Archive for Luglio 18th, 2021

Conservatore, anarchico, italiano. Montanelli resta il migliore di noi

domenica, Luglio 18th, 2021

Stenio Solinas

Vent’anni dopo, Indro Montanelli resta ancora e sempre uno di noi, con buona pace di quelli che un tempo e per un momento fecero carte false perché lo si potesse definire uno dei loro La storia è nota e non staremo a tornarci su, eppure è sintomatica per cercare di capire la schizofrenia di un Paese quale l’Italia, dove l’egemonia culturale ha sempre marciato a sinistra fino a che il Muro di Berlino non le è crollato sulla testa Da allora essa vive di ricordi, qualche volta di abiure, quasi sempre di rimozioni, e però è come tarantolata dall’idea di non essere all’avanguardia del progresso prossimo venturo, nel nome di una rivoluzione altrettanto prossima ventura, di cui naturalmente non si sa nulla, se non che sarà salvifica. Per lei conservatore è un insulto, sinonimo più o meno di fascista, e Montanelli resta ancora e sempre il principe dei conservatori e quindi dei fascisti. Essendo stato anche per oltre mezzo secolo il principe del giornalismo italiano, l’egemonia culturale di cui sopra preferisce sorvolare

Volete un piccolo esempio? Qualche mese fa Gian Antonio Stella, che sul Montanelli ecologista ante litteram sta scrivendo un libro, mi chiese come mai sul tema la cultura ufficiale, ovvero sempre l’egemonia culturale di sinistra di cui sopra, abbia fatto tabula rasa, come se da Firenze a Venezia le prese di posizione montanelliane non siano lì nero su bianco, scritte e orali Una risposta migliore della mia gliela può dare ora L’ultimo della classe (Rizzoli), l’autobiografia di Andrea Carandini, archeologo illustre, presidente del Fai, e dove il nome di Montanelli non compare mai. Della cosiddetta classe dei colti orientata a sinistra, Carandini è un esemplare illustre: classe 1937, è il perfetto rappresentante di quella borghesia illuminata, sacri lombi, buone scuole, agiatezza di censo, che dagli anni Sessanta in poi sterzò verbosamente e non solo a sinistra, si iscrisse al Pci, fu contestatrice e maoista, vituperò e distrusse la classe sociale da cui proveniva e ora, superati gli ottant’anni, piange amaramente sul latte versato e vede i barbari all’orizzonte. Peccato che i barbari fossero loro

Rating 3.00 out of 5

L’ultima idea a sinistra. Parte la raccolta firme per il sì alla patrimoniale

domenica, Luglio 18th, 2021

Paolo Bracalini

Mentre il centrodestra e i Radicali raccolgono firme per riformare la giustizia, a sinistra le raccolgono per la patrimoniale. Un chiodo fisso da quelle parti, insieme alla tassa di successione, in nome del principio per cui «anche i ricchi devono piangere» (un vecchio slogan di Rifondazione Comunista). La sinistra parlamentare, compreso un pezzo del Pd, aveva provato a infilare la patrimoniale nell’ultima legge di bilancio, con un emendamento firmato da Fratoianni (Sinistra Italiana) e Orfini (Pd), più un altro di Leu sempre con lo stesso obiettivo, tentativi entrambi finiti nel nulla. Con l’arrivo di Draghi poi per il partito della patrimoniale non è andata meglio. L’ex presidente della Bce, ogni volta che gli è stato chiesto un parere sull’ipotesi di introdurre nuove tasse, ha sempre risposto che «questo non è il momento di prendere soldi dai cittadini ma di darli».

Ma siccome quella di tassare i «ricchi», per rendere così giustizia ai più poveri, è un ideale eterno, gli alfieri della patrimoniale non si sono certo dati per vinti. E infatti hanno lanciato una raccolta firme, organizzata da Sinistra Italiana. A guidare le operazioni c’è il suo segretario nazionale nonchè deputato, Nicola Fratoianni, allievo di Nichi Vendola. «Anche in questo fine settimana di luglio, saranno molti nel Paese i tavoli di raccolta delle firme per la proposta di legge di iniziativa popolare sulla patrimoniale che abbiamo lanciato. E succede pure che ai nostri banchetti per la Next Generation Tax arrivino militanti e dirigenti del Partito Democratico e del M5S a firmare».

