Archive for Luglio 22nd, 2021

Green pass, la bozza del decreto: sarà obbligatorio dal 5 agosto nei ristoranti al chiuso, cinema, teatri, palestre e piscine

giovedì, Luglio 22nd, 2021

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Il testo del decreto che verrà approvato dal Consiglio dei ministri: certificazione per i bar quando si consuma al tavolo

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Green pass obbligatorio con una dose di vaccino nei ristoranti al chiuso,e nei locali dove si consuma al tavolo, per assistere agli spettacoli al cinema e a teatro, per partecipare a eventi e competizioni sportive, per andare nelle piscine, nelle palestre, ma anche a fiere, sagre, convegni, parchi divertimento, sale gioco, partecipazione a concorsi. Cambio dei parametri per il passaggio nelle fasce di rischio. È la bozza del decreto che è stato illustrato ai presidenti di Regione dal ministro della Salute Roberto Speranza e degli Affari Regionali Maria Stella Gelmini. Dopo il via libera il testo arriverà al consiglio dei ministri che dovrà approvarlo per farlo entrare in vigore già domani.

Green pass obbligatorio con una dose di vaccino nei ristoranti al chiuso,e nei locali dove si consuma al tavolo, per assistere agli spettacoli al cinema e a teatro, per partecipare a eventi e competizioni sportive, per andare nelle piscine, nelle palestre, ma anche a fiere, sagre, convegni, parchi divertimento, sale gioco, partecipazione a concorsi. Cambio dei parametri per il passaggio nelle fasce di rischio. È la bozza del decreto che è stato illustrato ai presidenti di Regione dal ministro della Salute Roberto Speranza e degli Affari Regionali Maria Stella Gelmini. Dopo il via libera il testo arriverà al consiglio dei ministri che dovrà approvarlo per farlo entrare in vigore già domani. GREEN PASS, REGOLE E APPROFONDIMENTI

Locali al chiuso

Nei ristoranti sarà necessario presentare la certificazione verde sia per i clienti, sia per i lavoratori. Ugualmente nei bar al chiuso quando si consuma al tavolo.

I nuovi parametri

Il ministro Speranza ha spiegato che per passare in zona gialla, il riferimento sarà almeno il 10% dei posti occupati in terapia intensiva e 15% area medica. Per andare in arancione 20% terapia intensiva e 30 % area medica. Per la rossa 30% in terapia intensiva e 40% area medica.

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Tokyo 2020, i contagi salgono a 87 alla vigilia della Cerimonia d’apertura

giovedì, Luglio 22nd, 2021

dal nostro inviato Marco Bellinazzo

Tokyo 2020, l’Oms: “Il Covid può aver posticipato i Giochi ma non li ha sconfitti”

Altri due atleti residenti nel Villaggio olimpico sono risultati positivi al test per Covid-19. Fra ieri e la mattinata di giovedì 22 luglio si sono registrati 12 nuovi positivi portando il totale dal 1° luglio a 87. Sulle oltre 35mila persone arrivate in Giappone per le Olimpiadi tra atleti, tecnici stakeholders e giornalisti il tasso di incidenza resta molto basso 0,24%, ciò nonostante l’attenzione soprattutto dei media e delle autorità sanitarie locali è piuttosto elevata.

«Let’s play Holocaust»

lla vigilia della Cerimonia inaugurale intanto,il Tokyo Olympic organizing Committee ha licenziato il direttore della Cerimonia Kentaro Kobayashi perchè è emerso che aveva scherzato sull’Olocausto durante una sua commedia del 1998. Lo ha annunciato la presidente del Comitato Seiko Hashimoto. In particolare Kentaro Kobayashi è stato accusato di aver usato una battuta sull’Olocausto nella sua commedia, in cui aveva inserito la frase «Giochiamo all’Olocausto». Ma non è il solo caso di imbarazzo mediatico per il Comitato. All’inizio di questa settimana, un compositore la cui musica dovrebbe essere utilizzata alla cerimonia di apertura è stato costretto a dimettersi a causa del “bullismo” praticato nei confronti dei suoi compagni di classe, di cui si era vantato in alcune interviste.

