Archive for Luglio, 2021

Wimbledon, Matteo Berrettini s’illude ma Djokovic è disumano: appuntamento col primo Slam solo rimandato

lunedì, Luglio 12th, 2021

Novak Djokovic non è umano. Non servivano conferme, ma sono comunque arrivate anche nella finale di Wimbledon, che gli consentono di agganciare Nadal e Federer a quota 20 Slam vinti: presto li supererà perché niente e nessuno può fermare questo tennista straordinario, senza punti deboli, forse il più forte e completo di sempre. Onore a Matteo Berrettini, il primo italiano di sempre a scendere sul centrale di Wimbledon per una finale. 

Il romano ha giocato una gran partita, ha pagato qualche errore cruciale, ma ha poco da rimproverarsi al cospetto di un Djokovic semplicemente di un altro pianeta, capace di disinnescare anche le armi più affilate di Berrettini, quelle riconducibili al servizio e al dritto. E dire che nel primo set era successo un mezzo miracolo, con Matteo che dopo un inizio difficile si è sciolto e ha iniziato a giocare del gran tennis: e così sul 5-2 per Nole, ha salvato un set point e poi ha iniziato a martellare l’avversario, conquistando il tiebreak per 7-4.

Nel secondo set, però, Berrettini ha perso di nuovo il servizio nelle battute iniziali e poi ancora nel terzo game. Riuscito a risalire fino al 5-4, si è dovuto arrendere 6-4 alla classe e all’esperienza di Djokovic, sempre glaciale quando si tratta di giocare punti pesanti. Nel terzo set Matteo è rimasto attaccato alla partita e c’è stato un momento in cui poteva provare a cambiare l’inerzia: avanti 3-2, 40-15 sul servizio di Djokovic, non è riuscito a trasformare i due break Point e alla fine ha ceduto di nuovo 6-4. 

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Italia campione d’Europa, a Wembley voltiamo pagina. E adesso la Nazione riparte

lunedì, Luglio 12th, 2021

Francesco Storace

Ci tenevano tanto a stare fuori dall’Europa e l’Italia li ha accontentati. Un po’ di fortuna, tanto valore ed onore enorme. Gli azzurri non si sono mai arresi e portano a casa il titolo di Campioni d’Europa. 

Grazie, grazie davvero anche al presidente Sergio Mattarella, con quel suo sorriso stampato in volto da quella tribuna che arrivava al cuore di tutti gli italiani davanti al televisore. Sembra Capodanno l’inizio di un nuovo 2021, un calcio ad un passato triste come quello che abbiamo vissuto da gennaio 2020 ad oggi. W l’Italia che resiste, lotta e vince. Era cominciata con pessimi auspici l’ultima sfida europea, perché avevano disturbato assai quei fischi all’Inno di Mameli, gli incidenti nel prepartita, la bandiera tricolore oltraggiata. Sono i soliti inglesi. Ben gli sta pure ai rigori. Il prato verde di Wembley è diventato azzurro, il 2021 sembra iniziare adesso, addio a quel maledetto 2020 trascinato per troppi mesi, fino a questa straordinaria serata a cui siamo arrivati con una tensione da crepacuore. Sì, salutiamo l’impresa degli europei, perché entra nella nostra storia come una meravigliosa tappa di liberazione dall’enorme tragedia vissuta. Miracoli del pallone.

L’Italia di Roberto Mancini è stata protagonista di una pagina bellissima. Ci sentiamo sempre più innamorati di un Tricolore che sbattiamo in faccia al mondo anche se la teppaglia britannica lo odia. E non si sottovaluti mai l’importanza dello sport come magico momento comunitario, perché quando gioca la Nazionale siamo tutti in piedi a soffrire con i nostri campioni. Ci irridevano per i nostri guai, ora tocca a chi guarda a noi rispettare quella Bandiera che torna a sventolare con l’orgoglio dei tempi migliori. In quel lontanissimo 2020 eravamo l’Italietta decimata dal morbo cinese, destinata a pagare un tributo enorme di morti. E invece siamo vivi, perché è tornata la voglia di riscatto che davvero sarebbe da dedicare a quegli oltre centomila italiani che non ci sono più. In campo e nella società. Da qualche mese a questa parte la sobrietà è tornata a Palazzo Chigi e in campo un allenatore alla guida di un team eccellente ha dimostrato di saper reggere il confronto.