Rating 3.00 out of 5

Cingolani: un’imboscata contro di me Ira del ministro per i veti sul Recovery

domenica, Luglio 18th, 2021

di Monica Guerzoni

Il ministro Roberto Cingolani l’ha vissuta come un’imboscata dell’asse M5S-Pd e nel governo sono in molti a temere che non finisca qui. Due giorni fa nelle commissioni Ambiente e Affari costituzionali della Camera l’esecutivo è stato battuto sul decreto Recovery, che contiene la governance del Pnrr e le semplificazioni ed è fondamentale per ottenere i primi 24 miliardi di aiuti dall’Europa. A mandar sotto il governo sono state due forze di maggioranza, Movimento e Pd, che hanno fatto passare un emendamento nonostante il parere contrario del relatore e del governo, nella persona del ministro Federico D’Incà (M5S).

Il blitz in commissione è un altro episodio delle «guerre stellari» tra l’ala governativa e quella contiana e un assaggio di quel che accadrà sulla riforma della giustizia, altro tema identitario per i 5 Stelle. Nel merito, l’emendamento firmato da Ferraresi e Zolezzi consente al Parlamento di stoppare l’iter di approvazione delle opere strategiche (elencate nell’allegato I-bis) per le quali sono previsti appalti semplificati e un apposito comitato: bastano i due terzi dei membri di una commissione per chiedere alla Transizione ecologica di rivedere le decisioni sulle maxi opere. Il ministero può fare un decreto, ma «previo parere delle commissioni competenti».

La vicenda, all’apparenza minore, è in realtà rivelatrice. Il Parlamento strappa al governo un pezzetto di potere di controllo sul Pnrr, alla voce progetti ambientali necessari per gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima. Ma sotto c’è altro e la questione è tutta politica. L’emendamento della discordia è arrivato a sorpresa, dopo che Cingolani ne aveva discussi a centinaia cercando l’accordo con i parlamentari. Nel governo lo sgambetto è stato letto come la prova delle tensioni tra l’ala governativa dei 5 Stelle che si riconosce in Beppe Grillo e i «barricaderi» vicini a Giuseppe Conte. E quel che preoccupa l’esecutivo è che i 5 Stelle abbiano trovato l’appoggio del Pd per frenare il Pnrr, dossier prioritario e cruciale su cui il segretario dem Enrico Letta ha confermato piena lealtà a Draghi appena quattro giorni fa.

Rating 3.00 out of 5

Pensioni, chi ha beneficiato di «Quota 100»? Penalizzate le donne e i redditi medio-bassi

domenica, Luglio 18th, 2021

di Federico Fubini

Pensioni, chi ha beneficiato di «Quota 100»? Penalizzate le donne e i redditi medio-bassi

Quota 100 è una delle misure simboliche di questa legislatura.

Ha dominato il dibattito politico, inciso sui rapporti fra l’Italia e Bruxelles, pesato sui conti, diviso gli italiani. Ha fatto discutere — lo fa ancora — sulla direzione delle riforme.

Mancava però un tassello essenziale: chi ne ha beneficiato?

Non è mai stato chiaro quali settori della società si siano dimostrati più propensi ad approfittare del provvedimento nei primi due dei suoi tre anni di vita.

Quota 100 permette fra il 2019 e il 2021 di chiedere la pensione con 62 anni di età e almeno 38 anni di contributi, senza penalità sull’assegno. È più vantaggiosa rispetto al modello fissato del 2012, che sposta a 67 anni l’età del ritiro con pieni diritti. Dunque nella misura in cui è finanziata con il debito pubblico e con il sistema retributivo (cioè con i contributi di tutti i lavoratori), Quota 100 diventa di fatto un trasferimento netto di risorse da chi non può o non vuole attivarla a chi invece lo fa.

Ma fra gli italiani chi è che ha ricevuto e chi ha dato? Uno studio dell’Inps su un campione di circa 70 mila aventi diritto permette ora una prima risposta.

In termini distributivi, Quota 100 è stato un sussidio netto ai ceti benestanti (che hanno scelto questa opzione più della media degli aventi diritto).

