Archive for Luglio 25th, 2021

La corsa ai vaccini: ovunque è record di prenotazioni. Casi tra gli scoperti

domenica, Luglio 25th, 2021

Francesca Angeli

Tutti vogliono il green pass e il boom delle prenotazioni non si ferma. Dopo una fase di rallentamento contrassegnata soprattutto dall’esecuzione dei richiami ora sono ripartite anche le prime dosi. In una settimana si è passati dalle 74.631 prime dosi del 17 luglio alle 145.140 del 23. La prospettiva di restare di fatto esclusi dalla vita sociale ora ha convinto gli incerti e i diffidenti. Ormai più di un italiano su due ha ricevuto anche il richiamo oltre metà della popolazione è protetta, quasi 30 milioni di persone. E ora il timore di registrare una pesante frenata in agosto sembra scongiurato visto il boom di prenotazioni per le prime dosi, più 200%, che andranno inevitabilmente a richiamo in quel mese.

Nel Lazio ieri si sono registrate oltre 80mila prenotazioni superando così il record di 55mila in 24 ore del giorno precedente. «Abbiamo oltre 6,5 milioni somministrazioni complessive di vaccino e il 62% dei cittadini ha completato il percorso vaccinale. Le nuove prenotazioni sono quasi decuplicate in 48 ore. Con questo trend, entro la prima settimana di agosto l’80 per cento dei cittadini del Lazio avrà chiuso il ciclo vaccinale», annuncia soddisfatto l’assessore alla sanità del Lazio, Alessio D’Amato.

Le prenotazioni corrono anche in Toscana, 48mila; in Puglia, più 131 per cento; in Friuli Venezia Giulia dove in due giorni gli appuntamenti per le prime dosi hanno sfiorato quota 12.500 unità. E il vicegovernatore Fvg con delega alla Salute Riccardo Riccardi sottolinea come la media giornaliera fino a metà giugno si aggirava sotto le 2mila richieste al giorno.

A fare ancora resistenza sono quegli oltre 5 milioni di over 50 che non hanno neppure una dose. I giovani invece si vaccinano come dimostrano i dati dell’ultima settimana durante la quale sono stati vaccinati con la prima dose o la dose unica quasi 350mila under 30, 118mila tra i 12 e i 19 anni.

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Incendi, rogo nell’Oristanese: sfollate centinaia di persone | 10mila ettari di territorio divorati dalle fiamme

domenica, Luglio 25th, 2021

Sono centinaia le persone evacuate per tutta la notte, abitazioni danneggiate, migliaia di ettari di territorio divorati dal fuoco. Non sono ancora stati domati gli incendi che hanno messo in ginocchio l’area del Montiferru, nell’Oristanese. Il gigantesco rogo divampato tra Bonarcado e Santu Lussurgiu, non è ancora stato domato. In nottata sfollati gli abitanti di Cuglieri, nel primo pomeriggio a Scano Montiferro.

Questa mattina la situazione è lievemente migliorata e 120 persone circa hanno fatto rientro a casa. Paura anche a Sennariolo, che è stato completamente evacuato: 155 gli sfollati.

Le persone che hanno trascorso gran parte della notte lontano da casa stanno facendo rientro, mentre sono state evacuate anche alcune abitazioni anche a Tresnuraghes, Flussio e Scano Montiferro.

Sulla zona già dall’alba stanno lavorando centinaia di uomini a terra di Corpo forestale, Protezione civile, vigili del fuoco e volontari. In loro aiuto ci sono due Canadair e quattro elicotteri della flotta regionale, tra i quali il Super Puma. Al momento non è stato possibile quantificare i danni, ma le fiamme hanno danneggiato sia abitazioni che aziende agricole.

Coldiretti: catastrofe nelle campagne – “E’ una vera e propria catastrofe quella che si sta consumando in queste ore in Sardegna dove si prevede un’altra giornata da inferno. Oltre ai Comuni assediate dalle fiamme, ad essere devastati e accerchiata dalle fiamme sono anche le campagne con gli allevatori impegnati in una corsa contro il tempo anche durante la notte per recuperare gli animali, alcuni dei quali stati raggiunti dalle fiamme”. Lo dice in una nota la Coldiretti Sardegna.