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G20 al via con il braccio di ferro sul clima. Kerry: senza la Cina, missione impossibile

giovedì, Luglio 22nd, 2021

di Alberto Magnani

G20 Napoli, Palazzo Reale blindato: schierati 2000 agenti delle forze dell’ordine

Gli obiettivi sono condivisi da tutti, sulla carta: ridurre le emissioni, contrastare il cambiamento climatico e traghettare le economie nella transizione ecologica. Il problema è accordarsi sul come e, soprattutto, con quali scadenze. Il G20 Ambiente, Clima ed Energia, in cantiere a Napoli il 22 e il 23 luglio, parte col presupposto di spingere la comunità internazionale verso «obiettivi più ambiziosi» di politica climatica e preparare il terreno a vertici come la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, in programma a Glasgow in autunno e co-organizzata da Regno Unito e Italia.

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha dichiarato in una nota che si sta lavorando a un «documento in comune» per entrambe le giornate e che «non ci sono alternative a lavorare in un’unica direzione». La transizione ecologica «non è un pranzo di gala», ha aggiunto Cingolani, riferendosi ai costi economici e sociali attesi dal cambio di paradigma industriale. Non sembrano esserlo neppure i negoziati che si stanno svolgendo fra i delegati dei 20 paesi, alla ricerca di sintesi su un’agenda che tocca almeno 15 «temi principali» diversi, dalla gestione sostenibile dell’acqua a una ripresa «sostenibile» dalla crisi del Covid.

Il braccio di ferro su accordi di Parigi e neutralità climatica

Sulla carta,la discussione del G20 dovrebbe ruotare intorno ai tre macro-temi di biodiversità, protezione del capitale naturale e ripristino degli ecosistemi, uso efficiente delle risorse ed economia circolare e «finanza verde», un concetto che la presidenza italiana riassume nell’obiettivo di riallineare flussi finanziari e sviluppo sostenibile.
La giornata del 22 sarà dedicata all’Ambiente, quella del 23 ad Energia e Clima, per la prima volta in coppia al G20. È soprattutto il secondo fronte a scatenare tensioni nel club delle economie più ricche del pianeta, spaccato a metà fra paesi più o meno «ambiziosi». A quanto si apprende alla vigilia della riunione fra i ministri dei vari paesi, i terreni di scontro sono soprattutto due.

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Immigrazione, le previsione per il 2050 sulla popolazione africana: “Entro il 2050, un quarto dell’umanità verrà dal Continente nero”

giovedì, Luglio 22nd, 2021

Annalisa Chirico

Venti percento della popolazione globale, 3 percento del Pil, 1 percento di immunizzazioni effettuate. Sono questi i numeri del continente Africa su cui il politologo americano Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group, si concentra in questa conversazione con Libero. «L’Africa è l’unico posto al mondo dove si prevede una crescita demografica esplosiva: la popolazione raddoppierà entro il 2050, il che vuol dire che un quarto dell’umanità sarà africano. La Nigeria da sola, con i suoi 400 milioni di cittadini, diventerà il terzo paese più popoloso del mondo, dopo India e Cina».

L’Economist ha parlato di “Secolo africano”: l’Africa sarà il campo di battaglia della competizione tra Stati Uniti e Cina?

«Per Pechino l’Africa rappresenta un pezzo importante della Nuova Via della seta, da diversi anni la Cina investe massicciamente, con risorse pubbliche e private, nella costruzione di infrastrutture materiali e digitali, nell’elettronica, nelle attività estrattive, nella tecnologia. Tuttavia i paesi che possono essere considerati “filocinesi”, nell’orbita d’influenza di Pechino, sono pochi: Angola, Etiopia, Zambia e Zimbabwe. Si tratta di realtà estremamente povere, rette da regimi autoritari. Quasi nessuno è schierato con gli Usa. Le tre economie più importanti (Kenya, Nigeria e Sud Africa) non si espongono né con Pechino né con Washington».