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L’esultanza di Mattarella. Berlusconi: “Che orgoglio”

lunedì, Luglio 12th, 2021

Francesco Cramer

Mattarella come Pertini. E governo in visibilio: «Avete scritto una straordinaria pagina di storia, non solo sportiva. Vi aspettiamo a Roma», twitta palazzo Chigi. È più di un’esultanza. È il senso di rinascita di una Nazione. È l’orgoglio italiano che sprizza in uno dei momenti più difficili del Paese. Il capo dello Stato Sergio Mattarella arriva a Londra alle 20. Ha appena incrociato Berrettini che ha dato il filo da torcere al mostro Djokovic a Wimbledon e gli ha detto ti aspetto domani. A Roma. Sul tetto del mondo del tennis, senza alzare il piatto più grande per un soffio. Poi Wembley, il primo tifoso italiano con tutta l’Italia sulle spalle. Cravatta e mascherina azzurra. Stile e misura, molto più del Pertini dell’82. Esulta al pareggio di Bonucci con passione e compostezza e diventa virale sui social. È il riscatto di una nazione. Il suo commento a caldo: «Grande riconoscenza a Roberto Mancini e ai nostri giocatori. Hanno ben rappresentato l’Italia e reso onore allo sport». Stile. Al fianco di Mattarella il presidente della Figc, Gabriele Gravina. E ancora il sottosegretario con delega allo Sport, Valentina Vezzali ed Evelina Christillin membro aggiunto dell’Uefa. E oggi tutti al Quirinale per festeggiare. Solo il protocollo istituzionale ha impedito al premier Draghi di essere presente: la presenza in concomitanza di capo dello Stato e capo del governo non è prevista.

Quando arriva allo stadio il premier Boris Johnson lo saluta da ultras, maglietta inglese sopra la giacca. «Forza Italia», lo saluta l’inquilino di Dowing Street. Lui perfetto, giacca e cravatta e impermiabile sotto la pioggia londinese. È il riscatto tricolore di cui tutti avevamo bisogno. Smacco per il principe William, in tribuna perché presidente onorario della Football Association e grande tifoso del soccer. Anche la seconda carica dello Stato Elisabetta Casellati non si esime dall’esultanza: «Capolavoro azzurro! Italia campione d’Europa». Silvio Berlusconi, da Arcore, si guarda la partita con l’amico di una vita Galliani: «Comunque vada, orgogliosi di voi», posta la foto su Instagram. Andrà bene, benissimo. «Siiiiiiiiii!!! Italy-England Wembley L’Europa siamo noi. Come è giusto!», twitta subito il segretario del Pd, Enrico Letta. Esultanza bipartisani perché il calcio e la bandiera uniscono. Quindi Salvini esulta sui social: ««Sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì si. E ancora… sììììììììììììì! Campioni d’Europa». «Quanto si gode! Viva l’Italia». Matteo Renzi su Twitter allega la clip del tuffo in piscina collettivo. «Una emozione indescrivibile. Che squadra, che gruppo, che cuore. Viva l’Italia», è l’esultanza di Luigi Di Maio.

