Archive for Luglio 12th, 2021

Europei 2021, sono (finalmente) tornati gli abbracci

lunedì, Luglio 12th, 2021

Walter Veltroni

Europei 2021, sono (finalmente) tornati gli abbracci

Avevamo smesso di abbracciarci. Persino dimenticato come si fa. E a noi italiani piace tanto abbracciarci. Ce lo impedivano i Dpcm. Neanche una stretta di mano, ci era consentita. Ci siamo al più sfregati i gomiti, le nocche delle dita, surrogati pallidi come il caffè di cicoria nei tempi di guerra. Siamo stati separati, i corpi considerati, così come il respiro dell’altro, non una ragione di desiderio o di contatto, ma un pericolo, un pericolo mortale. I corpi come contagio, come arma batteriologica; l’altro da noi un rischio, al massimo un rimpianto. Ci siamo, non dobbiamo e non possiamo ancora smettere di farlo, nascosti dietro delle maschere di stoffa. Lì abbiamo celato i nostri stati d’animo, non solo i nostri lineamenti. Questi mesi ci hanno fatto più fragili, mettendoci al cospetto con la fine come possibilità, con il dolore come spirito del tempo. Siamo più esposti ai sentimenti, e disabituati al più desiderabile di tutti, la gioia, specie collettiva. Forse per questo nel pensare alla bellezza rivoluzionaria, sentimentalmente catartica, della felicità esplosa in una notte di luglio in ogni casa e piazza di questo meraviglioso paese, mi vengono in mente tre immagini.

La prima, la più bella, quella indimenticabile è l’abbraccio tra le lacrime di Roberto Mancini e Gianluca Vialli, due uomini adulti che nel momento della gioia più intensa non hanno avuto timore di piangere stretti l’uno all’altro, fregandosene delle telecamere e del mondo che li guardava. Si abbracciavano come due amici che molto hanno vissuto, molto hanno sofferto, che hanno condiviso un sogno e faticato per farlo diventare realtà. Quell’abbraccio parlava di un sentimento, l’amicizia, che non consente sospetti e non richiede prove. Piangevano, quei due uomini, e nella forza di quelle mani strette sulle spalle dell’altro c’era il possesso e lo scambio che ogni amicizia, cementata dal tempo e dalla sintonia, rende più forti, rende in fondo invincibili anche se sconfitti. Perché quell’abbraccio ci sarebbe stato, ne sono convinto, anche se la lotteria dei rigori avesse premiato i nostri avversari.

Perché Roberto e Luca si sono scelti, per attraversare giorni, mesi e anni, restando uniti. E rispettando i ruoli. Se vi capiterà di rivedere l’immagine del momento in cui Chiellini, Mancini e i compagni di squadra alzano la Coppa al cielo aguzzate la vista: spostate lo sguardo sulla destra del fotogramma. Lì troverete, di fronte alla squadra e all’allenatore, un uomo che si è messo volutamente in disparte, ma con allegria. Che scegliendo di non andare in quell’immagine ha detto, con la grandezza della rinuncia inosservata, che il merito principale era loro, non suo.

Europei 2021, sono (finalmente) tornati gli abbracci

Poi l’abbraccio tra l’allenatore dell’Inghilterra, uno che i rigori finirà col sognarseli la notte, e il suo giocatore, Bukayo Saka, che aveva sbagliato l’ultimo penalty e cambiato destinazione alla coppa: non Home ma Rome. In quell’abbraccio c’era la consolazione, l’affetto di un uomo che il ruolo e l’età rendono comunque padre e che sente il dovere di confortare un ragazzo deluso, mortificato dalla delusione provocata non a sé stesso ma a un popolo intero. Il corpo dell’allenatore è il rifugio, la protezione dalla realtà quando si fa minaccia.

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L’Italia campione d’Europa è rientrata a Roma. Oggi gli Azzurri attesi da Mattarella e Draghi

lunedì, Luglio 12th, 2021

di Redazione Online

L'Italia campione d'Europa è rientrata a Roma. Oggi gli Azzurri attesi da Mattarella e Draghi

L’Italia campione d’Europa di calcio è rientrata a Roma. L’A3198 di Alitalia, volo AZ 9001, proveniente da Londra Luton è atterrato all’aeroporto di Fiumicino qualche minuto dopo le 6 di lunedì mattina.

