Archive for Luglio 19th, 2021

Anniversario della morte di Borsellino, cittadinanza onoraria a tutti gli uomini e le donne della polizia

lunedì, Luglio 19th, 2021

Edoardo Izzo

La conferisce oggi il sindacodi Palermo. Il ministero dell’Interno: «Fu un attentato al cuore dello Stato ed alla centralità delle sue istituzioni, ordito da criminali efferati»

Anniversario della morte di Borsellino, cittadinanza onoraria a tutti gli uomini e le donne della polizia

ROMA. Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, conferisce oggi la Cittadinanza Onoraria della Città di Palermo alle donne e agli uomini della Polizia di Stato, «un riconoscimento che sancisce il legame forte e indelebile, inciso nella dolorosa storia di questa città ed intrecciato con la vita dei tanti servitori dello Stato che qui prestano ed hanno prestato il loro servizio con onore, anche sino al sacrificio estremo». La cerimonia di oggi, che vedrà la cittadinanza onoraria di tutti i membri del corpo consegnata nelle mani del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Lamberto Giannini, si svolgerà alle ore 18, nell’aula dedicata a Domenico Corona, all’interno della Caserma Lungaro, a poche decine di metri da quell’Ufficio di polizia dal quale Agostino, Walter, Vincenzo, Claudio ed Emanuela, uscirono per l’ultima volta il 19 luglio del 1992. Oggi ricorre infatti il 29° anniversario dell’attentato di via D’Amelio: è sempre stato un momento dedicato alla riflessione, alla memoria e alla celebrazione del sacrificio di 6 uomini dello Stato morti per aver adempiuto con onore il loro servizio alla comunità.

«Le stragi di Capaci e via D’Amelio – si legge in una nota diffusa dal ministero dell’Interno – costituirono l’atto estremo della violenza mafiosa che negli anni aveva colpito gli uomini dello Stato e della società civile che con intelligenza, coraggio ed alto senso del dovere si erano opposti ad un sistema perverso: la prepotenza criminale organizzata di cosa nostra. Fu un attentato al cuore dello Stato ed alla centralità delle sue Istituzioni, ordito da criminali efferati, che attraverso l’annientamento di vite e storie personali e familiari di poliziotti e magistrati, tentarono di far vacillare le solide fondamenta democratiche del nostro Paese».

Oggi, dalla Città di Palermo, giunge dunque «un riconoscimento che è insieme espressione di gratitudine per l’alto prezzo in termini di vite umane pagato nella lunghissima storia della Polizia a Palermo e di apprezzamento per l’instancabile impegno con cui i poliziotti quotidianamente contrastano i fenomeni criminali». 

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Covid: nel Regno Unito scatta il “Freedom day”, tra allarme degli esperti e condanne sui social

lunedì, Luglio 19th, 2021

E’ scattato il Freedom day in Gran Bretagna, dove sono state revocate quasi tutte le restrizioni imposte per contenere la diffusione del coronavirus, tra cui il rispetto del distanziamento sociale e l’obbligo di indossare la mascherina nei luoghi chiusi. Con gli esperti che invitano a indossare comunque la mascherina e il timore che si possano registrate fino a 200mila casi al giorno, la Gran Bretagna entra in questa nuova fase con il ministro della Salute Sajid Javid positivo al Covid-19 e con il premier Boris Johnson costretto ad autoisolarsi per contatto stretto con un contagiato. Inghilterra, scatta il Freedom Day: addio alle restrizioni anti-Covid

Di qui l’appello di Johnson a essere «cauti». Sui social non sono mancati i post sarcastici del medici del servizio sanitario nazionale. Una dottoressa ha scritto su Twitter di una grande festa a mezzanotte nelle terapie intensive per celebrare la fine del Covid-19 grazie al Freedom Day. Il post è stato accompagnato da una sua foto in ospedale, pronta ad accogliere nuovi contagiati. Qualcun altro, sempre sui social, ha parlato di iniziativa ”criminale”. E c’è chi parla di giorno della ”resa” invece che di libertà.

Variante Delta, perché è così contagiosa

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Letta rischiatutto. E scatta l’ira dei dem: “Così fa schiantare il partito…”

lunedì, Luglio 19th, 2021

Stefano Iannaccone

È un Enrico Letta in versione rischiatutto quello delle ultime ore. Dalla candidatura alla Camera, dove tornerebbe dopo le dimissioni date nel 2015, al ddl Zan, su cui non accetta mediazioni, il leader del Pd si gioca il suo futuro politico. Al costo di portare il Partito democratico a schiantarsi, tanto da far crescere i malumori tra i dirigenti sulla gestione di questi dossier. E proprio a cominciare dalla decisione di candidarsi alle elezioni suppletive di Siena. L’elezione, infatti, non è affatto blindata.

