Archive for Luglio, 2021

Covid in Italia, nuovi contagi in salita in 19 Regioni. L’allarme dell’Oms: «Effetti devastanti dagli Europei»

martedì, Luglio 13th, 2021

di Adriana Logroscino

Covid in Italia, nuovi contagi in salita in 19 Regioni. L'allarme dell'Oms: «Effetti devastanti dagli Europei»

C’è la salita costante dei contagi, al netto della flessione fisiologica della domenica: se i nuovi casi sono 888 e i decessi 13, il tasso di positività ieri ha sfondato il tetto dell’1 per cento: 1,2, precisamente. E c’è il timore dell’«effetto devastante» che potranno produrre i festeggiamenti per le partite degli Europei (il virgolettato è di Maria van Kerkhove, responsabile tecnico dell’Oms, che domenica sera davanti alla finale si è chiesta con un tweet: «Dovrei divertirmi a guardare il contagio avvenire davanti ai miei occhi?»).

I 2.500 positivi tra i tifosi di Euro2020

Un effetto che l’Ecdc già misura in 2.535 casi verificati, solo fino alla fase delle semifinali, e che, per quel che è successo l’altroieri in Italia, si calcolerà tra qualche giorno. Intanto c’è da decidere cosa fare. Almeno quattro le macroquestioni che impegnano il governo. Lo stato d’emergenza, in scadenza a fine mese, che a questo punto probabilmente dovrà essere prorogato fino a ottobre. L’ipotesi di una proroga trimestrale è più che altro una deduzione: senza stato di emergenza, verrebbe meno il presupposto dell’azione del commissario per l’emergenza che, invece, dovrebbe portare avanti la campagna di vaccinazione che ieri ha raggiunto quota 57 milioni di somministrazioni.Qui i dati in tempo reale.

Le possibili nuove restrizioni dove il virus galoppa

Altro tema, le eventuali nuove restrizioni che potrebbero scattare per singole aree in cui il contagio dovesse impennarsi. Secondo gli ultimi dati, l’incidenza aumenta in 19 Regioni, cioè quasi tutte (salve solo Valle d’Aosta e Provincia di Trento). E in alcune galoppa. C’è poi un’altra decisione da prendere: da tempo le Regioni chiedono di rivedere i parametri che fanno scattare l’assegnazione di un colore (zona bianca, gialla, arancione o rossa) e le relative restrizioni.

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Il metodo Draghi e l’arte di mediare

martedì, Luglio 13th, 2021

Marco Follini

Caro direttore, c’è il metodo Kominsky, e c’è il metodo Draghi. Michael Douglas, in una delle più belle serie televisive degli ultimi anni, insegna la pedagogia della recitazione confidando che l’esplicito sia un po’ la chiave di tutto e che il racconto contenga la soluzione di ogni problema. Il nostro presidente del Consiglio, invece, si affida piuttosto alla pedagogia dell’implicito, se non addirittura a quella del silenzio, per cercare di risolvere i problemi e dirimere i conflitti.

L’attitudine di Draghi a decidere senza lasciarsi intrappolare né in troppe discussioni né (apparentemente) in troppe mediazioni induce a pensare che il premier, pur con le sue buone maniere, sia per l’appunto quello che si dice un “decisionista”. Tanto più indotto a rivestire questi panni quanto più i partiti si rivelano a loro volta vittime delle loro molteplici indecisioni. La gestione delle più recenti nomine avvalora questa leggenda e fa piovere su Palazzo Chigi e sul suo inquilino alcune critiche che forse egli non merita e alcuni consensi che magari egli non apprezza.

Il punto è che questo ritratto di Draghi, che comincia ormai ad andare per la maggiore, non è così veritiero come può sembrare. Non fosse altro che per il fatto che questo suo “decisionismo” non è quasi mai univoco. Una volta infatti egli sceglie dando ragione agli uni, la volta dopo sceglie dando ragione agli altri. Così da guadagnarsi a giorni alterni l’applauso e il dissenso di pezzi variabili della sua popolosa maggioranza. Ma appunto per questo si può dire invece che Draghi sia piuttosto il mediatore, colui che sbrogliando per suo conto alcuni nodi libera le forze politiche dal viluppo delle loro incertezze e delle loro indecisioni. A patto, s’intende, che esse siano poi capaci di cogliere l’occasione per rimettersi finalmente a nuovo. Cosa sulla quale è lecito nutrire qualche dubbio, assieme a qualche aspettativa più speranzosa.