In termini economici, potrebbe aver nuociuto all’efficienza dei settori essenziali a contatto con il pubblico: è da lì che si è registrato un vero e proprio esodo in piena pandemia.

In termini di parità di genere, è stato un trasferimento netto di risorse dalle donne (che hanno aderito di meno) agli uomini (che hanno aderito di più).

E in termini politici, ha beneficiato più elettori prevalentemente del Partito democratico (pubblico impiego, redditi medio-alti) grazie ai contributi versati dagli elettori prevalentemente della Lega (autonomi, addetti dell’agricoltura). Poco importa che sia stato il partito di Matteo Salvini ad aver proposto la misura.

I redditi più alti hanno beneficiato di Quota 100

Vediamo uno per uno questi aspetti. Varie evidenze non lasciano dubbi su quali siano i ceti che, avendo maturato i diritti, si sono dimostrati più propensi ad attivare il meccanismo. Secondo la stima dell’Istituto di previdenza, i lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato entrati in Quota 100 nel 2020 hanno un reddito medio dell’ultimo quinquennio di 36.000 euro (poco di meno nel 2019). Questo livello li colloca circa nel 70esimo percentile della distribuzione, cioè essi dichiarano di guadagnare di più di oltre due terzi dei percettori di reddito in Italia. Non a caso la pensione lorda dei dipendenti pubblici e privati oggi in Quota 100 è relativamente elevata, a 2.200 euro al mese.PUBBLICITÀ

Rating 3.00 out of 5

Tre atleti sono risultati positivi alle Olimpiadi di Tokyo: sale l’allerta per i Giochi

domenica, Luglio 18th, 2021

di Gaia Piccardi

Due atleti residenti all’interno del villaggio olimpico sono risultati positivi al coronavirus. Lo ha reso noto il comitato organizzatore dei Giochi, senza specificare la nazionalità degli sportivi

desc img

Il primo caso di positività all’interno del villaggio di Tokyo, sabato. Il primo membro del Comitato olimpico internazionale (Cio) positivo al Covid, sempre sabato. E i primi tre atleti — due nel villaggio, uno fuori — domenica mattina.

A meno di una settimana dalla cerimonia d’inaugurazione della travagliatissima XXXII Olimpiade estiva, Tokyo 2020 (per ragioni di brand e marketing il nome è rimasto quello originale nonostante il posticipo) ha già un fortissimo mal di testa.

Il parruccone Cio è Ryu Seung-min, presidente della Federazione tennistavolo della Corea del Sud, negativo a due tamponi prima della partenza per il Giappone e vaccinato: rimasto nelle maglie dei controlli all’aeroporto di Narita, è stato subito isolato.

Meno certezze sul positivo al villaggio, straniero e non atleta, secondo la stampa giapponese, e ancora pochissime sugli atleti, di cui — secondo le prime informazioni — si sa solo che non dovrebbero essere giapponesi: i test anti Covid sono quotidiani, la bolla ermetica approntata dagli organizzatori di Tokyo, evidentemente, è permeabile.

Questa serie di notizie, nonostante le rassicurazioni del numero uno del Cio Thomas Bach («Sono Giochi sicuri, le misure anti Covid stanno funzionando»), aumenta l’apprensione della popolazione locale, fortemente contraria ai Giochi, in vista del via ufficiale.

Rating 3.00 out of 5

La democrazia calpestata nelle carceri

domenica, Luglio 18th, 2021

MASSIMO GIANNINI

Il 21 luglio 2001 la “macelleria messicana” alla Diaz. Vent’anni dopo, la “orribile mattanza” a Santa Maria Capua Vetere. Oggi come allora, la violenza di Stato resta la ferita più profonda inferta al cuore della democrazia. Per un macabro scherzo della Storia, lo scandalo delle violenze nelle carceri italiane deflagra negli stessi giorni in cui ricordiamo una pagina nera della nostra Repubblica. Il G8 di Genova resta “la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda Guerra Mondiale”, come la definì Amnesty International. Fatte le debite proporzioni, scopriamo adesso che dietro le sbarre di un abisso concentrazionario sul quale rifiutiamo colpevolmente di affacciarci c’è stata un’altra “sospensione dei diritti democratici”. Certo, meno cruenta. Ma non meno grave. 