Alle Politiche del 2018, Pier Carlo Padoan conquistò il seggio con uno scarto inferiore ai quatto punti percentuali. Certo, in quel caso il Movimento 5 Stelle correva autonomamente e oggi Giuseppe Conte, appena diventato leader del M5S, non potrebbe fare questo sgarbo a Letta, che continua a blandirlo. “Sarebbe qualcosa di clamoroso se i grillini non lo sostenessero”, dice un deputato dem. Il punto è, però, il ruolo di Italia Viva, che in Toscana conserva la sua roccaforte elettorale. “Difficile immaginare che Matteo Renzi sostenga il suo avversario senza chiedere nulla in cambio. Anche perché dovesse andare male…”, ragiona un parlamentare del Pd.

Sconfitta e addio alla politica

Lo sbocco infatti è stato annunciato dallo stesso Letta: la sconfitta sancirebbe la fine del suo mandato da segretario e la sua uscita definitiva di scena dalla politica. “Non si schianterebbe solo lui, che tornerebbe a Parigi a impartire lezioni agli studenti. Verrebbe giù l’intero partito che dovrebbe cambiare l’ennesimo segretario in pochi mesi, senza un dibattito interno, ma solo per una sfida personale”, è il ragionamento raccolto da IlGiornale.it. “Sarebbe il caos”, è la sintesi.

Il problema che investe Largo del Nazareno è proprio questo. La scelta di correre per l’elezione di deputato a Siena è “un personalismo che avrebbe dovuto evitare, visto che peraltro siamo nella fase finale della legislatura”, sottolinea una fonte dem. Certo, Letta ha ottenuto un risultato. “Per qualche mese dobbiamo diventare tutti lettiani”, afferma un deputato. Nessuno può davvero remargli contro e d’altra parte la strategia ha un obiettivo preciso: una sua vittoria sarebbe un puntello alla leadership che inizia a traballare. “È una prova di coraggio, il modo per dimostrare che vuole mettersi in gioco e non è stato piazzato alla guida solo dalle corrente, ma che anzi riesce a prendere i voti degli elettori”, è la linea degli uomini più vicini al segretario.

L’irrigidimento sul ddl Zan

Ma la linea di di Letta suscita perplessità anche su altri punti caldi. Il pensiero vola subito al ddl Zan. L’irrigidimento sul testo è “un’operazione fine a se stessa, perché la scelta di non mediare è pericolosa per l’approvazione del provvedimento. Si è intestardito solo per andare contro Renzi e piazzare una bandiera”, spiega a IlGiornale.it una fonte dem.

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Pensioni e Quota 100: torna Fornero. L’ex ministra nella task force di Draghi

lunedì, Luglio 19th, 2021

di Antonella Baccaro

Era quasi inevitabile. Con il ritorno dei «tecnici» a Palazzo Chigi e il tema delle pensioni che entra nel vivo del dibattito politico, il «coming back» di Elsa Fornero era nell’aria. L’ex ministro del Lavoro del governo Monti, torinese, 73 anni, promotrice di un’indimenticata riforma «lacrime (le sue) e sangue», varcherà di nuovo il portone di piazza Colonna. Questa volta, però, in veste di consulente nel Consiglio d’indirizzo per la politica economica, istituito, dieci giorni fa, dal sottosegretario con delega alla Programmazione, Bruno Tabacci. Compito del comitato, a titolo gratuito, sarà quello di «orientare, potenziare e rendere efficiente l’attività del Dipe, il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica» diretto da Marco Leonardi.

Da Tabacci a Guzzetti: chi c’è nel Consiglio d’indirizzo per la politica economica

Il consiglio, guidato da Tabacci, comprende altre 14 personalità: Giuseppe Guzzetti, già presidente della Fondazione Cariplo (che, a 87 anni, si è appena iscritto al Pd); l’ex vicedirettrice di Bankitalia (nonché presidente Rai) Annamaria Tarantola; il vicepresidente di Assolombarda Antonio Calabrò; la leader di Confesercenti Patrizia De Luise; l’economista Alessandra Lanza (Fmi, Sace e Intesa); Mauro Magatti, già preside di Sociologia alla Cattolica di Milano; l’ex presidente del Consiglio di Stato Alessandro Paino; la coordinatrice del dipartimento Pari opportunità Monica Parrella; la docente di Scienze delle Finanze alla Bocconi Paola Profeta; la consigliera della Corte dei conti Silvia Scozzese, già capo di gabinetto dell’ex ministro Peppe Provenzano; l’esperta in politiche del Welfare Alessandra Servidori; l’ex segretario generale della Camera, il potente Mauro Zampini; l’ex vice Alessandro Palanza; e il fondatore del Censis, Giuseppe De Rita.

