Archive for Luglio 29th, 2021

Venti di crisi sulla giustizia: il M5s minaccia l’astensione in Cdm, sospeso per un’ora

giovedì, Luglio 29th, 2021

Ilario Lombardo

ROMA. Non c’è ancora un accordo sulla riforma della giustizia e per la prima volta si sussurra di una possibile crisi se non si troverà a breve una soluzione. Al momento, alle quattro di pomeriggio, sta per riprendere il Consiglio dei ministri dopo un’ora di sospensione, necessaria per cercare un accordo con il M5S e il leader in pectore Giuseppe Conte. I ministri 5 Stelle hanno annunciato che si asterranno se avranno da Mario Draghi la garanzia che, come chiesto, tutti i reati di mafia non saranno esclusi dall’improcedibilità, ovvero «la prescrizione processuale»  al centro delle polemiche di questi giorni.  

«Non accetteremo cedimenti e sulla mafia non transigeremo in alcun modo» è quanto sostenuto davanti al premier in una riunione fiume in mattinata. Draghi aveva provato a forzare i tempi, convocando il Cdm per le 11.30, ma senza ordine del giorno, nella speranza che i 5 Stelle si sarebbero convinti ad accettare la proposta di mediazione, a cui hanno contribuito anche Lega e Pd. Secondo le bozze del testo, il termine di improcedibilità in Appello può salire da 2 a 3 anni e in Cassazione da 1 anno a 18 mesi per i giudizi «particolarmente complessi». Ma ulteriori proroghe della stessa durata «possono essere disposte» per i delitti di terrorismo o eversione, per associazioni di tipo mafioso (art.416 bis), per scambio elettorale politico-mafioso (art.416 ter), per violenza sessuale, per le associazioni per spaccio di stupefacenti. Troppo poco per il M5S che non intende muoversi dalla richiesta originaria: imprescrittibilità per i reati di mafia e terrorismo, tutti, non solo quelli che prevedono l’ergastolo.  

A questo punto o si trova un accordo o l’astensione dei ministri del M5S potrebbe portare a pochi inquietanti scenari. I ministri potrebbero dimettersi, Draghi potrebbe salire al Colle a rimettere il mandato, o decidere di inviare il testo alla Camera e mettere la fiducia sul testo. Sono tutti scenari esplosivi. Resta come ultima ipotesi quella di un ulteriore rinvio della discussione in Parlamento. Significherebbe conquistare altro tempo per le trattative e per evitare il peggio, ma anche che Draghi non è riuscito a rispettare il calendario delle scadenze consegnato alla Commissione europea, tra l’altro nel giorno in cui è stato di fatto annunciato che le riforme del fisco e della concorrenza – anche queste attese per fine luglio – slitteranno a settembre.      

LA STAMPA

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Vaccini, riforma e scuola: Mattarella a fianco di Draghi

giovedì, Luglio 29th, 2021
ROME, ITALY - FEBRUARY 13: Italian President Sergio Mattarella(C) and Italian Prime Minister Mario Draghi...
ROME, ITALY – FEBRUARY 13: Italian President Sergio Mattarella(C) and Italian Prime Minister Mario Draghi pose for a picture after the swearing-in ceremony at the Quirinal palace, on February 13, 2021 in Rome, Italy. Former President of the European Central Bank Mario Draghi was sworn in as Italy’s Prime Minister today, after the collapse of the Italian government last month. (Photo by Roberto Monaldo/AM POOL/Getty Images)

Monito, appello, consapevole richiamo alla responsabilità. Chiamatelo come volete, ma la sostanza non cambia. Sin dall’inizio di questa crisi, Sergio Mattarella ha accompagnato ogni momento di snodo col tono asciutto e senza aggettivi che gli è proprio, anche quelli a più alta intensità emotiva. Stavolta coglie l’occasione della tradizionale cerimonia del Ventaglio per esercitare la sua funzione di indirizzo, perché la presidenza della Repubblica non è uno spazio neutro e notarile, ma, come si è visto in vari passaggi di questa emergenza senza precedenti, il luogo chiamato, costituzionalmente, a garantire l’interesse e la coesione nazionale: “Vaccinarsi è un dovere morale e civico”, dice, perché rappresenta l’unico strumento che abbiamo per contenere la diffusione del contagio, e con esso, della pericolosa variante. Ed evitare “una nuova paralisi della vita sociale” e “nuove chiusure” con “conseguenze pesanti per famiglie e imprese”.