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L’Italia regina d’Europa sfratta Sua Maestà da Wembley e “vendica” di rigore un intero Continente

lunedì, Luglio 12th, 2021

Davide Pisoni

L’hanno fatto davvero. Hanno colorato d’azzurro il prato di Wembley. L’Italia è campione d’Europa. Per la seconda volta, cinquantatre anni dopo la prima. Battuta l’Inghilterra ai rigori con le parate di Donnarumma, dopo che Bonucci aveva ripreso il gol lampo di Shaw. Messi in ginocchio sessantamila inglesi nel loro tempio con una lezione: i maestri siamo noi. È un altro undici luglio storico dopo il Mondiale del 1982. Il presidente Mattarella oggi riceverà al Quirinale, dopo averlo celebrato a Londra, un gruppo nato dal nulla di una qualificazione mancata alla coppa del Mondo, diventato grande passo dopo passo, con una cavalcata da 34 gare di fila senza sconfitte.

Una Nazionale plasmata da Roberto Mancini a sua immagine e somiglianza, il Ct che ci ha creduto fin dall’inizio. Ritorniamo dove ci compete vincendo la sesta delle dieci finali giocate, quindici anni dopo la notte mondiale di Berlino. È una vittoria nuova, figlia di una rivoluzione filosofica. Mancio ha ridato il pallone agli azzurri e gli ha detto: «Divertitevi». Missione compiuta in casa dei presuntuosi maestri, quelli che hanno vinto una volta sola. E poi ci sarebbe molto da discutere se loro abbiano qualcosa da insegnarci, quando spesso ci hanno chiamato per imparare a vincere. Compresi Mancini e Vialli che hanno reso grande l’Italian Job prima nei club inglesi per poi riprendersi con l’Italia sul prato di Wembley, quello che avevano lasciato 29 anni fa con la Samp. E l’Italia trascina nella festa l’Unione Europea: la coppa non finisce nelle mani di chi le ha voltato le spalle, di chi ha votato la Brexit. Grazie al capolavoro di una squadra senza fenomeni, ma forte di un gruppo unito. Così è stato di fronte all’urlo di Wembley, ai fischi indegni all’inno di Mameli, alle immagini di memoria Hooligans che hanno sporcato Londra. Tutto lavato via dalla pioggia e vendicato dall’Italia.

Dopo essersi inginocchiate per il razzismo, ecco le mosse: Mancini non cambia, Soutghate ha la difesa a tre. Due minuti e Trippier manda in porta Shaw. Da terzino a terzino. Rimaniamo come sorpresi, ma l’Inghilterra così aveva già giocato con la Germania. Per la prima volta in questo Europeo andiamo sotto. Jorginho stringe i denti, non perde la bussola. Verratti è alla sua altezza. Sterling e Kane che girano alla larga da Bonucci e Chiellini, in una sorta di doppio falso nueve. Immobile è stretto nella morsa dei tre leoni difensivi. Anche noi abbiamo un leone: Chiesa mette i brividi a Wembley. L’Inghilterra non coglie il segnale, si chiude in un catenaccio assurdo. «Sembriamo morti» dice Mancini, si sbaglia.

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A un passo dalla gloria: Berrettini lotta, poi cede a Djokovic

lunedì, Luglio 12th, 2021

Stefano Semeraro

Matteo Berrettini, 25 anni, a un passo dal sogno nella finale di Wimbledon vinta da Novak Djokovic per 6-7 6-4 6-4 6-3. L’azzurro è n.8 della classifica Atp e n.3 nella Race per Torino

Il ricordo che ci terremo addosso, di questa giornata comunque fantastica, la luce da accendere nei giorni storti, è il coro che ha accompagnato Matteo Berrettini per tutta la sua prima – e immaginiamo, speriamo, fortissimamente crediamo – non ultima finale Wimbledon. «Mat-te-ò! Mat-te-ò», tre sillabe, un verso d’ amore per l’italiano che ha stregato il torneo, che ha continuato a piovere dalle tribune anche quando, alla fine del quarto set, era chiaro che il finale era già scritto.

