Archive for Luglio, 2021

Libero De Rienzo, il ricordo di Emanuele Trevi: «Picchio, contenevi oceani di dolcezza e disperazione»

venerdì, Luglio 16th, 2021

di Emanuele Trevi

Le parole dello scrittore in memoria dell’attore, scomparso a 44 anni: «Un anno della sua vita equivaleva a dieci dei nostri»

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La morte di Libero De Rienzo, il nostro amatissimo Picchio, non lascia solo un enorme e irrimediabile vuoto nel cinema italiano. Certamente, sarà ricordato come un talento di prim’ordine, protagonista di molti tra i film più memorabili degli ultimi vent’anni, ma la pratica di qualsiasi arte ci insegna che la macchina delle illusioni va sempre avanti, e che per lei siamo tutti sostituibili. Il fatto è che Picchio era davvero una persona speciale, capace di contenere in sé oceani di dolcezza e disperazione talmente vasti che tutti noi che lo conoscevamo bene prima o poi ci rendevamo conto che un anno della sua vita equivaleva a dieci dei nostri. Questo aspetto decisamente romantico del suo carattere dapprima affascinava, poi finiva anche per preoccupare, e a volte suscitare addirittura rabbia, perché sempre pretendiamo dalle persone importanti per noi dosi di autoconservazione capaci di rassicurarci.

Fatto sta che non conosco una persona capace più di lui di trasformare i rapporti professionali in legami umani profondissimi, e duraturi nel tempo. Il suo primo successo arrivò nel 2001 con Santa Maradona di Marco Ponti, ma io lo ricordo da prima, addirittura da quando era ancora uno studente di liceo, bellissimo e sfrontato, dotato di un senso dell’umorismo capace di rovesciare a terra ogni forma di inautenticità e luogo comune, fosse pure virtuoso. Non nutriva nessun bisogno o desiderio di studiare, ma adorava leggere, e la scoperta dei romanzi di Thomas Bernhard lo aveva letteralmente fulminato come una rivelazione e una bussola fondamentale nella sua ricerca di verità.

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Chi non si vaccina e perché? Resistono prof, sanitari e over 60

venerdì, Luglio 16th, 2021

di RAFFALE MARMO

Non siamo un Paese di no vax dichiarati. Ma non per questo possiamo stare al sicuro e al riparo dal rischio di una drastica frenata della campagna di immunizzazione di massa. Tra rifiuti espliciti, tendenze contrarie sotterranee, rilassamenti superficiali post fase acuta della pandemia, stiamo assistendo a una serie di fenomeni tutti convergenti verso il rallentamento delle prenotazioni e verso la comparsa di sacche di resistenza alla vaccinazione, a cominciare dagli operatori sanitari (circa 46 mila) e dagli insegnanti (oltre 215 mila). E tra i sanitari non vaccinati fa notizia la sospensione dei 177 gli operatori sanitari residenti in provincia di Pordenone che non hanno adempiuto all’obbligo vaccinale. Tra questi 46 infermieri.

Gli ultimi numeri della Fondazione Gimbe, del resto, sono impietosi. “A fronte dell’avanzata della variante Delta – osservano i ricercatori guidati da Nino Cartabellotta – preoccupano la persistente esitazione vaccinale di oltre 2,2 milioni di over 60, la carenza di dosi che impone alle regioni continui stop & go delle agende e il drastico calo delle prime somministrazioni”. Solo queste ultime in un mese sono crollate a picco del 73 per cento.

Ma chi sono coloro che ancora rifiutano il vaccino? In quali fasce di età si collocano quelli più in pericolo di ospedalizzazione in caso di contagio? Quali sono le categorie per le quali il mancato vaccino comporta conseguenze più gravi per sé o per la comunità?

Partendo dalla fine, i due ambiti professionali che più hanno impatto nel caso di mancate vaccinazioni sono quello degli operatori sanitari e quello degli operatori scolastici.

Ebbene, per medici e infermieri, sebbene sia prevista (e attuata) la sospensione ex lege dall’attività professionale come stabilito dal decreto legge 44 del 1° aprile scorso in caso di mancata vaccinazione, i dati delle scorse settimane segnalano il persistere di uno zoccolo duro di sanitari ancora non vaccinati: in tutto 45.753, pari al 2,36% del totale dei 1.941.805 operatori target. Ma rispetto a questo dato nazionale ci sono però realtà dove la percentuale dei no vax tra le fila degli operatori della sanità supera il 10% come nel caso del Friuli Venezia Giulia (11,9% che non ha ancora ricevuto la prima dose) e della provincia di Trento (11.03%).

