Archive for Luglio, 2021

Ddl Zan, la ministra Bonetti: “Si rischia il no in Parlamento, perché il Pd non vuole mediare?”

martedì, Luglio 6th, 2021

FLAVIA AMABILE

È un passo avanti – non uno indietro – ascoltare le posizioni espresse dalla destra e accettare ancora un compromesso sul ddl Zan, rivendica la ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti. E’ in nome della tutela dei diritti Lgbt – sottolinea – se Italia Viva, il suo partito, ha presentato un nuovo testo che va incontro alle posizioni di Matteo Salvini e Giorgia Meloni e dei cattolici più conservatori. E’ il Pd, invece, fermo su posizioni preconcette che rischiano di far perdere un’opportunità.

Che cosa non funziona nel ddl Zan che pure avevate approvato alla Camera?

«Non funziona innanzitutto il fatto che si evidenziano criticità come la mancanza di numeri in Senato. Così com’è la legge ha altissime probabilità di non passare e questo non permetterebbe di tutelare le persone Lgbt». Non ci sono i numeri perché voi di Italia Viva li state facendo mancare.

«Non è così. Se si vuole rischiare la conta in aula sapendo che si andrà a perdere, ognuno poi si assumerà la responsabilità delle proprie scelte. La verità è che siamo di fronte a un dibattito che riguarda l’intera maggioranza e il Pd è fermo su posizioni preconcette ma sa bene che in una votazione a scrutinio segreto i numeri non ci sono e non sono i voti di Italia Viva a mancare. Sarebbe preferibile mettere in campo lo strumento più alto che ha la democrazia per approvare una legge: la politica, che è il dialogo tra posizioni diverse».

Sara il più alto strumento di democrazia ma dal compromesso che proponete restano fuori i diritti delle persone trans e la misoginia.

«La proposta di Italia Viva risponde alle criticità che sono emerse e cerca un compromesso che permetta di difendere l’obiettivo della legge di condannare e punire ogni violenza omofobica e transfobica. Il testo di Scalfarotto, sottoscritto anche dal Pd, è buono anche perché fa un salto culturale, centra la condanna sulle motivazioni omofobiche e transfobiche di chi agisce violenza senza categorizzare le vittime da tutelare , con il rischio di dimenticare alcune potenziali vittime».

L’identità di genere è però un riconoscimento importante per molte persone e voi stessi l’avete voluta e sostenuta alla camera. Come mai avete cambiato idea?

«Mai cambiato idea. Italia viva ha lavorato alla Camera sul testo Zan che già prevedeva l’identità di genere con grande attenzione per trovare il miglior compromesso possibile in modo da ottenere l’approvazione. Se questo compromesso al Senato non appare più in grado di reggere alla prova dei voti, Italia Viva si assume il compito di lavorare anche in Senato per trovare il miglior compromesso e arrivare all’approvazione. Vorrei ricordare che sul versante che riguarda le azioni concrete antidiscriminatorie previste dal ddl, al ministero delle Pari Opportunità stiamo già operando. Penso ad esempio alle case rifugio per le vittime Lgbt di violenze».

Anche sulla Giornata nazionale contro l’omofobia lei è sempre stata favorevole.

«Le mie parole sono sempre state chiare. Nell’assunzione di responsabilità di un Paese le Giornate nazionali servono a aumentare la coscienza collettiva e ad attivare processi culturali di riconoscimento della dignità e di rispetto reciproco. La soluzione proposta da Italia Viva va in questo senso ribadendo l’importanza dell’autonomia scolastica nelle scelte pedagogiche».

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Renzi vuole dire sfiducia

martedì, Luglio 6th, 2021

Federico Geremicca

La ricerca del compromesso tra partiti e movimenti di ispirazione diversa è da sempre una delle vie attraverso le quali la politica prova a governare i problemi che, di volta in volta, le si parano di fronte. Tentare una intesa tra parti anche distanti – dunque – non è né uno scandalo né una novità, ma per realizzarsi necessita di una pre-condizione che da tempo (almeno qui da noi) si è trasformata in merce rara: e cioè un sentimento di reciproca fiducia tra le parti chiamate al confronto.