«It’s coming Rome», ha provato qualcuno a scrivere su un cartello, facendo il verso al motto dell’Inghilterra del calcio; ma la coppa di Wimbledon è rimasta materialmente qui, nella teca dell’All England Club, e virtualmente in Serbia, per la sesta volta alzata dalle mani di Novak Djokovic. Un fuoriclasse immenso, non sempre, non da tutti amato, ma che ieri ha timbrato l’ennesimo cartellino per l’immortalità (sportiva, non esageriamo). Il sesto Wimbledon gli vale il 20esimo major, a pari merito con Roger Federer e Rafa Nadal, e anche un trampolino verso il Grande Slam che potrebbe raccogliere a settembre agli Us Open.

Berrettini, contro un Mostro del genere, ha fatto quello che doveva e quello che ha potuto. Ci ha dato una partita e un motivo per essere orgogliosi del presente e fiduciosi nel futuro. Ha vinto il primo set, sradicandolo letteralmente dalle mani del Djoker, che credeva di averlo già in tasca sul 5-2, cucinando un piccolo capolavoro nel tie-break e dopo un’ora e 10 minuti si è trovato a due set dall’Impossibile. Poi ha continuato con la rotta che si era immaginato alla vigilia, picchiando sul servizio, parando – quando poteva – con il rovescio e attaccando con il diritto, a costo di qualche errore di troppo. Purtroppo per lui Djokovic è Djokovic, il numero uno del mondo (forse, probabilmente) la migliore risposta della storia e quando ha iniziato a limare le percentuali il match ha cambiato colore, sotto il cielo livido e sciroccoso di Wimbledon. Novak ha rimesso subito le mani sulla coppa a inizio secondo set. Nel terzo Matteo ha avuto la chance di rientrare nel sesto game, ma non è riuscito a calibrare due passanti. Nel quarto, mentre Djokovic accendeva le batterie (mentali) di riserva, è calato al servizio. Dopo l’ultimo errore di diritto si è piegato sulle ginocchia, con il Djoker steso sul prato, le braccia a croce prima di assaggiare, come da tradizione, l’erba del Centre Court. «È stata una battaglia», ha ammesso dopo 3 ore e 24 minuti Djokovic. «E Matteo è davvero il martello che dicono: l’ho provato sulla mia pelle, sia qui sia a Parigi». Berrettini ci ha creduto, ha lottato, non ha nulla da rimproverarsi. Nessuna percentuale e nessuna statistica dà la misura di cosa significhi giocarsi una finale a Wimbledon, contro un vampiro del genere.

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Italia-Inghilterra, le pagelle degli azzurri: Donnarumma l’eroe, Chiellini e Verratti magici

lunedì, Luglio 12th, 2021

Guglielmo Buccheri

DALL’INVIATO A LONDRA. 

9 DONNARUMMA
Non aveva mai giocato un grande torneo. Non poteva farlo, a 22 anni e con un Mondiale fallito ancor prima che cominciasse: gioca il primo e arriva sul tetto d’Europa. Dopo Morata, ipnotizza Sancho e Saka: tre assalti di rigore, tre parate. Le ultime due ci valgono il trionfo nella notte più bella: se l’Italia è campione, le mani sono del portiere numero uno al mondo. Gigio ha regalato un sogno a tutta l’Italia. 5,5 DI LORENZO
Distrazione fatale: sull’invito in area di Trippier, stringe verso il cuore dell’area preoccupato non si sa di che cosa e, così, Shaw è libero di prendere la mira e di beffarci. A Wembley, per una volta, fa fatica e non solo per demeriti personali visto che l’Inghilterra dà il meglio sulle fasce.

8,5 BONUCCI
Quanti lanci lunghi fuori giri: nella prima metà si libera del pallone troppo frettolosamente, ma è l’unico che prova ad alzare il nostro baricentro. Quanta abilità nel capire che il colpo di testa di Verratti poteva rimanere là dopo aver sbattuto sul palo: segna come un rapace. E quanta esperienza nel tagliare la strada al funambolo Sterling: grande duello. Dal dischetto è un mago.