Gli Azzurri sono arrivati a Roma dopo il trionfo di ieri sera a Wembley, in finale contro l’Inghilterra, battuta ai calci di rigore. Ad attendere la Nazionale, nell’area arrivi, c’erano già moltissimi tifosi, in attesa dalle prime ore dell’alba per poter accogliere e salutare la squadra che ci ha reso nuovamente, dopo 53 anni dall’ultima vittoria, campioni d’Europa.

Quando Mancini e Chiellini sono apparsi in cima alle scalette dell’aereo a Fiumicino, è scoppiato un boato tra gli operatori che si sono radunati sotto il velivolo con applausi e cori. Bonucci ha intonato «I campioni dell’Europa siamo noi». Ma non sono mancante foto ricordo e ringraziamenti a tutti gli azzurri, apparsi entusiasti e commossi.

Ad accogliere i campioni un maxi striscione di Aeroporti di Roma con la scritta «Grazie azzurri». I calciatori e lo staff sono stati prelevati sotto all’aereo e sono saliti sul pullman, che ha poi lasciato alle 6.30 lo scalo romano, in direzione dell’hotel Parco dei Principi. Da lontano si sentivano gli echi delle trombe delle centinaia di tifosi che si trovavano nella zona arrivi (e non hanno potuto vedere gli Azzurri atterrare).

Gli Azzurri sono quindi arrivati all’hotel, dove ad attendere Chiellini, che è sceso dal bus con una corona in testa e sventolando la coppa, e compagni c’era un nutrito gruppo di tifosi.

Oggi la Nazionale pranzerà in hotel, poi nel pomeriggio è attesa al Quirinale alle ore 17 per essere ricevuta dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presente ieri allo stadio londinese di Wembley per la finale degli Europei, e alle 18 dal presidente del Consiglio Mario Draghi a Palazzo Chigi. Con loro, anche il finalista a Wimbledon — sconfitto da Djokovic — Matteo Berrettini.

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Italia-Inghilterra, l’analisi di Sconcerti: così gli azzurri sono entrati in un’altra epoca

lunedì, Luglio 12th, 2021

di Mario Sconcerti

Italia-Inghilterra, l'analisi di Sconcerti: così gli azzurri sono entrati in un'altra epoca

(Afp)

Siamo Campioni d’Europa, la conquista di una grande squadra. Capiremo a mente fredda cosa vuol dire, cosa cambia della nostra estate e del calcio italiano. Questo è il momento di essere liberi e ringraziare tutti. Non tanto Mancini, che è stato sempre il più ringraziato, quanto i ragazzi, quelli insoliti come Di Lorenzo e Emerson, quelli sfiniti come Barella e Verratti. Quelli che ci hanno salvato tante volte come Chiesa e quelli che ci sono sempre stati come Bonucci e Chiellini, la nostra anima. Ringraziare l’estro di Insigne, l’errore inutile di Jorginho.
Grazie a tutti quelli che hanno preso questo treno così strano e colorato da non pensare fosse il nostro. È stata un’impresa difficile. Siamo rimasti i primi trenta minuti in balia dell’invenzione di Southgate, un cambio improvviso di modulo che aggiunge un difensore e finisce per schierare la squadra con il 3-5-2. Trippier al posto di Saka, prudenza in più, un omaggio all’Italia che non abbiamo capito. Così quando Shaw ha seguito la prima azione dell’Inghilterra, con la partita ancora nella fase ingenua, e ha calciato in porta in grande solitudine, il suo avversario diretto, Chiesa, era a quaranta metri da lui.
Il problema di chi marcava chi, non si è mai del tutto risolto su quella fascia perché Di Lorenzo tendeva a stringersi al centro per dare un’occhiata a Mount, motore ultimo dell’Inghilterra. Tutto per liberare Jorginho da un compito di marcatura e lasciarlo libero di pensare. Così ci siamo incastrati in una confusione suggestiva che ha portato molti fuori ruolo. L’Inghilterra non ha fatto di più, ha giocato all’italiana, aspettando e ripartendo pochissimo.