Al di là dei problemi di dettaglio e di merito – francamente risolvibili, stando alle pubbliche dichiarazioni – sembra essere proprio questa la questione che emerge con sempre maggior nettezza dal confuso dibattito sul disegno di legge Zan: nessuno si fida di nessuno, ognuno attribuisce all’altro intenzioni diverse da quelle dichiarate e così il caos è diventato massimo. In questa cornice, l’ingresso in campo di Matteo Renzi si è trasformato – e non poteva che essere così – in un poderoso moltiplicatore di sospetti.

L’ex segretario del Pd, infatti, è intervenuto per lanciare un allarme che, sollevato da lui, è apparso quanto meno singolare: cerchiamo un compromesso con le forze di centrodestra – ha sostenuto – perché i voti per approvare il ddl Zan al Senato potrebbero non esserci. L’allarme sembra singolare per una doppia ragione: intanto perché, sulla carta, i voti per dare il via libera alla legge ci sono anche a Palazzo Madama (a condizione, naturalmente, che Italia Viva sostenga il provvedimento…) e poi in considerazione del fatto che alla Camera i deputati renziani hanno già compattamente votato sì al testo in discussione. Cos’è cambiato da allora? E perché Renzi avverte il centrosinistra del rischio di defezioni in caso di voto segreto al Senato? L’interpretazione che il Pd offre della mossa dell’ex premier è univoca e netta: vuole semplicemente affossare la legge, è un altro passo di avvicinamento al centrodestra (concetto che Massimo Cacciari, in una intervista a La Stampa, sintetizza più o meno così: Renzi non ci prova nemmeno più a sembrare un leader di sinistra). Ma anche Lega e Fratelli d’Italia sembrano prendere con le pinze la mossa renziana: che cosa ha in testa e dove vuole arrivare?

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Becciu, i fondi neri e le riforme di Bergoglio, ma in Vaticano non ci sarà una tangentopoli

martedì, Luglio 6th, 2021

GIANLUIGI NUZZI

In fondo, a pensarci bene, è tutta una questione di sorrisi. E di soldi. Il sorriso di Bergoglio non è così lontano da quello luminoso e disarmante di papa Albino Luciani. Anzi, proprio i loro sorrisi si stagliano nei corridoi dei sacri palazzi, irradiano luce nel buio, contagiano di forza e coraggio chi vuole cacciare i mercanti dal tempio. Se non ci fosse stato il primo, mai avremmo avuto il secondo: insieme hanno rotto l’incantesimo nero di una curia immutabile, sovrastante il pontificato stesso con i beni temporali ridotti a scempio di una fiducia tradita. Solo che Giovanni Paolo I sorrideva schiacciato in una mortale solitudine, amato sì da tutti ma solo fuori le mura leonine, lasciato lì ad affrontare Paul Casimir Marcinkus, la sua protervia, la sua ragnatela velenosa, armato solo con la Fede. «Non si amministra la Chiesa con le Ave Maria», gli urlava come una furia l’arcivescovo alla guida dello Ior dei Gelli, dei Calvi e dei Sindona. E proprio in quegli anni era appena nato in segreteria di stato un fondo occulto, che rappresenta oggi, in una clamorosa ruota del contrappasso, la cerniera simbolica tra i due pontificati.

Infatti, proprio questo fondo ancor più riservato e discreto dello Ior, venne creato per mettere al riparo il pontefice dal cataclisma Marcinkus, per tutelare le riserve dello Stato e i fondi riservati del papa dall’orda di quegli anni di bancarotte, assassini vestiti da suicidi e narcodollari che infestavano i forzieri vaticani.

Proprio da lì, ad esempio, erano partiti i 406 milioni di dollari destinati ai piccoli risparmiatori dell’Ambrosiano pur di chiudere quell’incubo. Era stato monsignor Gianfranco Piovano, diplomatico, a gestire l’invisibile struttura, facendola crescere anno dopo anno. E così quando nel 2009 Bertone lo sostituì con monsignor Alberto Perlasca, ormai quella creatura finanziaria aveva un portafoglio e un’autonomia impressionante, capace di raccogliere e coordinare parte delle contabilità parallele, dei fuori bilancio. La missione della sezione finanziaria era sfuggita di mano. Il papa non aveva più contezza di quanto accadeva in quegli uffici, imminente regno del sardo di Pattada, dell’abilissimo Angelo Becciu, divenuto sostituto – terza carica nello Stato – nel 2011. E se è vero che papa Francesco fin dai primi giorni di pontificato ha cercato di destrutturare la curia, da buon gesuita ha capito subito che quell’entità andava affrontata per ultima. Per non fallire, di perdere come purtroppo era accaduto a papa Luciani, morto anzitempo.

