Archive for Luglio, 2021

Triste il politico ridotto a follower dell’opinione pubblica

giovedì, Luglio 8th, 2021

Chiedo scusa a Luca Bernardo, candidato sindaco del centrodestra a Milano, se lo utilizzo come metafora in carne e ossa della grande malattia politica dei nostri tempi.  “Ascolterò i cittadini come faccio con le mamme per curare i bambini”, ha detto Bernardo pensando di presentarsi così come un buon politico. Ecco, in realtà quella frase apparentemente innocua nasconde l’essenza stessa dell’attuale degrado politico. Si insegue la domanda senza costruire nuova offerta.

Lo so, è una cosa che dicono in po’ tutti: “Ascoltiamo i cittadini”. È un luogo comune diventato cantilena senza senso. Come dimenticare la prima uscita pubblica di Giuseppe Conte, quando si autodefinì pomposamente “avvocato difensore del popolo italiano” senza rendersi conto che in realtà stava mettendo una pietra tombale sulla vera funzione della politica, cioè quella di progettare futuro?

Luigi Di Gregorio nel suo “Demopatia” ha descritto magistralmente la malattia di leader politici ridotti a passivi follower dell’opinione pubblica. “Chiediamo ai cittadini”, appunto. Invece di dare risposte, la politica pretende che arrivino dal basso: senza idee, senza innovazione, senza strategia. In un infinito gioco di specchi in cui l’immagine finale è un eterno presente senza memoria e senza speranza. In un supermercato di prodotti che non danno alcuna prospettiva, alcun orizzonte se non quelli di ingozzarsi narcisisticamente di interessi, diritti, desideri quotidiani senza alcun afflato storico. Senza alcuna parvenza di grandezza. Senza alcuna visione.

Dalla “storia siamo noi” alla “cronaca siamo noi”.

Alla fine la politica fa l’errore descritto da un visionario come Steve Jobs: “Se non sbaglio, una volta Henry Ford ha detto: ‘Se avessi chiesto ai clienti che cosa volevano, mi avrebbero risposto: un cavallo più veloce!’. La gente non sa ciò che vuole, finché non glielo fai capire tu. Ecco perché non mi sono mai affidato alle ricerche di mercato”.  E se quello di affidarsi alle ricerche di mercato può essere un errore nel fare impresa, diventa sicuramente un errore quando si tratta di fare buona politica.

Rating 3.00 out of 5

Cinque stelle di nuovo in tilt, stavolta sulla giustizia

giovedì, Luglio 8th, 2021

C’era una volta la cabina di regia. Nel pomeriggio era prevista una riunione tra le forze di maggioranza per discutere della riforma del processo penale in vista del Consiglio dei ministri di giovedì. Sarebbe dovuto essere uno di quegli incontri a cui i governi Conte I e Conte II avevano abituato, una di quelle sedute che servivano all’allora premier per mettere d’accordo i partiti litigiosi. Mario Draghi invece ha deciso di tirar dritto, di non sedersi al tavolo con i rappresentanti dei partiti, ma di lasciare direttamente al ministro della Giustizia Marta Cartabia l’incarico di stilare una proposta di mediazione, in particolare sul nodo della prescrizione, e di portarla al Cdm. Senza alcun rinvio nonostante il muro che molti esponenti M5s hanno eretto in difesa della vecchia riforma targata Bonafede, ex titolare del dicastero di via Arenula, che ha abolito del tutto la prescrizione.

Il premier quindi andrà avanti sulla sua strada anche perché una parte dei soldi del Recovery fund, destinati all’Italia, arriveranno solo se sarà approvata una riforma che garantisca tempi rapidi della giustizia. Il Movimento 5 Stelle dal canto suo resta spaccato a metà con una parte dei parlamentari che chiede il rinvio per non vedere spazzata via la sua ‘bandiera’ portata a casa dal precedente governo e una parte, la più consistente, pronta ad accettare la proposta di mediazione.

Tanto è vero che mentre c’è chi assicura che il Movimento “non cederà” sulla prescrizione, fonti beninformate che stanno seguendo da vicino la trattativa riferiscono che malgrado le evidenti difficoltà M5s sarà costretto ad allinearsi: “La proposta Cartabia non entusiasma però è digeribile”. I contatti si moltiplicano. I grillini sono in una sorta di riunione permanente iniziata in mattinata con un incontro al quale hanno partecipato il capodelegazione Stefano Patuanelli, la sottosegretaria Anna Macina e i componenti M5s delle commissioni giustizia di Camera e Senato, tra i quali l’ex ministro Alfonso Bonafede. A fare da intermediario e a interloquire con il ministro Cartabia è la sottosegretaria Macina.