Fatto è che ogni volta che il premier sembra aver forzato la mano al sistema politico, egli ha piuttosto evitato che il sistema si impallasse e che i partiti finissero per litigare senza avere davvero l’intenzione di farlo, né forse l’idea di come farlo. Insomma, egli sembra aver imparato l’arte di mediare tra le indeterminatezze altrui. Infilzando i “suoi” partiti con intento non troppo ostile, scontentandoli in modi quasi scientificamente paritari e facendo in modo che infine resti nel loro animo politico, a dispetto di qualche temporaneo rammarico, una contentezza almeno parziale.

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Bisogna saper perdere

martedì, Luglio 13th, 2021

Elena Stancanelli

Partiamo dall’alto. Subito sotto Dio per la precisione: la famiglia reale inglese. Il loro compito politico è dare l’esempio, indicare comportamenti corretti, essere guardati. Sono il simbolico per eccellenza, e di simboli si è parlato molto in questi europei di calcio. Inginocchiarsi o rimanere in piedi prima della partita ha creato intorcinamenti ideologici nei poveri calciatori e nella Federazione calcio. Dilemma morale che è stato risolto adeguandosi a quello che facevano gli avversari. È un criterio come un altro, inutile giudicare. E comunque il simbolico chiede il simbolo, non le sue motivazioni. Per questa ragione la famiglia reale ha commesso il primo degli errori di fair play lasciandosi sorprendere, alla fine della partita, nell’atteggiamento dolente di chi sembrava stesse presenziando a un funerale. William, Kate e il principino George stretti in un abbraccio, i volti scuri, affranti. Per quel paio di persone al mondo che non sapessero dove si trovavano, sembravano testimoniare lo strazio davanti a una morte.

E invece erano allo stadio di Wembley, a guardare una partita di calcio. Importante, importantissima, ma sempre una partita di calcio. La regina non avrebbe mai fatto un errore simile. Né avrebbe permesso che il piccolo George fosse fotografato mentre ride come un pazzo dopo il primo goal dell’Inghilterra. È solo un bambino, si è detto. No, è l’erede al trono e a lui è concesso tutto tranne la naturalezza. O meglio: la sua naturalezza non può essere concessa alle telecamere, ed Elisabetta lo sa bene. Spiace per lui, ma, come tutti noi, vive nel reame del simbolico. Facesse quello che vuole quando è lontano dalla nostra vista, ma allo stadio deve comportarsi come ci si aspetta che si comportino le persone sportive.

I suoi avi erano più fortunati, non c’era internet, non c’erano i social, non c’erano neanche i telefonini. Ci si poteva nascondere ed essere bambini anche in casa Windsor. Così come si poteva essere calciatori e non avere nessuna idea di un movimento nato nella comunità afroamericana, contro la violenza della polizia americana, dopo la morte di un cittadino americano, George Floyd. Quel tempo è finito, ma il problema del simbolico è che mentre ti arrovelli se sia il caso di inginocchiarti o no, ti dimentichi di quello che stai facendo, cioè che sei un calciatore e devi almeno seguire le regole elementari del tuo stare in campo. Calciare un pallone e comportarti con sportività, perché quello che stai facendo è praticare uno sport, non combattere una guerra che lascia sul campo morti e feriti davanti ai quali la famiglia reale deve mostrare cordoglio. Dunque subito sotto la Corona, nella scala dell’esemplarità, c’erano ieri sera allo stadio di Wembley, i calciatori.

