Archive for Luglio, 2021

Giustizia, perché questa riforma di sistema mette fine ai processi lumaca

venerdì, Luglio 9th, 2021

Vladimiro Zagrebelsky

Le proposte che la ministra Cartabia ha ieri portato all’esame del Consiglio dei ministri sono di largo respiro e giustamente si intitolano alla riforma della giustizia penale e non del solo processo penale. Sono infatti interessati aspetti del processo penale e del diritto penale sostanziale, in particolare del sistema sanzionatorio. Finalità, limiti, garanzie costituzionali operano in ognuno di questi settori della materia penale. E vi sono soluzioni processuali (come patteggiamento, giudizio abbreviato), che comportano conseguenze sulla quantificazione della pena, così che diviene perfino difficile segnare i confini tra diritto e processo penale. Pregio del testo in discussione è dunque quello di considerare e incidere su ognuno di essi.

Il dibattito politico e i contrasti esposti alla opinione pubblica si sono concentrati sul tema del regime della prescrizione dei reati, in una realtà di patologica -anche se sistematica- troppo lunga durata dei procedimenti. Le posizioni che si sono scontrate hanno a lungo impedito l’esame di soluzioni ragionevoli, rispettose di diverse esigenze di principio, riguardanti i limiti del diritto dello Stato di punire, il diritto degli accusati di non esser considerati colpevoli fino alla condanna definitiva e a una durata ragionevole del processo, le conseguenze insuperabili del rispetto dei diritti che rendono equo il giudizio. La soluzione portata all’esame del Consiglio dei ministri, frutto della negoziazione politica, non sembra quella preferita dalla Commissione Lattanzi. Se diverrà legge, saranno i risultati ad offrire il metro per valutarla. Superate ora, come pare, le difficoltà politiche in Consiglio dei Ministri, si può sperare che il tema della prescrizione non continui a lasciare in ombra i tanti altri aspetti della riforma elaborata dalla Commissione Lattanzi. Anche se non tutte le proposte formulate dalla Commissione sono state portate all’esame del Consiglio dei Ministri, essi, tutti insieme, rappresentano un importante ed organico intervento riformatore. Le proposte vengono formulate come emendamenti al testo già in Parlamento, presentato dal precedente governo. In realtà, con aggiunte, eliminazioni e modifiche si propongono riforme di ben altro respiro, per ampiezza e per ispirazione culturale. Si vede il congiungersi delle indicazioni che la ministra Cartabia espresse nella sua prima esposizione delle linee programmatiche in Parlamento, con l’esperienza e professionalità proprie della Commissione Lattanzi.

La questione della durata dei procedimenti penali è in Italia gravissima, come quella dei processi civili. Da tempo e ripetutamente se ne sono discusse cause e conseguenze. Ora pesano anche i richiami -anch’essi ripetuti- che vengono dalle sedi europee di cui l’Italia è parte: l’Unione europea anche con il grande progetto di finanziamento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e il Consiglio d’Europa con la Corte europea dei diritti umani per gli aspetti che riguardano il diritto fondamentale all’equo processo di durata ragionevole. Le proposte che sono state elaborate dalla Commissione ministeriale ne tengono conto, così come considerano le esperienze di altri Stati europei, con un’attenzione non usuale ai suggerimenti che vengono dalla comparazione giuridica.

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Processo Ciro Grillo, ora si indaga anche per revenge porn

venerdì, Luglio 9th, 2021

di Giusi Fasano inviata a Tempio Pausania (Sassari)

Processo Ciro Grillo, ora si indaga anche per revenge porn

Ciro Grillo, figlio del Grante dei M5S Beppe Grillo

Revenge porn. È per questo reato che la Procura di Tempio Pausania ha aperto un nuovo fascicolo penale legato al caso di Grillo junior. Uno stralcio trasmesso al Tribunale per una nuova ipotesi di accusa che però al momento è contro ignoti. La notizia emerge a poche ore dall’udienza preliminare della giudice Caterina Interlandi che oggi avrà davanti a sé tutte le parti in causa del procedimento penale (violenza sessuale di gruppo) avviato da Silvia, la ragazza che a fine luglio del 2019 denunciò il figlio di Beppe Grillo, Ciro, e i suoi tre amici: Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. La giudice dovrà stabilire (la decisione non è prevista per oggi) se mandare a processo oppure no i quattro ragazzi sotto accusa.