La nuova Guerra fredda si combatte in Africa?

«Non parlerei di competizione diretta ma di aree di influenza differenziate. Gli Usa sono impegnati sul fronte della cooperazione per la sicurezza, il finanziamento (attraverso l’Fmi e la Banca mondiale), la salute e la società civile. I cinesi investono sopratutto nell’economia attraverso prestiti, infrastrutture e relazioni commerciali. La situazione potrebbe cambiare se, per esempio, Pechino decidesse di realizzare altre basi militari come quella di Gibuti. Al momento però l’Africa non è una priorità per l’amministrazione Biden. Per il presidente le priorità sono la Cina e il clima».

Insomma, in Africa gli americani puntano sul soft power.

«Esatto, l’America fa leva sul settore privato, sulle Ong, su finanziatori individuali, senza ricorrere a mezzi statali».

Lei accennava alla bomba demografica africana, questione sensibile per l’Italia a causa delle ripercussioni in materia di immigrazione.

«Il futuro non promette nulla di buono. L’Africa è la regione più duramente colpita dal cambiamento climatico. L’università di Notre Dame elabora un indice di adattamento che stima la vulnerabilità ai rischi climatici: nove dei dieci paesi più esposti sono africani. Ciò rischia di rafforzare processi di radicalizzazione e migrazione. L’Africa è il luogo dove centinaia di milioni di persone non saranno più in grado di restare a vivere nelle proprie abitazioni per via del surriscaldamento; queste persone hanno inoltre la minore capacità di reddito per sostenere i costi di trasferimento in un paese vicino».

A rendere l’Africa fonte di instabilità contribuisce la proliferazione di tecnologie insidiose.

«È una minaccia concreta che le istituzioni locali non sono in grado di fronteggiare. La popolazione più giovane su scala mondiale, in larga parte privata del diritto di voto, sta diventando quella più capace di generare instabilità. Il phishing di matrice nigeriana che punta a infiltrarsi nel tuo conto corrente è un problema fastidioso, al pari dei rapimenti compiuti dai pirati in mare e degli attacchi cyber, sempre più sofisticati, contro le infrastrutture sensibili».

Una nota positiva in questo quadro fosco?

«Probabilmente il Covid. A livello di contagi, il continente ha affrontato il virus meglio di altre parti del mondo, favorito da una popolazione più giovane, meno esposta alle forme gravi di malattia, e ai collegamenti ridotti con le aree di crisi. L’esplosione della variante Delta però complica tutto: il progetto Covax è una delusione totale e gli africani si ritrovano, di fatto, senza vaccino. L’Africa sarà l’ultima regione del mondo a potersi definire “post pandemica”, e questo è un male per i cittadini africani impossibilitati a viaggiare per lavorare».

LIBERO.IT

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Mara Carfagna: “Giorgia Meloni cresce nei sondaggi ma non romperà l’alleanza con il centrodestra”

giovedì, Luglio 22nd, 2021

Pietro Senaldi

Le divisioni del centrodestra viste dall’ottica del governo da parte di chi il centrodestra lo conosce bene, e non si è mai sottratto alle discussioni, anche animate, sulla direzione da dargli, tanto da diventare una sorta di punto di riferimento autonomo. È anche grazie alla sua indipendenza di pensiero, oltre che al profilo strenuamente moderato, che Mara Carfagna è diventata ministro di Draghi. Dicastero per il Sud.

