinto a quella che nelle loro intenzioni dovrà essere «una effettiva tassa minima globale come previsto dall’accordo raggiunto a luglio a livello Ocse». Oltre a questo il G20 chiede poi di «mantenere in campo tutte le risorse e gli strumenti politici per affrontare le conseguenze del Covid, continuando a mantenere i sostegni alla ripresa» e di stanziare 75 miliardi di dollari in più in 5 anni per finanziare la lotta contro le future pandemie.

«Governi e banche centrali devono avere un ruolo chiave nell’evitare ferite permanenti per l’economia» raccomanda il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, secondo cui «la recessione globale senza precedenti provocata dalla pandemia ha spinto l’economia globale in territori sconosciuti». La questione clima

Sul tavolo, su iniziativa della presidenza italiana anche la questione dei cambiamenti climatici («è al centro della nostra agenda» spiega il ministro dell’Economia, Daniele Franco). Tutti ravvedono l’urgenza di intervenire. «Il momento è adesso, ora o mai più» sostiene il commissario europeo Paolo Gentiloni in perfetta la sintonia col segretario al Tesoro Janet Yellen, secondo la quale «i paesi del G20 sono responsabili dell’80% delle emissioni di Co2 e quindi è nostra responsabilità adottare misure e farlo subito».

Intano si manda avanti la minimum tax. Secondo Gentiloni l’accordo è vicino. «Non imporremo una tassazione unica per tutti, ma un livello minimo. I Paesi – aggiunge – saranno liberi di imporre un’aliquota più alta». Ad oggi ben 131 nazioni su 139 hanno avallato la proposta dell’Ocse, all’appello mancano ancora l’Irlanda (che col suo 12,5% di prelievo da anni fa concorrenza fiscale sfrenata e non molto corretta al resto d’Europa), e poi Estonia e Ungheria, oltre a Barbados, Saint Vincent Grenadine, Perù, Sri Lanka, Kenia e Nigeria. Ed è a queste nazioni che ora si guarda, tant’è che nella bozza del documento finale del G20 c’è anche un invito esplicito ai paesi membri che non hanno ancora aderito all’accordo internazionale ad «affrontare rapidamente le questioni rimanenti» e a sottoscrivere l’intesa.

A ottobre l’ultimo sì

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Covid, l’Ema mette in guardia: “Pfizer e Moderna potrebbero provocare problemi al cuore”

sabato, Luglio 10th, 2021

Emanuele Bonini

BRUXELLES. Comirnaty e Spikevax, i vaccini anti-Covid di Pfizer e Moderna, possono provocare problemi al cuore. «In casi molto rari», precisa l’Agenzia europea del farmaco (Ema), ma la possibilità esiste e va inserita nella lista dei possibili effetti indesiderati. Il comitato per la sicurezza dell’organismo Ue con sede ad Amsterdam, dopo attente analisi, ha ammesso la possibilità di miocardite e pericardite in caso di somministrazione dei vaccini in questione.

Miocardite e pericardite sono condizioni infiammatorie del cuore. I sintomi possono variare, spiegano gli esperti dell’Ema, ma «spesso» includono mancanza di respiro, battito cardiaco accelerato che può essere irregolare (palpitazioni) e dolore toracico. Questi tipi di disturbi del cuore finora «si sono verificati principalmente entro 14 giorni dopo la vaccinazione, più spesso dopo la seconda dose e negli uomini adulti più giovani».

Per questo il comitato per la sicurezza dell’Ema, oltre a raccomandare di elencare miocardite e pericardite come nuovi effetti collaterali nelle informazioni sul prodotto vaccinale, invita le autorità nazionali a prevedere campagne di sensibilizzazione per operatori sanitari e cittadinanza.

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Fatica sprecata Fatica sprecata

sabato, Luglio 10th, 2021

MATTIA FELTRI

Così però è uno spasso. Ora, come è annunciato, il prossimo tuffo nel progresso sarà il voto ai sedicenni, di modo che i ragazzi verranno dichiarati adulti con un paio d’anni d’anticipo e, con un paio d’anni d’anticipo, questa politica manettara potrà mandarne al gabbio alcuni di loro e buttare la chiave, magari per uno spinello. Solo per dirne una. Per intanto il Parlamento ha modificato la Costituzione e al prossimo giro voteranno per il Senato i maggiori di diciotto anziché i maggiori di venticinque. Niente in contrario, eh. Massima fiducia nelle giovani generazioni eccetera. Soltanto che c’è un piccolissimo problema: se gli elettori della Camera e quelli del Senato coincidono perfettamente, significa che coinciderà perfettamente la composizione di Camera e Senato.