Il reato entrato in vigore pochi giorni dopo i fatti

Il nuovo filone d’inchiesta è per articolo 612 ter, il revenge porn, appunto, reato introdotto a luglio 2019 con la legge 69 — nota come codice rosso — ed entrato in vigore il 9 agosto di quell’anno, cioè pochi giorni dopo i fatti per cui sono finiti sotto accusa Grillo junior e gli altri tre. L’accusa di revenge porn scatta per «chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza consenso delle persone rappresentate».

Lw immagini dei due video

Nelle indagini sulla violenza sessuale di gruppo per Ciro e i suoi amici di immagini ce ne sono diverse. C’è il breve video che mostra il rapporto sessuale fra tre dei ragazzi (non Corsiglia) e Silvia: loro dicono che sia la prova del consenso, lei lo chiama stupro. Ce n’è un altro, brevissimo, che riprende gli stessi tre ragazzi in atteggiamenti osceni accanto a Roberta, l’amica di Silvia che dormiva sul divano alla quale sono state scattate anche fotografie a sfondo sessuale finite agli atti.

Il fascicolo contro ignoti

Ecco. Se adesso la Procura decide di aprire un fascicolo — al quale per altro sarebbe allegato anche il sequestro di fotografie e filmati — significa che ha quantomeno il sospetto che quel materiale video e fotografico non sia rimasto nel telefono cellulare di partenza. Il fatto che il procedimento sia contro ignoti, però, indica che eventuali responsabilità non sono al momento definite, né è noto (e per la Procura il riserbo è assoluto) quale delle due ragazze ne sarebbe rimasta vittima.

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Riforma della giustizia, le armi spuntate dei Cinque stelle

venerdì, Luglio 9th, 2021

di   Massimo Franco |

Le convulsioni del Movimento Cinque Stelle sulla riforma della giustizia erano prevedibili. Ma era scontato anche che alla fine i grillini l’avrebbero votata: altrimenti si sarebbero trovati isolati e insieme spaccati. Prigionieri non di una strategia ma dell’assenza di qualunque strategia, e risucchiati in un passato nostalgico. Esiste un grillismo giustizialista che soffia sul fuoco dell’indignazione. Grida d’ufficio alla «controriforma» proposta dalla Guardasigilli, Marta Cartabia, demonizzata in realtà per boicottare l’azione del governo di Mario Draghi. E ieri ha cercato di forzare la mano al premier, facendo tardare la riunione a Palazzo Chigi.

Alla fine, però, i Cinque Stelle si sono piegati. Si sono resi conto che la maggioranza sarebbe andata avanti lo stesso, approvando la mediazione. Così, è arrivato il «sì», dopo avere riaperto per un’ora la trattativa; minacciato l’astensione; e preteso qualche concessione sulla prescrizione. Tre anni fa la linea del manicheismo giudiziario avrebbe prevalso senza resistenze. Stavolta si è affacciato e poi ritratto, indebolito da chi, nello stesso Movimento, ha chiesto senso di responsabilità: seppure timidamente, per il timore di essere sbranato dai cosiddetti puri e duri.

D’altronde, il tema divide una formazione che sulla delegittimazione anche giudiziaria degli avversari ha costruito la propria sottocultura e le proprie fortune elettorali. Quel grillismo ritiene di poter sopravvivere solo se non perde referenti e parole d’ordine estremiste: al punto da utilizzare la propria crisi per tentare di riproporle e imporle. Sembra non vedere, o forse banalmente non gli interessa, che senza una riforma della giustizia come quella preparata faticosamente dall’esecutivo i contraccolpi saranno pesanti; e non solo per i processi, i giudici, le vittime e gli imputati. Lo saranno perché il sistema così com’è viene ritenuto incapace di offrire garanzie all’Europa. E può spingerla a porre condizioni-capestro all’Italia prima di concederle una parte dei finanziamenti del Fondo per la ripresa. Una giustizia inefficiente comporta costi non solo sociali. Favorisce una florida economia dell’inefficienza che genera corruzione e acuisce le disuguaglianze. Forse sarebbe più saggio prendere atto che la riforma controversa dell’ex Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede non è solo figlia di un altro governo. Riflette una stagione populista finita da tempo, e non rimpianta: se non da qualche orfano del potere.