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Wimbledon, Matteo Berrettini s’illude ma Djokovic è disumano: appuntamento col primo Slam solo rimandato

lunedì, Luglio 12th, 2021

Novak Djokovic non è umano. Non servivano conferme, ma sono comunque arrivate anche nella finale di Wimbledon, che gli consentono di agganciare Nadal e Federer a quota 20 Slam vinti: presto li supererà perché niente e nessuno può fermare questo tennista straordinario, senza punti deboli, forse il più forte e completo di sempre. Onore a Matteo Berrettini, il primo italiano di sempre a scendere sul centrale di Wimbledon per una finale. 

Il romano ha giocato una gran partita, ha pagato qualche errore cruciale, ma ha poco da rimproverarsi al cospetto di un Djokovic semplicemente di un altro pianeta, capace di disinnescare anche le armi più affilate di Berrettini, quelle riconducibili al servizio e al dritto. E dire che nel primo set era successo un mezzo miracolo, con Matteo che dopo un inizio difficile si è sciolto e ha iniziato a giocare del gran tennis: e così sul 5-2 per Nole, ha salvato un set point e poi ha iniziato a martellare l’avversario, conquistando il tiebreak per 7-4.

Nel secondo set, però, Berrettini ha perso di nuovo il servizio nelle battute iniziali e poi ancora nel terzo game. Riuscito a risalire fino al 5-4, si è dovuto arrendere 6-4 alla classe e all’esperienza di Djokovic, sempre glaciale quando si tratta di giocare punti pesanti. Nel terzo set Matteo è rimasto attaccato alla partita e c’è stato un momento in cui poteva provare a cambiare l’inerzia: avanti 3-2, 40-15 sul servizio di Djokovic, non è riuscito a trasformare i due break Point e alla fine ha ceduto di nuovo 6-4. 

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Italia campione d’Europa, a Wembley voltiamo pagina. E adesso la Nazione riparte

lunedì, Luglio 12th, 2021

Francesco Storace

Ci tenevano tanto a stare fuori dall’Europa e l’Italia li ha accontentati. Un po’ di fortuna, tanto valore ed onore enorme. Gli azzurri non si sono mai arresi e portano a casa il titolo di Campioni d’Europa. 

Grazie, grazie davvero anche al presidente Sergio Mattarella, con quel suo sorriso stampato in volto da quella tribuna che arrivava al cuore di tutti gli italiani davanti al televisore. Sembra Capodanno l’inizio di un nuovo 2021, un calcio ad un passato triste come quello che abbiamo vissuto da gennaio 2020 ad oggi. W l’Italia che resiste, lotta e vince. Era cominciata con pessimi auspici l’ultima sfida europea, perché avevano disturbato assai quei fischi all’Inno di Mameli, gli incidenti nel prepartita, la bandiera tricolore oltraggiata. Sono i soliti inglesi. Ben gli sta pure ai rigori. Il prato verde di Wembley è diventato azzurro, il 2021 sembra iniziare adesso, addio a quel maledetto 2020 trascinato per troppi mesi, fino a questa straordinaria serata a cui siamo arrivati con una tensione da crepacuore. Sì, salutiamo l’impresa degli europei, perché entra nella nostra storia come una meravigliosa tappa di liberazione dall’enorme tragedia vissuta. Miracoli del pallone.

L’Italia di Roberto Mancini è stata protagonista di una pagina bellissima. Ci sentiamo sempre più innamorati di un Tricolore che sbattiamo in faccia al mondo anche se la teppaglia britannica lo odia. E non si sottovaluti mai l’importanza dello sport come magico momento comunitario, perché quando gioca la Nazionale siamo tutti in piedi a soffrire con i nostri campioni. Ci irridevano per i nostri guai, ora tocca a chi guarda a noi rispettare quella Bandiera che torna a sventolare con l’orgoglio dei tempi migliori. In quel lontanissimo 2020 eravamo l’Italietta decimata dal morbo cinese, destinata a pagare un tributo enorme di morti. E invece siamo vivi, perché è tornata la voglia di riscatto che davvero sarebbe da dedicare a quegli oltre centomila italiani che non ci sono più. In campo e nella società. Da qualche mese a questa parte la sobrietà è tornata a Palazzo Chigi e in campo un allenatore alla guida di un team eccellente ha dimostrato di saper reggere il confronto.