Preoccupante anche il caso dell’Emilia Romagna dove solo qualche settimana fa risultavano non vaccinati 14.390 operatori pari al 7,87% del totale della dotazione regionale del personale del settore.

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“Non è un clima adatto all’uomo”. Il meteorologo: la Terra ha la febbre

venerdì, Luglio 16th, 2021

di VIVIANA PONCHIA

La Germania devastata dall’acqua. Animali marini cotti in acqua nel Canada avvolto da una cappa di caldo mediorientale. La sabbia del deserto sulle nostre città. E martedì, a Torino, un nubifragio come non si vedeva dall’Antico Testamento. Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana e divulgatore scientifico, è nemico della retorica apocalittica. La mette così: “La casa brucia, tu ti sgoli per dare l’allarme e la famigliola in tinello che guarda gli Europei ti dice di stare zitto che disturbi”.

Maltempo, non solo Germania: città inondate anche in Belgio e Olanda

È da parecchio tempo che lei si sgola. E la febbre sale. La malattia peggiora. Cinquanta gradi a Vancouver le hanno fatto impressione?
“Me li aspettavo. Però fra vent’anni, non adesso. Penso al Canada ma anche alla Norvegia con i 34 gradi a Capo Nord, ai 44 della Sicilia in una sequenza non banale. E guardando all’altro ieri: la grave siccità del 2017, la tempesta che a fine 2018 ha tirato giù tutti gli alberi in Alto Adige, l’alluvione dello scorso 3 ottobre in Piemonte dove ci sono ancora paesi isolati. La malattia per fortuna non è ancora in fase terminale. Ma a questo punto non si può più guarire. E non esiste un vaccino. Gli eventi estremi sono diventati la norma. Ne contavamo uno all’anno. Nelle ultime due settimane non siamo riusciti a stare dietro alla cronaca. Paghiamo 40 anni di mancata prevenzione”. 

Perché cadono piogge così violente e sempre più frequenti

L’ex presidente del Venezuela Hugo Chavez diceva che se il clima fosse una banca i Paesi ricchi l’avrebbero già salvato. Davvero è solo una questione di soldi?
“In parte sì. Gli Stati Uniti sborsano 753 miliardi di dollari all’anno in spese militari: pensi a quanti pannelli solari si tirerebbero fuori. La transizione ecologica sembra insostenibile solo a chi non la vede come priorità. E si tratta della più grande sfida che l’umanità ha davanti a sé, altro che pandemia”.

Se fuori ci sono 40 gradi e accendo l’aria condizionata devo sentirmi in colpa?
“La accendo anche io, è sopravvivenza. Prima del 2003 la Pianura Padana non aveva mai raggiunto queste temperature. Con un grado di surriscaldamento è come se la Terra avesse 38 di febbre. A breve arriverà a 39. Se si raggiungessero i 5 gradi di surriscaldamento la situazione diventerebbe irrecuperabile. Andiamo incontro a un clima mai sperimentato prima dall’uomo, con le stesse condizioni vissute dal pianeta 3 milioni di anni fa. Il livello dei mari è destinato ad alzarsi di 25 metri”.

Addio Venezia.
“Ogni nazione avrà il suo conto da pagare e alcune spariranno come cinque atolli corallini che sono stati sovrani. Quando si fanno le grandi conferenza sul clima i leader di quei Paesi per provocazione convocano le riunioni sott’acqua con le bombole”.

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Certificato vaccinale o tampone? L’ultima beffa per le famiglie. Con il Covid siamo allo stato di Orwell

venerdì, Luglio 16th, 2021

Alberto Di Majo

«Troveremo una via italiana». La frase sibillina di alcuni ministri non è rassicurante per le famiglie italiane in vacanza o in partenza. Il contesto è complicato: i contagi aumentano, a causa della variante delta del Covid, e mezza Europa corre ai ripari. Francia, Grecia e Austria hanno varato un pacchetto di regole che permettono soltanto a chi ha fatto il vaccino (e dunque ha il green pass) o a chi è negativo al tampone di frequentare ristoranti e discoteche, di andare a sentire un concerto o di usare i trasporti pubblici per lunghe percorrenze. Il governo italiano ci sta pensando.