Parole che indicano la consapevolezza, e invitano alla consapevolezza che siamo cioè in un nuovo momento cruciale, perché è evidente che non è finita e, per convivere con la pandemia senza rinunciare alla vita, al lavoro, alla scuola, dove si sono “registrati enormi danni umani e culturali” e dove “il regolare andamento del prossimo anno deve essere una assoluta priorità”, occorrono regole e disciplina. Mattarella non nomina direttamente il green pass o l’obbligo di vaccinazione per i docenti o sui trasporti, ma è chiaro che si riferisce a questo impianto in discussione del governo, sostenendolo neanche tanto implicitamente, quando dice che “libertà è condizione irrinunciabile, ma chi la limita è il virus, non gli strumenti e le regole per sconfiggerlo” e dunque “si può dire ‘in casa mia il vaccino non entra’ ma questo non si può dire per gli spazi comuni, dove le altre persone hanno il diritto che nessuno porti un altro pericolo di contagio”.

Ecco, un discorso che è una scelta di campo, proprio nel giorno in cui il governo è stato costretto rinviare le misure su scuola e trasporti alla prossima settimana. E proprio nel giorno in cui, mentre Draghi ha ottenuto un altro milione di dosi di vaccini dall’Europa, il fior fiore dei parlamenti leghisti ha scelto di partecipare al raduno no green pass, in fondo no vax, in piazza del Popolo, in nome di una discutibile declinazione del concetto di libertà. Ed è proprio la libertà il cuore del messaggio presidenziale, perché l’alternativa non è tra vaccino e non vaccino, ma tra vaccino e chiusure, che limitano circolazione, produzione, vita. E adesso, dopo le parole di Mattarella, comprese quelle sulla necessità di “rispettare gli impegni assunti” in materia di riforme perché è giusta la mediazione ma poi bisogna essere in grado di assumere decisioni chiare ed efficaci, rileggete quelle di qualche giorno di Mario Draghi, anche in quel caso su vaccini perché chi fa appelli a non farli fa appelli alla morte e riforma della giustizia che non si può rinviare: un’idem sentire, un’identità di visione, insomma una stessa declinazione dell’interesse nazionale.

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In Onda, il sondaggio di Alessandra Ghisleri scuote la Lega: “Più del 60 per cento dei leghisti è a favore del Green pass”

giovedì, Luglio 29th, 2021

Tra i manifestanti in piazza a Roma contro il Green pass c’è anche qualche leghista come Claudio Borghi. A sondare però l’opinione dell’elettorato della Lega in merito alle nuove restrizioni anti-Covid ci ha pensato la sondaggista Alessandra Ghisleri. La direttrice di Euromedia Research ai microfoni di In Onda, il programma di La7, ha spiegato: “Più del 60 per cento dell’elettorato leghista è a favore del Green pass e delle restrizioni per rimettere in modo l’economia”. 
Poi la Ghisleri svela che anche all’interno del Carroccio c’è chi come Fedriga e Cirio è a favore di queste misure. “Quindi – prosegue alla domanda posta da Concita De Gregorio e David Parenzo – assistiamo a un’intesa doppia: da una parte quelli scesi in piazza e dall’altra chi è a favore delle limitazioni”.

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Coronavirus e vaccini: incognita ragazzi