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L’esultanza di Mattarella. Berlusconi: “Che orgoglio”

lunedì, Luglio 12th, 2021

Francesco Cramer

Mattarella come Pertini. E governo in visibilio: «Avete scritto una straordinaria pagina di storia, non solo sportiva. Vi aspettiamo a Roma», twitta palazzo Chigi. È più di un’esultanza. È il senso di rinascita di una Nazione. È l’orgoglio italiano che sprizza in uno dei momenti più difficili del Paese. Il capo dello Stato Sergio Mattarella arriva a Londra alle 20. Ha appena incrociato Berrettini che ha dato il filo da torcere al mostro Djokovic a Wimbledon e gli ha detto ti aspetto domani. A Roma. Sul tetto del mondo del tennis, senza alzare il piatto più grande per un soffio. Poi Wembley, il primo tifoso italiano con tutta l’Italia sulle spalle. Cravatta e mascherina azzurra. Stile e misura, molto più del Pertini dell’82. Esulta al pareggio di Bonucci con passione e compostezza e diventa virale sui social. È il riscatto di una nazione. Il suo commento a caldo: «Grande riconoscenza a Roberto Mancini e ai nostri giocatori. Hanno ben rappresentato l’Italia e reso onore allo sport». Stile. Al fianco di Mattarella il presidente della Figc, Gabriele Gravina. E ancora il sottosegretario con delega allo Sport, Valentina Vezzali ed Evelina Christillin membro aggiunto dell’Uefa. E oggi tutti al Quirinale per festeggiare. Solo il protocollo istituzionale ha impedito al premier Draghi di essere presente: la presenza in concomitanza di capo dello Stato e capo del governo non è prevista.

Quando arriva allo stadio il premier Boris Johnson lo saluta da ultras, maglietta inglese sopra la giacca. «Forza Italia», lo saluta l’inquilino di Dowing Street. Lui perfetto, giacca e cravatta e impermiabile sotto la pioggia londinese. È il riscatto tricolore di cui tutti avevamo bisogno. Smacco per il principe William, in tribuna perché presidente onorario della Football Association e grande tifoso del soccer. Anche la seconda carica dello Stato Elisabetta Casellati non si esime dall’esultanza: «Capolavoro azzurro! Italia campione d’Europa». Silvio Berlusconi, da Arcore, si guarda la partita con l’amico di una vita Galliani: «Comunque vada, orgogliosi di voi», posta la foto su Instagram. Andrà bene, benissimo. «Siiiiiiiiii!!! Italy-England Wembley L’Europa siamo noi. Come è giusto!», twitta subito il segretario del Pd, Enrico Letta. Esultanza bipartisani perché il calcio e la bandiera uniscono. Quindi Salvini esulta sui social: ««Sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì si. E ancora… sììììììììììììì! Campioni d’Europa». «Quanto si gode! Viva l’Italia». Matteo Renzi su Twitter allega la clip del tuffo in piscina collettivo. «Una emozione indescrivibile. Che squadra, che gruppo, che cuore. Viva l’Italia», è l’esultanza di Luigi Di Maio.

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L’Italia regina d’Europa sfratta Sua Maestà da Wembley e “vendica” di rigore un intero Continente

lunedì, Luglio 12th, 2021

Davide Pisoni

L’hanno fatto davvero. Hanno colorato d’azzurro il prato di Wembley. L’Italia è campione d’Europa. Per la seconda volta, cinquantatre anni dopo la prima. Battuta l’Inghilterra ai rigori con le parate di Donnarumma, dopo che Bonucci aveva ripreso il gol lampo di Shaw. Messi in ginocchio sessantamila inglesi nel loro tempio con una lezione: i maestri siamo noi. È un altro undici luglio storico dopo il Mondiale del 1982. Il presidente Mattarella oggi riceverà al Quirinale, dopo averlo celebrato a Londra, un gruppo nato dal nulla di una qualificazione mancata alla coppa del Mondo, diventato grande passo dopo passo, con una cavalcata da 34 gare di fila senza sconfitte.