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Nel Direttivo della Bce tornano a volare i falchi dell’austerity: segnale d’allarme per Roma

domenica, Luglio 25th, 2021

La riunione del Consiglio Direttivo della Bce di giovedì scorso ha tratto le necessarie conseguenze della recente modifica del target dell’inflazione che da «intorno, ma sotto il 2 per cento» è stato cambiato nel «2 per cento simmetrico». Un livello, quest’ultimo, ritenuto più coerente con l’unico mandato conferito all’Istituto dal Trattato Ue per il mantenimento della stabilità dei prezzi. Le indicazioni prospettiche, la cosiddetta «forward guidance», dato tale obiettivo, prevedono che i tassi di interesse rimarranno sui livelli attuali o inferiori fino a quando l’inflazione non raggiungerà il 2 per cento ben prima della fine dell’orizzonte di proiezione della Banca, cioè il 2023. Insomma, per modificare l’impostazione sui tassi, occorre un «2 per cento» duraturo, perché un eventuale superamento di carattere transitorio di tale livello sarebbe tollerato e non comporterebbe il dovere di alzare i tassi di riferimento. La decisione dà un ampio margine di sicurezza anche se, nella conferenza stampa successiva alla seduta del Consiglio, la Presidente della Bce, Christine Lagarde, pur rilevando un miglioramento della situazione economica nell’area dell’euro dove però si registrano 3,3 milioni di disoccupati in meno rispetto a prima della pandemia, ha sottolineato il perdurante impatto negativo del Covid 19 e il collegamento, per il superamento, con il successo della campagna di vaccinazione.

La modifica del target dell’inflazione era stata votata all’unanimità. Invece, le indicazioni prospettiche, come ha precisato la Lagarde, non sono state varate unanimemente. Alcuni tendono a ridimensionare tale differenziazione attribuendola a un proficuo rapporto dialettico nel Consiglio Direttivo. Eppure si trattava, giovedì, di decidere in coerenza con la modifica in precedenza deliberata e con l’indirizzo, anche in passato seguito, di non attribuire valore alle variazioni transitorie del tasso di inflazione. È da presumere che coloro che hanno votato contro avrebbero voluto verosimilmente qualche segnale che avrebbe attenuato la impostazione massimamente accomodante della politica monetaria? Si sarebbero attesi qualche attenuazione nel versante degli acquisti di asset, argomento che, però, non è stato affrontato? È possibile mai che sono stati d’accordo sull’obiettivo dell’inflazione, ma nutrivano la riserva mentale di proporre una diversa «forward guidance»? Qualcosa sapremo quando saranno rese note le «minute» della discussione. Intanto, si può essere certi che la divisione passa anche per «falchi» e «colombe» all’interno del Consiglio. E non sono di certo le notizie che qualche volta sarebbero filtrate dall’interno dell’Istituto il fatto più preoccupante, che qualcuno teme.Certamente, se confermato, si tratterebbe di un comportamento inaccettabile, che segnala uno scarso senso di responsabilità.

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Domenico Arcuri torna a Palazzo Chigi: il governo ripesca Mr Disastri per il Pnr

domenica, Luglio 25th, 2021

Franco Bechis

Sorpresa: Mr Disastri torna al centro del governo come ai bei tempi di Giuseppe Conte. Palazzo Chigi senza fare sapere nulla a nessuno fino a qualche giorno fa ha infatti richiamato in servizio l’uomo che era il simbolo del governo giallorosso: Domenico Arcuri, Mimmo per gli amici. Sì, proprio il manager da cui era partita la svolta di Mario Draghi, che gli diede il benservito sollevandolo dal ruolo di commissario straordinario per l’emergenza sanitaria e sostituendolo con il generale Francesco Paolo Figliuolo. Eppure è proprio alla corte di Draghi che è tornato Arcuri, con una mansione delicatissima nella sua veste di amministratore delegato della Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa-Invitalia spa. La presidenza del Consiglio ha firmato attraverso il dipartimento per la programmazione economica con Arcuri una convenzione per avere da lui l’assistenza per «il monitoraggio dell’avanzamento finanziario e procedurale degli investimenti pubblici, per la mappatura del portafoglio di progetti finanziati in ottica Programma-Progetti, per la ricognizione di aree e progetti in criticità realizzativa da sottoporre ad azioni di supporto».