giovedì, Luglio 29th, 2021

Chiara Baldi

Non un dibattito sui vaccini, sulla cui efficacia e non pericolosità la comunità scientifica è unanime, ma un modo per spiegare perché le somministrazioni ai ragazzi tra i 12 e i 17 anni siano importanti per un ritorno alla «vita normale» di una generazione che, forse più di qualunque altra, ha sofferto gli effetti della pandemia.  Sul tema è intervenuto ieri anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricordando che i vaccini siano «dovere morale e civico. Soltanto grazie a loro possiamo contenere il virus: il vaccino non ci rende invulnerabili ma riduce grandemente la possibilità di contrarre il virus, la sua circolazione e la sua pericolosità».  E sempre ieri è arrivato il via libera della Commissione tecnico scientifica di Aifa per il vaccino Moderna ai ragazzi tra i 12 e i 17 anni, secondo un parere espresso da Ema, perché «i dati disponibili dimostrano la sua efficacia e la sicurezza anche per gli under 20». A favore gli esperti, tra cui il primario di Malattie Infettive del San Martino di Genova, Matteo Bassetti: «Sarà un bene avere un antidoto a disposizione per tutte le fasce d’età: da 0 a 100 anni. Quindi anche per i bambini».  Mentre tra i politici infiamma la polemica. Il leader della Lega Matteo Salvini ha commentato: «Ci sono comunità scientifiche in mezza Europa che dicono il contrario. In altri Paesi i bimbi vengono vaccinati solo se hanno altre gravi malattie». Per Italia Viva, invece, «bisogna fare il possibile per evitare la Dad, soprattutto vaccinare i ragazzi». L’associazione dei presidi si uniforma alla richiesta del Cts di immunizzare 6 ragazzi su 10 prima del rientro a scuola: «Ci sono 4 milioni di ragazzi tra i 12 e i 19 anni, di cui il 60 per cento sono 2,4 milioni. Numeri importanti ma non impossibili per la nostra macchina vaccinale».

La classifica delle Regioni
In Italia ci sono 4.627.514 ragazzi tra i 12 e i 19 anni (il ministero e la struttura commissariale non usano la fascia 12-17). La vaccinazione per questi soggetti è partita a giugno e a oggi ha raggiunto 1.381.383 persone con la prima dose (29,85 per cento del totale) e 683.283 con seconda dose o monodose (14, 77%). Considerando il ciclo vaccinale completo, capofila è la Campania con 143.159 (28, 29 per cento dei 506.070 under 20), seguita dalla Calabria con il 20,66 per cento (30.450 seconde dosi su 147.409). Indietro risultano essere invece territori come la provincia autonoma di Trento che ha completato il ciclo al 4,18 per cento del target, cioè 1.849 doppie dosi su 44.257 persone totali, e la Valle d’Aosta, che ha inoculato 601 seconde dosi su 9.350 persone (6,43). Se consideriamo invece la somministrazione della sola prima dose, in testa alla classifica ci sono le Marche con il 37, 17 per cento della platea (113. 079 persone). Segue la Calabria, con oltre il 36 per cento di prime dosi. Tra i numeri assoluti, invece, spicca la Lombardia che ha fatto 285. 142 prime dosi (35, 89 per cento della platea, che è di 794. 486 under20) e 81. 920 seconde dosi (10, 31). 

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La verità di Perlasca sullo scandalo del Vaticano: «Io come la vittima di un predatore»

giovedì, Luglio 29th, 2021

Gianluca Paolucci

I soldi «spariti» del concerto di beneficenza di Claudio Baglioni in Vaticano nel dicembre del 2016. Il ruolo dietro le quinte del cardinale Angelo Becciu durante le indagini. L’affare dell’ospedale di Olbia con la Qatar Foundation. Le percentuali di Mincione. Le spese di Cecilia Marogna e i fondi ai fratelli del Cardinale. Le manovre tra le gerarchie vaticana all’epoca dello scandalo di Vatileaks. Alberto Perlasca è un fiume in piena quando, il 31 agosto 2020, si presenta agli inquirenti vaticani che stanno indagando sullo scandalo dei fondi della Segreteria di Stato. Ha chiesto di essere interrogato di nuovo, dopo un primo interrogatorio nell’aprile precedente e dichiara di riconoscere «di aver sottovalutato l’importanza dell’interrogatorio del 29 aprile e di esservi giunto impreparato, forte solo della mia convinzione di essere innocente». Perlasca, anche lui indagato, diventerà da quel il principale accusatore del suo superiore, Angelo Becciu.

«Intorbidire le acque»