Rating 3.00 out of 5

Giovanni Maria Flick: “È un’ottima riforma ma non funzionerà i pm abbandonino lo spirito missionario”

giovedì, Luglio 8th, 2021

GIUSEPPE SALVAGGIULO

«Se i superlativi in Italia non fossero abusati, direi che l’impianto della riforma penale mi pare molto positivo – dice Giovanni Maria Flick, docente e avvocato penalista, ex ministro della Giustizia e presidente emerito della Corte costituzionale -. L’unico rammarico è che in gran parte contiene cose che provammo a fare 23 anni fa – io ministro e Giorgio Lattanzi all’epoca direttore generale del ministero, lui che oggi ha contribuito a scriverla come collaboratore di Marta Cartabia. Allora fallimmo per indifferenza politica e ostilità della magistratura, speriamo che ora ce la facciano».

È ottimista?
«Demoralizzato e ragionevolmente perplesso dallo spettacolo, a volte sconcertante, in cui si muovono gli attori: politica, magistratura, avvocatura, mass media. Ma non dispero, anche perché mi pare che la ministra si stia muovendo molto bene sul piano della diplomazia». Quali sono i punti che motivano il suo giudizio positivo?
«Mi piace molto, fra l’altro, il rafforzamento del ruolo del giudice nel controllo del pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari. Il rapporto tra queste due figure resta irrisolto: si pensi a quanto accaduto nell’inchiesta sul disastro della funivia del Mottarone. Evidentemente non si è ancora capito che è il giudice, e non il pubblico ministero, a emettere i provvedimenti sulla libertà personale».

La convince il tentativo di aumentare il filtro processuale nell’udienza preliminare?
«Finalmente si capovolge il criterio di valutazione del materiale raccolto nelle indagini: non si rinvia a giudizio per cercare le prove, ma solo quando di per sé sarebbero sufficienti per una condanna, se confermate in dibattimento».

Funzionerà?
«Solo se i magistrati non lo vanificheranno, perpetuando una tendenza perversa a considerare indagine e dibattimento un tutt’uno, senza soluzione di continuità».

I magistrati possono vanificare la riforma?
«Mi pare evidente, senza bisogno di citare Giolitti, per cui le leggi s’interpretano per gli amici e si applicano per i nemici. Ogni principio è interpretabile, dunque nessuna legge, nemmeno la migliore avrà efficacia senza un profondo cambiamento culturale. Della politica, dell’avvocatura, ma soprattutto della magistratura».

Quale?
«Bisogna uscire dalla stagione del panpenalismo, la dottrina per cui tutte le emergenze sociali vanno soddisfatte con nuovi reati, e del pancarcerismo, per cui il tema della sanzione penale si risolve nel carcere. E liberarsi dalla concezione della giustizia come missione».

Rating 3.00 out of 5

Covid, ecco chi rischia di più di finire in terapia intensiva

giovedì, Luglio 8th, 2021

Giampiero Maggio

Il Regno Unito segna un altro picco di contagi: sono 32 mila i casi, ma i morti scendono (sono 33). La Francia annuncia una «mobilitazione generale per raggiungere l’immunità collettiva», mentre in Italia la situazione, al momento, sembra tranquilla anche se da una settimana a questa parte stanno aumentando i contagi. 

La cosa più importante, però, è che ospedalizzazioni e numero di vittime, anziché aumentare, continuino a diminuire. Ma chi finisce in terapia intensiva oggi? Qual è l’identikit delle vittime e perché è tutto diverso rispetto a pochi mesi fa? E se è vero che l’esempio da seguire è quello del Regno Unito (dove i casi di coronavirus continuano a crescere ma, nonostante ciò le vittime restano basse), noi che cosa ci dovremo aspettare? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Di Perri, responsabile del reparto di Malattie Infettive dell’Amedeo di Savoia.

Professore, quale è l’identikit delle persone che ricoverate nelle terapie intensive? 