Arcuri secondo quell’accordo ha il compito di analizzare secondo un algoritmo ad hoc l’andamento e le criticità dei piani di investimenti pubblici e si può capire quanto sia delicata quella funzione visto che siamo alla vigilia della partenza del PNR con i fondi che l’Europa sta per anticipare all’Italia. Infatti il nuovo ruolo di Arcuri è ben pagato da Palazzo Chigi: 4 milioni di euro, Iva inclusa, con un incasso netto per Invitalia di 3,3 milioni di euro. Il contratto firmato da Arcuri è partito il primo luglio scorso e sarà efficace fino al 30 giugno 2024, quindi sotto le sue analisi passeranno davvero parte rilevante degli investimenti previsti dal Recovery Plan di Draghi. Il testo della convenzione è stato reso pubblico solo il 14 luglio con pubblicazione nella sezione amministrazione trasparente del sito Internet della presidenza del Consiglio dei ministri. Dopo avere servito con assoluta fedeltà Conte ed essere diventato il simbolo di tutto ciò che è stato sbagliato nella gestione del primo anno di emergenza pandemica dunque Arcuri è riuscito a diventare con capacità che davvero è impossibile non riconoscergli un fedelissimo di Draghi, perdonandogli evidentemente quel brusco licenziamento avvenuto a inizio marzo. Ma non abbiamo la certezza che l’operazione sia stata gestita dal premier e nemmeno che ne sia davvero a conoscenza.Perché in realtà chi ha firmato quel contratto con Arcuri per conto della presidenza del consiglio dipende da quel Dipe che ricade sotto la delega del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Bruno Tabacci, politico centrista di lungo corso che fu anche presidente della Regione Lombardia decenni fa.

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Salvini e Meloni, carissimi nemici

domenica, Luglio 25th, 2021

AMEDEO LA MATTINA

Il rapporto tra i carissimi nemici non ha mai toccato un punto così basso. Giorgia Meloni dalla sua postazione politica stabilmente all’opposizione e costantemente in crescita nei sondaggi guarda, con una certa goduria, Matteo Salvini dibattersi tra le scudisciate di Mario Draghi («l’appello a non vaccinarsi è un appello a morire») e il dissenso di una parte dell’opinione pubblica e delle attività commerciali che scende in piazza contro la «dittatura sanitaria» del green pass. I due dioscuri del centrodestra, che da soli totalizzano oltre il 40% dell’elettorato, marciano e colpiscono divisi, non hanno più molti contatti diretti da quando FdI è stata esclusa dal Cda Rai, portando Meloni a sostenere che in Italia c’è un problema di democrazia e si vuole silenziare l’unica vera opposizione rimasta in Parlamento. A fare da sponda alla Lega c’è FI che al vertice di viale Mazzini ha messo una sua donna, Simona Agnes, e non intende mollare la presidenza della commissione di Vigilanza Rai guidata da Alberto Barachini. E ciò nonostante lo stesso Silvio Berlusconi abbia detto pubblicamente e in maniera riservata alla leader di FdI che bisogna superare tutte le incomprensioni per tenere unito il centrodestra.

«Ma cosa pretende Giorgia – attaccano gli azzurri – con il 5% in Parlamento vuole impedire a un partito come il nostro, che ha più parlamentari del Pd, di essere rappresentati nel Cda della Rai? Lei capitalizza consensi stando all’opposizione, noi capitalizziamo in maggioranza». Intanto, raccontano fonti interne alla Rai, Salvini sta facendo chiamare tutti quei giornalisti e funzionari che a Saxa Rubra erano passati nell’area di FdI quando Giampaolo Rossi, in quota FdI nel Cda, era «il vero amministratore delegato» dell’azienda.