7,5 CHIELLINI
Il problema non è quando Kane fa il centravanti: il punto debole è se il capitano di casa fa il regista avanzato e gli accade spesso. Se c’è una marcatura uno contro uno, esce sempre a testa alta.

6,5 EMERSON
Il desiderio di conquistare metri e spazio non gli manca, peccato lo faccia con il freno a mano e con la paura di essere infilato dal vivace Trippier (dal 13’ st FLORENZI SV).

5,5 BARELLA
Là in mezzo gira meglio a Rice e Philips: il ragazzo dal cuore d’oro non ha la forza di ritagliarsi un po’ di gloria perché dà la sensazione di avere le pile scariche. E uno come lui senza il pieno di benzina torna normale (dal 9’ st CRISTANTE 6,5: dà sostanza in mezzo e dà e quella copertura su uno dei due trequartisti inglesi che ci mancava).

6 JORGINHO
Meno preciso del solito, migliora in corso d’opera sfruttando il calo di tensione della coppia Rice-Philips.

7 VERRATTI
Il clima inglese ne esalta la parte meno conosciuta: sa farsi rispettare nei contrasti e per buttarlo giù ce ne vuole. Vince per l’atteggiamento da leader (dal 7’ pts LOCATELLI 6: ordinato).

7,5 CHIESA
Nella prima parte l’unico nostro pericolo alla porta di Pickford lo crea il bianconero: assolo in slalom e tiro a lato. Nella seconda parte stessa storia: un suo tiro costringe Pickford al tuffo salvifico e, per noi, è come se fosse suonata la sveglia (dal 41’ st BERNARDESCHI 7: prima la Spagna, ora gli inglesi: di rigore è un maestro).

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Mancini, un uomo quasi perfetto

lunedì, Luglio 12th, 2021

Paolo Brusorio

DALL’INVIATO A LONDRA. In fondo Vujadin Boskov ci era arrivato tanti anni fa, basta pescare nel repertorio del tecnico di quella magica Sampdoria per avvicinarsi alla verità. «Dove tutti vedono sentieri, grandi giocatori vedono autostrade». E lo diceva di Roberto Mancini. E lo diceva con una convinzione tale che se fosse ancora vivo sarebbe il primo ad applaudire il suo ex numero 10. Ora lo possiamo dire, davanti a Roberto Mancini, nel maggio del 2018 non c’erano sentieri, ma un grattacielo da scalare. E noi stavamo sottoterra, nelle cantine. Tre anni abbondanti dopo, l’Italia è sul tetto d’Europa e ce l’ha portata questo signore che compie 57 anni a novembre, ct prodigio, se ce n’è uno, dopo esserlo stato come giocatore. Il prossimo 13 settembre fanno quarant’anni esatti dal suo esordio in serie A e allora è quasi logico che il 4 ottobre cadano gli anta dal battesimo del gol, a Como, e, ovviamente, con la maglia del Bologna. Tutto subito, tutto in fretta.

Il talento immenso da calciatore, però, non poteva essere garanzia di successo sulla panchina della Nazionale. Vero, il Mancio ha vinto e stravinto con l’Inter, ha portato il Manchester City al titolo in Premier rompendo un digiuno che durava da 44 anni. Ma la Nazionale, chi l’avrebbe mai detto? Anche qui: peggio non si poteva fare dopo un fallimento come quello di Ventura, serviva però un visionario per immaginarsi un cammino simile. Un visionario. O una visione. Quella che ha sempre avuto Mancini. L’intuizione è di Costacurta, al tempo vice commissario della Figc post Tavecchio, è lui che lo chiama in azzurro. Mancini, che stava allo Zenit, un po’ ci pensa, ne parla con Vialli, e con chi altrimenti?, e poi dice sì. «Il bello di allenare una nazionale è che non devi fare il mercato. Per un allenatore è stressante». Non fa mercato il ct, ma sa che oltre a dare una forma tecnica all’Italia deve lavorare sulla testa dei giocatori. A prescindere dai nomi. C’è una nube nera che incombe su ognuno di loro, peggio di quella fantozziana. Fissa subito un obbiettivo, è il Mondiale del Qatar. Lunga gittata. Sembra voler mettere le mani avanti, ma gli serve uno scudo per proteggere chi veste la maglia azzurra.