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Coronavirus, Macron: “Pass sanitario per aerei, treni e locali pubblici”

martedì, Luglio 13th, 2021

Leonardo Martinelli

PARIGI. La variante Delta del Covid imperversa ormai in Francia. «Assistiamo a una ripresa forte dell’epidemia, con questa variante che è tre volte più contagiosa – ha sottolineato Emmanuel Macron lunedì sera, in un discorso solenne in diretta tv, a partire dalle 20 -. La situazione resta sotto controllo, ma dobbiamo agire subito, per impedire in agosto un aumento rapido dei ricoveri in ospedale». In uno dei Paesi dove in Europa le idee no vax sono più diffuse, il presidente ha deciso d’imporre una stretta sui vaccini. Da una parte, l’obbligo a vaccinarsi per il personale sanitario (in Francia si faceva ancora molta resistenza da questo punto di vista). E dall’altra, l’obbligo del pass sanitario per accedere a una lunga lista di luoghi pubblici, compresi bar, ristoranti, teatri, cinema. Ma anche treni e aerei. 

«Più vaccineremo, meno spazi lasceremo al virus e più eviteremo l’aumento dei ricoveri», ha sottolineato Macron, invitando chi non l’ha ancora fatto a vaccinarsi (al momento attuale è poco più della metà della popolazione ad avere ricevuto la prima dose e quasi il 40% pure la seconda). «Nove milioni di dosi, ancora da iniettare, vi aspettano», ha precisato. Ma soprattutto è passato a misure coercitive, direttamente e indirettamente. Scatta da subito l’obbligo al vaccino per il personale sanitario (e non) degli ospedali e di tutti i centri di cura e assistenza come le Rsa per anziani. Poi, il pass sanitario (si ottiene se si è vaccinati o se risultati negativi al test) diventerà obbligatorio per accedere a bar, ristoranti, centri commerciali, ma anche aerei, treni, pullman in circolazione su lunghe distanze e ospedali. Ancora prima, dal 21 luglio il pass sanitario sarà necessario per tutti i francesi di più di 12 anni che vorranno accedere a «luoghi di cultura e divertimento»,  dove si ritrovino riunite più di 50 persone (finora la soglia era di mille). Significa i teatri, i cinema, i festival estivi, ma anche i parchi di divertimento. L’offensiva per spingere i suoi connazionali a vaccinarsi è andata oltre, toccando un vero tabù per la Francia. Era l’unico Paese in Europa dove il tampone molecolare (Pcr) per il Covid era gratuito per tutti (le spese venivano coperte dall’assistenza sanitaria pubblica). Macron ha annunciato che è finita: diventerà a pagamento, a parte in casi particolari e dietro presentazione di una ricetta medica. 

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Come si cambia

martedì, Luglio 13th, 2021

MATTIA FELTRI

Quelle dei Mondiali del ’90 furono notti magiche ma anche un po’ fetide. Chi ha memoria ricorderà i fischi dello Stadio Olimpico all’inno argentino, fino a subissarlo. La squadra di Diego Maradona portava la colpa d’averci eliminati (ai rigori, capita) e Dieguito, che da quasi un decennio elevava al divino il calcio italiano, se ne sentì stuprato. Leggemmo il labiale sul volto livido: «Hijos de puta», figli di puttana. Ma siccome si cambia, e si cambia pure in meglio, in questi Europei, nelle tre partite giocate all’Olimpico dagli azzurri, durante gli inni degli avversari non è volata una mosca. Il nostro è invece stato fischiato l’altra sera a Wembley, e probabilmente è vero, fra scorrettezze dei supporter, compresi i raggi laser puntati sugli occhi dei portieri rivali, e dei giocatori, molto attrezzati in fatto di simulazioni e proteste, gli inglesi si scoprono splendidamente europei, quasi italiani, proprio ora che la Brexit è compiuta. Del resto, senza l’eroica resistenza al nazismo nella seconda guerra mondiale, e senza l’incoraggiamento di Winston Churchill subito dopo, l’Unione europea forse non sarebbe mai nata.

L’Europa ce l’hanno addosso più di quanto credano e più di quanto dica la geografia. Però, a proposito di inni fischiati, c’è un ultimo episodio da raccontare. Solo cinque anni fa a Bari si giocò Italia-Francia, e parve giusto fischiare la Marsigliese. Il nostro capitano, Gigi Buffon, non si diede per vinto e cominciò ad applaudire, seguito dai compagni di squadra e rapidamente dal pubblico migliore, finché lo stadio non coprì i fischi. Certe volte basta così poco per non arrendersi ai peggiori.