È una guerra di trincea quella tra i due carissimi nemici. «Con la differenza – spiegano fonti autorevoli della Lega – che Giorgia sta nella comoda posizione dell’opposizione mentre noi abbiamo le mani legate dalla responsabilità di tenerci in equilibrio in questo governo e in questa maggioranza». Ma Salvini non intende farsi cuocere a fuoco lento, anche perchè avverte che attorno a sè qualcosa è cambiato. Anche nel partito. Così ha dato il via libera a tutti gli esponenti e parlamentari a scendere in piazza contro la «dittatura sanitaria» del green pass. Il leader della Lega si è messo in una linea d’ombra, al confine tra maggioranza e opposizione dopo lo «schiaffo» di Mario Draghi sui vaccini. Quell’accusa di mettere a rischio la vita di chi non si vaccina «ha fatto traboccare il vaso», assicurano nel Carroccio dove cresce l’insofferenza per la delegazione ministeriale. «I nostri ministri – spiegano esponenti di primo piano – sono troppo appiattiti su Draghi. Sul green pass non possiamo essere schiacciati alle posizioni di Speranza». Ma il problema per il Carroccio è che il premier non si lascia dettare la linea del ministro della Salute: è convinto delle cose che decide, che tanto dispiacere arrecano a Salvini. Il quale vede crescere il malessere tra i suoi dirigenti, ma soprattutto nella sua base elettorale.

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Recovery a prova di Tar: i ricorsi non fermeranno i cantieri pagati dall’Ue

domenica, Luglio 25th, 2021

Luigi Grassia

Niente “sospensive” per fermare le opere pubbliche legate al Pnrr: un ricorso al Tar non sarà sufficiente a interrompere i lavori, grazie a una norma aggiunta all’ultimo minuto al decreto Recovery appena approvato alla Camera. Il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta sottolinea che così l’Italia «potrà procedere in velocità» e che il Paese «ora ha le carte in regola per ottenere l’anticipo di 25 miliardi di risorse dell’Unione europea» (probabilmente nel giro di due-tre settimane, come annunciato dal Commissario europeo al bilancio Johannes Hahn).

Il ricorso al Tribunale amministrativo è spesso usato dalle aziende sconfitte nelle gare per rimetterne in discussione l’esito, o almeno per ottenere un subappalto; nelle more, i lavori si bloccano, o non partono affatto, anche per lunghissimo tempo. Ma ora i progetti del Piano concordato con l’Ue sono blindati: in caso di impugnazione degli atti sull’affidamento dei contratti, si applicheranno le disposizioni del processo amministrativo che riguardano le infrastrutture strategiche. Quindi, niente blocco dei cantieri mentre il procedimento legale va avanti.

Alla novità inserita direttamente nel decreto sta per aggiungersene un’altra, non legislativa, che renderà più facile ricorrere al Superbonus, già semplificato nella versione rivista e corretta, dalla Camera. «Per assicurare la massima operatività e l’uniforme applicazione delle semplificazioni su tutto il territorio nazionale», spiega il ministero della Pubblica amministrazione, verrà predisposto dll Dipartimento della Funzione pubblica, dalle Regioni, dall’Anci e da altre amministrazioni un modulo unificato, valido in tutto il territorio italiano, per la comunicazione de i lavori al Comune (Cila-Superbonus). Con il decreto, la Cila è diventata l’unico passo necessario per chiedere l’agevolazione al 110%. Il Parlamento ha infatti chiarito che, anche in caso di interventi strutturali, per procedere ai lavori di riqualificazione basterà la sola Comunicazione di inizio lavori e non servirà la Scia. In più, per le opere di “edilizia libera” nella Cila è richiesta la sola descrizione dell’intervento, mentre in caso di variazioni in corso d’opera basterà comunicarle a fine lavori, come integrazione della stessa Comunicazione originaria. Tra le semplificazioni figurano quelle che riguardano il cappotto termico, con la deroga alle distanze minime fra i palazzi, e i pannelli fotovoltaici che – purché integrati e non riflettenti – potranno essere montati anche nelle cosiddette Zone A delle città, cioè non i centri storici, spiega la presidente della Commissione attività produttive Martina Nardi, ma i quartieri inseriti comunque dal 1968 in quella classificazione.

In caso di errori formali, «che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo», non è prevista la decadenza delle agevolazioni. Invece nel caso di violazioni rilevanti ai fini delle erogazioni degli incentivi, la decadenza del beneficio si applica limitatamente al singolo intervento oggetto di irregolarità od omissione.