Ministro, c’è molta tensione sulle misure anti-Covid che saranno decise dal prossimo Consiglio dei ministri: siamo prossimi a una nuova ondata autunnale?
«Al contrario. Siamo pronti alla ripresa e c’è bisogno di “metterla in sicurezza”. A fine 2021 si stima un aumento del Pil fino al 5%. Dobbiamo agire subito per evitare che questa previsione sia messa a rischio».

Quali ripercussioni ci sarebbero sull’economia, che ha dato i primi segnali di vitalità, nel caso il Covid rialzasse la testa?
«L’esperienza dell’estate scorsa è maestra. Ma non si ripeterà. Metà degli italiani è vaccinata, molti altri si stanno prenotando».

È possibile una richiusura?
«Il governo sta lavorando per azzerare questo pericolo. L’equazione è molto semplice: più vaccinati uguale meno varianti, meno varianti uguale meno rischi di richiusura. C’è una parte della maggioranza contraria al Green pass: rema contro l’Italia?».

In realtà il dibattito riguarda le modalità di uso del Green pass, non ho sentito “no” assoluti allo strumento. Come si spiega la posizione della Lega sul Green Pass, contraria a quella del governo?
«Non me la spiego. La Lega è stata, fin dall’inizio della pandemia, il partito delle riaperture e il solo modo di garantire le riaperture è tenere sotto controllo la diffusione del virus».

Le Regioni più indietro con la profilassi sono quelle meridionali. Da ministro del Sud: come mai?
«Non mi risulta. Tutte le regioni meridionali hanno somministrato il 90-93 per cento delle dosi di vaccino consegnate, in linea con la media nazionale. Sotto quota 90 c’è solo la Calabria, che tuttavia da qualche giorno ha cominciato a vaccinare anche nelle farmacie: sono certa che recupererà».

Il 15% dei professori non è vaccinato. Il sottosegretario alla Salute, Sileri, ha dichiarato a Libero che la maggioranza di loro è in Sicilia, Sardegna, Calabria…
«Anche qui, devo rettificare: nell’elenco dei ritardi ci sono almeno due regioni del Nord, non solo il Sud».

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Orlando stoppa Bonomi: “Sul Green Pass al lavoro solo decisioni condivise”

giovedì, Luglio 22nd, 2021

Luca Monticelli

«Noi abbiamo fatto un buon lavoro sui vaccini e i protocolli di sicurezza nei luoghi di lavoro, grazie un tavolo con le parti sociali. Continuiamo così, senza proposte unilaterali ma con il confronto costante». È la risposta del ministro Andrea Orlando a Confindustria che propone il Green Pass obbligatorio nelle fabbriche e negli uffici. Alla minaccia dell’associazione di Carlo Bonomi di sospendere i dipendenti che non posseggono il lasciapassare verde, il titolare del Lavoro replica con un invito al dialogo: «Ora vedremo come calare sui luoghi di lavoro la normativa che verrà a determinarsi nel contesto generale. Questo è il metodo che dobbiamo seguire, fin qui è andato bene e dobbiamo andare avanti così», dice intervistato a Tg2 Post. Una sponda all’esponente Pd arriva dal presidente della Camera Roberto Fico: «Non sono d’accordo con Bonomi. Mi pare “sui generis” l’idea che per andare a lavorare si debba esibire il Green Pass. È una forzatura».

Gli imprenditori però non mollano e il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana, rilancia: «L’idea è tutelare e salvaguardare sempre di più il posto di lavoro perché se scoppieranno nuovi focolai saremo costretti a chiudere, come in passato».