LA STAMPA

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Il rovescio della medaglia

martedì, Luglio 13th, 2021

di   Massimo Gramellini

Che l’inglese medio assomigliasse poco a Sherlock Holmes e moltissimo al cugino attaccabrighe di Harry Potter è una certezza che i fischi all’inno di Mameli hanno simpaticamente confermato. (Per tacere delle frasacce razziste indirizzate sui social agli imberbi rigoristi accalappiati dalle manone di Donnarumma). Ma quando abbiamo visto quasi tutti i calciatori sfilarsi platealmente dal collo la medaglia d’argento appena ricevuta, è stato come se secoli di letteratura sulla sportività britannica fossero andati in frantumi. Uno pensa alla frase di Kipling che troneggia negli spogliatoi di Wimbledon: »Se saprai trattare la Vittoria e la Sconfitta, questi due impostori, allo stesso modo… sarai un Uomo».

Evidentemente di Uomini in quella squadra ce n’erano pochini. Ovvio che perdere ai rigori, e per giunta in casa, faccia girare le scatole. Ma il capriccio infantile di togliersi la medaglia è una mancanza di rispetto nei confronti di chi te l’ha data, degli avversari e, in fondo, di te stesso. Meriterebbe una lunga squalifica, non foss’altro che per l’esempio offerto ai bambini di mezzo mondo. Lo si può in parte giustificare quando si tratta della reazione impulsiva a un’ingiustizia: un arbitraggio scandaloso, una sconfitta immeritata. Al termine di una sfida dal verdetto cristallino è solo l’atto di arroganza compiuto da gente che si vanta continuamente (e ormai pateticamente) di avere inventato il football, ma ha dimenticato che anche fair play è una espressione inglese.

Europei, i giocatori dell’Inghilterra si sfilano le medaglie

Video:Europei, i giocatori dell’Inghilterra si sfilano le medaglie

CORRIERE.IT

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Italia campione d’Europa, Mattarella: «Azzurri, ci avete fatto gioire». La festa con la Coppa per le vie di Roma

martedì, Luglio 13th, 2021

di Stefano Agresti

Italia campione d'Europa, Mattarella: «Azzurri, ci avete fatto gioire». La festa con la Coppa per le vie di Roma

(Ansa)

Ore 6.06 di lunedì 12 luglio, prima giornata da Campioni d’Europa. Un’afosa alba romana accoglie gli Azzurri a Fiumicino, volo AZ9001. Si spalanca il portellone e appaiono Mancini e Chiellini, ecco la coppa. È il primo di tanti boati, stavolta viene dagli operatori aeroportuali della Capitale. C’è lo striscione di Aeroporti di Roma «Grazie Azzurri», arriva il pullman sottobordo e alle 6.30 via verso l’Hotel Parco dei Principi ai Parioli.

Lì viene scattata la foto che fa il giro del mondo: Chiellini e Bonucci sul letto, tra di loro la coppa, Bonucci su Instagram: «Tranquilli, dorme al sicuro, la proteggiamo noi». E Chiellini ci dorme, con la coppa, citando Cannavaro, il Capitano della Nazionale che nel 2006 dormì con un’altra coppa, quella da Campioni del Mondo. Roma ha appena concluso una notte pirotecnica che impensierisce per i possibili contagi. Quindi c’è silenzio. La squadra riposa. Alle 14.30 pranzo leggero e poi in pullman per l’invito al Quirinale, formulato da Sergio Mattarella prima della vittoria. Il presidente è rientrato a Roma alle 3.45 dopo una nottata di entusiasmo.

Piazza del Quirinale è chiusa al traffico, davanti al palazzo della Consulta c’è una folla di tifosi: bandiere, trombette, entusiasmo. E i ragazzi, con le medaglie d’oro, in maglietta blu e giacca chiara, si fermano, ballano e cantano. Appare Matteo Berrettini: da tennista, e da ragazzo di Roma Nord, ha giacca e cravatta. Diventa subito uno degli Azzurri, passerà la giornata con loro: «Mai vista una partita così importante. È mancata solo la mia vittoria».