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Non scherziamo con la prescrizione

domenica, Luglio 25th, 2021

Vladimiro Zagrebelsky

La prescrizione dei reati è divenuta terreno di discussione in ambito politico, non solo per la fase in cui si trova la relativa riforma (Parlamento, dopo la deliberazione del Consiglio dei ministri), ma anche per i facili e contrapposti slogan che permettono all’una e all’altra forza politica di sventolare bandierine identitarie. Il livello del dibattito, quando semplicemente non è adeguato alla serietà del tema, è ora offeso dal prevalere di considerazioni puramente politiche sui tempi e modi di risoluzione del garbuglio in cui il governo si è cacciato. Il governo e la sua eterogenea maggioranza -anche profondamente, ma senza averne la parvenza- stanno cercando di modificare gli effetti della legge che va sotto il nome del ministro Bonafede (di eliminazione della prescrizione dei reati dopo la sentenza di primo grado). All’esito dei lavori della Commissione ministeriale Lattanzi, la soluzione adottata e portata in Consiglio dei ministri, come base di successivi affrettati interventi per consentire ai ministri 5Stelle di approvarla, consiste nell’aggiungere al decorso dei termini di prescrizione del reato, una specie di prescrizione del processo che conduce alla improcedibilità se il processo non si conclude entro due anni in appello e poi un anno in Cassazione. Quei termini sono allungati per certi reati (come la corruzione), ma definiti in astratto, senza considerazione della maggiore o minore gravità del fatto in concreto e della complessità dei processi che, caso per caso, li riguardano. Basta pensare a un processo per corruzione, che può vedere imputato chi è stato fotografato o sorpreso con la mazzetta in mano oppure un altro con uno o più imputati in una articolata vicenda di passaggi di denaro all’estero con difficili perizie finanziarie e necessità di collaborazione di stati esteri. E il giudizio della Corte europea dei diritti umani cui si pretende di richiamarsi, conformemente a ciò che suggerisce il buon senso, segue certo qualche automatismo nel definire i tempi ragionevoli, ma considera sempre le circostanze (complessità, interessi in gioco, ecc.) che rendono possibili tempi più brevi o giustificano tempi più lunghi.

In più il meccanismo adottato assegna un’importanza determinante all’operare delle Corti di appello, diverse delle quali sono ora ben lontane dal livello di efficienza richiesto per rimanere nei termini che la legge dovrebbe fissare. La conseguenza è che un imputato condannato in primo grado potrebbe facilmente vedere vanificata la sua sentenza con una sopravvenuta improcedibilità in appello, che lascerebbe senza risposta la domanda sulla innocenza o colpevolezza. E così un imputato assolto in primo grado con una sentenza appellata dal pubblico ministero. Se nei due anni non sopravvenisse la sentenza della Corte d’appello, la sentenza di assoluzione cadrebbe nel nulla della improcedibilità che colpirebbe il processo (anche se si prevede che l’imputato possa rinunciare allo scattare della improcedibilità). Il tutto mentre il reato in sé non è prescritto. Non prescritto, ma non giudicabile! Le conseguenze negative sono facilmente immaginabili sulla posizione dell’imputato e su quella delle parti offese: queste ultime costrette a sopportare una loro nuova corvée giudiziaria per ottenere soddisfazione.

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La velenosa demagogia negazionista

domenica, Luglio 25th, 2021

MASSIMO GIANNINI

Di fronte alle piazze anarcoidi e destrorse che urlano a vanvera “libertà”, le parole pronunciate da Mario Draghi dopo l’ultimo Consiglio dei ministri segnano un confine etico, politico, democratico del nostro tempo. Dire “chi invita a non vaccinarsi invita a morire” non è solo una messa in mora per chi, come Matteo Salvini, ha finora beatamente flirtato con il mondo no-vax. È anche una scossa alle coscienze di chi, per incompetenza o per diffidenza, ha ascoltato il canto delle sirene complottiste e ha preferito rifugiarsi nel limbo agnostico dell’attesa. Il premier inchioda i partiti alle loro responsabilità. E chiama gli italiani a una scelta di campo. Dopo un anno e mezzo di battaglia contro il virus dovremmo averlo capito: il vaccino è vita, il non-vaccino è morte. Fisica, civica, economica. Per questo la stagione degli opportunismi elettorali e degli equilibrismi lessicali è finita. O si sta di qua, o si sta di là. O si sta con quelle piazze, o si condannano senza appello.