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Difficile privarsi di antichi privilegi

martedì, Luglio 6th, 2021

di   Dacia Maraini

La cronaca ci rammenta tutti i giorni che le donne sono prese di mira. Ieri due ragazze straniere sono state uccise da una mietitrebbiatrice, l’altro ieri una ragazza è stata strangolata dal fidanzato, qualche giorno fa una donna è stata ammazzata a colpi di accetta dal convivente, un mese fa una bambina è stata uccisa a pugni dal patrigno, e così via.

Possiamo parlare di un clima di intimidazione contro le donne? Un clima che nasce da un sentimento condiviso di insofferenza e rivalsa contro un mondo femminile in crescita sul piano dei diritti e dei poteri? Vorrei ricordare che ogni nuova conquista significa un attentato ad antichi privilegi. A voce sono tutti pronti a esaltare i diritti delle donne, ma quando si tratta in pratica e sul serio di rinunciare ad alcuni privilegi millenari, pochi sono pronti ad accettare le restrizioni. Per quanto inventori di una bellissima invenzione umana che è la democrazia e il consenso sui diritti umani, nessuno rinuncia facilmente a un privilegio che poi è un potere. Il potere per esempio di attingere a una tradizione di predominio; il potere di dare lavoro e stabilire stipendi; il potere di considerarsi più prestigiosi ed esperti in qualsiasi professione; il potere di disporre di una persona dedita gratuitamente ai lavori casalinghi e alla cura degli anziani e dei bambini; il potere di essere brutti e vecchi senza perdere in prestigio e credibilità; il potere di trovare sempre una donna più giovane da amare e possedere; il potere di parlare un linguaggio che dà il maschile come universale e il femminile come particolare .

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Le Immortali

martedì, Luglio 6th, 2021

di   Massimo Gramellini

Raffaella Carrà era tante cose, troppe per un articolo smilzo come questo. Ma per le generazioni cresciute con «Canzonissima» e «Milleluci» è stata anzitutto la scoperta dell’eros. Un eros bonario: intriso di mistero, ma privo di perversione. Quelle gonne lunghe, gettate via a metà del balletto per scoprire gambe che in tv sembravano infinite. Il caschetto biondo, dimenato davanti agli occhi come un sipario instabile. Il mantello stellato di Maga Maghella. Le braccia aperte in posture benedicenti da madonna. E naturalmente l’ombelico: il primo, il definitivo. La Carrà era la personificazione della femminilità e piaceva agli uomini, alle donne, ai gay e ai bambini, soprattutto agli orfani: in lei, che non aveva figli, vedevano un surrogato accogliente della madre. Quando lo raccontai in un libro, mi mandò un biglietto: «Le sere in cui eri piccolo e solo, avrei voluto uscire dal televisore per abbracciarti». E di sicuro lo avrebbe fatto, perché il suo talento era guardare la telecamera come se fosse sempre sul punto di attraversare lo schermo per venirsi a sedere sul divano accanto a ciascuno di noi. Senza carrambate, con la forza tranquilla della consuetudine.

Raramente la morte di un personaggio pubblico aveva prodotto una sensazione così lancinante di perdita e al tempo stesso di incredulità. Forse la Carrà ci è stata davvero seduta accanto per tutta la vita. E forse è ancora lì, con l’ombelico e il resto, perché le maghe come lei non muoiono fino a quando restiamo vivi noi.

CORRIERE,IT

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Covid in Gran Bretagna, stop alle restrizioni dal 19 luglio

martedì, Luglio 6th, 2021

di Luigi Ippolito

Covid in Gran Bretagna, stop alle restrizioni dal 19 luglio

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA — La Gran Bretagna si mette alle spalle l’emergenza Covid: il premier Boris Johnson ha annunciato la fine di tutte le restrizioni, con l’obiettivo di «restaurare le libertà del popolo».

La data del Freedom Day è il prossimo 19 luglio: da allora non sarà più obbligatorio l’uso della mascherina nei negozi e sui mezzi pubblici (all’aperto in Gran Bretagna non era stata mai imposta), sparirà la regola sul distanziamento sociale (il che vuol dire che pub e cinema potranno operare a capacità piena e le discoteche riapriranno), cadrà la raccomandazione di lavorare da casa, consentendo il ritorno negli uffici. I locali potranno riaprire senza limiti di persone ammesse.