Non stupisce che nello scontro consumatosi ieri nelle file del M5S siano stati i seguaci dell’ex premier Giuseppe Conte a bersagliare la mediazione di Palazzo Chigi, difesa invece dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. È tipico, nei momenti di difficoltà, che i partiti scarichino i problemi interni sul governo. Ma stavolta lo schema era così smaccatamente strumentale che Draghi l’ha smontato rapidamente. D’altronde, è difficile bloccare una soluzione magari parziale, imperfetta, eppure obbligata. Anche perché si intravede un’altra incognita, simmetrica e opposta a quella rappresentata dalle convulsioni del M5S.

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Italia in finale: dalle feste ai tafferugli, il Viminale prepara il piano. «Presenza massiccia»

venerdì, Luglio 9th, 2021

di Rinaldo Frignani

Italia in finale: dalle feste ai tafferugli, il Viminale prepara il piano. «Presenza massiccia»

(Lapresse)

ROMA Anche martedì notte si è visto di tutto: i tetti degli autobus usati come pedane da discoteca o palchi dai quali aizzare la folla e fare spogliarelli. Pattuglie delle forze dell’ordine in balìa della folla, con bravate di chi è saltato sui cofani delle volanti e chi ha shakerato gli agenti a bordo, scuotendo le vetture che a fatica fendevano la marea umana. I bagni nelle fontane storiche (ma questo ormai è il minimo) e i colpi di pistola dalle finestre, come è successo a Napoli. Ovunque, da Nord a Sud, assembramenti e totale assenza di mascherine nel corso dei festeggiamenti nelle piazze italiane per la vittoria dell’Italia sulla Spagna. A 48 ore dalla finale di Wembley contro l’Inghilterra sale la preoccupazione del Viminale e delle autorità sanitarie per quello che potrebbe accadere domenica notte nel caso gli azzurri dovessero aggiudicarsi gli Europei.

Lo scenario

Lo scenario scontato è quello di milioni di persone in strada, tutte nello stesso momento, per festeggiare la Nazionale. Dalle città ai centri meno grandi, visto che basta scorrere i video sui social per rendersi conto che affollamenti a rischio contagio si sono avuti a Foligno e Caltanissetta, e non solo a Roma e Torino. I vertici dell’ordine pubblico monitorano la situazione, studiano soluzioni per prevenire assembramenti e tafferugli, reggere alle provocazioni, e per quanto possibile incanalare e gestire l’incontenibile entusiasmo provocato da una vittoria dell’Italia. Senza escludere allo stesso tempo la rabbia per la delusione di un’eventuale sconfitta. Un quadro complesso, con la consapevolezza che gestire la folla non è mai una cosa semplice, tanto più che il numero di contagi da variante Delta sale anche nel nostro Paese.

Il punto

Oggi sarà il giorno decisivo per fare il punto della situazione perché nelle prefetture saranno completate le riunioni dei comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica. Nel frattempo le amministrazioni comunali hanno già iniziato a procedere in ordine sparso: a Pordenone, ad esempio, sì al maxi schermo in piazza XX Settembre con posto prenotato e mascherina obbligatoria, divieto di portare bevande in vetro e lattina, e spray urticanti, invece a Treviso no agli assembramenti con la sospensione da parte del Comune delle «autorizzazioni espresse o tacite, comprese quelle già rilasciate, allo svolgimento di ogni forma di intrattenimento nelle aree esterne di bar, pub e simili esercizi». Maxi schermo a Villa Bottini a Lucca e dubbi a Palermo, con il sindaco Leoluca Orlando che avverte: «Il divieto o l’ordinanza non può essere un alibi per il disimpegno». Mentre il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ricorda che «se in piazza c’è anche un solo positivo alla variante Delta e intorno solo il 20% di vaccinati, ci sono buone chance che si determinino tanti micro satelliti di infezione che potrebbero diventare focolai» quando le persone si incrociano con chi non ha ricevuto il siero.