Caricarli subito di responsabilità non avrebbe senso, i superstiti del disastro sono scioccati, le reclute hanno una fottuta paura di accostarsi a una maglia pesante come fosse una lettera scarlatta. Comincia battendo l’Arabia Saudita in uno stadiolo della Svizzera, riparte da Balotelli ed è convinto di farne il centravanti della sua Nazionale. Non ci riuscirà, ma quando ci rinuncia è consapevole di averle provate tutte. Pesca gli azzurri in ogni mare, un giorno chiama Vincenzo Grifo e tutti a chiedersi, «ma chi è mai questo Grifo», arruola Piccini e le facce si allungano. Boh. Più esercitazioni di gruppo che convocazioni, deve testare il materiale umano il ct. Senza mettere pressioni ad alcuno di loro. In Portogallo, per dirne una, va a giocare una partita di Nations League con Caldara e Romagnoli centrali, in attacco c’è Zaza. Dispersi tutti. Italia sconfitta, ma neanche di quella sera il ct butta via qualcosa. «Giocate e divertitevi»: la sua è una formula semplice, ma bisogna avere le (s)palle per sostenerla. Sa di non operare a cuore aperto, di fare un gran bel mestiere. Come gli ha detto Vialli, solo più tardi entrato nel gruppo, nei giorni che hanno preceduto l’investitura: «Roberto, dal calcio abbiamo avuto tanto e ora è giusto fare qualcosa per sdebitarci».

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Italia campione, una prova d’orgoglio per il Paese dopo il periodo peggiore delle nostre vite

lunedì, Luglio 12th, 2021

di Aldo Cazzullo

Italia campione, una prova d'orgoglio per il Paese dopo il periodo peggiore delle nostre vite

(LaPresse)

È la vittoria che mancava a una generazione di calciatori, quelli in campo e quelli in panchina, suggellata dall’abbraccio tra Mancini e Vialli in lacrime. Ed è il segno di rinascita che aspettavamo dopo il periodo peggiore delle nostre vite, come fu il Mondiale 1982 dopo gli anni di piombo. Difficile dire chi ne avesse più bisogno, se gli azzurri o noi.

Chi tra gli azzurri non gioca nella Juventus non aveva vinto praticamente nulla negli ultimi dieci anni (a parte lo scudetto dell’Inter di Barella). Ma anche agli juventini — in particolare al duo Chiellini-Bonucci, autori di una partita strepitosa, quasi come quella di Donnarumma — era sfuggita finora la consacrazione, che non era giunta con le due finali di Champions perdute ed è finalmente arrivata a Wembley.

Ma tutti quanti noi sentivamo la nostalgia e la necessità di una festa non meno di loro. Molti italiani sono usciti di casa per la prima volta stanotte dopo mesi; e l’hanno fatto per celebrare una vittoria collettiva. Appena un mese fa non se l’aspettava nessuno.

Non è forse una grandissima squadra, quella che ha conquistato il secondo campionato europeo della nostra storia e ha fatto suonare «Notti magiche» nel tempio del calcio inglese. Nulla a che vedere con la Nazionale che vinse nel 1968: Zoff, Facchetti, Mazzola, Anastasi, Rivera, Riva… Ma è senz’altro un grandissimo gruppo; che manda per primo a ricevere la medaglia Spinazzola con le stampelle. Professionisti, amici, compatrioti (bello vedere Matteo Berrettini andare a salutare in tribuna il presidente Sergio Mattarella; e sarebbe bellissimo se il primo italiano finalista a Wimbledon riportasse la residenza fiscale da Montecarlo in patria).