Parlasca dice non essere mosso da rancore o da sentimenti di vendetta, ma di essere vittima di grooming: «E’ la tecnica utilizzata dai predatori per introdursi surrettiziamente, attraverso i sentimenti, (…) nell’animo delle proprie vittime» – Perlasca si presenta senza l’avvocato dopo che quest’ultimo (Baffioni) gli ha chiesto di valutare una difesa congiunta con monsignor Mauro Carlino: «riconosco in ciò la mano del cardinale Becciu, nel tentativo di intorbidire, a suo vantaggio, le acque». Perlasca racconta anche come Becciu «mi ha fatto credere che (il licenziamento di alcuni funzionari della Segreteria di Stato il 30 aprile 2020, ndr.) era frutto di un accordo di Monsignor Pena Parra con i giudici e che quindi il processo non si sarebbe mai celebrato». Ancora, riferisce Perlasca, lo stesso Becciu ha «imputato ai magistrati un giudizio di indegnità nei confronti di tutti noi indagati, giudizio che invece lui aveva usato verso di me». Da qui parte il racconto di Perlasca, con un memoriale letto durante l’interrogatorio e allegato ai documenti processuali. Le difese hanno chiesto che venga fornita anche la registrazione video. Un racconto nel quale Becciu è il protagonista principale, ma che sembra alleggerire le posizioni di alcuni degli altri indagati. Perlasca riferisce ad esempio che Enrico Crasso (il gestore dei fondi della Segreteria) avrebbe restituito parte delle somme ricevute e degli scontri tra lo stesso Crasso e Mincione quando al primo era stato chiesto di «controllare» l’operato del secondo. La vicenda del palazzo di Londra al centro dello scandalo è il primo argomento trattato da Perlasca: riferisce che «tra le tante scorrettezze» di Mincione c’era anche «quella di non versare gli affitti pagati per le parti del palazzo date in locazione».

I bonifici per la suora

Perlasca racconta anche che Becciu chiese di inviare denaro alla Marogna anche dopo la sua uscita dalla Segreteria di Stato. La vicenda è quella del presunto riscatto per una suora rapita in Colombia, circa 500 mila euro in una decina di versamenti finiti invece alla Marogna. Due dei versamenti vennero effettuati dopo l’uscita di Becciu dalla Segreteria ma su richiesta dello stesso Becciu. Il giorno del primo bonifico era stata costituita dalla marogna la società in Slovenia e i fondi spesi poi in beni di lusso.

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Draghi telefona a tutti i leader: “Ora basta giochi al rialzo”

giovedì, Luglio 29th, 2021

Ilario Lombardo

ROMA. Forse questa volta Mario Draghi aveva peccato di troppo ottimismo, quando ha pensato con certezza matematica di chiudere entro ieri un accordo sulla riforma del processo penale. Il clima a Palazzo Chigi resta comunque fiducioso, e il presidente del Consiglio è convinto che alla fine prevarrà «il senso di responsabilità di tutti», ma è indubbio che nel corso della giornata di ieri ci siano stati strappi improvvisi e ricuciture a tempo quasi scaduto che hanno messo a dura prova la pazienza del premier e della ministra della Giustizia Marta Cartabia, irritati dal prevedibilissimo gioco di veti e controveti scaricati sul tavolo delle trattative.

Il giro di telefonate che in serata Draghi fa ai leader della maggioranza, il segretario della Lega Matteo Salvini, il leader del Pd Enrico Letta e anche il presidente in pectore del M5S Giuseppe Conte, dà l’idea quanto intenso e complicato si sia fatto il confronto. E del messaggio che ha recapitato a tutti: «Da questo momento in poi basta giochi al rialzo». Un accordo è possibile ma ancora non c’è perché i singoli partiti non stanno rinunciando a fissare a favore di telecamera le loro bandiere. Draghi ha sondato le intenzioni dei leader, ha voluto capire fino a che punto non sono disposti a cedere, ma rimane sua intenzione fare una scelta già oggi, se ci riuscirà. Una scelta di sintesi che, per forza di cose, scontenterà qualcuno.

Va subito premesso che, tutto sommato, il racconto delle convulse ore di confronto è abbastanza speculare tra le fonti delle parti coinvolte. Per Draghi non ci sarebbe alcun problema a chiudere subito sui reati di mafia e terrorismo, come chiede Conte, e cioè escludendoli dalla tagliola della improcedibilità. E di fatto il governo sembrava ormai orientato in quella direzione. In mattinata, il colloquio con Salvini serve a ottenere garanzie in questo senso, dopo che già martedì il premier aveva lavorato per fermare il blitz parlamentare di Forza Italia sull’estensione della riforma all’abuso d’ufficio (un tentativo evidente di neutralizzare il processo Ruby-ter a carico del leader azzurro Silvio Berlusconi). Il compromesso con il leghista tra Green Pass e giustizia diventa evidente quando Salvini annuncia di voler evitare che «possano andare in fumo i processi per mafia, traffico di droga e violenza sessuale». Per il M5S è un’apertura evidente, ma anche insidiosa, come spiegano fonti del ministero della Giustizia. I 5 Stelle chiedevano di rendere imprescrittibili tutti i reati di mafia, terrorismo e corruzione. La Lega conferma il primo reato ma aggiunge droga e violenza sessuale, il che complicherebbe non poco la riscrittura del testo e, secondo i tecnici, costringerebbe a rivedere l’impianto della legge.