Johnson ha sottolineato che il ripristino della normalità è dovuto al successo dei vaccini, che hanno spezzato il legame fra contagi e mortalità: ma allo stesso tempo ammonirà che la pandemia non è finita e che i casi potrebbero continuare a salire, anche se è venuto il momento di «imparare a convivere con questo virus», più o meno come si fa con l’influenza. «Non sarà certamente finita per il 19 luglio», ha riconosciuto, ma ha aggiunto che «dobbiamo essere onesti con noi stessi: se non possiamo riaprire la società nelle prossime settimane, quando saremo in grado di tornare alla normalità?».

Il premier britannico ha invitato le persone a prepararsi a un aumento del numero dei morti da Covid. «È diventato sempre più chiaro che questi vaccini sono davvero un successo, con la maggior parte dei ricoverati in ospedale che sono non vaccinati». Per questo motivo, la finestra tra la prima e la seconda dose diminuirà: passerà da 12 a 8 settimane per chi ha meno di 40 anni. E ha ammesso che i casi potrebbero arrivare a 50 mila al giorno, ad andare al 19 luglio, la data scelta per la riapertura totale e la fine delle restrizioni.

D’ora in poi, più che basarsi sui divieti, il governo britannico farà appello al «buon senso» e al giudizio personale: e già è partito il dibattito fra chi dice che continuerà a usare le mascherine e chi invece non vede l’ora di cestinarle.

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Raffaella Carrà, il cordoglio del mondo dello spettacolo e della politica

martedì, Luglio 6th, 2021
Raffaella Carrà, il cordoglio online del mondo dei vip

Non era solo una icona della tv ma anche della società: la morte di Raffaella Carrà ha colpito sia il mondo dello spettacolo che quello della politica. Tanti i messaggi di cordoglio per la scomparsa di quella che è definita all’unanimità come la regina del piccolo schermo.

Franceschini: “Addio alla signora della tv italiana” – “Con la scomparsa di Raffaella Carrà se ne va la Signora della televisione italiana. Una donna di grande talento, passione e umanità che ci ha accompagnato per tutta la vita. Addio Raffaella”. Questo il commento del ministro della Cultura Dario Franceschini dopo aver appreso della notizia della scomparsa di Raffaella Carrà.

Mattarella: “Artista popolare, amata e apprezzata” – Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è detto “profondamente colpito dalla scomparsa di Raffaella Carrà, un’artista popolare, amata e apprezzata da diverse e numerose generazioni di telespettatori in Italia e all’estero”. “Volto televisivo per eccellenza, Raffaella Carrà ha trasmesso con la sua bravura e la sua simpatia un messaggio di eleganza, gentilezza e ottimismo”, ha sottolineato il Capo dello Stato.

Draghi: “Decisiva nel diffondere la cultura dello spettacolo” – Anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha appreso con “profonda tristezza della scomparsa di Raffaella Carrà. Con il suo talento e la sua professionalità ha avuto un ruolo decisivo nel diffondere la cultura dello spettacolo in Italia. La sua risata e la sua generosità hanno accompagnato generazioni di italiani e portato il nome dell`Italia nel mondo. Agli amici e ai nipoti vanno le più sentite condoglianze di tutto il governo”.

Il premier spagnolo Sanchez: “Ci ha riempito l’anima”

 “Raffaella Carrà è stata una donna che ha ispirato a varie generazioni felicità, coraggio e
impegno. La sua musica ci ha rallegrato il cuore, il suo spirito libero ci ha riempito l’anima”. A scriverlo su Twitter è il premier spagnolo Pedro Sanchez. “Riposa in pace, cara Raffaella”, aggiunge Sanchez.

Pippo Baudo: “Era l’ultima vera soubrette” – Anche Pippo Baudo ha espresso il suo dolore per la perdita della “regina della televisione” italiana. “Sono immensamente scosso. Raffaella Carrà è stata un’artista eccezionale, un’autodidatta straordinaria, io la conosco dagli inizi della sua carriera”, ha raccontato in lacrime. “Io non sono riuscito mai a fare un programma con lei, era l’unico rimprovero che le facevo sempre, è il mio grandissimo rimpianto. Aveva studiato ballo, era diventata anche una grande ballerina. Quando fece coppia con Mina, c’era un’asimmetria notevole tra le due, perché Mina è più alta di lei, eppure lei annullava questa asimmetria. E poi, è una delle poche soubrette italiane, forse l’unica, che ha avuto successo nei Paesi ispanici”.