Una Nazionale plasmata da Roberto Mancini a sua immagine e somiglianza, il Ct che ci ha creduto fin dall’inizio. Ritorniamo dove ci compete vincendo la sesta delle dieci finali giocate, quindici anni dopo la notte mondiale di Berlino. È una vittoria nuova, figlia di una rivoluzione filosofica. Mancio ha ridato il pallone agli azzurri e gli ha detto: «Divertitevi». Missione compiuta in casa dei presuntuosi maestri, quelli che hanno vinto una volta sola. E poi ci sarebbe molto da discutere se loro abbiano qualcosa da insegnarci, quando spesso ci hanno chiamato per imparare a vincere. Compresi Mancini e Vialli che hanno reso grande l’Italian Job prima nei club inglesi per poi riprendersi con l’Italia sul prato di Wembley, quello che avevano lasciato 29 anni fa con la Samp. E l’Italia trascina nella festa l’Unione Europea: la coppa non finisce nelle mani di chi le ha voltato le spalle, di chi ha votato la Brexit. Grazie al capolavoro di una squadra senza fenomeni, ma forte di un gruppo unito. Così è stato di fronte all’urlo di Wembley, ai fischi indegni all’inno di Mameli, alle immagini di memoria Hooligans che hanno sporcato Londra. Tutto lavato via dalla pioggia e vendicato dall’Italia.

Dopo essersi inginocchiate per il razzismo, ecco le mosse: Mancini non cambia, Soutghate ha la difesa a tre. Due minuti e Trippier manda in porta Shaw. Da terzino a terzino. Rimaniamo come sorpresi, ma l’Inghilterra così aveva già giocato con la Germania. Per la prima volta in questo Europeo andiamo sotto. Jorginho stringe i denti, non perde la bussola. Verratti è alla sua altezza. Sterling e Kane che girano alla larga da Bonucci e Chiellini, in una sorta di doppio falso nueve. Immobile è stretto nella morsa dei tre leoni difensivi. Anche noi abbiamo un leone: Chiesa mette i brividi a Wembley. L’Inghilterra non coglie il segnale, si chiude in un catenaccio assurdo. «Sembriamo morti» dice Mancini, si sbaglia.

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A un passo dalla gloria: Berrettini lotta, poi cede a Djokovic

lunedì, Luglio 12th, 2021

Stefano Semeraro

Matteo Berrettini, 25 anni, a un passo dal sogno nella finale di Wimbledon vinta da Novak Djokovic per 6-7 6-4 6-4 6-3. L’azzurro è n.8 della classifica Atp e n.3 nella Race per Torino

Il ricordo che ci terremo addosso, di questa giornata comunque fantastica, la luce da accendere nei giorni storti, è il coro che ha accompagnato Matteo Berrettini per tutta la sua prima – e immaginiamo, speriamo, fortissimamente crediamo – non ultima finale Wimbledon. «Mat-te-ò! Mat-te-ò», tre sillabe, un verso d’ amore per l’italiano che ha stregato il torneo, che ha continuato a piovere dalle tribune anche quando, alla fine del quarto set, era chiaro che il finale era già scritto.

«It’s coming Rome», ha provato qualcuno a scrivere su un cartello, facendo il verso al motto dell’Inghilterra del calcio; ma la coppa di Wimbledon è rimasta materialmente qui, nella teca dell’All England Club, e virtualmente in Serbia, per la sesta volta alzata dalle mani di Novak Djokovic. Un fuoriclasse immenso, non sempre, non da tutti amato, ma che ieri ha timbrato l’ennesimo cartellino per l’immortalità (sportiva, non esageriamo). Il sesto Wimbledon gli vale il 20esimo major, a pari merito con Roger Federer e Rafa Nadal, e anche un trampolino verso il Grande Slam che potrebbe raccogliere a settembre agli Us Open.