Fornero e le pensioni anticipate: ecco come la pensa

Come la pensi Fornero su pensioni e Pnrr, tanto per fare un esempio, l’ha chiarito qualche mese fa: «Avrei preferito un impegno preciso a non rinnovare Quota 100 (che scade nel 2021, ndr): non vorrei che il governo rimanesse imbrigliato nella ragnatela dei partiti e della loro caccia al consenso» ha detto con la consueta franchezza. Quanto a mettere le mani sulla sua riforma («quella delle pensioni è l’unica che in Europa non ci chiedono più perché l’abbiamo fatta»), ci va molto piano. Parola d’ordine: «intervento selettivo», come si è fatto con il blocco dei licenziamenti. Quindi un aiuto sarà consentito darlo a chi ha effettive difficoltà di salute, un’età avanzata o svolge lavori particolarmente pesanti, secondo il principio solidaristico. Ed è opportuno prolungare Opzione donna, che ormai è parte del sistema.

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Rasi: “Vaccinare anche i bambini e obbligare chi lavora con il pubblico”

lunedì, Luglio 19th, 2021

Il consigliere di Figliuolo: “La terza dose di massa non ha senso, ma per immunodepressi e anziani potrebbe servire”

Rasi:

“Serve un piano nazionale per monitorare l’andamento della vaccinazione in previsione del calo dell’immunità e di nuove varianti: chi è coperto, con quante dosi, da quanto tempo e con quali risultati”. Così parlando alla Stampa Guido Rasi, professore ordinario di Microbiologia all’Università di Roma Tor Vergata e consulente per l’emergenza del generale Figliuolo. Ai leader che, addirittura esitano a vaccinarsi, Rasi dice: “Aiuterebbero i buoni esempi. In ogni caso, per la scienza fino a 12 anni i bambini vanno vaccinati.  E poi probabilmente si scenderà a sei”.

E sul virus:

“Non bisogna ridursi ad inseguirlo. È importante monitorare come gli italiani reagiscano alla vaccinazione. La terza dose di massa non ha senso, ma per immunodepressi e anziani potrebbe servire. È ora di decidere il modo in cui farlo, probabilmente con un vaccino diverso e aggiornato per le future varianti. E poi cerchiamo quel 6 per cento di persone che non rispondono alla copertura per capire chi sono e perché. Dobbiamo combattere ogni possibile serbatoio del virus – ha aggiunto – Per la scienza ora vale la pena farlo fino a dodici anni e poi probabilmente si scenderà a sei”.


Per Rasi la convenienza non è immediata, “ma ci sono rari casi pediatrici gravi. Inoltre, la variante Delta tra i 10 e i 30 anni sta creando qualche problemino. E poi c’è la questione della protezione di massa: non possiamo permetterci che il virus continui a circolare tra i ragazzi”.

“I vaccini essenzialmente andranno resi obbligatori per tutti coloro che sono esposti al pubblico. Un provvedimento necessario anche per diminuire i contagi e i ricoveri”, aggiunge.

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Le inondazioni cambiano faccia alla Germania e alla sua campagna elettorale

lunedì, Luglio 19th, 2021
TOPSHOT - An aerial view shows the damaged village of Iversheim in western Germany, on July 18, 2021....
TOPSHOT – An aerial view shows the damaged village of Iversheim in western Germany, on July 18, 2021. – The death toll from devastating floods has risen to 156 in Germany, police said July 18, bringing the total to at least 183 fatalities from the disaster in western Europe. (Photo by SEBASTIEN BOZON / AFP)

Di fronte a quasi duecento vittime, oltre mille dispersi e danni incalcolabili per le inondazioni in Renania-Palatinato e Nordreno-Vestfalia, la Germania si concentra sulla priorità di prestare soccorso alla popolazione colpita da una catastrofe senza precedenti. Primum vivere, poi ci sarà il tempo per ragionare su cause ed effetti del disastro e sulle misure da adottare per prevenire o contenere nuovi sconvolgimenti della natura. Non è l’ora di polemiche di parte o rimpalli di responsabilità. Verranno anche quelli, ma al momento opportuno. Tuttavia, tra incredulità e angoscia, molti pensieri corrono ai mutamenti climatici, all’azione dell’uomo sull’ambiente, a correttivi e proposte.