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Riforma della giustizia, Draghi ai partiti: va approvata così com’è. La furia dei contiani

venerdì, Luglio 9th, 2021

di Monica Guerzoni

Riforma della giustizia, Draghi ai partiti: va approvata così com'è. La furia dei contiani

Quando tutto è finito, raggiunta la mediazione e scongiurata la crisi, un esponente del governo sospira di sollievo: «Stava per crollare tutto…». Prova ne sia il severo monito con cui Mario Draghi durante un Consiglio dei ministri molto teso ha richiamato all’ordine le forze politiche, in lotta tra loro sulla riforma del processo penale e i tempi della prescrizione (qui: cosa c’è nella riforma della Guardasigilli Cartabia). «Una maggioranza eterogenea richiede compromessi, ma nessuno può tenersi le mani libere in Parlamento» ha stoppato i continui rilanci dei partiti il capo del governo, convinto che la riforma debba «essere approvata così com’è».

La pazienza del presidente finisce dopo la faticosa ricucitura con i 5 Stelle, quando i ministri finalmente prendono posto e la riunione comincia. Ma Forza Italia, Lega e Italia viva non ci stanno. Brunetta e Gelmini sono perplessi sulla mediazione che prevede tempi del processo più lunghi per i reati contro la Pubblica amministrazione. Giorgetti sostiene che «la decorrenza del prolungamento non è chiara» e la renziana Elena Bonetti è con loro. Vogliono leggere parola per parola il testo modificato e chiedono la sospensione del Cdm, mossa che innesca lo scontro con la delegazione del M5S, in contatto continuo con Giuseppe Conte. All’ex premier non piace l’intesa sulla prescrizione con i due anni per l’appello e un anno per la Cassazione. Stefano Patuanelli avverte che il Movimento non arretrerà di un centimetro: «In Parlamento ci sarà l’occasione di apportare modifiche tecniche limitate». Una formula che Brunetta, forse a mo’ di sfida, avrebbe ripetuto pari pari.

Il botta e risposta va avanti finché Draghi, visibilmente adirato, chiede di smetterla con le bandierine: «Chiedo lealtà, mi appello al vostro senso di responsabilità. Questa riforma è legata al Pnrr, è fondamentale e io voglio una maggioranza compatta e responsabile». Limata anche l’ultima virgola, l’ex presidente della Bce chiede alla sua squadra un via libera unanime: «È un testo bello, di alta dignità. Ma se un ministro non se la sente di prendere questo impegno, può votare contro». Tacciono tutti, il via libera è compatto.

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Cdm: passa all’unanimità la riforma del processo penale | M5s in crisi sulla prescrizione: Draghi e Cartabia mediano

venerdì, Luglio 9th, 2021

“Lo sforzo della riforma è stato dare un’immagine del processo penale in cui tutti potessero riconoscersi”. Le parole del ministro della Giustizia, Marta Cartabia, suggellano l’ok unanime, ma travagliato, del Cdm al testo. Sono state infatti le mediazioni di Draghi e della Guardasigilli a far rientrare il dissenso del M5s sulla prescrizione, evitando un via libera “azzoppato” per una delle riforme cruciali, nell’attuazione del Recovery plan.

Il M5s e il compromesso con Draghi 

I ministri pentastellati erano infatti arrivati a Palazzo Chigi con in mano la linea dell’astensione, per l’impossibilità a comporre la profonda frattura interna al Movimento. Ma Draghi li ha riuniti nel suo ufficio e ha cercato una soluzione, che ha reso compatto il governo su un dossier qualificante. La soluzione è stata citare espressamente i reati contro la Pubblica amministrazione, tra cui corruzione e concussione, tra i reati “gravi” per i quali i tempi della prescrizione processuale ora sono più lunghi.