«E’ cambiata tipologia rispetto a qualche mese fa. Oggi abbiamo persone tendenzialmente molto più giovani: sono spariti i settantenni e gli ottantenni, ma abbiamo i quarantenni e i cinquantenni. Ci sono, ovviamente, anche le persone sopra i 60 anni. ma tendenzialmente l’età media è calata».

Come mai? 

«Il motivo è legato essenzialmente ai vaccini. Chi è stato sottoposto ad una doppia dose ha un basso rischio di contrarre il virus e, se succede, è come un raffreddore. Semmai ha un rischio pari quasi a zero di finire in ospedale o di morire».

Qualche esempio che ci può raccontare? Li possiamo definire no vax?

«Beh, direi di no. Nel senso che non si professano contro il vaccino, poi magari ci saranno anche loro. Diciamo che la caratteristica principale è che non sono vaccinati».

Qualche storia che lei ricorda in modo particolare?

«Ci è capitato di avere in reparto qualche negazionista del Covid: continuavano a negare l’esistenza del virus eppure non respiravano e stavano finendo in terapia intensiva. Ci dicevano: “Ma perché ci state facendo questo se il virus non esiste?”».

Rating 3.00 out of 5

Giovannini: “Il Pil corre, ma attenti alle materie prime pedaggi tagliati per i disagi in autostrada”

giovedì, Luglio 8th, 2021

MARCO ZATTERIN

Nelle previsioni con cui Bruxelles certifica il rimbalzo dell’economia nazionale Enrico Giovannini trova parecchi spunti di riflessione sul cantiere Italia. «L’orientamento è favorevole», riassume, soddisfatto eppure preoccupato per rischi che non mancano, come il ritorno della pandemia che non vorremmo mai, i prezzi delle materie prime alle stelle e le troppe incognite sull’export. Parla di Tav e di investimenti, è il suo portafoglio e la sua esigenza. «I soldi sono già qui», assicura, e gli interventi verranno subito, su bus, trasporti e strade. A proposito. E’ una estate micidiale per chi corre sulle varie «A» nazionali. «Non è una tempesta estiva, ci saranno dieci anni di lavori dobbiamo esserne coscienti», ammette il ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. Servono correttivi. Così, ricorda, da lunedì Aspi ha ridotto o azzerato alcuni pedaggi in Liguria per compensare i disagi. «Abbiamo 15 concessioni da rinegoziare – spiega il professore -. Proporremo ai gestori di adottare questa pratica, ovunque si renda necessario».

Partiamo dalla crescita. Impennarsi dopo aver perso il 10 è il minimo o quasi, no?

«Era una possibilità concreta. Ed è un bene che la Commissione Ue abbia rivisto le previsioni, come anticipato ieri anche dal Governatore Visco e dal Ministro Franci. I dati sul clima di fiducia mostrano una risalita molto forte in seguito alla riapertura, non solo nei settori come le costruzioni che hanno beneficiato di azioni del governo, ma anche nella manifattura e i trasporti. La buona notizia è che la fiducia si sta trasformando in investimenti e occupazione, sebbene la perdita di lavoro rispetto al 2020 sia ancora fortissima». E’ sorpreso?

«Il dato aggregato che sintetizza le tendenze microeconomiche non era inatteso. Già nel maggio 2020 un’indagine Istat sulla capacità di reazione del sistema produttivo rivelava che un 30% di imprese non si era mai fermato, che un altro 30% era in condizioni gravissime, e che il resto era in difficoltà ma non drammatiche. E si vedeva che le imprese più innovative, che investivano e formavano, erano maggiormente resilienti».

Eccola, la “resilienza”.

«Capisco che, come parola, possa aver stufato, ma è un concetto importante. Finite le restrizioni della pandemia, il rimbalzo ora si allarga a tutti i settori. Ci sono ancora comparti in mezzo al guado, perché la crisi ha colpito duramente. Ma il sistema delle imprese è ripartito, si è dimostrato più resiliente di quanto molti pensavano».

Speriamo bene. Quali sono i rischi?

«Sono diversi a seconda dei settori. Costruzioni e manifatturiero, per cominciare, se la devono vedere con aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’indisponibilità dei materiali. Ci sono poi le incognite della domanda internazionale legate alla minaccia di nuove serrate, come in Australia, per l’andamento della pandemia. Il terzo rischio è che l’eccesso di liquidità ferma sui conti correnti si trasformi troppo lentamente in investimenti e consumi perché le persone restano guardinghe. Per questo bisogna creare le condizioni per sbloccarlo».