A due mesi dalle elezioni federali sarebbe naturale la tentazione di speculazioni politiche, da un lato o dall’altro, ma oggi prevale un altro copione. Armin Laschet candidato della Cdu alla Cancelleria, al netto dell’infelice immagine di ilarità (i social non perdonano), chiude la partita in difesa, la politica non si cambia in un giorno.  La leader dei Verdi Annalena Baerbock, bersagliata da settimane per errori e leggerezze nella campagna elettorale, interrompe le vacanze, visita i comuni più colpiti ed esclude fotografi e telecamere. Potrebbe rivendicare anni di impegno e programmi di tutela dell’ambiente, invece valuta in silenzio la portata dell’enorme valanga di acqua e fango, senza scivolare nel “ve l’avevo detto”. Nessuna reazione a caldo, è l’ora delle analisi e della misura, non della propaganda, in Germania la politica sa di dover fare i conti con un’opinione pubblica esigente.

In ogni caso anche l’inondazione, “la distruzione surreale” dice Angela Merkel, impatterà sulla politica, l’agenda ecologica sarà studiata con più attenzione. Chi se ne avvantaggerà? Si promettono aiuti e interventi di emergenza per miliardi di Euro a livello federale insieme a piani di lungo periodo per tenere in maggiore considerazione la natura e le sue leggi inviolabili. E’ possibile, non scontato, che siano i Verdi a suscitare più attenzione presso gli elettori che il 26 settembre rinnoveranno il Bundestag, chiamato a esprimere poi il prossimo governo federale, mentre a giudicare dalle intenzioni di voto è più che probabile che gli stessi Verdi, dopo sedici anni di opposizione,  entrino comunque al governo, più verosimilmente con la Cdu che con la Spd.

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Tamponi gratis ovunque o il green pass è una tassa

lunedì, Luglio 19th, 2021

Franco Bechis

Ad oggi non hanno ricevuto nessuna dose di vaccino 410 mila italiani sopra gli 80 anni, un milione di italiani tra i 70 e gli 80 anni, un milione e 900 mila tra i 60 e i 70 anni e 3,1 milioni tra i 50 e i 60 anni. Nelle categorie più a rischio dunque 5,5 milioni di italiani non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino. Sono tanti, e non sono eserciti di no vax anche perché altri 2,5 milioni di italiani sopra i 60 anni hanno ricevuto la prima dose e sono in attesa della seconda. Non sono risultati eccellenti, anzi. Sono numeri che dicono come il sistema sanitario nazionale non sia riuscito a raggiungere tante persone in Italia in questa campagna di vaccinazione che doveva essere così essenziale. Per responsabilità talvolta della organizzazione centrale guidata dal generale Figliuolo, spesso per il caos organizzativo delle varie Regioni. Non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino nemmeno altri 17,4 milioni di italiani di età compresa fra i 12 e i 59 anni, e anche qui non si tratta di no vax, ma di ragazzi, giovani e meno giovani per cui in qui non è stata organizzata una campagna di vaccinazione efficace, e nei cui confronti si sono dati messaggi caotici con le dosi AstraZeneca o J&J e sulla vaccinazione eterologa. Se non hanno il vaccino le responsabilità sono essenzialmente dello Stato italiano o per colpa del governo centrale o per colpa delle Regioni, ma spesso le responsabilità sono connesse e condivise.

Questo quadro di responsabilità delle autorità pubbliche va tenuto presente ora che si vorrebbero di nuovo stringere le maglie della libertà dei cittadini con la tagliola del Green Pass. Perché la maggior parte dei non vaccinati che quel documento non può avere non ha scelto di sottrarsi all’iniezione, semplicemente non ha avuto l’opportunità di farla. Quindi non è giusto caricare sulle loro spalle una responsabilità che è tutta dei livelli di governo italiani. Certo, non è necessario avere il vaccino per avere il Green Pass. Basta un tampone, molecolare o antigenico. Ma vale al massimo tre giorni. Ora gli italiani sono o stanno per andare in gran parte in vacanza. Quei 23 milioni che non hanno manco una dose di vaccino se passeranno le regole proposte, dovranno fare un tampone per cenare in un ristorante o in una pizzeria se non c’è posto fuori e magari anche per bersi qualcosa la sera in un locale. Se non hanno abbastanza risparmi per andare in vacanza e sono costretti a restare in città, rischiano di avere bisogno di un tampone ogni tre giorni. Se vogliono uscire la sera e prenotando il ristorante scoprono che c’è posto solo al chiuso, hanno bisogno di un tampone rapido con certificato immediato altrimenti non possono entrare nel locale. Un tampone molecolare fatto da privati ha un prezzo che varia proprio a seconda dell’urgenza della risposta. Se la si vuole immediata possono costare anche più di 100 euro. Ma anche quello antigenico con risposta immediata ha un suo prezzo, intorno ai 20-25 euro a seconda dei posti dove si fa. Chi mai andrà in pizzeria una sera con la famiglia partendo da 60-80 euro di base senza ancora avere ordinato nemmeno una margherita?