Berrettini, contro un Mostro del genere, ha fatto quello che doveva e quello che ha potuto. Ci ha dato una partita e un motivo per essere orgogliosi del presente e fiduciosi nel futuro. Ha vinto il primo set, sradicandolo letteralmente dalle mani del Djoker, che credeva di averlo già in tasca sul 5-2, cucinando un piccolo capolavoro nel tie-break e dopo un’ora e 10 minuti si è trovato a due set dall’Impossibile. Poi ha continuato con la rotta che si era immaginato alla vigilia, picchiando sul servizio, parando – quando poteva – con il rovescio e attaccando con il diritto, a costo di qualche errore di troppo. Purtroppo per lui Djokovic è Djokovic, il numero uno del mondo (forse, probabilmente) la migliore risposta della storia e quando ha iniziato a limare le percentuali il match ha cambiato colore, sotto il cielo livido e sciroccoso di Wimbledon. Novak ha rimesso subito le mani sulla coppa a inizio secondo set. Nel terzo Matteo ha avuto la chance di rientrare nel sesto game, ma non è riuscito a calibrare due passanti. Nel quarto, mentre Djokovic accendeva le batterie (mentali) di riserva, è calato al servizio. Dopo l’ultimo errore di diritto si è piegato sulle ginocchia, con il Djoker steso sul prato, le braccia a croce prima di assaggiare, come da tradizione, l’erba del Centre Court. «È stata una battaglia», ha ammesso dopo 3 ore e 24 minuti Djokovic. «E Matteo è davvero il martello che dicono: l’ho provato sulla mia pelle, sia qui sia a Parigi». Berrettini ci ha creduto, ha lottato, non ha nulla da rimproverarsi. Nessuna percentuale e nessuna statistica dà la misura di cosa significhi giocarsi una finale a Wimbledon, contro un vampiro del genere.

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Italia-Inghilterra, le pagelle degli azzurri: Donnarumma l’eroe, Chiellini e Verratti magici

lunedì, Luglio 12th, 2021

Guglielmo Buccheri

DALL’INVIATO A LONDRA. 

9 DONNARUMMA
Non aveva mai giocato un grande torneo. Non poteva farlo, a 22 anni e con un Mondiale fallito ancor prima che cominciasse: gioca il primo e arriva sul tetto d’Europa. Dopo Morata, ipnotizza Sancho e Saka: tre assalti di rigore, tre parate. Le ultime due ci valgono il trionfo nella notte più bella: se l’Italia è campione, le mani sono del portiere numero uno al mondo. Gigio ha regalato un sogno a tutta l’Italia. 5,5 DI LORENZO
Distrazione fatale: sull’invito in area di Trippier, stringe verso il cuore dell’area preoccupato non si sa di che cosa e, così, Shaw è libero di prendere la mira e di beffarci. A Wembley, per una volta, fa fatica e non solo per demeriti personali visto che l’Inghilterra dà il meglio sulle fasce.

8,5 BONUCCI
Quanti lanci lunghi fuori giri: nella prima metà si libera del pallone troppo frettolosamente, ma è l’unico che prova ad alzare il nostro baricentro. Quanta abilità nel capire che il colpo di testa di Verratti poteva rimanere là dopo aver sbattuto sul palo: segna come un rapace. E quanta esperienza nel tagliare la strada al funambolo Sterling: grande duello. Dal dischetto è un mago.

7,5 CHIELLINI
Il problema non è quando Kane fa il centravanti: il punto debole è se il capitano di casa fa il regista avanzato e gli accade spesso. Se c’è una marcatura uno contro uno, esce sempre a testa alta.

6,5 EMERSON
Il desiderio di conquistare metri e spazio non gli manca, peccato lo faccia con il freno a mano e con la paura di essere infilato dal vivace Trippier (dal 13’ st FLORENZI SV).

5,5 BARELLA
Là in mezzo gira meglio a Rice e Philips: il ragazzo dal cuore d’oro non ha la forza di ritagliarsi un po’ di gloria perché dà la sensazione di avere le pile scariche. E uno come lui senza il pieno di benzina torna normale (dal 9’ st CRISTANTE 6,5: dà sostanza in mezzo e dà e quella copertura su uno dei due trequartisti inglesi che ci mancava).

6 JORGINHO
Meno preciso del solito, migliora in corso d’opera sfruttando il calo di tensione della coppia Rice-Philips.

7 VERRATTI
Il clima inglese ne esalta la parte meno conosciuta: sa farsi rispettare nei contrasti e per buttarlo giù ce ne vuole. Vince per l’atteggiamento da leader (dal 7’ pts LOCATELLI 6: ordinato).

7,5 CHIESA
Nella prima parte l’unico nostro pericolo alla porta di Pickford lo crea il bianconero: assolo in slalom e tiro a lato. Nella seconda parte stessa storia: un suo tiro costringe Pickford al tuffo salvifico e, per noi, è come se fosse suonata la sveglia (dal 41’ st BERNARDESCHI 7: prima la Spagna, ora gli inglesi: di rigore è un maestro).