Anche Unioncamere Veneto condivide la proposta di Bonomi: «Il sistema economico è stato messo a dura prova, adesso siamo preoccupati dall’aumento dei contagi: bloccare la produzione ha dei costi altissimi», aggiunge Mario Pozza, numero uno delle Camere di commercio venete. Il giuslavorista Pietro Ichino a La Stampa spiega: «La Confindustria fa bene a chiedere al governo questo provvedimento di carattere generale, perché esso gioverebbe molto per la prevenzione del rischio di una quarta ondata della pandemia, con danni gravissimi per i lavoratori, le imprese, il sistema scolastico e l’erario. Ma la stessa Confindustria – prosegue – farebbe bene a informare gli imprenditori del fatto che già oggi essi hanno la possibilità – in presenza di un rischio rilevante di contagio in azienda – di chiedere ai propri dipendenti di vaccinarsi, come misura di prevenzione e sicurezza». Lo confermano gli articoli «2087 del Codice civile, 15 e 20 del Testo Unico per la sicurezza e due sentenze dei giudici del lavoro di Udine e di Belluno». Il professore ricorda che «l’articolo 32 della Costituzione sancisce la libertà di ogni cittadino di sottrarsi a qualsiasi trattamento medico-sanitario, salvo che l’obbligo sia previsto dalla legge. Ma non certo la libertà del cittadino di mettere a rischio la sicurezza e la salute altrui, che costituiscono invece il bene prioritariamente protetto da questa norma».

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Scontro tra Salvini e Letta: “È stata legittima difesa”, “Stop alle armi ai privati”

giovedì, Luglio 22nd, 2021

Alessandro Di Matteo

ROMA. È una giornata difficile per Matteo Salvini, quel colpo partito dalla pistola dell’assessore leghista di Voghera è difficile da spiegare, anche tenendo conto delle testimonianze che raccontano di un’aggressione da parte del cittadino marocchino poi rimasto ucciso. Il leader della Lega ribatte colpo su colpo, sposa subito la tesi della «legittima difesa», di fatto chiudendo in un batter d’occhio una personalissima istruttoria su quanto accaduto. Un atteggiamento difensivo che scatena ovviamente il centrosinistra, a cominciare dal Pd, ma che stride anche con i referendum sulla giustizia dei radicali, di impronta «garantista», che proprio di recente il leader della Lega aveva scelto di sostenere. Emblematico che proprio dai nuovi «compagni di strada» radicali arrivino dure bacchettate all’ex ministro dell’Interno. E colpisce anche il silenzio di Giorgia Meloni, di solito convinta che «la difesa è sempre legittima». Di fatto, finiscono sotto accusa la legge sulla legittima difesa voluta dalla Lega e il «neo-garantismo» salviniano.

L’ex ministro dell’Interno, però, non intende farsi rosolare e via dichiarazione prova a chiudere con poche parole l’inchiesta: «Lasciamo che siano i giudici a deciderlo», premette, con la formula di rito. Poi, però, la sua sentenza la emette: «La vittima aveva aggredito colui che si è difeso. Lasciamo che siano magistrati, polizia e carabinieri a ricostruire la vicenda. Ma molto probabilmente quello che è accaduto è stato un atto di legittima difesa».

Enrico Letta lo attacca proprio su questo punto: «Saranno inquirenti e autorità giudiziarie a decidere. Nessuno si sostituisca a loro». Ma, inquirenti a parte, per Pd e centrosinistra una colpa – tutta politica – è acclarata: al di là delle responsabilità penali, quello che è successo è certamente frutto della linea della destra su questi temi, come dice Nicola Fratoianni di Sinistra italiana: «A questo porta parlare di “difesa sempre legittima”. A questo porta sdoganare l’odio e la violenza, verbale e fisica». E Giuseppe Provenzano, vice-segretario Pd, aggiunge: «Un assessore che gira armato col colpo in canna e un leader che subito ne legittima la violenza sono terribili aberrazioni, tratteggiano un universo politico morale a cui abbiamo il dovere di essere e restare sempre alternativi». Simile il commento che filtra da M5s: «È un fatto drammatico e grave che andrà chiarito dalle autorità inquirenti. Invitiamo la Lega a stare al suo posto. La ricostruzione dell’accaduto non è questione di competenza del Carroccio».

