Archive for Luglio 31st, 2021

Incendio a Catania: 30 focolai, fumo sulla città, case evacuate. In 150 salvati via mare

sabato, Luglio 31st, 2021

Catania – La Sicilia brucia, Catania è un inferno: il soffocante vento africano alimenta le fiamme di diversi incendi. Si contano una trentina di focolai, che si sospetta siano dolosi, solo in città. Le temperature sono roventi: oggi sono stati toccati i 40° e nei prossimi giorni dovrebbe peggiorare.
La zona maggiormente colpita è quella nel rione Fossa Creta dove le fiamme hanno lambito le case e diverse famiglie sono state costrette a lasciare le loro abitazioni. Nella zona si alza un’intesa nube di fumo. Chiuso al traffico l’asse dei servizi e bloccato l’accesso anche ad alcune strade. Un rogo ha distrutto lo stabilimento balneare Le Capannine del lungomare della Plaia (nel video la distruzione delle fiamme). Sui diversi fronti sono impegnati numerosi vigili del fuoco. Rinforzi stanno arrivando a Catania da altri comandi principali della Sicilia. 

Dalle periferie al centro storico, si moltiplicano le richieste d’intervento – almeno 70 – che stanno impegnando vari mezzi e diverse squadre dei vigili del fuoco. Scene da inferno di fuoco, con gli abitanti preoccupati dall’evolversi della situazione: le fiamme sembrano essere sotto controllo, ma il vento è tornato a spirare forte alimentandole. Le famiglie hanno tentato di difendere le loro abitazioni aggredite dalle fiamme usando l’acqua di casa. Ci sono stati anche momenti di tensione tra gli abitanti con le case invase dalle fiamme, e i soccorritori, dovuti alla drammaticità del momento

Il capo dipartimento della Protezione civile, Salvo Cocina, ha richiamato tutto il personale e sospeso le ferie per l’emergenza incendi non solo a Catania ma in diverse province in Sicilia. A causa degli incendi scoppiati anche vicino lo scalo, l‘aeroporto internazionale di Catania ha sospeso per circa un’ora le operazioni di volo in arrivo e in partenza.

150 salvati via mare

Centocinquanta persone bloccate dagli incendi in due delle zone marinare di villeggiatura sono state salvate da mezzi navali e personale della Capitaneria di porto. Per fuggire alle fiamme sono si sono recate sulla spiaggia dove sono state soccorse dalla guardia costiera prima con dei gommoni e poi trasbordate su motovedette. Sul posto anche un rimorchiatore e una mezzo navale della Guardia di finanza.

Le persone soccorse sono dei villaggi Primosole e Azzurro. Alcuni di loro hanno perso la casa e saranno ospitati nel Palazzetto dello sport di piazza Spedini messo a disposizione dal Comune. Gli interventi sono stati coordinati dalla prefettura. 

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Roghi anche in provincia

Per l’aggravarsi della situazione si è reso necessario l’arrivo, da altri Comandi Principali della Sicilia, di rinforzi. Tre squadre di colonna mobile regionale sono in assetto antincendio boschivo. Situazione critica anche in provincia: 15 i roghi segnalati tra Paternò, Ragalna e Biancavilla; 14 interventi nella zona del Calatino e sei richieste tra Acireale e Giarre

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“Ripresa? Manca il turismo. La vera prova è il Recovery”

sabato, Luglio 31st, 2021

di ANTONIO TROISE

Marco Gay, ad di Digital Magics
Marco Gay, ad di Digital Magics

Finalmente una ventata di ottimismo. Non c’è solo la fredda statistica dei numeri a segnalare l’inversione di tendenza dell’Italia. La conferma che il clima è cambiato e che il barometro dell’economia segna bel tempo arriva anche dalle parole di Marco Gay, amministratore delegato di Digital Magics e numero uno di Confindustria Piemonte.

Ci siamo davvero rimessi in marcia?

“Sì, finalmente una buona notizia. È una ripartenza dopo un anno e mezzo di crisi. La verità è che le imprese italiane sono riuscite a reagire con prontezza, mettendosi subito al lavoro e mostrando di essere capaci di competere come sempre ad armi pari sullo scenario globale non appena il Covid ha allentato la sua morsa”.