Le tensioni nella maggioranza, la promessa di “lealtà” in Parlamento

La mediazione che ha cambiato in extremis le carte in tavola, però, ha innervosito i partiti del centrodestra e Italia Viva: Fi ha chiesto una sospensione del Cdm per approfondire. Alla fine la soluzione è passata. E ora il presidente del Consiglio ha chiesto “lealtà” per far approvare il testo in Parlamento. Ma nel M5s il dissenso resta: alla Camera, dove la riforma Cartabia arriverà con un pacchetto di emendamenti in commissione Giustizia, i “pasdaran” annunciano battaglia. Dopo ore ad alta tensione e uno scontro finale – con sospensione della riunione – tra M5s da un lato, e FI e Iv dall’altro, Draghi ha preso la parola in Consiglio dei ministri e ha chiesto, con forza e nettezza, se tutto il Cdm sostenga “convintamente” il testo e se la maggioranza sarà “leale” in Parlamento. Tutti tacciono. Così si registra l’unanimità sulla riforma Cartabia al tavolo del Consiglio, senza un voto formale ma con un impegno politico che spetterà ai ministri far rispettare.

Superata la riforma Bonafede sulla prescrizione

Rivista la riforma Bonafede sulla prescrizione, M5s in crisi La Guardasigilli, dopo lungo lavoro di mediazione con i partiti della larga maggioranza, ha incassato l’intesa su un corposo insieme di norme che riformano il processo penale, per renderne i tempi più rapidi e certi. Ma il passaggio del testo alle Camere non sarà indolore. Gli occhi sono puntati in particolare su un M5s in crisi d’identità, che vive come un passaggio doloroso la revisione della riforma Bonafede della prescrizione, approvata dal governo Conte e da allora baluardo dei Cinque stelle.

La giornata, i contrasti, il via libera finale

L’accelerazione di Draghi, che porta il testo in Consiglio dei ministri nonostante gli auspici dei pentastellati di rinvio, ha fatto vivere ai ministri M5s due giornate di tribolazione. Dopo la diramazione, in tarda mattinata, dell’ordine del giorno del Cdm, che ha confermato per il pomeriggio di giovedì l’esame del testo, i Cinque stelle si sono riuniti in conclave per quattro ore. C’erano i ministri, i capigruppo e diversi “big”, tra cui l’ex ministro Alfonso Bonafede. L’ala “contiana” è stata descritta come la più agguerrita rispetto a un testo che, è l’accusa, affievolirebbe il contrasto in particolare a reati come la corruzione. Dalle fila parlamentari sono partite accuse ai ministri, che fin dall’inizio si sono mostrati più aperti a una mediazione. Non basta quanto già ottenuto, come evitare i limiti alle possibilità del pm di fare appello: la proposta dell’ala dura di fede contiana è di astenersi in Consiglio dei ministri. Per essere poi liberi in Parlamento di non votare o votare contro. L’alternativa sarebbe spaccarsi: la linea dell’astensione passa. Ma qui si è aperta una seconda partita, a Palazzo Chigi, dove per tutto il giorno Cartabia ha lavorato a stretto contatto con Draghi. Il premier e la ministra hanno incontrato Di Maio, Patuanelli, D’Incà, Dadone. Il ministro della Giustizia ha spiegato che molte proposte sono state accolte.

Come Draghi è andato incontro al M5s, senza stravolgere il testo della riforma Cartabia

Sulla prescrizione la riforma Bonafede resta salva in primo grado (la prescrizione si ferma per tutti dopo la sentenza), poi in appello e Cassazione scattano i termini processuali (due anni e un anno) dopo i quali il processo si chiude per improcedibilità. C’è di più: per i reati più gravi quei termini possono salire rispettivamente a tre anni e diciotto mesi. Ma al M5s non è bastato. Bisogna mettere per iscritto – chiedono – che tra quei reati più gravi ci siano anche quelli contro la Pa. La richiesta è passata: i pentastellati sono quindi tornati a riunirsi, sapendo che la mediazione scontenterà molti, ma a questo punto non possono più dir di no.