La “scena del crimine” è sempre uguale: agenti in divisa, protetti da caschi e armati di manganelli, che si accaniscono su corpi inermi e indifesi. Allora erano manifestanti, oggi sono detenuti: la sostanza non cambia. Anche la “strategia difensiva” è sempre uguale: depistaggi e prove artefatte. Allora erano mazze ferrate e bombe molotov, oggi sono bastoni e biglie di olio bollente: di nuovo, la sostanza non cambia. Non cambia a Genova, a Santa Maria Capua Vetere e nelle altre patrie galere, dal Sant’Anna di Modena al Dozza di Bologna. E anche al Lorusso-Cutugno di Torino, dove la Procura ha concluso l’inchiesta sulle decine di violenze denunciate dai prigionieri, e dove è possibile che nei prossimi giorni si arrivi al rinvio a giudizio dei 25 indagati, tra i quali il direttore dell’Istituto e il responsabile delle guardie carcerarie. “Tortura”, potrebbe essere l’ipotesi di reato.

I numeri li conosciamo. Le carceri italiane sono le più sovraffollate della Ue: 120 detenuti per ogni 100 posti disponibili. Abbiamo 53.661 reclusi rispetto a una capienza di 47.445. Di questi, 16.362 sono in attesa di sentenza definitiva, 15 mila hanno da scontare un residuo di pena inferiore ai tre anni e 1.212 hanno condanne inferiori ad un anno. Più di 2 mila lavorano per imprese e coop sociali, meno di 15 mila fanno lavoretti di pulizia e cucina in carcere. Solo in 20.263 frequentano un corso scolastico. Il 48% delle celle non ha doccia, il 30% non ha acqua calda, il 9% non ha riscaldamento. I suicidi in cella hanno raggiunto il record: 61 l’anno scorso. Ma quello che non abbiamo voglia di conoscere è l’inferno che si nasconde dietro i numeri. Quello che non abbiamo voglia di capire è tutto ciò che succede in quelle bolge dantesche, dove “il sole del buon dio non dà i suoi raggi”, come cantava il poeta De Andrè.

Dove “i diritti democratici” non sono sospesi, ma calpestati. Dove non ha spazio la Costituzione che all’articolo 27 dice “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. I filmati di questi giorni fanno paura: violenza burocratizzata, pestaggi eseguiti come fossero adempimenti. Come ai tempi di Stefano Cucchi. A noi cittadini, in fondo, sta bene così. Un po’ è “benaltrismo”: siamo presi da problemi più gravi, il vaccino da fare e il mutuo da pagare, il lavoro che manca e la scuola che arranca. Un po’ è lo “Zeitgeist”: sono colpevoli? Tanto basta, li rinchiudiamo e “buttiamo la chiave”. Quante volte abbiamo sentito ripetere questa frase moralmente oscena, anche da cinici capipartito che oggi risciacquano i panni del populismo giudiziario nel fiume del garantismo referendario.

Rating 3.00 out of 5

Il nuovo statuto M5S incorona Conte: “Pieni poteri politici”

domenica, Luglio 18th, 2021

Ilario Lombardo

ROMA. «Insieme, ora». Giuseppe Conte conclude il video di presentazione del nuovo Statuto con uno slogan che però è qualcosa di più dello slogan che userà nel suo tour «in giro per l’Italia», qualcosa di più di un appello all’unità dei 5 Stelle stremati dalle guerre interne e al coinvolgimento di tutta la comunità del Movimento rimasto per oltre un anno e mezzo senza leader. «Insieme» era uno dei nomi, quello più appetibile, del partito che l’ex premier aveva pronto sul tavolo se la rottura con Beppe Grillo non si fosse sanata.