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Mattarella alla cerimonia del Ventaglio: «È il virus che limita la libertà. Le riforme? Non si può fallire»

giovedì, Luglio 29th, 2021

di Marzio Breda

Il presidente della Repubblica richiama al dovere di immunizzarsi: negli spazi comuni non si può affermare che il vaccino non entra

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Dicevano che non avrebbe parlato di politica e si sarebbe limitato al tema della pandemia. Ma cosa c’è di più politico del memorandum sul Covid inviato da Sergio Mattarella al popolo no-vax, che scende in piazza e incalza i partiti, mischiando negazionismo e isteria catastrofista? Nulla. Specie oggi che il governo Draghi sta per prendere nuove misure anti-virus. Un incubo «che non è ancora alle nostre spalle» — avverte il presidente — e contro il quale, «con uno sforzo straordinario di collaborazione globale», sono stati individuati «due filoni» per incamminarci verso l’uscita dalla crisi. Il primo è la campagna di vaccinazione. Il secondo è «la scelta di mettere in campo ingenti sostegni pubblici per contenere le conseguenze delle chiusure e dei distanziamenti a livello economico, produttivo e occupazionale».

Il doppio binario

Ed è appunto su questo doppio binario che Mattarella si concentra nel suo messaggio al Paese (durante la cerimonia del Ventaglio), con un netto sostegno agli sforzi di Draghi. Anzi, riprendendo proprio i temi dell’incarico al premier, sui quali si è formata una maggioranza che sta purtroppo ricominciando a occuparsi d’altro. Ricorda che il virus è mutato, «si sta rivelando ancora più contagioso» e «solo grazie ai vaccini siamo in grado di contenerlo». Il vaccino, spiega, «non ci rende invulnerabili, ma riduce grandemente la possibilità di contrarre il virus, la sua circolazione e la sua pericolosità». Ecco la ragione principale per la quale «la vaccinazione è un dovere morale e civico». Infatti, puntualizza il capo dello Stato, «nessuna società è in grado di sopportare un numero di contagi molto elevato, anche nel caso in cui gli effetti su molta parte dei colpiti non fossero letali». E qui fa un esempio proiettato in un futuro prossimo, e da scongiurare. Lanciando un caveat, come si dice ora. Badate che «senza attenzione e senso di responsabilità rischiamo una nuova paralisi della vita sociale ed economica; nuove, diffuse chiusure; ulteriori, pesanti conseguenze per famiglie e imprese».

(Qui il discorso integrale del presidente della Repubblica)

Lo scenario

Uno scenario che gli italiani conoscono, dato che «la pandemia ha imposto sacrifici in tanti ambiti. Ovunque gravi». Lui sottolinea quelli pagati dal mondo della scuola, dove si sono registrati «danni culturali e umani, con sofferenze psicologiche che impongono di reagire con prontezza e determinazione». Traduzione: basta con la didattica a distanza, bisogna «tornare a una vita scolastica ordinata e colmare le lacune che si sono formate». Tutti in aula, insomma. E questa «dev’essere una assoluta priorità» che chiunque, a partire da insegnanti e famiglie, deve «avvertire come responsabilità e dovere» già con i propri «comportamenti». Per cui il suo auspicio è che «prevalga il senso di comunità, un senso di responsabilità collettiva». A questo punto, in replica a chi evoca complotti e abusi di potere, magari paragonando il green-pass ai metodi nazisti, il discorso di Mattarella diventa tagliente. «La libertà è condizione irrinunciabile, ma chi limita oggi la nostra libertà è il virus, non gli strumenti e le regole per sconfiggerlo».

L’esempio

E per farsi capire senza equivoci, aggiunge: «Se la legge non dispone altrimenti, si può dire: “In casa mia il vaccino non entra”. Ma questo non si può dire per ambienti comuni, non si può dire per gli spazi condivisi, dove le altre persone hanno il diritto che nessuno vi porti un altro pericolo di contagi, perché preferiscono dire: “In casa mia non entra il virus”».