Enzo Paolo Turchi: “Era la numero uno al mondo” – “Sono a pezzi, mi dispiace… Ci siamo conosciuti giovanissimi”. Tra i singhiozzi, Enzo Paolo Turchi ricorda Raffaella Carrà. “L’ho sentita poco tempo fa, non mi ha detto niente della malattia”, aggiunge il ballerino e coreografo, protagonista con la Raffa nazionale del mitico tuca tuca. “Era la numero uno nel mondo,  come persona, come donna. Ho ricordi stupendi con lei. Mi ricordo una volta, eravamo in Spagna per uno spettacolo: c’era un traffico incredibile, la piazza era piena… Eravamo in macchina… Raffaella ha fermato un signore in vespetta, gli ha chiesto un passaggio ed e’ andata con lui. E’ salita sul palco, c’erano diecimila persone ad aspettarla. E’ stata una grande donna”. 

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Covid, la curva dei contagi torna a salire in Italia e in altri 9 Paesi europei

martedì, Luglio 6th, 2021

La curva dei contagi di Covid torna a salire in Italia e in altri 9 Paesi europei. L’aumento, che nella maggior parte dei casi è di tipo lineare e che nel nostro Paese ha cominciato a dare alcuni segnali negli ultimi cinque giorni, è probabilmente dovuto alla circolazione della variante Delta, che ovunque si prepara a prendere il sopravvento sulla variante Alfa, attualmente la più diffusa. Per capire se la tendenza sarà confermata, si dovranno aspettare i dati di questa settimana.

“Saranno utili per capire se si tratta degli aumenti osservati da tre settimane in decine di province italiane, che si sono rivelati transitori e tipici di focolai circoscritti, o se invece si tratta di una vera e propria ripresa della diffusione non circoscritta”, ha spiegato Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio  Nazionale delle Ricerche. Sorvegliate speciali sono cinque province che negli ultimi sette giorni “mostrano un trend di crescita lineare dell’incidenza, con consistenti valori medi del tasso di aumento settimanale”, ha proseguito il matematico riferendosi alle province di Napoli, Lodi, Verona, Caltanissetta, e Ascoli Piceno.

La situazione in Europa

In Europa i casi di Covid sono aumentati più del previsto in Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Norvegia, Portogallo, Regno Unito e Spagna, mentre per i decessi la variazione rispetto alle attese è molto più contenuta. In particolare, secondo le stime del centro previsionale Covid dell’Ecdc, tra il 26 giugno e il 3 luglio in Spagna avrebbero dovuto esserci 21.743 casi, invece ce ne sono stati oltre il doppio, 51.405. In Italia, 5.222 invece di 3.909. In Belgio, le previsioni dell’Ecdc davano per la stessa settimana 1.960 nuovi casi, ce ne sono stati oltre 4mila.

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E’ morta Raffaella Carrà, simbolo dell’Italia e del Tuca Tuca

lunedì, Luglio 5th, 2021

ALESSANDRA COMAZZI

Che cosa dovrebbe fare una ragazza che voglia diventare conduttrice? Studiare da Raffaella Carrà. Più moderna lei, che se n’è andata oggi, lunedì 5 luglio, a 78 anni, di un intero manipolo di ragazzotte con le tette al vento; in grado di rivendicare la propria femminilità ancora ai tempi di «Carràmba che fortuna», facendosi circondare da quaranta bei ragazzi («sono tutti alti due metri, che Dio li benedica», diceva) in modo che anche le spettatrici potessero lustrarsi gli occhi. Carrà nei secoli fedele a se stessa, che canta «Com’è bello far l’amore da Trieste in giù… Tanti auguri, vruum», rigenerante. Provocante. Icona di Paola Sorrentino. Raffa. Mitica Raffa.  L’esordio cinematografico di Raffaella Carrà: aveva solo 8 anni

Nata a Bellaria, romagnolissima, e nata Pelloni, come il Passator Cortese, il bandito alla Robin Hood che rubava ai ricchi per dare ai poveri, del quale si dice sia discendente. Diplomata al Centro sperimentale di cinematografia, comincia la sua carriera proprio al cinema, giovane giovane. E nel 1961 debutta anche in tv, dove comincia a farsi conoscere nel 1969 con «Io, Agata e tu», uno show con Nino Taranto e Nino Ferrer. Lei ha un ruolo piccolo, balla soltanto, ma colpisce il pubblico, pure con il caschetto color platino realizzato dai parrucchieri Vergottini, le tute luccicanti che paiono rubate a Barbarella. Nel 1970 presenta accanto a Corrado la sua prima «Canzonissima», conquista l’Italia, e il mercato discografico, con la sigla «Ma che musica, maestro» e con il «Tuca tuca». Indossa un giacchino corto e un paio di pantaloni aderenti a vita bassa, il completo le lascia scoperto l’ombelico: sarà il primo ombelico scoperto della storia della televisione italiana, se ne occuperà persino il Consiglio di amministrazione della Rai, che alla fine approverà. 