Rating 3.00 out of 5

Scuola, corsa ai vaccini. Il piano per immunizzare i prof: corsie preferenziali negli hub

giovedì, Luglio 8th, 2021

di Fabio Savelli

Corsie preferenziali per il personale scolastico negli hub vaccinali. Per cercare chi ancora non è stato immunizzato, per diffidenza o paura, e consentire di riprendere in sicurezza la didattica in presenza a settembre. In una lettera indirizzata ai governatori il commissario Francesco Figliuolo chiede di spingere la campagna delle somministrazioni, anche in «maniera proattiva» con il coinvolgimento dei medici di base. Obiettivo: intercettare 200mila addetti del comparto scuola, tra loro anche gli amministrativi, che risultano non coperti secondo i dati in possesso della struttura commissariale. Numeri alimentati dalle regioni che confluiscono nell’anagrafe vaccinale nazionale gestita dal ministero della Salute. Un’indicazione condivisa da Luca Zaia, governatore del Veneto, che parla della «necessità di estenderla a tutti». Ci sono però regioni in ritardo, con percentuali inferiori all’80% di copertura, soglia minima ritenuta accettabile in questo momento. Tra loro Sicilia, Sardegna, Calabria, Liguria, Umbria e le province di Bolzano e Trento.

Sull’attendibilità di questi dati però non tutti sono pronti a giurarci. Tra gli assessorati regionali è il balletto delle cifre. Interrogate, segnalano numeri discordanti rispetto a quelli contenuti nel report del commissario. Con diversi punti percentuali di differenza, soprattutto in Liguria a Sardegna. Quasi tutte denunciano la mancata uniformità dei database vagliati. Peccato che quei dati arrivano dalle regioni che però ipotizzano un’importante sovra-stima dei non vaccinati tra il personale scolastico perché non tutti, nel momento della prenotazione, hanno spuntato la categoria prestabilita, finendo per confluire in un indistinto calderone diviso per fasce d’età. I numeri della platea ballano se si prendono in considerazione anche quelli che lavorano nei servizi esternalizzati dagli istituti, come la pulizia dei locali. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha chiesto al Cts di elaborare un parere più attendibile sul rischio epidemiologico considerando i progressi della campagna. Un’indicazione che però tarda ad arrivare se non si comprende la soglia di immunità nelle scuole. Siamo all’85% su base nazionale, una percentuale che collettivamente garantirebbe una copertura adeguata.

Rating 3.00 out of 5

Italia-Inghilterra è la finale degli Europei 2021: la sfida della nostra «generazione Wembley»

giovedì, Luglio 8th, 2021

di Paolo Tomaselli, inviato a Londra

Italia-Inghilterra è la finale degli Europei 2021: la sfida della nostra «generazione Wembley»

Locatelli, Barella e Chiesa (Fotogramma, Ipp, Afp)

C’è chi nato e cresciuto con vista su Wembley, come Raheem Sterling, che domenica sfiderà gli azzurri in casa, nel vero senso della parola, in una finale inedita e sovraccarica di aspettative, soprattutto da parte inglese. C’è chi, come Federico Chiesa e Gigio Donnarumma, in quello stadio mitico ha varcato la propria linea d’ombra, ha smesso essere di essere un ragazzo prodigio ed è diventato uno degli uomini che ha trascinato la Nazionale in finale.
Gigio con i suoi 22 anni e Fede con i suoi 23, sono i più giovani, tra i titolari azzurri, assieme Nicolò Barella (24). Ci sono anche Manuel Locatelli (23), che ha sbagliato il primo rigore ma resta una delle carte migliori della panchina e Matteo Pessina (24), altro under 25 azzurro, che a Londra è stato decisivo assieme allo stesso Chiesa nell’ottavo contro l’Austria.
Sono la Generazione Wembley o i Wembley Boys azzurri. E lo saranno comunque vada a finire questa cavalcata che nessuno vorrebbe finisse mai. Saranno loro, gli uomini forti tra sedici mesi appena, al Mondiale del Qatar per il quale l’Italia deve ovviamente ancora qualificarsi. Ma come è distante oggi quella polvere depositata sul calcio italiano dalle macerie fumanti lasciate dallo spareggio perso con la Svezia.