Nel frattempo, com’era prevedibile, tanti virologi chiedono a gran voce di seguire l’esempio di Macron. Prevedono un’impennata di contagi e il rischio di riempire di nuovo gli ospedali. Ci sono anche quelli che, travolti dal terrorismo sul contagio, vorrebbero rinforzare i controlli perché, difficilmente, sostengono, un barista impedirebbe l’ingresso nel suo locale a un cliente sprovvisto di certificato vaccinale. Manca soltanto la «psicopolizia» di Orwell per punire chi s’illudesse ancora di essere libero. Eppure, ancorandosi ai dati degli ultimi giorni, si nota che l’aumento esponenziale di contagi non è proporzionale agli ingressi in ospedale. Tutt’altro. A cominciare dalla Gran Bretagna e dal Portogallo che hanno avuto un’impennata di casi ma non di ricoveri

Il premier Draghi non ha ancora deciso cosa fare anche se i partiti sono divisi, come gli stessi presidenti delle Regioni. L’obiettivo di Palazzo Chigi è evitare di far scoppiare il panico, insieme a un domino che colpirebbe inesorabilmente le attività economiche che si stanno faticosamente risollevando dopo un anno e mezzo di sacrifici e piccoli risarcimenti.

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Alitalia smette di volare il 14 ottobre. Ok di Bruxelles a Italia Trasporto Aereo

venerdì, Luglio 16th, 2021

di Leonard Berberi

Alitalia smette di volare il 14 ottobre. Ok di Bruxelles a Italia Trasporto Aereo

Italia Trasporto Aereo, la nuova compagnia pubblica creata per rilanciare Alitalia, decollerà il 15 ottobre. Il giorno prima sarà anche l’ultimo giorno di vita di Alitalia, vettore in amministrazione straordinaria dal 2 maggio 2017. Il ministero dell’Economia – azionista di ITA — conferma in una nota che si è conclusa positivamente la discussione con la Commissione europea sulla costituzione della newco. La nuova società sarà operativa a partire «dal prossimo 15 ottobre, data in cui è previsto il decollo dei primi voli». Si chiude così dopo sette mesi il confronto serrato — non senza battute d’arresto e frizioni — tra gli uffici della commissaria europea alla Concorrenza Margrethe Vestager e il governo italiano. Anche se ora Bruxelles vigilerà sul rispetto degli accordi.

L’annuncio

«La discussione con la Commissione Europea», scrive il Tesoro, «ha consentito di giungere a una soluzione costruttiva ed equilibrata, che garantisce la discontinuità necessaria al rispetto della normativa europea. L’esito positivo dell’interlocuzione con la Commissione consente di avviare le procedure relative all’aumento di capitale di ITA e crea le condizioni per la firma del Memorandum d’intesa per il passaggio di determinate attività da Alitali a ITA». I prossimi passaggi infatti prevedono una prima iniezione di liquidità nella newco di 700 milioni di euro per il 2021, 400 milioni per il 2022 e 250 milioni per il 2023. Con il primo versamento Italia Trasporto Aereo potrà comprare con trattativa privata il ramo aviation di Alitalia e partecipare ai bandi di gara per il marchio, l’handling e la manutenzione.

Il personale

In cambio ITA dovrà cedere una parte degli slot a Milano Linate, Roma Fiumicino e in altri aeroporti europei. Quanto al capitolo che riguarda Alitalia è il ministero dello Sviluppo economico (titolare dell’amministrazione straordinaria) a pronunciarsi. «Il Mise continuerà ad assicurare il massimo impegno per assecondare la nascita di ITA nei tempi previsti — spiega in una nota —. Il periodo di transizione sarà accompagnato attraverso una corretta vigilanza sull’amministrazione straordinaria di Alitalia che si farà carico delle ricadute sociali insieme con il ministro del Lavoro attivando tutte le tutele consentite per accompagnare i lavoratori che non troveranno posto nella newco verso nuove prospettive. La cessazione Alitalia è prevista per il prossimo 15 ottobre. Gli acquirenti di biglietti per voli successivi a questa data saranno tutelati». Il dicastero spiega anche cosa sarà dei dipendenti. «I lavoratori di Alitalia che potrebbero essere assunti nella nuova compagnia sono 2.800 nel 2021 (per buona parte piloti e assistenti di volo, ndr) e 5.750 nel 2022». Si tratterebbe quindi di 8.550 persone contro le attuali 10 mila in capo alla vecchia azienda. Da Bruxelles