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Coronavirus, le ultime notizie dall’Italia e dal mondo sul Covid

giovedì, Luglio 8th, 2021

di Valentina Santarpia

I casi di Covid nel mondo sono oltre 184 milioni secondo i dati diffusi dalla Johns Hopkins University, mentre i decessi confermati superano i 4 milioni dall’inizio della pandemia. E in Italia l’ultimo bilancio, relativo a mercoledì 7 luglio, è di 1.010 nuovi casi e 14 morti (qui il bollettino con i dati e i bollettini che mostrano la situazione dall’inizio della pandemia: qui quelli del 2021, qui quelli del 2020).
Qui la mappa del contagio nel mondo.

Ore 15.25 – Tokyo, causa Covid non ci saranno spettatori
A causa del Covid, non saranno ammessi spettatori alle Olimpiadi di Tokyo. Lo ha annunciato il ministro con delega ai Giochi Olimpici, Tamayo Marukawa. La situazione epidemiologica aveva già convinto il governo giapponese a decretare lo stato di emergenza sanitaria a Tokyo per tutta la durata dei Giochi Olimpici, che si terranno dal 23 luglio all’8 agosto. Lo stato di emergenza entrerà in vigore il 12 luglio e resterà fino al 22 agosto. Bar e ristoranti non potranno servire alcolici e dovranno chiudere entro le 20:00. In Giappone si è aa lungo discusso se posticipare o addirittura cancellare le Olimpiadi a causa dell’aumento dei casi Covid. Alla fine è giunta del decisione del governo: «Prendendo in considerazione l’effetto delle varianti del coronavirus e per non lasciare che i contagi si diffondano nuovamente nel resto del Paese, dobbiamo rafforzare le nostre contromisure», ha spiegato il primo ministro, Yoshihide Suga.

Ore 14.40 – Oms ammonisce: «Valutare se viaggiare»
«Quest’estate, se vuoi viaggiare, pensa bene alla necessità» di partire. E «se decidi di farlo, fallo in sicurezza». Ammonisce così via Twitter l’Oms Europa. Sul social il braccio europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità lancia l’hashtag «SummerSense» e pubblica un’infografica: «Quest’estate – si legge – valutate attentamente la necessità di viaggiare. Viaggiare non è senza rischi».

Ore 14.13 – Immunologa Viola: «Gestire il virus come un’influenza è possibile e necessario»
«Nel Regno Unito Boris Johnson decide di abbandonare le restrizioni e dice che d’ora in avanti il Sars-CoV-2 sarà gestito come il virus dell’influenza. È possibile? Non solo è possibile, è necessario». Lo scrive su Facebook l’immunologa dell’università di Padova Antonella Viola. Aggiungendo: «Il virus continuerà a circolare. Ci contageremo, ma saremo protetti dalle forme gravi della malattia grazie ai vaccini. Finché la risposta immunitaria generata dalla vaccinazione terrà vuoti gli ospedali, non dovremo fare altro». Invece, «se l’immunità dovesse indebolirsi troppo nel tempo, o se il virus dovesse mutare troppo, dovremo far ricorso a ulteriori vaccinazioni (rispettivamente con terza dose o con vaccino aggiornato). Ma per ora lo scenario è quello immaginato dal Regno Unito. Ma prima serve vaccinare tutti».

Ore 13.03 – Regno Unito, dal 19 luglio niente quarantena per i vaccinati che provengono dall’Italia (e da altri Paesi)
Chi rientra in Gran Bretagna dall’Italia e ha ottenuto entrambe le dose del vaccino non dovrà più fare la quarantena. Lo ha confermato il ministro dei Trasporti britannico Grant Shapps, spiegando che la misura si applica a tutte le persone che hanno completato l’iter vaccinale da almeno 14 giorni e che provengono dai Paesi inseriti nella cosiddetta «lista ambra». Oltre che dall’Italia, quindi, non dovrà auto isolarsi chi proviene ad esempio da Grecia, Spagna, Portogallo, Austria, Belgio e Olanda, per citarne alcuni. La misura si applica, oltre che ai vaccinati, anche ai minori di 18 anni.