E siccome Camera e Senato hanno esattamente gli stessi compiti (bicameralismo paritario), novantanove volte su cento prenderanno esattamente le stesse decisioni. Che senso ha, posto che è vietato abolire il bicameralismo paritario, poiché all’ultimo referendum il popolo sovrano ha deciso di tenerselo? Nessuno. Serve solo a sprecare tempo. E infatti Meuccio Ruini – presidente della Commissione dei 75 che stese il testo costituzionale su cui l’Assemblea costituente lavorò per la versione definitiva – spiegò quanto fu faticoso assegnare una peculiarità al Senato: “La difficoltà maggiore stava e sta nel modo di composizione della seconda Camera o Camera dei senatori. È chiaro che non può essere formata a semplice duplicato e con gli stessi modi della Camera dei deputati”. Tutta fatica sprecata. Bastava fare come facciamo noi oggi: fregarsene.

LA STAMPA

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Supermario pragmatico

sabato, Luglio 10th, 2021

Massimiliano Panarari

Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre fanno una prova. Il trittico indiziario a supporto dell’esistenza del «metodo Draghi» è stato ampiamente superato; e due ulteriori e sostanziosi segnali sono giunti nelle ultime 48 ore. Prima, il lodo Cartabia sulla giustizia, con la Guardasigilli che ha voluto sottolineare il ruolo decisivo svolto dal premier per arrivare a una mediazione. E per fare avanzare così quella riforma del nostro ordinamento giudiziario da cui dipende in maniera significativa l’accesso alle risorse del Next Generation Eu (mentre, a volte, sembra che tale consapevolezza non sia adeguatamente presente presso certe forze politiche).

Essendo, per l’appunto, il superamento delle nostre criticità in materia (a partire dalla riduzione della durata dei giudizi civili e penali gravati da troppi “processi lumaca”) condizione necessaria e indifferibile affinché arrivino i fondi del Pnrr. E, ieri, è arrivato il blitz sulle nomine dei vertici Rai, in virtù del quale il ministro dell’Economia Daniele Franco, d’intesa con il premier, ha indicato per il nuovo consiglio di amministrazione Carlo Fuortes e Marinella Soldi (che verranno proposti rispettivamente per il ruolo di ad e di presidente).

Il «metodo Draghi» si colloca rigorosamente sul piano del merito dei problemi da affrontare, come si è visto nei cambi di passo e di registro introdotti nella governance della lotta alla pandemia e dei servizi di intelligence e in Cassa Depositi e Prestiti. E si nutre sempre di questioni di merito. Rispetto a cui i «problemi di metodo» sulla riforma della giustizia, evocati dal ministro in quota contiana Stefano Patuanelli, si configurano come una patente discrasia proprio sul piano della metodologia decisionale. E segnalano, soprattutto, il vizio tutto politicistico – un riflesso pavloviano dei partiti – di ricorrere alla dissimulazione anche nelle discussioni interne agli esecutivi dei quali si fa parte. Come era prevedibile, il «Magma 5 Stelle», squassato dalla lotta intestina, ha istantaneamente cominciato a produrre i suoi effetti destabilizzanti sul governo Draghi, e per distinguersi marca il terreno su un filamento originario del suo Dna quale il populismo penale. Col paradosso – che abbiamo visto essere a sua volta costitutivo del M5S –, ma non troppo, di Beppe Grillo impegnato a sminare le tentazioni revansciste e barricadiere dei ministri, e Giuseppe Conte e Alfonso Bonafede intenti invece a innalzare i toni e pronunciare anatemi che possono mettere a repentaglio il fragile compromesso raggiunto in Consiglio dei ministri sul lodo Cartabia.

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Così Draghi minacciò: mi dimetto. 5S contro Grillo: come Berlusconi

sabato, Luglio 10th, 2021

ILARIO LOMBARDO

Beppe Grillo come Berlusconi. È un accostamento da incubo che nessuno, nel M5S, si sarebbe mai sognato di fare. E invece è successo, ieri, dopo aver saputo della telefonata del premier Mario Draghi al comico genovese. Telefonata che ha preceduto quelle di Grillo per chiedere ai ministri del M5S di accettare una mediazione con la ministra della Giustizia Marta Cartabia.