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Niente Tokyo, Berrettini dà forfait alle Olimpiadi

lunedì, Luglio 19th, 2021

Matteo Berrettini alza bandiera bianca. Il tennista romano deve rinunciare alla partecipazione dei Giochi Olimpici a causa dei postumi di un infortunio muscolare, sgradita eredità dello storico exploit nel torneo di Wimbledon, che gli ha permesso di diventare il primo italiano di sempre a disputare la finale del prestigioso torneo londinese. La delegazione dell’Italia Team si attesta così a 384 atleti ( (198 uomini, 187 donne): dopo il 16 luglio, infatti, l’ITF non consente sostituzioni rispetto alla rosa di atleti indicata dai Comitati Olimpici.

IL TEMPO

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Patto Conte-Letta sulla prescrizione, ma Draghi non si fida e chiede lealtà

lunedì, Luglio 19th, 2021

ILARIO LOMBARDO

ROMA. Pochi giorni. Questo chiede il Pd a Mario Draghi. Pochi giorni per ritoccare la riforma del processo penale e ridefinire i canoni della prescrizione. Per Enrico Letta una scelta che con il passare dei giorni si è fatta obbligata, dopo la protesta dei magistrati, degli alleati del m5S e per i mal di pancia sempre più difficili da nascondere anche tra i democratici. Questa mattina Giuseppe Conte si presenterà all’incontro con Draghi con il sollievo di avere incassato la sponda nel Pd per cambiare la legge della ministra della Giustizia Marta Cartabia. Il premier e il suo predecessore si vedono per la prima volta dopo la crisi che a febbraio ha portato l’ex banchiere centrale a Palazzo Chigi. Per Conte è anche il primo confronto politico da leader del M5S, pur se non formalmente incaricato. I due sanno che le strade della mediazione possono essere infinite, ma conoscono anche le insidie che si presenteranno immediatamente, appena si renderà possibile riaprire i giochi sulla giustizia.

È il grande timore di Draghi, quello che esporrà oggi a Conte: aprire uno spiraglio di modifica significa spalancare la porta ai veti reciproci, cosa che dilaterebbe i tempi e decreterebbe il rinvio forse definitivo. Forza Italia e Italia Viva sono già sul piede di guerra, pronti a controproporre modifiche che andranno in senso opposto alle richieste sulla prescrizione di 5 Stelle e Pd. «Molto dipenderà da quanto si inasprirà il confronto in Commissione – spiega Carmelo Miceli – noi del Pd siamo consapevoli dell’importanza della riforma e della necessità che tutte le parti in causa debbano rinunciare a qualcosa». Il Pd asseconderà la battaglia di resistenza del M5S e deve farlo anche perché in ballo c’è il seggio per le suppletive di Siena dove Letta non può permettersi di perdere il sostegno del Movimento. Allo stesso tempo, però, i dem non seguiranno gli alleati fino allo strapiombo. «Sono sicuro che domani sarà una giornata positiva, nella quale si troveranno le giuste soluzioni» ha detto il leader Pd alla vigilia dell’incontro. Il patto tra Conte e Letta si poggia su una condizione: che i tempi siano celeri. Il segretario dem aveva dato questa garanzia a Draghi e vorrebbe mantenere la parola, anche se ora sposta all’«autunno» il termine per approvare l’intero pacchetto della riforma, che comprende anche il processo civile e il Csm, «perché alla base dei soldi del Pnrr»: un modo per guadagnare tempo e aprire alla possibilità di un ulteriore slittamento. Ieri anche la vicepresidente del Senato Anna Rossomando ha detto di «non temere una perdita di tempo, se si tratta di pochi giorni per arrivare alla meta». Bastano interventi mirati: «Non serve smantellare tutto, ma risolvere qualche criticità». «Le soluzioni tecniche ci sono», dice, e «la mediazione deve trovarla il governo e in particolare la ministra Cartabia».