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Il richiamo di Draghi all’unità dei partiti per spingere le riforme

venerdì, Luglio 16th, 2021

di Francesco Verderami

Il premier ripete che «l’unità è un forte valore aggiunto in questa fase decisiva per il futuro del Paese»: vuole richiamare i partiti di maggioranza al patto sottoscritto quando è nato il governo. Ma le fibrillazioni rischiano di far saltare i tempi

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Se Draghi sente la necessità di ripetere che «l’unità è un forte valore aggiunto in questa fase decisiva per il futuro del Paese», è perché vuole richiamare i partiti di maggioranza al patto sottoscritto quando è nato il governo. Una sorta di «post it», utile ad evitare che le fibrillazioni degli ultimi giorni diventino un andazzo quotidiano e rallentino il timing delle riforme che «vanno varate nei tempi già stabiliti». È un messaggio erga omnes, ma è chiaro chi sia il principale destinatario e il motivo dell’appello: il Movimento, e i suoi contorcimenti sulla giustizia.

Racconta un ministro che l’esecutivo si era fatto carico di venire incontro ai grillini, se è vero che «la Cartabia avrebbe voluto proporre un proprio e innovativo impianto di riforma, e invece per ragioni di equilibrio ha dovuto aggiustare ciò che c’era». «E Draghi — aggiunge un altro rappresentante del governo — dopo l’ultima mediazione in Consiglio ha spiegato che non avrebbe consentito ai partiti di snaturare l’impianto della legge». Sono queste le colonne d’Ercole poste dal premier. La sua visita a Santa Maria Capua Vetere con la Guardasigilli non aveva solo un valore simbolico: era un atto dovuto dello Stato dopo i pestaggi avvenuti nel carcere campano, quando l’esecutivo era retto da Conte e Bonafede era titolare della Giustizia.

L’incontro tra il prossimo leader M5S e Draghi è atteso con preoccupazione della delegazione ministeriale grillina. Il timore è che se l’avvocato del popolo provasse ad attaccare sulla giustizia, finirebbe per schiantarsi e per affondare anche il Movimento. Non solo perderebbe l’appoggio della compagine di governo, dove è segnalata «una buona intesa» il premier e Patuanelli. Il rischio maggiore è che in tal caso, per la prima volta nella storia repubblicana, il partito di maggioranza relativa potrebbe misurare la sua irrilevanza in Parlamento. Non a caso Salvini dice che «su giustizia, fisco e altri temi c’è ormai un rapporto di forza diverso alle Camere». E c’è un motivo se ieri persino Zingaretti ha mandato un messaggio a Conte, avvisando che «l’obiettivo strategico non può essere indebolire il governo». L’ex leader dem comprende che una mossa sbagliata avrebbe ripercussioni sul suo stesso partito, dove si rafforza la tesi che «si lavora meglio con la Lega». Salterebbe il banco, certo non Palazzo Chigi. Allora si capisce perché Draghi confidi che il Pd diventi un attore più stabilizzante del governo. Come a dire che non lo è del tutto.

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Covid e certificato verde: più severi per essere più liberi

venerdì, Luglio 16th, 2021

di   Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini |

Spinto dalla fulminea e insidiosa variante Delta, il virus accelera la sua corsa e il numero dei contagi aumenta. I reparti ospedalieri e le terapie intensive sono ancora abbondantemente sotto la soglia di allarme, ma la campagna vaccinale registra la stanchezza degli italiani e la frenata delle prime dosi. Una situazione che costringe il governo a intervenire con nuove misure.

In piena estate, tempo per molti di partire per le vacanze tanto attese dopo i lunghi mesi di «clausura» imposti dalla pandemia, è per tutti uno choc trovarsi di fronte al tema che riempie in questi giorni le cronache politiche: l’uso del green pass
e il «modello Macron», che obbliga il personale sanitario a vaccinarsi e consente l’accesso a bar, ristoranti, eventi, centri commerciali, treni e aerei solo con il certificato verde alla mano. La prova di essersi sottoposti a due dosi di vaccino, essere guarito dal Covid o aver fatto un tampone risultato negativo.

Il documento di immunità appare però l’unica soluzione per non dover interrompere la socialità appena ritrovata e per contribuire alla ripartenza sociale ed economica del Paese. Ferma restando la possibilità, per chi non intende immunizzarsi ma non vuole rinunciare alla vita normale, di sottoporsi a un tampone molecolare, antigenico o salivare come prevede la norma già in vigore.