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Scuola e Covid, l’ipotesi: se c’è un caso di contagio, in Dad solo chi non è stato vaccinato

giovedì, Luglio 29th, 2021

di Valentina Santarpia

Allo studio il «modello francese» per favorire la partenza in settembre: oggi il piano arriva alle Regioni

Il modello francese — quarantena in Dad solo per i non vaccinati — potrebbe piacere anche alla scuola italiana. «Un’ipotesi percorribile», ammette il capo dei presidi, Antonello Giannelli, sottolineando che però «prima devono cambiare il protocollo sanitario della gestione delle quarantene, elaborato dall’Iss, che risale all’anno scorso». E infatti i ministeri della Salute e dell’Istruzione non si sbilanciano: se anche l’ipotesi fosse adottata, diventerebbe un «allegato» al piano per la ripresa della scuola. Le linee guida sono state già scritte e oggi dovevano arrivare ufficialmente sul tavolo della conferenza Stato-Regioni, ma c’è il rischio che, con il rinvio del decreto del governo sulle nuove regole, la presentazione slitti. I contenuti sono comunque noti, e ricalcano le indicazioni del Comitato tecnico scientifico. La premessa è quella ribadita ieri dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi a Radio 1: a settembre si tornerà a scuola in presenza, ha spiegato il ministro, dicendosi «ottimista» perché vede «che tutti stiamo lavorando moltissimo».

E infatti il documento, una quindicina di pagine agili, parte da qui: «La sfida è assicurare a tutti lo svolgimento in presenza delle attività scolastiche, il recupero dei ritardi e il rafforzamento degli apprendimenti, la riconquista della dimensione relazionale e sociale dei nostri giovani, insieme a quella che si auspica essere la ripresa civile ed economica del Paese». Tanto è vero che il piano include le attività di preparazione al ritorno a scuola (la scia del piano estate) e si occupa pure delle assemblee degli studenti, che si ritiene debbano svolgersi in presenza proprio per salvaguardare la socialità. Per garantire però il «ritorno alla pienezza della vita scolastica» è essenziale che il personale «assicuri piena partecipazione alla campagna di vaccinazioni».

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Olimpiadi, le medaglie degli italiani in diretta: tutti i risultati di oggi a Tokyo 2020

giovedì, Luglio 29th, 2021

di Marco Imarisio, Luca Gelmini, Nino Luca, Arianna Ravelli, Gaia Piccardi e Flavio Vanetti

I risultati delle gare di oggi, giovedì 29 luglio, e le medaglie degli atleti italiani che gareggiano alle Olimpiadi

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Partenza sprint degli azzurri. Un oro, un argento e un bronzo e la medaglia sicura delle ragazze del fioretto. Quella più preziosa arriva dal canottaggio: fantastiche Valentina Rodini e Federica Cesarini. Bronzo per l’equipaggio uomini: Stefano Oppo e Pietro Ruta. Nel nuoto Gregorio Paltrinieri conquista un argento miracoloso (disciplina 800 sl).
Finora l’Italia è a quota 18 medaglie dall’inizio dei Giochi. Qui il medagliere completo delle Olimpiadi.


Il programma completo del 29 luglio e gli italiani in gara


Ore 8.00 – Fioretto femminile si arrende alla Francia
Clamoroso flop delle fiorettiste nella semifinale contro la Francia: avanti di 11 stoccate al termine del quarto match (20-9), si sono fatte riacciuffare in maniera rocambolesca e hanno perso per 45-43. Purtroppo sono state fatali due pesanti sconfitte di Arianna Errigo: 5-9 contro la Ranvier (l’assalto che ha ridato fiducia alle francesi, risalite a -5) e poi il crollo nel turno finale contro la Thibus: 3-9. Forse era il caso che non chiudesse lei, smarritasi dopo aver cominciato bene. Sembrava tutto facile, è finita con un incubo: l’Italia non difenderà il titolo di Londra 2012, l’ultimo assegnato nel fioretto femminile e alle 11.30 italiane contenderà il bronzo agli Usa. (Flavio Vanetti, inviato)