Anche fonti vicine a Conte assicurano che non c’è alcuna volontà di sabotaggio. L’avvocato invita a guardare al modello tedesco e propone sconti di pena contro l’irragionevole durata del processo. Non solo. Nel M5S e nel Pd chiedono di allargare i reati per i quali la tagliola dell’improcedibilità (la prescrizione non più sostanziale ma processuale) interviene più tardi, a tre anni e non a due per l’appello, e a un anno e mezzo e non a uno per la Cassazione. In alternativa, I grillini non escludono di riesumare il lodo Conte – prescrizione sospesa dopo il primo grado per chi è condannato e non per chi è assolto – che fu ideato a inizio 2020 per scongiurare la crisi che si stava apprestando a scatenare Renzi prima che intervenisse la pandemia. Tra i 5 Stelle c’è anche chi vorrebbe far partire il calcolo dell’improcedibilità del secondo grado non al momento del ricorso ma quando il fascicolo arriva in Corte d’Appello, ma è un’ipotesi che è già stata bocciata al tavolo della maggioranza al ministero della Giustizia.

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Il secco no dei due Matteo: “La riforma non cambia, basta melina o salta tutto”

lunedì, Luglio 19th, 2021

AMEDEO LA MATTINA

ROMA. «Basta traccheggiare, perdere altro tempo o qui salta tutto». Dal centrodestra arriva un avvertimento forte agli alleati. A differenza del ddl Zan sulla omotransfobia, che non tira in ballo il governo anche se vede nettamente contrapposti i partiti della maggioranza, la riforma della giustizia entra invece nel cuore di Palazzo Chigi. E soprattutto è un tema centrale del Pnrr: se non vengono tagliati sensibilmente i tempi del processo penale del 25% e del 40% per quello civile, l’Italia rischia di non avere non solo i 2,7 miliardi legati alla giustizia, ma l’intera torta di 191 miliardi del recovery Plan. È un allarme lanciato di recente dalla stessa ministra Marta Cartabia e ripetuta in diverse occasione dallo stesso Mario Draghi a tutti i protagonisti del suo esecutivo. Oggi il premier incontrerà Giuseppe Conte per capire fino a dove il nuovo leader dei 5 Stelle intende spingersi. Anche perché il premier e la Guardasigilli hanno ben chiaro che i margini di modifica della riforma Cartabia, proprio perché approvata all’unanimità in Consiglio dei ministri (obtorto collo anche dai grillini), sono minimi, per non dire nulli.

Anche Enrico Letta ora parla di «piccoli cambiamenti». Non vuole certo tornare allo stop della prescrizione introdotta dalla riforma Bonafede. Il segretario del Pd tenta di venire incontro all’alleato con il quale vuole costruire un’alleanza elettorale stabile. Ma di mezzo ci sono il cosiddetto centrodestra di governo ovvero Lega e Forza Italia, e Italia Viva. L’avviso ai naviganti è chiaro: ogni cambiamento, «piccolo o grande che sia», deve ritrovare un accordo con tutti i partiti che sostengono Draghi. Il leader leghista non ha alcuna intenzione di favorire la corrispondenza di amorosi sensi tra Enrico e Giuseppe. Si sente forte della raccolta delle firme per i sei referendum che sta andando a gonfie vele». «Se raccogliamo un milione di firme saranno gli italiani a dire sì o no alla riforma della giustizia. Sono 30 anni che il Parlamento promette la riforma. Firmare è la cosa giusta perché fidarsi è bene, non fidarsi è meglio», avverte il capo leghista. Per Giulia Bongiorno il superamento della riforma Bonafede non si discute, non si possono mettere le lancette indietro. «Basta con la melina, non possiamo restare ostaggi per sempre dei processi», spiega l’avvocato e senatrice Bongiorno.

Nel centrodestra ovviamente non c’è nessuno che vuole farsi carico delle fibrillazioni della base parlamentare grillina e vengono considerate ridicole alcune proposte che circolano sui tempi della prescrizione, diversificandoli ad esempio in base alla gravità dei reati. Un’altra ipotesi che gira è quella di eliminare l’improcedibilità processuale quando scade il termine e introdurre uno sconto di pena. In sostanza se il processo d’appello supera i due anni, l’imputato ha diritto a una pena più bassa.

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