Non si diventa mai campioni per caso. Non senza una base tecnica e una forza morale. Il calcio non è metafora della vita e della politica; ma la Nazionale finisce sempre per assomigliare alla nazione che rappresenta. In questo mese, la Nazionale di Mancini ci ha ricordato che essere italiani non è poi così male. Anzi, qualche volta possiamo pure sentirci orgogliosi di esserlo.

Per un popolo che non ha avuto un Balzac e un Flaubert, un Tolstoj e un Dostoevskij, un Dickens e un Tolkien, il calcio è il vero romanzo popolare. E come ogni romanzo individua, racconta, segna un momento storico.

L’Europeo 1968 incrociò un’Italia uscita da una secolare povertà, alla vigilia di una stagione inquieta e violenta, che però almeno per una notte riscoprì il tricolore. Era un tempo in cui i calciatori non cantavano l’inno, che non veniva considerato una cosa importante; adesso lo è.

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Italia campione d’Europa, batte l’Inghilterra ai rigori 4-3. Eroe Donnarumma.

lunedì, Luglio 12th, 2021

di Alessandro Bocci, inviato a Londra, e Maria Strada

Italia campione d'Europa, batte l'Inghilterra ai rigori 4-3. Eroe Donnarumma. La cronaca

(Ap) shadow

Succede ancora, ai rigori come in semifinale contro la Spagna. Wembley ammutolito si inginocchia davanti all’Italia. Siamo campioni d’Europa, 53 anni dopo Gigi Riva e Pietro Anastasi. È una notte fredda e dolcissima, di estasi azzurra. Un sogno di mezza estate. Neppure il più sfrenato degli ottimisti se lo sarebbe immaginato un epilogo così, sapendo da dove siamo partiti tre anni e 8 mesi fa quando la Svezia ci ha negato il Mondiale in Russia e il calcio italiano è finito dritto all’inferno. Adesso quelle lacrime di disperazione sono diventate di gioia, gli azzurri si abbracciano nel tempio laico e abbracciano Mancini, che a questo miracolo italiano ha creduto sin dal primo giorno e piange anche lui. L’ultima partita, con i giganti dell’Inghilterra, in casa della Regina e dentro uno stadio ostile, è una meravigliosa sofferenza. L’Italia vince perché ha più cuore e più anima e una tempra d’acciaio. I suoi simboli sono l’eterno Chiellini, alla terza partita consecutiva dopo l’infortunio, un gigante dentro la sua area contro Kane e contro Sterling, e il giovane rampante Donnarumma che, svelto come un gatto, para due rigori, anche quello decisivo, allo stralunato Saka, cancellando gli errori di Belotti e Jorginho.
La partita è subito in salita. Southgate sceglie la difesa a tre come contro la Germania e consente a Trippier di sovrapporsi a Sterling, dirottato a destra nella zona di Emerson Palmieri. E proprio Trippier, al primo affondo, scavalca con un cross lungo la nostra difesa e trova bene appostato Shaw, che rompe l’equilibrio dopo appena due minuti. L’Italia, durante il viaggio europeo, non era mai andata sotto nel punteggio. La rete consente agli inglesi di apparecchiarsi la partita che avrebbero sognato di fare: accorciare gli spazi, annusando il momento buono per ripartire in contropiede. Per fortuna degli azzurri il piano dei Bianchi funziona a metà: ripartenze incisive senza però creare pericoli.