L’operazione-verità dà qualche frutto. Ma non è abbastanza. Sul fronte politico si registra un’evoluzione. Le due destre, che cercano consensi danzando sotto il vulcano della pandemia, si avvicinano a Canossa. Salvini fa la prima dose, sia pure “auto-certificandosi” con un Qr-Code mentre beve un cappuccino. Meloni annuncia che la farà, sia pure tuonando contro il “terrore draghiano”. Sul fronte sociale si nota una polarizzazione. Da una parte c’è una spinta a vaccinarsi in una maggioranza silenziosa di indecisi, che adesso è finalmente in coda davanti agli hub. Dall’altra c’è una spinta a mobilitarsi in una minoranza rumorosa di irriducibili, che torna a berciare pericolosamente nelle piazze da Torino a Palermo.

Sappiamo bene quale delle due spinte sia più propulsiva: la prima può far ripartire il Paese, la seconda lo può affossare. In ogni senso. Lo prova il nuovo leader dei ribelli Ugo Mattei, intellettuale della Rive Gauche, già allievo di Rodotà e amico di Zagrebelski, che oggi pontifica contro la “dittatura sanitaria” insieme ai capetti neofascisti di Forza Nuova come ieri “Nuto Revelli combatteva a fianco di Edgardo Sogno”. Icastica conferma del perfetto Teorema-Odifreddi: da “No-Vax, No-Pass, No-Mask” a “No-Brain” il passo è davvero breve. La tesi che considera l’invito a non vaccinarsi equivalente a un invito a morire non ha solo fondamento politico, ma anche scientifico. Giuseppe Remuzzi, direttore del Mario Negri, spiega che oggi esistono “due epidemie”: quella dei vaccinati che è paragonabile a un’influenza, e quella dei non vaccinati che è un’infezione potenzialmente letale. Lo dicono tutti i responsabili delle terapie intensive, dal Sacco di Milano al Weill Cornell di New York: il 97 per cento dei ricoverati per Covid non è vaccinato. Dovrebbe essere pacifico, ma non lo è ancora. Per questo serve il Green Pass obbligatorio, e per questo il nostro giornale ne sostiene la necessità senza se e senza ma. Siamo ben consapevoli delle contraddizioni con le quali ci siamo arrivati, e lo diciamo al governo con serena chiarezza. Lamentarsi ancora per gli assembramenti, dopo aver consentito alle folle entusiaste di festeggiare la vittoria degli azzurri agli Europei per le strade di Roma, è quasi grottesco. Accusare ancora le regioni che obiettano o le discoteche che protestano, dopo aver ceduto con disonore le armi dell’ordine pubblico nell’impropria “Trattativa Stato-Bonucci”, è quasi offensivo.

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Il Viminale avvisa: adesso attenti al rischio del ribellismo giovanile

domenica, Luglio 25th, 2021

Francesco Grignetti

ROMA. Al ministero dell’Interno sono ormai diciotto mesi che si scrutano le piazze. Da quando è iniziata la pandemia, tutte le antenne della polizia si sono alzate. E naturalmente le manifestazioni di questi giorni, contro il Green Pass, non sono state sottovalutate. Anzi. Ma con le cautele del caso. Perché – spiegano – una mossa sbagliata nella gestione dell’ordine pubblico può causare danni irreparabili.

La giornata di ieri, ad esempio, con tantissime manifestazioni in giro per l’Italia, è archiviata con una certa soddisfazione. Ci sono state tensioni a Pescara. Un accenno di corteo non autorizzato a Roma, lungo via del Corso, è stato immediatamente congelato, e poi sfociato in un piano B verso la Rai. Intemperanze verbali a Genova e altrove. Ma il variegato mondo dei no-vax e dei no-mask, che ora si sta coagulando sul rifiuto del Green Pass, sostanzialmente ha potuto manifestare il suo dissenso, e pazienza se non sono state rispettate le norme sanitarie sul distanziamento sociale. Quel che conta, al Viminale, è che tutto sia filato abbastanza liscio.

