Sulla riforma della giustizia il M5s vuole la trattativa, ma fa
capire che è pronto anche allo scontro, se serve. Con 917 emendamenti
presentati in commissione Giustizia alla Camera, la maggior parte dei
quali dedicati alla prescrizione, il messaggio lanciato alla
Guardasigilli, Marta Cartabia, ma soprattutto al premier, Mario Draghi, è
inequivocabile.
Nonostante le rassicurazioni del leader in pectore, Giuseppe Conte,
che lunedì mattina a Palazzo Chigi aveva garantito «il contributo e
l’atteggiamento positivo» del suo gruppo nel colloquio con il suo
successore. II «cavillo», spiegano in ambienti pentastellati, sta nel
prosieguo della frase pronunciata dal futuro presidente pentastellato:
«Saremo molto vigili nello scongiurare che si creino soglie di
impunità».
Il nodo è tutto lì. Perché, ribadisce l’ex avvocato del popolo dopo
la valanga di emendamenti depositati dai Cinquestelle, «il nostro
obiettivo offrire una risposta che sia efficace, equa e nell’interesse
dei cittadini». A dar manforte alle argomentazioni del M5s arrivano le
critiche di pesi massimi della magistratum italiana, come il procuratore
nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, che non
è convinto dalla «improcedibilità», perché «non corrisponde alle
esigenze di giustizia» e «riguarda tutti i processi», compresi quelli
per «reati gravissimi», come mafia, terrorismo e corruzione, con
«conseguenze molto gravi nel contrasto alle mafie, al terrorismo e alle
altre illegalità». Non è il solo a nutrire dubbi, visto che in audizione
davanti alla commissione Giustizia della Camera pure il procuratore
capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, spiega che a suo modo di vedere la
riforma va cambiata.
Tutti tasselli di uno stesso mosaico, che giorno dopo giorno mostra
l’immagine di un percorso parlamentare molto meno rapido di quanto spera
il governo. Anche perché gli emendamenti totali sono 1.631, anche per
mano degli ex M5s oggi nel gruppo di L’Alternativa c’è, che ne
depositano ben 403, mentre Forza Italia 120. Sono 65 anche quelli di
Italia viva, mentre FdI ne ha 39, il Pd 21, Radicali-PiùEuropa 19, la
Lega 12, Liberi e uguali 7, venti dal gruppo Misto, 5 da Noi con
l’Italia-Rinascimento Adc e 3 da FacciamoEco. I rffiettori, però,
restano puntati sui 5 Stelle.
Mentre la ministra Cartabia, da Napoli, continua a difendere i
principi della sua riforma: «Le forze politiche spingono in direzioni
diametralmente opposte, ma deve essere fatta perché lo status quo non
può rimanere tale». Il concetto è semplice: «Ogni processo che non
arriva a sentenza definitiva è una sconfitta», ma soprattutto sul Pnrr
«siamo di fronte a un’occasione unica, non perdiamo il treno del
Recovery che sta passando, non facciamoci intrappolare in quello che è
accaduto da decenni sulla giustizia italiana, per cui il punto di vista
dei procuratori diverso da quello degli organi giudicanti,
dell’avvocatura diverso dalla Corte d’Appello, che hanno imprigionato
tune le riforme della giustizia in forze centrifughe che paralizzano».