Ore 12.30- Oltre 500 infezioni per terzo giorno in Israele
Per il terzo giorno consecutivo Israele ha registrato oltre 500 nuove infezioni a causa della variante Delta. Secondo il ministero della sanità i casi sono stati 518 a fronte di 74.421 tamponi effettuati con un tasso di positività che resta allo 0.7%. I malati gravi sono saliti ad almeno 46 con un raddoppio rispetto ad una settimana fa e l’ultima vittima (in totale ad ora sono 6.429) è stato un uomo di 86 anni, doppiamente vaccinato, morto a Haifa per complicazioni del covid. Inoltre su un passeggero arrivato dall’estero all’aeroporto Ben Gurion è stata riscontrata, per la prima volta in Israele, la variante Delta plus. Per arginare la diffusione della variante, dopo mesi di riaperture e allentamenti delle restrizioni sanitarie, il governo israeliano ha deciso nuove chiusure e limitazioni, per la prima volta dallo scorso gennaio. Tra le nuove misure varate dall’esecutivo c’è il ritorno dell’obbligo di indossare la mascherina al chiuso e sui mezzi pubblici, la riapertura dei centri di diagnosi, la reintroduzione di una quarantena restrittiva per i viaggiatori e più i test sui bambini.

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Massimo Cacciari disintegra Renzi e Letta su ddl Zan e obbligo vaccinale: umiliati così

giovedì, Luglio 8th, 2021

Giada Oricchio

Massimo Cacciari boccia il passato e il presente del Partito Democratico: l’obbligo vaccinale proposto da Enrico Letta è improponibile, mentre Matteo Renzi è “un poverino, decisivo su una cosa che interessa a mezzo italiano, il ddl Zan”. Poi boccia Berlusconi e Draghi al Quirinale. Il filosofo ed ex sindaco di Venezia, in un’intervista a Mowmag.com, ha ribadito di essere contrario all’obbligo vaccinale sostenuto da Letta, attuale segretario del Pd: “Sarebbe una cosa che lede diritti fondamentali, completamente anticostituzionale. Non esiste”. Un argomento che da sempre lo manda su tutte le furie: un mese fa fece una sfuriata alla conduttrice di Otto e Mezzo, Lilli Gruber, che gli aveva chiesto se si fosse vaccinato: “Saranno fatti miei?!”.

Piccata anche la risposta sul leader di Italia Viva ed ex numero uno del Pd, Matteo Renzi, senza voti, ma decisivo prima nella caduta del governo Conte e ora nel ddl Zan: “Ma decisivo de che, poverino. Decisivo su una cosa che non interessa a mezzo italiano come la legge Zan? Ma per carità. Non mi pare che sia in alcun modo decisivo sulle scelte fondamentali che il Governo si accinge a fare o che ha fatto. Quanto al Governo Conte, non stava più in piedi e non sarebbe stato assolutamente in grado di gestire il Recovery plan. (…). Renzi cerca di farsi vedere, ovviamente, come tutti, ma sulle questioni fondamentali lavorano Draghi e il suo staff e decidono tutto loro”.

Massimo Cacciari taglia corto anche sull’accozzaglia del governo dei migliori: “Mattarella li ha presi e ha detto «bambini, ci sono i soldi europei, bisogna saperli spendere, essere autorevoli in Europa, e quindi vi beccate Draghi e la fate finita di rompere le palle». Fine”.

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Chiara Ferragni caccia via tutti i soci. Liquida pure la sorella Valentina con 50 euro

giovedì, Luglio 8th, 2021

Chiara Ferragni da luglio balla da sola. L’influencer ha infatti liquidato tutti i soci anche storici nelle srl più note del suo gruppo, riacquistando le loro quote e restando la sola azionista in campo. Lo ha fatto il 21 giugno scorso perfino con la sorella Valentina Ferragni, che ha dovuto cedere il suo 0,5% detenuto nella Sisterhood srl di Milano a un prezzo davvero simbolico: 50 euro. Stessa cifra pagata per l’identica quota anche al manager da sempre di sua fiducia, Fabio Salvatore Maria Damiano che ha dovuto come Valentina accontentarsi di 50 euro come liquidazione davvero simbolica. Chiara Ferragni in contemporanea (sempre il 21 giugno)  ha ottenuto il 100% di un’altra sua società, la Tbs crew srl dove però il divorzio dal socio non è stato così informale.