Merito del c.t. Mancini, che ha rilanciato alla grande la generazione di mezzo, dei Jorginho, Immobile, Insigne, Verratti, e soprattutto ha dato fiducia ai più giovani, a partire dalla convocazione-manifesto di Nicolò Zaniolo, quando ancora doveva muovere i primi passi nella Roma. Già, Zaniolo: non sarà un Wembley-boy, ma sarà l’arma in più della prossima versione di Azzurra, quella che tutti hanno imparato di nuovo a rispettare, oltre che a temere.

Da Locatelli a Gigio, da Raspadori a Bonucci: i 15 fratelli (minori) d’Italia

Ma il futuro è adesso. E nell’arco che sovrasta l’immenso Wembley sono rimaste due frecce, quella inglese e quella italiana. E senza Spinazzola che stantuffa sulla fascia sinistra è Chiesa la Freccia Tricolore da seguire, come ha dimostrato nel contropiede contro la Spagna, chiuso con un altro arco, quel tiro a giro old-style«finalmente un gol simile a quelli di mio padre» come ha detto Fede, nella rincorsa a Enrico: «Siamo l’unica coppia padre-figlio ad aver segnato all’Europeo ed è stato bellissimo».

Rating 3.00 out of 5

Basta virologi in tv, preso di mira Matteo Bassetti: valanga di firme per la petizione sulla radiazione

mercoledì, Luglio 7th, 2021

Matteo Bassetti ha tirato troppo la corda sul Covid e sulle possibili restrizioni da attuare in futuro. È questa l’idea di Robby Giusti, che ha lanciato una petizione e l’ha diretta a Filippo Anelli, il nuovo Presidente dell’Ordine Nazionale dei Medici. “Chiediamo la ‘RADIAZIONE dall’ALBO’ del Virologo Matteo Bassetti – Basta Tv” il titolo della petizione che in poco più di quattro ore ha portato a casa oltre 26mila firme, marciando come un treno. In particolare a Bassetti viene contestata questa frase pronunciata negli scorsi giorni: “Hai deciso di non vaccinarti, di mettere a rischio la tua salute, ma anche quella degli altri? Bene, i vaccinati faranno una vita normale, i non vaccinati si chiuderanno in casa”. “Riteniamo che Matteo Bassetti, debba essere Richiamato dall’Albo dei Medici in quanto un medico non si può permettere con le sue dichiarazioni di fomentare l’incitamento all’Odio ed alimentare la discriminazione. La ‘Radiazione dall’Albo’ – spiega il promotore della petizione già virale – è palesemente una provocazione, perché radiare un luminare del suo calibro sarebbe un peccato, ma invece una radiazione di tutti i Virologi dall’ambiente televisivo sarebbe giusto”. 

L’affondo poi conclude: “I medici devono stare in ospedale non in Tv. Il Comportamento del Medico Virologo, viola la libertà dei cittadini, la libera scelta ed è ancora più grave dato la notorietà e la stima internazionale nei confronti del Dott. Bassetti”.

Rating 3.00 out of 5

Stasera Italia, “Giorgia Meloni premier?” Alessandro Sallusti, cosa rivelano i sondaggi su FdI e Lega

mercoledì, Luglio 7th, 2021

Giada Oricchio

Giorgia Meloni o Matteo Salvini? Chi dei due sarà il probabile prossimo presidente del Consiglio? Il direttore di Libero, Alessandro Sallusti, vede favorita la leader di Fratelli d’Italia e a Stasera Italia News, martedì 6 luglio, spiega perché Salvini è maggiormente preoccupato di non accasarsi a Palazzo Chigi: “Se c’è il rischio che Salvini non sia premier? Beh sì. Il premier è quello che prende più voti, è una regola democratica, non è possibile l’inverso. E’ preoccupato perché il trend della Meloni è in ascesa, non è un picco, ma un trend e quindi continuerà a salire. Il trend della Lega invece è in leggera discesa.

Secondo alcuni sondaggisti è già avvenuto il sorpasso anche se in tempo di non elezioni questi lasciano il tempo che trovano. Salvini è preoccupato in prospettiva: se la Meloni resta sola all’opposizione e lui è costretto a fare compromessi con gli altri partiti, diventa probabile che una fetta del suo elettorato passi alla Meloni. Si pone un problema di leadership”.

Al contrario, la giornalista de La Repubblica Claudia Fusani dubita che il capo di Fratelli d’Italia possa continuare a crescere nei sondaggi perché arrivano i soldi del PNRR e la bontà del governo Draghi sarà “messa a terra” con progetti e riforme togliendole argomenti per stare all’opposizione.