Secondo diverse fonti grilline di alto livello, tra cui sottosegretari ed ex ministri, quanto accaduto rileva un cortocircuito e scivola pericolosamente su terreni di «inopportunità», perché incrocia la vicenda privata e drammatica di Ciro, il figlio di Grillo accusato di stupro, tra l’altro proprio alla vigilia dell’udienza preliminare in Sardegna. Per come la vedono i 5 Stelle, oltre a ragioni di tatto politico vista la difficile convivenza ai vertici con Giuseppe Conte, Draghi avrebbe dovuto sapere che sul tema della giustizia in questo momento il comico è, dicono, «ipersensibile». «O quantomeno interessato, se non vogliamo dire apertamente in conflitto di interessi come è stato Silvio Berlusconi per tante leggi ad personam». Il reato di cui è accusato il figlio è tra quelli elencati nelle eccezioni della nuova formulazione del processo penale che sospende la prescrizione dopo il primo grado ma fissa l’improcedibilità (di fatto una tagliola) dopo due anni in appello e un anno in Cassazione. Per la violenza sessuale, come per la corruzione, l’associazione a delinquere, e altri reati, i termini si allungano a 3 anni in appello e un anno e sei mesi in Cassazione. Draghi non avrebbe dovuto chiamarlo, dicono le fonti, al di là delle modifiche apportate su spinta dei 5 Stelle. Oppure, «avrebbe dovuto sfilarsi» Grillo quando ha ricevuto la chiamata, rivelata soltanto l’indomani mattina dal Fatto quotidiano. Le stesse fonti poi si pongono anche altre domande: perché Draghi gli telefona se c’è un capo politico reggente che è Vito Crimi? Perché non chiama anche Conte, lasciando invece avvelenare di ulteriori sospetti la faida interna sulla leadership e sulla diarchia in un momento in cui si sta cercando faticosamente una tregua? Ma fino a qui la questione è politica e le risposte possono essere sia sostanziali sia formali: finché il nuovo Statuto non passa e non viene incoronato con una votazione online, Conte non è ancora niente per il M5S, mentre Grillo un ruolo lo ha: è il garante della linea e dell’azione politica dei 5 Stelle. Non solo, è lui ad aver determinato la nascita degli ultimi due governi e quasi tutti gli snodi fondamentali della storia dei grillini dal loro ingresso nei palazzi in poi.

Sta di fatto che, a detta di tutti nel M5S, è stata la solita assenza di una catena di comando chiara a generare il pasticcio su come gestire le trattative e chi doveva farlo. I quattro ministri sommersi dagli insulti dei colleghi, sconfessati dall’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, autore dell’impianto originario della riforma, e dall’ex premier Conte, fanno trapelare la loro versione dei fatti. Le ricostruzioni si concentrano soprattutto su un momento, quel momento particolare, in cui vengono messi da Draghi di fronte alla responsabilità di poter innescare una crisi di governo. «Se non passa la riforma sarò costretto a mettere nelle mani del presidente della Repubblica le mie dimissioni». Così li avrebbe avvertiti il premier, stando ai grillini, in seguito informati anche del fatto che in quelle ore ci sarebbero stati contatti informali tra Palazzo Chigi e il Quirinale.

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Gli interessi di Salvini e Renzi con vista sul Quirinale (e i colloqui con Parolin)

sabato, Luglio 10th, 2021

di Francesco Verderami

Gli interessi di Salvini e Renzi con vista sul Quirinale (e i colloqui con Parolin)

«Matteo e Matteo» passano ormai per una coppia di fatto e a benedire questa unione politica l’altra settimana è stato il cardinale Parolin.

Il segretario di Stato del Papa ha chiamato Salvini e Renzi per esortarli a «dare un’occhiata» alla legge Zan, perché contribuiscano cioè a «migliorare» un provvedimento che sta dividendo il Parlamento più della riforma sulla giustizia. E se persino il Vaticano li accredita come aghi della bilancia politica italiana, vuol dire che davvero c’è del tenero tra il capo della Lega e il leader di Iv, additati come dioscuri di un patto che dovrebbe manifestarsi quando si voterà per il capo dello Stato. Anzi, proprio il passaggio sulla legge Zan viene considerato una sorta di prova generale in vista della corsa al Colle. In realtà l’accordo sul nome del capo dello Stato i due non l’hanno (ancora) trovato, e men che meno c’è intesa sulla futura legge elettorale.