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Olimpiadi: scherzò sull’Olocausto, rimosso il direttore della cerimonia di apertura dei Giochi

giovedì, Luglio 22nd, 2021

Kentaro Kobayashi sotto accusa per battute antisemite

Olimpiadi: scherzò sull’Olocausto, rimosso il direttore della cerimonia di apertura dei Giochi

Un altro passo falso per le tormentate Olimpiadi di Tokyo. Kentaro Kobayashi, direttore della cerimonia di apertura dei Giochi n programma domani, è stato rimosso dal suo incarico a seguito di notizie sui suoi commenti passati sull’Olocausto. Lo ha annunciato il Comitato organizzatore di Tokyo. I rapporti sui commenti di Kobayashi hanno rapidamente attirato critiche, anche da parte del Simon Wiesenthal Center, che ha condannato quelle che ha definito barzellette antisemite di Kobayashi. Secondo i resoconti dei media giapponesi, Kobayashi ha fatto riferimento all’omicidio di massa di 6 milioni di ebrei da parte dei nazisti in una sceneggiatura per il suo atto comico nel 1998 dicendo: «Giochiamo all’Olocausto». «Qualsiasi persona, per quanto creativa, non ha il diritto di deridere le vittime del genocidio nazista. Il regime nazista gasò anche i tedeschi disabili. Qualsiasi associazione di questa persona alle Olimpiadi di Tokyo insulterebbe la memoria di 6 milioni di ebrei e sarebbe una crudele presa in giro delle Paralimpiadi», ha dichiarato il rabbino Abraham Cooper, Decano Associato della SWC e Direttore dell’Azione Sociale Globale. 

LA STAMPA

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Il virus e la vera libertà

giovedì, Luglio 22nd, 2021

di Aldo Cazzullo

Sui vaccini, la politica sia responsabile, almeno adesso che quasi tutti i partiti sono nella maggioranza. Si rinunci a vellicare gli incerti; semmai li si convinca a vaccinarsi, o almeno li si incentivi. Destra e sinistra non c’entrano nulla

La discussione sul vaccino è viziata da un grande equivoco. Il confronto non è tra chi difende la libertà e chi la nega. Il confronto è tra chi vuol essere — o si illude di poter essere — libero qui e ora, e chi vuol essere libero in modo duraturo; senza ritrovarsi a fine estate (se non prima) in questo frustrante giorno della marmotta, senza dover ricominciare da capo con i bollettini delle terapie intensive e i decreti di chiusura. Dovrebbe essere chiaro che la scelta giusta è la seconda. Nessun Paese democratico ha imposto l’obbligo di vaccino, se non (com’era inevitabile) agli operatori sanitari. Quasi tutti i Paesi democratici, però, hanno deciso di incentivare le vaccinazioni. Il diritto al lavoro è inviolabile; quindi è impossibile legare l’ingresso sul posto di lavoro al green pass. Ci sono però lavori che si svolgono a contatto con il pubblico. Un conto è difendere la libertà di non vaccinarsi; un altro è attentare alla libertà di lavorare — o usufruire di un servizio — senza venire in contatto con una persona che ha deliberatamente scelto di non vaccinarsi. Distinguere tra le generazioni, per arrivare a sentenziare che i giovani possono anche non immunizzarsi perché tanto non muoiono, significa non aver capito come si muove questa pandemia. Il virus resiste e muta proprio perché non è molto letale, ma è molto contagioso. L’unico modo per bloccarne o limitarne la circolazione e la mutazione è vaccinarsi tutti, o quasi tutti. Qualsiasi dato scientifico ed empirico è lì a dimostrarlo. Purtroppo non ci sono altre possibilità, se vogliamo riaprire le scuole in sicurezza, consolidare la ripresa economica, recuperare la socialità, i rapporti tra le persone, il clima di scambio e di incontro che resta di gran lunga il modo migliore di lavorare e di vivere.