Rendere obbligatorio il vaccino per tutti gli italiani non è una via che il governo di Mario Draghi intende percorrere, ma una strada per ostacolare la cavalcata della variante Delta va trovata. E bisogna farlo in fretta, per garantire ai ragazzi di tornare in classe a settembre e soprattutto per scongiurare il rischio di nuove chiusure delle attività. Perché è vero che la maggior parte dei contagi non si trasforma in ricoveri ma, come dimostra il caso inglese, più positivi permettono al virus di mutare e di diventare anche più pericoloso.

In attesa che il premier si confronti con gli scienziati e con la cabina di regia politica per decidere quanto «bianca» sarà la nostra estate, i ministri parlano di «linea italiana», per dire che la soluzione di palazzo Chigi non sarà estrema come quella francese. Salvini ha annunciato le barricate e in un governo di unità nazionale è inevitabile tener conto del parere di tutti i partiti. Ma la clessidra è agli sgoccioli e il green pass è necessario perché siamo ancora nel pieno di una pandemia che ha ucciso solo in Italia 128 mila persone.

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Orlando: “Ora basta delocalizzazioni sanzioni alle multinazionali in fuga”

venerdì, Luglio 16th, 2021

PAOLO BARONI

ROMA. Sullo sblocco dei licenziamenti «non si torna indietro, semmai bisognerà fare attenzione a quello che succederà a ottobre ed arrivarci pronti avendo già definito i nuovi ammortizzatori sociali anche per le piccole imprese», sostiene il ministro del Lavoro. Quanto alla fuga delle multinazionale Andrea Orlando vuol proporre al ministro dello Sviluppo di inasprire le sanzioni per chi non rispetta gli accordi. Ma poi servirà avviare un tavolo sull’automotive, perché le crisi di Gianetti e Gkn «sono dei campanelli d’allarme». Intanto con le misure che ha portato ieri in Consiglio dei ministri si da più tempo a Embraco e all’ex Ilva per risolvere i loro problemi.

A che servono queste misure?
«Per Embraco si tratta di non abbandonare la speranza di produrre un processo di reindustrilizzazione, che presenta dei problemi, anche perché nel frattempo ha trovato l’ostacolo del Covid. E visto che ci sono ancora degli spazi, d’intesa col ministro Giorgetti si è deciso di consentire al curatore fallimentare di accedere con più facilità e meno oneri alla cassa per cessazione in modo di avere una ulteriore finestra. Però bisogna dire con molta chiarezza, a tutti, che in questo caso specifico si tratta davvero dell’ultimo giro. Dopo è difficile immaginare altri strumenti di intervento e quindi questi mesi sono cruciali, e viste anche le polemiche sollevate dalla Regione, credo che questo tempo vada impiegato da tutti nel far partire davvero un processo di reindustrializzazione.

E l’ex Ilva?
«Qui scontiamo l’incertezza nel realizzare il piano ambientale e il contenzioso che era aperto sino a poco tempo fa, cosa che non consente ancora di cogliere le opportunità che il mercato offre. In questa situazione, per i presupposti di legge, non era possibile utilizzare la cassa ordinaria e quindi si è deciso di estendere all’ex Ilva le 13 settimane già previste dal precedente decreto modificando i requisiti. Anche questo però deve essere un tempo nel corso del quale il soggetto pubblico deve completare il percorso di riassetto della governance, mentre l’amministratore delegato deve ritarare la richiesta degli ammortizzatori sociali, in relazione alla realizzazione del piano industriale, richiesta che a nostro avviso è certamente incongrua. Mentre il tavolo di confronto deve aiutare a trovare delle soluzioni e per questo ho ritenuto utile proporre che ci fosse anche il ministro della Transizione ecologica, perché penso che sia un interlocutore fondamentale per gestire i prossimi passaggi».

Gianetti, Gkn, Whirlpool: cosa si può fare per frenare la fuga delle multinazionali?
«Le soluzioni, rispetto a soggetti che hanno una dimensione sovranazionale, vanno cercate sia a livello nazionale sia livello europeo. Non basta la dimensione nazionale. Da un lato è importante limitare con un salario minimo europeo il dumping salariale, che alcuni paesi dell’Unione europea applicano, e dall’altro bisogna utilizzare questa ondata di finanziamenti che avremo col Recovery plan per responsabilizzare di più le imprese e legarle con più forza al paese nel quale operano e dal quale ricevono sussidi, e tutti gli strumenti che vanno in questa direzione vanno utilizzati. Per questo proporrò al ministro Giorgetti di confrontarci per rafforzare questo tipo di misure che già esistono ma che oggi, evidentemente, non sono sufficienti ed incisive. Però c’è un altro tema da mettere a fuoco…»