La verità è che tra i due Matteo oggi vige solo una convergenza di interessi: Salvini grazie alla sponda di Renzi può dire che «su temi come le tasse c’è una nuova maggioranza in Parlamento»; e Renzi grazie alla sponda di Salvini può picconare ciò che resta dell’alleanza tra il Pd e M5S. Il primo si prepara a ricevere il sostegno del secondo per i referendum sulla giustizia. Il secondo attende l’appoggio del primo sul prossimo referendum per l’abolizione del reddito di cittadinanza. Ma immaginarli parte di una stessa coalizione è puro esercizio di fantasia, anche perché non si fideranno mai completamente l’uno dell’altro, malgrado i buoni uffici di Verdini.

Il loro sodalizio si era rotto quando Renzi votò al Senato l’autorizzazione a procedere contro Salvini che non voleva più «nemmeno sentirlo nominare»: d’altronde era stato già fregato quando puntava alle elezioni con la crisi del Conte 1 e l’altro aveva agevolato la nascita del Conte 2. Poi però si compattarono per evitare il Conte 3. Per una volta il lombardo credette al toscano che gli raccontò delle sue gite a Città della Pieve, dove andava a trovare Draghi con l’auto della moglie, dopo aver congedato la scorta che lo lasciava a Firenze. Più che un’operazione politica a Salvini sembrava una spy story. «Arriva lui, dammi retta», gli diceva Renzi. E siccome glielo ripeteva anche Giorgetti, il capo della Lega diede una mano all’altro Matteo, avvisandolo delle manovre di Conte per strappargli i senatori di Iv.

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Sondaggio Legge Zan, maggioranza per il sì. Ma un italiano su due ne sa poco

sabato, Luglio 10th, 2021

di Nando Pagnoncelli

Sondaggio Legge Zan, maggioranza per il sì. Ma un italiano su due ne sa poco

A fronte del clima sociale in netto miglioramento rispetto ai mesi scorsi si contrappongono forti divisioni politiche su un tema al centro del dibattito, il disegno di legge Zan. Sono divisioni all’interno delle forze che sostengono la maggioranza e secondo alcuni commentatori potrebbero rappresentare una minaccia per la tenuta del governo. Solo una minoranza degli italiani (14%) si è informato sui contenuti del ddl e ha seguito con attenzione il confronto tra i partiti, il 38% ha seguito abbastanza la questione, il 38% ne ha solo sentito parlare e il 10% ignora il tema.

Nel complesso prevalgono i favorevoli al provvedimento, infatti il 37% si dichiara d’accordo e lo considera prioritario e il 14%, pur mostrandosi favorevole, lo considera un tema poco importante. Viceversa, il 13% disapprova il testo attuale e ritiene che debba essere modificato almeno in parte e il 10% è nettamente contrario. Ma un italiano su quattro (26%) non è in grado di esprimere un giudizio. Le opinioni differiscono in relazione all’orientamento di voto, con gli elettori pentastellati e del centrosinistra nettamente più favorevoli. Tuttavia fa riflettere la quota non marginale (anche se minoritaria) di elettori del centrodestra favorevoli, in particolare tra i sostenitori di FI e delle formazioni «centriste» (il 27% lo considera prioritario e un altro 21% è favorevole). Il consenso è nettamente più elevato tra le persone più informate. E anche tra i cattolici praticanti prevalgono i favorevoli.

Una delle questioni più controverse riguarda il fatto che con il testo attuale si potrebbe mettere a rischio la libertà di opinione di coloro che non accettano orientamenti o comportamenti diversi da quelli eterosessuali o il concetto di «identità di genere». Le opinioni si dividono: il 34% non ritiene che vi sia questo rischio (con picchi del 56% tra gli elettori dem e del 46% tra i pentastellati), il 27% è di parere opposto (47% tra gli elettori di FdI e 43% tra i leghisti), mentre la maggioranza relativa (39%) non prende posizione. In questo caso i credenti sono molto divisi.

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