Ad andarsene è infatti un altro socio storico con cui da tempo c’erano dissidi: Pasquale Morgese, l’imprenditore barese che produceva da sempre le Chiara Ferragni shoes. Il divorzio non è stato indolore, perché Morgese aveva il 45% della Tbs crew srl attraverso la sua Esuriens, e non ha accettato il semplice pagamento del valore nominale della quota (che sarebbe stato non di 50 euro come per Valentina, ma di 4.500 euro).

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Qui fanno Zan Zan a Letta. Enrico rischia lo sgambetto del Pd sull’omofobia

giovedì, Luglio 8th, 2021

Franco Bechis

Onore al coraggio di Mino Taricco, senatore del Partito democratico, abituato a lavorare la terra, coltivando pere e kiwi. C’è voluto lui, che ha passato la vita in campagna ed è venuto su in Coldiretti, per spezzare questo clima di odio e terrore che da settimane impongono a tutto il Paese- figurarsi al suo Pd- le squadracce delle camicie arcobaleno del ddl Zan. Ci volevano mani che conoscono la fatica e il lavoro per ignorare le manganellate degli influencer, per fregarsene altamente dei like e di quel mondo che vive sulle nuvole dei social. Il senatore Taricco- una bandiera di libertà in questi tempi bui- ha spiegato di avere votato la calendarizzazione in aula di questo disegno di legge, ma di non avere alcuna intenzione di votarlo poi a scatola chiusa come minacciano i manganelli. Perché lui sarà pure nato e vissuto nella campagna cuneese, ma il cervello vuole ancora usarlo. Ok una legge per proteggere dall’odio e dalla violenza omofobica, ma quell’articolo uno che pretende di dettare legge su cosa sia l’identità di genere, come quell’articolo 4 che mette a rischio la libertà di espressione e quell’articolo 7 che istituisce il Miniculpop gender fluid imponendone l’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado e facendo a pezzi la libertà di educazione che è pilastro di un paese libero, il senatore Pd Taricco non li voterà così come sono per timore delle randellate di partito o di quelle di influencer poco più che ragazzini. Il senatore è stato il solo a trovare il coraggio di dire quello che pensa: nel suo partito le perplessità appartengono anche ad altri, ma evitano dichiarazioni pubbliche per non prendersi manganellate o trovarsi in difficoltà con il segretario Enrico Letta che a questo clima di caccia alle streghe ha per lo meno assentito. Ieri le squadracce dell’odio nate con la finzione di proporre una legge anti-odio hanno passato e di tanto il limite di inciviltà politica a cui siamo da tempo abituati, grazie a una dirigente Pd di Civitavecchia che nel pieno delle randellate ai renziani che volevano mediazione sui punti controversi del ddl Zan non ha trovato di meglio che rivolgersi così a Ivan Scalfarotto: “ a frocione di m…”. La signora stupite dalle polemiche ha chiesto scusa in modo un po’ forzata, sostenendo che il suo era uno sfottò, ma vista l’indignazione di tutti a destra e sinistra Letta jr per un attimo è tornato in sé ed espulso almeno verbalmente dal partito la dirigente, provando a svelenire un po’. 

Non so cosa sia accaduto al segretario del Pd da avere trasformato in belva quello che un tempo era considerato un agnellino della nidiata nazarena, se gli anni in Francia ne abbiano stravolto in modo così drammatica l’indole e financo le radici familiari e culturali, o se invece tutta questa bava alla bocca sia solo scelta tecnica per tenere in vita un partito che stava perdendo l’anima ed era in grandissime difficoltà. Ai bambini si consiglia di non giocare troppo con il fuoco, perché si finisce sempre con il bruciarsi le dita e anche peggio. Ma non viene in mente di dirlo a uno come Letta che cresciutello appare da un pezzo. Il prode Enrico aveva pensato di fare ballare gli avversari politici al ritmo del Zan-Zan, ma la pista è tutta in salita e fossi in Letta ascolterei i consigli questa volta disinteressati (anzi) forniti da Matteo Renzi, perché il rischio intestardendosi è che perfino i suoi nel segreto dell’urna Zan-Zan lo facciano all’ingenuo segretario. 

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