Certo, la presenza dei gruppi extraparlamentari di estrema destra non è passata inosservata. Ma era nel conto. Così come le loro rivalità, che vedono CasaPound contrapporsi a Forza Nuova. «È almeno un anno – si dice – che dall’estrema destra tentano di cavalcare la tigre del disagio sociale e della rabbia. Finora però hanno avuto un ruolo sempre marginale».

La lettura dei fatti è quindi questa: nella società c’è una frangia di riottosi alle prescrizioni sanitarie, di cospirazionisti vari, di irriducibili no-vax. Questa frangia si sta agitando sempre più, mentre la stragrande maggioranza degli italiani risponde ordinatamente agli appelli. Succede anche in altri Paesi europei o negli Stati Uniti. Ed è fisiologico che sia così. Da noi, anzi, sono molto meno che altrove, non hanno la stessa forza, e sono meno aggressivi.

A qualcuno di essi, piacerebbe tanto emulare quel che accadde a Parigi con i gilet gialli o anche a Londra, Amsterdam, in Germania. Appena poche settimane fa, a Kassel, una città tedesca di appena duecentomila abitanti, ben ventimila no-vax sono scesi in piazza a protestare e in tanti si sono scontrati con la polizia. A Parigi, ieri, contro il Green Pass nella versione dura macroniana, erano in tantissimi.

Questa piazza, dunque, che viene definita «eterogenea», resta un brodo di coltura. Il timore più grande, come accadde qualche mese fa con la manifestazione dei ristoratori a Roma e a Firenze, che protestavano per i ritardi nei ristori, è l’infiltrazione di gang giovanili. Era accaduto un anno fa anche a Napoli. E s’è visto con una clamorosa giornata di tafferugli a Torino. Succede infatti che in piazze rumorose ma pacifiche, si infilino altre presenze. «C’è un ribellismo giovanile – dicono al Viminale – che non vede l’ora di venire alle mani».

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Covid, l’allarme della microbiologa: «È una fase molto delicata, non si scherza con il virus»

domenica, Luglio 25th, 2021

di Margherita De Bac

Paola Stefanelli, microbiologa, è una ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità e coordina la sorveglianza nazionale genomica sulle varianti di SARS-CoV-2

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«Proprio questi comportamenti vanno evitati: quando ci sono assembramenti, anche all’aperto, la mascherina va sempre indossata. È una fase delicata quella che stiamo vivendo, e non si può scherzare con il virus e con le varianti che ci sono in circolazione…».

Sa bene di cosa parla: Paola Stefanelli, microbiologa, è una ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità e coordina la sorveglianza nazionale genomica sulle varianti di SARS-CoV-2. Si è appena riunito un gruppo di 16 esperti della Commissione europea per le varianti di Sars-CoV-2, di cui lei fa parte in rappresentanza dell’Italia. È la prima volta che la Commissione istituisce un gruppo di lavoro specifico sul tema varianti.

Segno di speciale preoccupazione?
«Quella indicata come Delta ha avuto una diffusione straordinariamente veloce, nel giro di un mese è diventata dominante nel Regno Unito. In Italia sta accadendo lo stesso. È necessario prenderne coscienza. Soprattutto i giovani, che al momento sono i piu colpiti, devono mantenere comportamenti prudenti».

Ma secondo lei cosa devono fare?
«Vaccinarsi innanzitutto, pensando che a settembre riapriranno le scuole ed è bene evitare troppi rischi. È opportuno quindi che continuino a indossare in modo corretto le mascherine, specie nelle situazioni di assembramento».

Come quelle viste oggi in alcune piazze. Ma qual è il modo corretto?
«È importante che oltre alla bocca, coprano il naso. Si è visto che la variante Delta ha una carica elevata nel naso e nella gola dei positivi. Ha affinato la capacità di contagiare attraverso i recettori situati in questi organi. È anche per questa ragione che è molto più contagiosa della Alfa».

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