Addio, Raffaella: icona di stile, anticonformista e rivoluzionaria della televisione italiana

Quando la tv in bianco e nero passa ai colori, lei c’è, insieme a Mina (Milleluci). Quando si comincia a far partecipare il pubblico da casa, lei c’è («Pronto, Raffaella», trasmissione del mezzogiorno divenuta famosa per i fagioli: bisognava indovinare il numero di quelli contenuti in un vaso). Quando c’è da passare alla Fininvest di Berlusconi, che aveva in mente di fare una grande Rai, lei passa. Quando c’è da emigrare, lei emigra, in Spagna. Quando c’è da tornare, torna. Quando c’è da inventare un reality prima del reality, storie che si narrano e si sviluppano davanti alle telecamere, lei c’è: con «Carràmba che sorpresa», programma dedicato ai ricongiungimenti, lacrime, retorica e successo. «Carràmba» e «carrambata» diventano parole d’uso comune nella lingua colloquiale italiana.

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Covid in Gran Bretagna, oggi l’annuncio dello stop alle restrizioni dal 19 luglio

lunedì, Luglio 5th, 2021

di Luigi Ippolito

Covid in Gran Bretagna, oggi l'annuncio dello stop alle restrizioni dal 19 luglio

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA — La Gran Bretagna si mette alle spalle l’emergenza Covid: oggi pomeriggio Boris Johnson annuncia la fine di tutte le restrizioni, con l’obiettivo di «restaurare le libertà del popolo».

La data del Freedom Day è il prossimo 19 luglio: da allora non sarà più obbligatorio l’uso della mascherina nei negozi e sui mezzi pubblici (all’aperto in Gran Bretagna non era stata mai imposta), sparirà la regola sul distanziamento sociale (il che vuol dire che pub e cinema potranno operare a capacità piena e le discoteche riapriranno), cadrà la raccomandazione di lavorare da casa, consentendo il ritorno negli uffici.

Johnson sottolineerà che il ripristino della normalità è dovuto al successo dei vaccini, che hanno spezzato il legame fra contagi e mortalità: ma allo stesso tempo ammonirà che la pandemia non è finita e che i casi potrebbero continuare a salire, anche se è venuto il momento di «imparare a convivere con questo virus», più o meno come si fa con l’influenza.

Ma d’ora in poi, più che basarsi sui divieti, il governo britannico farà appello al «buon senso» e al giudizio personale: e già è partito il dibattito fra chi dice che continuerà a usare le mascherine e chi invece non vede l’ora di cestinarle.

Le protezioni personali resteranno in uso solo negli ospedali e nei presidi sanitari, ma potrebbero essere incoraggiate sulla metropolitana di Londra (anche se su base volontaria).

Il consiglio ufficiale del governo a «lavorare da casa quando possibile» verrà abolito, anche se non ci sarà l’ordine di tornare tutti in ufficio: la cosa verrà lasciata a discrezione delle singole aziende e si prevede che nella maggior parte dei casi prevarrà un modello «ibrido».

I mitici pub inglesi torneranno alla loro atmosfera normale: dall’inizio della pandemia era stato vietato ordinare al bancone e bisognava farsi servire al tavolo. Fra due settimane ci si potrà di nuovo accalcare attorno a una pinta di birra.

La Gran Bretagna è così il primo grande Paese al mondo a mettersi alle spalle la pandemia, nonostante il recente balzo dei contagi dovuto alla variante Delta. Ma ormai i due terzi della popolazione adulta è completamente immunizzato e l’86 per cento ha ricevuto almeno una dose di vaccino (e soprattutto gli anziani e vulnerabili sono pressoché interamente protetti): questo ha fatto sì che la variante non avesse un impatto significativo sui ricoveri in ospedale e soprattutto sui decessi.

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