Inutile riavvolgere il nastro. « Sono stati mesi difficili – ammette l’avvocato – Abbiamo superato momenti di stanchezza. Ma ora possiamo ripartire con il vento delle battaglie che verranno». Il M5S di Conte nasce sulle ceneri della battaglia con il suo fondatore. Lo eredita e lo trasforma a partire dalla prima sede fisica della sua storia, a Roma, in via di Campo Marzio, a due passi dalla Camera. Ma il cambiamento è anche nel simbolo e nel significato delle 5 Stelle. Quando Grillo e Gianroberto Casaleggio crearono il Movimento le stelle rappresentavano: Acqua, Ambiente, Trasporti, Connettività, Sviluppo. Ora l’orizzonte del nuovo M5S è costellato da Beni comuni, Ecologia integrale, Giustizia sociale, Innovazione tecnologica ed Economia eco-sociale di mercato. Allo stesso modo il logo aumenta la tonalità del rosso, a indicare la chiara collocazione a sinistra. Cambia il vestito e cambia il sito. Lo Statuto si voterà su Movimento5Stelle.eu, tramite la piattaforma SkyVote, il 2 e 3 agosto. La seconda convocazione dell’assemblea degli iscritti, per raggiungere il quorum necessario, sarà il 5 e 6 agosto. Niente più Rousseau e Davide Casaleggio. Per trovare il senso della dura lite con Grillo e i suoi avvocati, bisogna andare all’articolo dello Statuto sui poteri del leader. Conte non sarà più «capo politico», ma «presidente», «unico titolare e responsabile della determinazione e dell’attuazione dell’indirizzo politico del M5S». In quell’«unico» c’è tutto il mese di botta e risposta con Grillo. Il presidente sarà «il rappresentante politico del M5S in tutte le sedi», propone uno o più vicepresidenti all’assemblea, indica gli incarichi e le assunzioni, presiede il Consiglio nazionale ed è responsabile del simbolo per tutte le sfide elettorali. Inoltre, altro nodo che è stato del contendere, «coordina la comunicazione del M5S e degli eletti».

Conte conferma che la separazione tra il ruolo politico e il ruolo di garanzia del comico sarà “totale”. Il garante resterà «il custode dei valori fondamentali dell’azione politica del M5S». Un passaggio che rimane tale e quale, come chiedeva Grillo, a quello del vecchio Statuto. Sarà il garante a mantenere «il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme dello Statuto». Proporrà i tre nomi, da votare sulla rete, del Comitato di garanzia che avrà la facoltà di deliberare all’unanimità la sfiducia anche del leader, «condizionata alla conferma dell’assemblea». E per appassionati di duelli passati e futuri è confermato che nel Comitato di garanzia ci sarà, per volontà di Grillo, l’ex capo politico Luigi Di Maio.

Rating 3.00 out of 5

“Green pass per insegnanti e statali”, pressing sul governo per la stretta

domenica, Luglio 18th, 2021

Niccolò Carratelli

ROMA. Prima vediamo come va con l’estensione del green pass, come requisito per l’accesso a mezzi di trasporto e luoghi di svago. Poi, se questo incentivo alla vaccinazione non dovesse bastare, tra qualche settimana per il personale scolastico la certificazione verde potrebbe diventare indispensabile per andare al lavoro, entrare a scuola, stare a contatto con gli studenti. È un ragionamento che si fa strada nel governo, anche se per ora sottotraccia. A maggior ragione dopo il parere del Comitato tecnico-scientifico, che ha raccomandato alla politica «ogni sforzo» per vaccinare gli insegnanti, con «ulteriori misure, anche legislative». Perché, in ogni caso, serve un decreto, sia per introdurre di fatto l’obbligo vaccinale, con una norma simile a quella già in vigore per medici e infermieri, sia per un allargamento del perimetro di utilizzo del green pass, che rappresenterebbe per i docenti una sorta di obbligo mascherato: o sei vaccinato (o guarito di recente dal Covid), oppure per fare lezione in classe devi presentare due o tre tamponi negativi a settimana (uno è valido per 48 ore). Con conseguente spesa da sostenere, almeno 20 euro a referto, visto che per ora non si parla di rimborso del costo dei test da parte dello Stato.