Il problema è che l’Italia non è la solita Italia. Il gol è una mazzata. Pian piano riusciamo a riprendere il controllo del pallone, ma il palleggio è lento, senza qualità e nessuno si muove senza palla. Funziona male la catena di sinistra che, priva di Spinazzola, in tribuna con le stampelle, perde energia. Insigne non salta l’uomo, Barella non si butta dentro, Jorginho e Verratti non riescono a impreziosire la manovra. Immobile, che avrebbe il compito di tirare fuori i difensori inglesi dall’area, quasi non si vede. Solo Chiesa è vivo, ci prova con un paio di iniziative, ma ha il torto di giocare da solo e Mancini lo riprende.

Nel secondo tempo avviene la trasformazione. È un’altra Italia, spavalda, coraggiosa, determinata, pungente. Mancini cambia in fretta, inserendo Cristante per lo spento Barella in modo da dare maggiore fisicità al centrocampo e Berardi per lo spento Immobile, mai dentro la partita. Il tridentino leggero funziona e gli inglesi vanno in difficoltà. Pickford salva sul tiro ravvicinato di Insigne e sulla saetta di Chiesa prima di capitolare sulla conclusione ravvicinata di Bonucci dopo che aveva deviato sul palo l’incornata di Verratti. Ora gli azzurri non danno punti di riferimento e lo stadio ha paura. Ma gli equilibri cambiano nuovamente in una partita che è una battaglia. I supplementari sono lotta pura. Sino ai rigori benedetti. Siamo sul tetto d’Europa: una porta verso il Mondiale del Qatar (Alessandro Bocci).

Italia-Inghilterra 4-3 ai rigori, Italia campione d’Europa!

4-3 Saka sbaglia! Donnarumma para ancora! Inghilterra tradita dal dischetto dai suoi cambi!
L’11 luglio, data già cara per il Mundial di Spagna, si conferma giorno del cuore per il Belpaese. E il presidente della Repubblica Sergio Mattarella esulta come fece allora Pertini. Gli azzurri saranno ricevuto lunedì dal Presidente del Consiglio Mario Draghi, come Matteo Berrettini che nel pomeriggio aveva giocato – e perso – la finale di Wimbledon contro Novak Djokovic e si è sicuramente in parte consolato sugli spalti di Wembley.

Il rigore parato da Donnarumma a Sancho (Getty Images)

Il rigore parato da Donnarumma a Sancho (Getty Images)

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Berrettini-Djokovic a Wimbledon: 2-5 nel primo set, per Matteo inizio salita. Diretta

domenica, Luglio 11th, 2021

di Redazione Sport

Berrettini-Djokovic a Wimbledon: 2-5 nel primo set,  per Matteo inizio salita. Diretta

Afp

Il momento della verità è arrivato: Matteo Berrettini, primo italiano di sempre in finale a Wimbledon, sfida il numero uno del mondo Novak Djokovic, alla trentesima finale di uno Slam (19 vinte) e a caccia del Golden Slam , il poker di Major nell’anno solare più l’oro olimpico, impresa riuscita solo a Steffi Graf nel 1988. Mission impossible dunque? Non è detto. Come ha spiegato Adriano Panatta sul Corriere, «Per battere Djokovic non servono invenzioni, deve alzare il livello dei suoi servizi e dritti esplosivi e infilarsi nei buchi di Nole». Poi Matteo può provare a trasformare la sua inesperienza a questi livelli in energia, spensieratezza, leggerezza: giocare libero. Provarci si può. Ora tocca al campo più mitico che c’è. Ecco la diretta del Corriere, game per game.

La diretta
Primo set

2-5: Djokovic tiene il servizio all’insegna del serve and volley: sono già 9 le sue salite a rete oggi pomeriggio.

2-4: reagisce bene Matteo e tiene il servizio anche di fronte a un’acrobazia clamorosa di Djokovic.

1-4: ora Berrettini fa fatica, Nole tiene il servizio mentre Matteo sbaglia una palla semplicissima dopo un bellissimo scambio. Il servizio perduto è stato un brutto colpo da cui si dive riprendere in fretta.

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