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Mancini, un uomo quasi perfetto

lunedì, Luglio 12th, 2021

Paolo Brusorio

DALL’INVIATO A LONDRA. In fondo Vujadin Boskov ci era arrivato tanti anni fa, basta pescare nel repertorio del tecnico di quella magica Sampdoria per avvicinarsi alla verità. «Dove tutti vedono sentieri, grandi giocatori vedono autostrade». E lo diceva di Roberto Mancini. E lo diceva con una convinzione tale che se fosse ancora vivo sarebbe il primo ad applaudire il suo ex numero 10. Ora lo possiamo dire, davanti a Roberto Mancini, nel maggio del 2018 non c’erano sentieri, ma un grattacielo da scalare. E noi stavamo sottoterra, nelle cantine. Tre anni abbondanti dopo, l’Italia è sul tetto d’Europa e ce l’ha portata questo signore che compie 57 anni a novembre, ct prodigio, se ce n’è uno, dopo esserlo stato come giocatore. Il prossimo 13 settembre fanno quarant’anni esatti dal suo esordio in serie A e allora è quasi logico che il 4 ottobre cadano gli anta dal battesimo del gol, a Como, e, ovviamente, con la maglia del Bologna. Tutto subito, tutto in fretta.

Il talento immenso da calciatore, però, non poteva essere garanzia di successo sulla panchina della Nazionale. Vero, il Mancio ha vinto e stravinto con l’Inter, ha portato il Manchester City al titolo in Premier rompendo un digiuno che durava da 44 anni. Ma la Nazionale, chi l’avrebbe mai detto? Anche qui: peggio non si poteva fare dopo un fallimento come quello di Ventura, serviva però un visionario per immaginarsi un cammino simile. Un visionario. O una visione. Quella che ha sempre avuto Mancini. L’intuizione è di Costacurta, al tempo vice commissario della Figc post Tavecchio, è lui che lo chiama in azzurro. Mancini, che stava allo Zenit, un po’ ci pensa, ne parla con Vialli, e con chi altrimenti?, e poi dice sì. «Il bello di allenare una nazionale è che non devi fare il mercato. Per un allenatore è stressante». Non fa mercato il ct, ma sa che oltre a dare una forma tecnica all’Italia deve lavorare sulla testa dei giocatori. A prescindere dai nomi. C’è una nube nera che incombe su ognuno di loro, peggio di quella fantozziana. Fissa subito un obbiettivo, è il Mondiale del Qatar. Lunga gittata. Sembra voler mettere le mani avanti, ma gli serve uno scudo per proteggere chi veste la maglia azzurra.

Caricarli subito di responsabilità non avrebbe senso, i superstiti del disastro sono scioccati, le reclute hanno una fottuta paura di accostarsi a una maglia pesante come fosse una lettera scarlatta. Comincia battendo l’Arabia Saudita in uno stadiolo della Svizzera, riparte da Balotelli ed è convinto di farne il centravanti della sua Nazionale. Non ci riuscirà, ma quando ci rinuncia è consapevole di averle provate tutte. Pesca gli azzurri in ogni mare, un giorno chiama Vincenzo Grifo e tutti a chiedersi, «ma chi è mai questo Grifo», arruola Piccini e le facce si allungano. Boh. Più esercitazioni di gruppo che convocazioni, deve testare il materiale umano il ct. Senza mettere pressioni ad alcuno di loro. In Portogallo, per dirne una, va a giocare una partita di Nations League con Caldara e Romagnoli centrali, in attacco c’è Zaza. Dispersi tutti. Italia sconfitta, ma neanche di quella sera il ct butta via qualcosa. «Giocate e divertitevi»: la sua è una formula semplice, ma bisogna avere le (s)palle per sostenerla. Sa di non operare a cuore aperto, di fare un gran bel mestiere. Come gli ha detto Vialli, solo più tardi entrato nel gruppo, nei giorni che hanno preceduto l’investitura: «Roberto, dal calcio abbiamo avuto tanto e ora è giusto fare qualcosa per sdebitarci».

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