La spinta bipartisan È una strada complicata, ma a indicarla in modo chiaro è stato, pochi giorni fa, il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta: «Sono favorevole all’estensione del green pass per il ritorno alla normalità di tutte le attività – ha detto – e in particolare per garantire le esigenze di socializzazione nella scuola e sui luoghi di lavoro». Quindi, dal suo punto di vista, anche negli uffici e per gli altri dipendenti pubblici, soprattutto se impegnati a contatto con i cittadini, come ha proposto anche il presidente dell’Agenas (Agenzia per i servizi sanitari regionali) Enrico Coscioni. Sulla scuola, in Forza Italia sembrano tutti d’accordo, dalla capogruppo al Senato, Anna Maria Bernini, alla ministra per il Sud Mara Carfagna: «Occorre garantire a ogni costo il ritorno a scuola, valutando l’obbligo vaccinale per gli insegnanti», ha dichiarato.

La mette giù ancora più netta Sandra Zampa, responsabile Salute del Partito democratico, nonché consulente del ministro Speranza: «Vediamo come va con il pass esteso, ma se non ci sarà una risposta adeguata a fine agosto bisogna intervenire, prima dell’inizio dell’anno scolastico – spiega a La Stampa – non si può immaginare che i ragazzi restino a casa perché i loro insegnanti non si vaccinano». Lo stesso Speranza non esclude un intervento più energico nei confronti dei professori no vax, ma «per ora stiamo spingendo con le Regioni sul recupero di quel 15% che non ha ancora fatto nemmeno la prima dose», precisa. Senza dimenticare che un 6% è nel limbo e deve ricevere la seconda dose, fondamentale per contrastare la variante Delta.

Rating 3.00 out of 5

Lo spettro della quarta ondata sull’estate, adesso tornano a crescere anche i ricoveri

domenica, Luglio 18th, 2021

Luca Monticelli

Lo spettro della quarta ondata incombe sull’estate. Il virus continua a correre spinto dalla variante Delta: 3.121 sono i positivi ai test Covid secondo i dati diffusi ieri dal ministero della Salute, contro i 2.898 del giorno precedente. Salgono a 13 le vittime e il tasso di positività si attesta all’1,3%. Il saldo tra entrate e uscite in terapia intensiva aumenta solo di uno, ma la crescita dura da tre giorni consecutivi e i pazienti ricoverati sono 162. Nei reparti ordinari arrivano a 1.111, ossia 23 in più.

Il pressing delle regioni

Dati che spaventano gli italiani, tanto che le stime della Federazione delle imprese di viaggio segnano un crollo del 50% delle prenotazioni per le vacanze e un boom di cancellazioni. Per Coldiretti meno di un milione e mezzo di connazionali si spingerà fuori dai confini, visto che dalla Grecia alla Spagna rimbalzano notizie sulle nuove restrizioni messe in campo. Le regioni vanno in pressing sul governo auspicando un cambiamento dei criteri per restare in zona bianca, vogliono legare il numero dei casi a quello dei letti occupati negli ospedali. Per finire in zona gialla, oltre a superare i 50 contagi ogni 100 mila abitanti, il ministro Roberto Speranza ha individuato due limiti: il 5% dei posti occupati in terapia intensiva e il 10% nei reparti di medicina. Le regioni chiedono il doppio e sperano in un accordo a metà strada. Capitolo green pass: la partita è tutta politica e martedì dovrebbe tenersi una cabina di regia governo-maggioranza. La tabella di marcia prevede tra mercoledì e giovedì la riunione allargata con gli enti locali e poi il varo del decreto con le misure che scatteranno dal primo agosto. Il dibattito per estendere la certificazione verde nei bar e ristoranti resta aperto, ma si fa largo l’ipotesi di richiederla solo nelle zone arancioni e rosse. Filtrano già possibili sanzioni ai gestori- chiusura per 5 giorni – e multe ai clienti fino a 400 euro, tuttavia non è chiaro chi debba vigilare. Il green pass all’italiana dovrebbe valere per teatri, cinema, musei, concerti e discoteche, queste ultime quando riapriranno. E poi per piscine, palestre, stadi, aerei, treni e trasporti a lunga percorrenza, esclusi bus e metropolitane.

La sfida dei governatori a contenere la circolazione del virus e immunizzare i milioni di persone che mancano all’appello, partendo da quei due milioni e 400 mila over 60 fuori dai radar della campagna vaccinale, passa da queste misure e da altre in preparazione.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.