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Europei 2021, sono (finalmente) tornati gli abbracci

lunedì, Luglio 12th, 2021

Walter Veltroni

Europei 2021, sono (finalmente) tornati gli abbracci

Avevamo smesso di abbracciarci. Persino dimenticato come si fa. E a noi italiani piace tanto abbracciarci. Ce lo impedivano i Dpcm. Neanche una stretta di mano, ci era consentita. Ci siamo al più sfregati i gomiti, le nocche delle dita, surrogati pallidi come il caffè di cicoria nei tempi di guerra. Siamo stati separati, i corpi considerati, così come il respiro dell’altro, non una ragione di desiderio o di contatto, ma un pericolo, un pericolo mortale. I corpi come contagio, come arma batteriologica; l’altro da noi un rischio, al massimo un rimpianto. Ci siamo, non dobbiamo e non possiamo ancora smettere di farlo, nascosti dietro delle maschere di stoffa. Lì abbiamo celato i nostri stati d’animo, non solo i nostri lineamenti. Questi mesi ci hanno fatto più fragili, mettendoci al cospetto con la fine come possibilità, con il dolore come spirito del tempo. Siamo più esposti ai sentimenti, e disabituati al più desiderabile di tutti, la gioia, specie collettiva. Forse per questo nel pensare alla bellezza rivoluzionaria, sentimentalmente catartica, della felicità esplosa in una notte di luglio in ogni casa e piazza di questo meraviglioso paese, mi vengono in mente tre immagini.

La prima, la più bella, quella indimenticabile è l’abbraccio tra le lacrime di Roberto Mancini e Gianluca Vialli, due uomini adulti che nel momento della gioia più intensa non hanno avuto timore di piangere stretti l’uno all’altro, fregandosene delle telecamere e del mondo che li guardava. Si abbracciavano come due amici che molto hanno vissuto, molto hanno sofferto, che hanno condiviso un sogno e faticato per farlo diventare realtà. Quell’abbraccio parlava di un sentimento, l’amicizia, che non consente sospetti e non richiede prove. Piangevano, quei due uomini, e nella forza di quelle mani strette sulle spalle dell’altro c’era il possesso e lo scambio che ogni amicizia, cementata dal tempo e dalla sintonia, rende più forti, rende in fondo invincibili anche se sconfitti. Perché quell’abbraccio ci sarebbe stato, ne sono convinto, anche se la lotteria dei rigori avesse premiato i nostri avversari.

Perché Roberto e Luca si sono scelti, per attraversare giorni, mesi e anni, restando uniti. E rispettando i ruoli. Se vi capiterà di rivedere l’immagine del momento in cui Chiellini, Mancini e i compagni di squadra alzano la Coppa al cielo aguzzate la vista: spostate lo sguardo sulla destra del fotogramma. Lì troverete, di fronte alla squadra e all’allenatore, un uomo che si è messo volutamente in disparte, ma con allegria. Che scegliendo di non andare in quell’immagine ha detto, con la grandezza della rinuncia inosservata, che il merito principale era loro, non suo.

Europei 2021, sono (finalmente) tornati gli abbracci

Poi l’abbraccio tra l’allenatore dell’Inghilterra, uno che i rigori finirà col sognarseli la notte, e il suo giocatore, Bukayo Saka, che aveva sbagliato l’ultimo penalty e cambiato destinazione alla coppa: non Home ma Rome. In quell’abbraccio c’era la consolazione, l’affetto di un uomo che il ruolo e l’età rendono comunque padre e che sente il dovere di confortare un ragazzo deluso, mortificato dalla delusione provocata non a sé stesso ma a un popolo intero. Il corpo dell’allenatore è il rifugio, la protezione dalla realtà quando si fa minaccia.

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L’Italia campione d’Europa è rientrata a Roma. Oggi gli Azzurri attesi da Mattarella e Draghi

lunedì, Luglio 12th, 2021

di Redazione Online

L'Italia campione d'Europa è rientrata a Roma. Oggi gli Azzurri attesi da Mattarella e Draghi

L’Italia campione d’Europa di calcio è rientrata a Roma. L’A3198 di Alitalia, volo AZ 9001, proveniente da Londra Luton è atterrato all’aeroporto di Fiumicino qualche minuto dopo le 6 di lunedì mattina.