L’alternativa è un altro anno a singhiozzo. È richiudere le scuole e tornare alla didattica a distanza, i cui limiti erano già ben chiari a insegnanti, allievi e famiglie prima ancora che venissero certificati dalle prove Invalsi. È ripiombare nell’incertezza e nella paura sui luoghi di lavoro (perché ci sono lavori che da casa non si possono fare, o che non riescono allo stesso modo). È abituarsi definitivamente alla vita virtuale e impaurita di questi diciotto mesi: le riunioni a distanza, gli impegni cancellati all’ultimo momento, le vagonate di autocertificazioni inutili, i talk-show con i virologi catastrofisti, le gomitate di saluto, e tutte le altre cose di cui non vediamo l’ora di fare a meno.

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Scuola, il pressing dei presidi: i professori devono vaccinarsi

giovedì, Luglio 22nd, 2021

di Gianna Fregonara

Il capo del sindacato dei presidi rilancia l’obbligo per gli insegnanti. Il Cts: per fare a meno del distanziamento serve la quasi totalità dei vaccinati. De Luca: in classe solo gli immunizzati

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Non è nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di oggi. Ma non è escluso che se ne parli: la questione del vaccino agli insegnanti e al personale scolastico tiene banco, anche in vista dell’incontro al ministero dell’Istruzione con i sindacati per cominciare a discutere del protocollo per tornare in classe a settembre. È il capo del sindacato dei presidi,Antonello Giannelli, a rilanciare l’idea dell’obbligo della vaccinazione, parlando a RaiNews2: «Per riprendere in sicurezza e fare a meno del distanziamento, come si legge nel parere del Cts, servirebbe la totalità dei vaccinati o la quasi totalità, secondo percentuali che lo stesso Cts dovrebbe precisare. Qualora non si riuscisse in tempi molto rapidi a ottenere questa vaccinazione si dovrebbe valutare una forma di obbligo per coloro che sono a contatto con l’utenza».

Sileri e la moral suasion

Una soluzione, quella di introdurre l’obbligo, che non convince il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri: «Sono 215 mila gli insegnanti non vaccinati: sembra un numero altissimo, mentre invece è una percentuale bassa e localizzata in alcune regioni. Credo che una moral suasion sia necessaria in quelle regioni che altrimenti avrebbero seri problemi nella didattica».

Il sindacato

Il tema dell’obbligo è per ora «controverso», per usare le parole della ministra Mariastella Gelmini e divide i partiti che sostengono il governo. I sindacati degli insegnanti evitano di entrare nel merito: «È una decisione del governo, non oggetto di trattativa — spiega Francesco Sinopoli segretario Cgil scuola — se si riterrà che serve per la salute pubblica, ci adegueremo. Non vorremmo però che la questione della vaccinazione diventasse un diversivo rispetto ai problemi che vanno risolti in vista di settembre, a partire dagli insegnanti dell’organico Covid per i quali ci sono i fondi solo fino a dicembre».

Docenti non prenotati: regioni divise

Non è neppure chiaro quanti siano i docenti che ancora non si sono prenotati. La struttura del commissario Figliuolo è ottimista sui numeri e farà il punto con le Asl il 20 agosto. Lo stesso Giannelli pensa che siano meno dei circa 200 mila che compaiono nel report del governo di venerdì scorso: «Centomila potrebbe essere un numero ragionevole». Ci sono Regioni che hanno completato la platea come la Campania e il Friuli-Venezia Giulia, il Lazio e il Molise dove mancano rispettivamente 114 e 15 persone all’appello. E poi Regioni come la Liguria, la Sicilia, la Calabria e la Sardegna dove l’immunizzazione procede troppo lentamente per arrivare in tempo per settembre. Un eventuale obbligo vaccinale, con esclusione dall’insegnamento o attivazione della Dad potrebbe ricadere su quegli studenti che i dati dell’Invalsi hanno indicato come i più bisognosi di tornare in classe per recuperare.

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