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Covid, se la curva del virus non frena mezza Italia finirà in zona gialla

venerdì, Luglio 16th, 2021

Paolo Russo

«Iniziare a richiudere mandando le regioni in fascia gialla basandosi solo sui contagi quando i ricoveri si contano sulle dita delle mani non ha senso». «Invece si, perché se aspettiamo di avere nuovamente gli ospedali pieni rischiamo di prendere provvedimenti quando è già tardi». ***Iscriviti alla Newsletter Speciale coronavirus

Sui nuovi criteri che devono regolare il semaforo delle restrizioni esperti, partiti e regioni si dividono, mentre la curva dei contagi si impenna. Tanto che se la crescita continuerà ai ritmi esponenziali degli ultimi giorni, tempo una, due settimane e mezza l’Italia tornerà in giallo. Prospettiva che infiamma la battaglia sui nuovi parametri che decidono i cambi colore, con le regioni in forte pressing per affiancare al parametro dei 50 casi settimanali ogni 100 mila abitanti, che oggi basta a finire in fascia gialla, anche quello dei posti letto occupati in terapia intensiva (20%) e nei reparti di medicina (30%). Criterio che per più di un esperto rischia però di ritardare gli interventi a frittata oramai fatta. La terza soluzione in realtà ci sarebbe e tempo fa l’hanno propugnata gli stessi governatori: «pesare» il numeri dei contagi rispetto alla quota di popolazione vaccinata in ciascuna regione.

Lo scenario tra sette giorni
Ed è appunto quello che ha fatto l’Altems, l’Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell’Università Cattolica, che in base al nuovo parametro ha poi calcolato la percentuale di rischio di finire in giallo da qui a una settimana. Che è del 32% per la Sardegna e del 31 per la Sicilia. Il che vuol dire mascherina tirata su anche all’aperto e bar e ristoranti al chiuso serrati dalle 18 da qui a 21 giorni. Seguono poi il Veneto con il 24% di possibilità a sette giorni, Lazio e Campania con il 20%. Il Piemonte sarebbe al 15% di probabilità e la Liguria al 12%.

Covid, se la curva del virus non frena mezza Italia finirà in zona gialla


«È chiaro però che se l’accelerazione dei contagi divenisse esponenziale i rischi di ingresso in zona gialla crescerebbero proporzionalmente» commenta Americo Cicchetti, direttore di Altems. «Alla luce di una progressione diseguale del piano vaccinale – commenta ancora il professore di economia e gestione aziendale – anche le soglie per l’ingresso nelle zone di rischio devono essere modificate. Per questo abbiamo sviluppato una metodologia che fissa nuove e più alte soglie di incidenza dei casi per determinare l’ingresso nelle fasce di rischio, calcolate sulla base delle quote di popolazione immunizzata, poco suscettibile a sviluppare forme severe di malattia». «E i dati mostrano ancora una volta il volto di un’Italia con profili di rischio differenti» conclude il direttore di Altems.Che una simulazione l’ha fatta anche nell’ipotesi più «hard», che in realtà è in linea con l’incremento esponenziale dei casi di questi giorni. Con una crescita via via più alta dei contagi, la Sardegna avrebbe il 72% delle probabilità di tingersi di giallo tra una settimana e la certezza tra due.

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M5s, pace fatta tra Grillo e Conte | Beppe su Fb: “E ora pensiamo al 2050!”

venerdì, Luglio 16th, 2021

Beppe Grillo e Giuseppe Conte si sono incontrati a Marina di Bibbona (Livorno). Il cofondatore del M5s e l’ex premier sono stati a pranzo insieme in un locale della località di mare dove il comico possiede Villa Corallina. Un faccia a faccia decisivo e risolutore prima del lancio del nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle, che sarà messo al voto sulla piattaforma SkyVote Cloud. “E ora pensiamo al 2050!”, scrive Beppe su Facebook. 

A suggellare la pace fatta tanto di foto con i due “amici ritrovati” sorridenti al tavolo. Il “padre” del M5s e l’ex premier sono stati a pranzo insieme al  ristorante il “Bolognese da Sauro”. Accompagnati solo dagli uomini della scorta, si sono presentati alle 14.30. Hanno ordinato un antipasto di pesce e una spigola al forno con verdure. Un pranzo che si è svolto, da subito, in un clima molto cordiale.

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