Dello stesso avviso la collega Maria Giovanna Maglie: “La Meloni ha fatto una grande pensata, ma credeva che si votasse con il Presidente della Repubblica, se così non è e gli altri migliorano la situazione tragica, chi sta all’opposizione resta senza argomenti. E’ lungo il tempo per chi fa opposizione se si vota nel 2023”.

Rating 3.00 out of 5

Letta umiliato anche in libreria, solo Toninelli fa peggio

mercoledì, Luglio 7th, 2021

Carlantonio Solimene

Ma quante copie ha venduto il libro di Enrico Letta? «Si tratta di dati riservati, ma posso dirle che è andato molto bene». Davvero? «Certo. Siamo già alla seconda ristampa. Ed è entrato anche in classifica». E quante copie sono state stampate per la prima edizione? «Anche questi sono dati riservati, ma si è trattato di una tiratura importante».

Da Solferino, la casa editrice legata a Rcs che ha pubblicato l’ultima fatica letteraria del segretario del Pd, «Anima e cacciavite», non si riesce a sapere altro. Ciò che è certo è che effettivamente Letta è entrato in classifica. Ma non in quella generale, bensì solo in quella della saggistica. «Innalzandosi» per una sola settimana, dal 24 al 30 maggio, al ventesimo posto in Italia. Poi più nulla. Una performance migliore, per dire, l’ha ottenuta persino Danilo Toninelli, che con il suo autoprodotto «Non mollare mai – La storia del ministro più attaccato di sempre», venduto solo on line, nella classifica della saggistica ci è entrato la settimana dopo, arrivando però al dodicesimo posto.

Letta peggio di Toninelli, almeno in libreria. Possibile? Per scoprirlo occorrerebbe avere accesso alle banche dati delle aziende che si occupano di censire il mercato editoriale e che vendono i loro servizi agli addetti ai lavori. Fortunatamente c’è una gola profonda che ci dà un aiuto. «No, Letta non ha fatto peggio di Toninelli. L’ex ministro grillino ha venduto poco più di duemila copie. Il segretario del Pd sarebbe a 3.300». Il condizionale è d’obbligo, perché a essere censite sono solo le copie vendute con i canali tradizionali. Per dire: se il Partito democratico ha deciso di comprare una quota di libri direttamente dall’editore per poi venderli a margine delle presentazioni, nelle banche dati non risulta. A essere generosi, però, si resta comunque sotto le cinquemila copie.

Tante? Poche? Qui il discorso si fa più complesso. Perché se si confronta il libro del segretario del Pd con quello della leader di un altro partito di simile consenso elettorale come Giorgia Meloni, «Anima e cacciavite» esce con le ossa rotte. Ad oggi «Io sono Giorgia», edito da Rizzoli, vanta una tiratura di 165mila copie per la bellezza di dodici edizioni a poco meno di due mesi dall’uscita. Certo, una cosa è la tiratura, un’altra le vendite. Rizzoli non fornisce questo dato ma un’idea è possibile farsela grazie al giornalista Stefano Lorenzetto che – citando i calcoli di Gfk nella settimana dal 7 al 13 giugno – stimava 77mila copie vendute. Considerando che nel frattempo sono state censite altre due settimane e che il libro della Meloni è ancora al primo posto nella saggistica e al sesto nella generale (non ne è mai uscito fin dalla pubblicazione) si può stimare che «Io sono Giorgia» veleggi attualmente oltre le 90mila copie vendute. Un successo travolgente, senza dubbio.

Un tempo si sarebbe detto che il libro della Meloni è un’eccezione e quello di Letta la regola. Perché i volumi dei politici, fino a qualche anno fa, non riscuotevano un grande successo. E, d’altronde, il fine ultimo dell’autore non era venderli, bensì guadagnarsi paginate sui giornali con le anticipazioni, interviste, ospitate in tv, presentazioni affollate eccetera. Più che un libro da vendere, un evento da pubblicizzare col quale lanciarsi o «ri»lanciarsi. Visibilità. Poi, però, qualcosa è cambiato. E la svolta sarebbe nella prima pubblicazione con Feltrinelli di Matteo Renzi, che nel 2017 dà alle stampe «Avanti. Perché l’Italia non si ferma».

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.