Gli Azzurri sono arrivati a Roma dopo il trionfo di ieri sera a Wembley, in finale contro l’Inghilterra, battuta ai calci di rigore. Ad attendere la Nazionale, nell’area arrivi, c’erano già moltissimi tifosi, in attesa dalle prime ore dell’alba per poter accogliere e salutare la squadra che ci ha reso nuovamente, dopo 53 anni dall’ultima vittoria, campioni d’Europa.

Quando Mancini e Chiellini sono apparsi in cima alle scalette dell’aereo a Fiumicino, è scoppiato un boato tra gli operatori che si sono radunati sotto il velivolo con applausi e cori. Bonucci ha intonato «I campioni dell’Europa siamo noi». Ma non sono mancante foto ricordo e ringraziamenti a tutti gli azzurri, apparsi entusiasti e commossi.

Ad accogliere i campioni un maxi striscione di Aeroporti di Roma con la scritta «Grazie azzurri». I calciatori e lo staff sono stati prelevati sotto all’aereo e sono saliti sul pullman, che ha poi lasciato alle 6.30 lo scalo romano, in direzione dell’hotel Parco dei Principi. Da lontano si sentivano gli echi delle trombe delle centinaia di tifosi che si trovavano nella zona arrivi (e non hanno potuto vedere gli Azzurri atterrare).

Gli Azzurri sono quindi arrivati all’hotel, dove ad attendere Chiellini, che è sceso dal bus con una corona in testa e sventolando la coppa, e compagni c’era un nutrito gruppo di tifosi.

Oggi la Nazionale pranzerà in hotel, poi nel pomeriggio è attesa al Quirinale alle ore 17 per essere ricevuta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presente ieri allo stadio londinese di Wembley per la finale degli Europei, e alle 18 dal presidente del Consiglio Mario Draghi a Palazzo Chigi. Con loro, anche il finalista a Wimbledon — sconfitto da Djokovic — Matteo Berrettini.

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Italia-Inghilterra, l’analisi di Sconcerti: così gli azzurri sono entrati in un’altra epoca

lunedì, Luglio 12th, 2021

di Mario Sconcerti

Italia-Inghilterra, l'analisi di Sconcerti: così gli azzurri sono entrati in un'altra epoca

(Afp)

Siamo Campioni d’Europa, la conquista di una grande squadra. Capiremo a mente fredda cosa vuol dire, cosa cambia della nostra estate e del calcio italiano. Questo è il momento di essere liberi e ringraziare tutti. Non tanto Mancini, che è stato sempre il più ringraziato, quanto i ragazzi, quelli insoliti come Di Lorenzo e Emerson, quelli sfiniti come Barella e Verratti. Quelli che ci hanno salvato tante volte come Chiesa e quelli che ci sono sempre stati come Bonucci e Chiellini, la nostra anima. Ringraziare l’estro di Insigne, l’errore inutile di Jorginho.
Grazie a tutti quelli che hanno preso questo treno così strano e colorato da non pensare fosse il nostro. È stata un’impresa difficile. Siamo rimasti i primi trenta minuti in balia dell’invenzione di Southgate, un cambio improvviso di modulo che aggiunge un difensore e finisce per schierare la squadra con il 3-5-2. Trippier al posto di Saka, prudenza in più, un omaggio all’Italia che non abbiamo capito. Così quando Shaw ha seguito la prima azione dell’Inghilterra, con la partita ancora nella fase ingenua, e ha calciato in porta in grande solitudine, il suo avversario diretto, Chiesa, era a quaranta metri da lui.
Il problema di chi marcava chi, non si è mai del tutto risolto su quella fascia perché Di Lorenzo tendeva a stringersi al centro per dare un’occhiata a Mount, motore ultimo dell’Inghilterra. Tutto per liberare Jorginho da un compito di marcatura e lasciarlo libero di pensare. Così ci siamo incastrati in una confusione suggestiva che ha portato molti fuori ruolo. L’Inghilterra non ha fatto di più, ha giocato all’italiana, aspettando e ripartendo pochissimo.

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