Ore 5.26 – Tiro a volo, Jessica Rossi fuori da finale trap
Finisce male, per Jessica Rossi. Una dei nostri portabandiera è stata subito eliminata nella «sua» gara, quel tiro al piattello che nove anni fa a Londra 2012 le aveva dato una medaglia d’oro ancora più bella perché inattesa. Aveva cominciato alla grande, con un 25/25, l’atleta emiliana, ma è stata solo una illusione. Tre errori consecutivi nella batteria seguente le hanno chiuso la porta della finale, come avvenne a Rio 2016. «Io sono una tiratrice. Sparo, è quel che faccio, per questo non sono mai agitata». Lo ripete spesso, questo mantra, quasi a darsi forza. A Londra, quando sbagliò il primo tiro della finale ormai stravinta, dopo 92 centro consecutivi, il pubblico si alzò in piedi per applaudirla, come faceva lo stadio di San Siro quando Niels Liedholm sbagliava un passaggio. Era un mostro di precocità sportiva a quale tempo, oggi è una donna ancora giovane, ha solo 29 anni, con una vita che gira intorno alla passione ereditata dal padre. Ha sempre detto che vuole andare avanti fino a 45 anni, anche se questa delusione l’ha colpita, si vedeva dall’espressione, da quel che si può cogliere attraverso il velo di timidezza che le ha sempre fatto da scudo. Anche Silvana Stanco, 28 anni, italiana nata in svizzera da genitori emigrati dall’Irpinia, è figlia d’arte. A Rio 2016 venne lasciata a casa per fare spazio alla rivale Jessica, e non la prese bene. Adesso è in finale (si comincia alle 14.30), dopo due batterie che autorizzano alla speranza. Lo sport dà, lo sport toglie. (Marco Imarisio, inviato)

Ore 4.53 – Miressi sesto nei 100 sl
Alessandro Miressi solo sesto nella finale dei 100 metri stile libero vinta dall’americano Caeleb Dressel in 47”02 davanti all’australiano Chalmers (47”08) e al russo Koleshnikov (47”44). Il gigante di Torino chiude in 47”86: «Non era quello che mi aspettavo, sono arrabbiato con me stesso non so cosa sia successo, forse la gara si è sviluppata dall’altra parte della vasca, non lo so, ho fatto una str…» (Arianna Ravelli, inviata).

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Olimpiadi, Paltrinieri più forte anche della malattia. «L’argento? Un miracolo»

giovedì, Luglio 29th, 2021

di Arianna Ravelli, inviata a Tokyo

Nuoto, Gregorio Paltrinieri a Tokyo conquista la medaglia più sofferta (dopo la mononucleosi che gli ha impedito anche di allenarsi): «Passare da sentirsi come un Dio alle retrovie è dura. Ma ho tenuto duro»

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Se le medaglie si pesano, l’argento di Gregorio Paltrinieri negli 800 metri entra di diritto tra le medaglie più pesanti delle Olimpiadi di Tokyo e non solo. Di sicuro tra le più emozionanti. Forse persino più dell’oro di Rio nei 1500. «Quella medaglia era così attesa, che quando è arrivata ho detto: ok, non me la sono neanche goduta tanto. Questa invece è stata totalmente inaspettata, avevo solo sensazioni negativi, non trovavo un appiglio. E invece sono qui con l’argento».

Medaglia d’argento

Un’impresa commovente per la forza mentale e il coraggio messi in vasca, e per il messaggio di speranza che regala all’Olimpiade delle fragilità esibite. Fermo ai primi di giugno per la mononucleosi, con una fastidiosa febbre serale e le placche in gola, due settimane senza vedere una piscina nel momento cruciale della preparazione, altre due in cui poteva nuotare solo ad andamento lentissimo («un paio di vasche e poi dovevo mangiare delle fette biscottate per reintegrare»), Greg quando arriva al blocco della corsia otto dove l’ha relegato una batteria faticosissima («sono stato super fortunato a entrare per pochi decimi»), ha una sola opzione: dare tutto. Senza calcoli o strategie. E senza più il ruolo di favorito che avrebbe avuto cucito sul costume se non si fosse ammalato.

La gara a Tokyo

Così Greg parte subito a razzo: in testa ai 100 in 55’’15, ai 200 in 1’52’’86. I suoi rivali storici, l’ucraino Romanchuk e il tedesco Wellbrock forse sono spiazzati, forse non lo vedono là in fondo dov’è. Fatto sta che ai 300 Greg allunga ancora in 3’50’’55. Ci si aspetta una risposta dagli altri, ci si aspetta che vadano a prenderlo e che Paltrinieri crolli.

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