Quindi possiamo già archiviare la brutta pagina dell’epidemia?

“Non esageriamo. Siamo stati bravi a ripartire. Ora dobbiamo concentrare le energie e le risorse per rafforzare e rendere più saldo il rilancio. Non dobbiamo dimenticare che il trend è ancora a macchia di leopardo. Ci sono settori che marciano a pieno regime ed altri che faticano”.

Quali?

“Le cose stanno andando sicuramente bene per la meccatronica, l’automotive mostra segni di ripresa e, più in generale, procedono spediti i settori più innovativi e orientati all’export, le start up… Anche i servizi hanno mostrato una grande capacità di reazione. Ci sono, però, settori ancora in sofferenza. Penso al turismo. Ma anche al tessile il cui andamento produttivo risente delle dinamiche stagionali, con un gap di almeno sei mesi”.

Che cosa dovremmo fare per rafforzare la ripartenza?

“È importante concentrare gli sforzi e spingere le imprese sul terreno dell’innovazione e della digitalizzazione, verso la cosiddetta rivoluzione 4.0. Dobbiamo agganciare le grandi filiere internazionali che sono già ripartite. E, all’interno, favorire le partnership fra pubblico e privato. Le aziende, gli imprenditori, non possono essere lasciati soli”.

Non teme che l’aumento dei contagi possa ipotecare le prospettive di crescita?

“Certo. Ma proprio per questo la parola magica è: vaccinarsi. Non possiamo permetterci una quarta ondata e nuove chiusure in autunno. Le imprese sono pronte a fare la loro parte”.

Anche con il Green pass?

“Mi sembra uno strumento efficace per garantire una riapertura in sicurezza. Insieme, naturalmente, al rispetto del distanziamento e all’uso delle mascherine. Non è il momento di abbassare la guardia”.

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Vaccino ai nonni e non ai bambini. Si rischia l’autunno nero e il tragico conteggio dei decessi

sabato, Luglio 31st, 2021

Franco Bechis

Ci sono solo tre posti al mondo dove qualcuno sa o saprà in tempi brevi quale protezione dal Covid 19 e dalle sue varianti ha la vaccinazione completa dopo 9 o 12 mesi dalla seconda dose. Sono i quartieri generali di Pfizer, di Moderna e di AstraZeneca. Pfizer ha svelato il primo aprile scorso che a sei mesi di distanza la protezione ancora esiste, ma si riduce e che più o meno scende del 6% ogni due mesi. Lo studio è stato messo a disposizione solo il 28 luglio con la pubblicazione sintetica su Medrixv, quasi in contemporanea con l’annuncio del colosso farmaceutico americano della necessità di aggiungere una terza dose di vaccino dopo il sesto mese dalla seconda. Può essere che Pfizer spinga sull’acceleratore per ovvie ragioni commerciali: i vaccini Covid rappresentano oggi quasi un terzo del fatturato dell’azienda, ma è possibile anche che i dati in loro possesso evidenzino una caduta sensibile della protezione dal virus con il tempo. La cosa che non si capisce è perché Ema, Fda e le autorità regolatorie indipendenti non chiedano quei dati anche in forma grezza, perché da loro dipendono tutte le politiche sanitarie dei vari Paesi. Anche quelle italiane, che avrebbero bisogno di conoscere quei dati come il pane. Pfizer e le altre aziende che hanno prodotto i vaccini per il Coronavirus hanno iniziato infatti le loro sperimentazioni sui volontari che si erano offerti in tutto il mondo circa un anno fa. Pfizer iniziò il trial che ha consentito poi l’autorizzazione provvisoria al vaccino Comirnaty il 29 aprile 2020, e davanti alle autorità regolatorie di tutto il mondo si è impegnata a seguire clinicamente il campione per almeno un biennio dopo l’inoculazione della seconda dose di vaccino. La protezione dal virus su quel gruppo è un dato fondamentale per capire come proseguire la campagna di vaccinazione italiana come quella degli altri Paesi del mondo e ovviamente anche per capire come modulare gli acquisti fatti oggi a livello europeo. In Italia oggi sono esplose polemiche anche accese sulla vaccinazione degli adolescenti e financo dei bambini, visto che Pfizer è ormai autorizzato anche al di sopra dei 12 anni. Ma è possibile e addirittura probabile che le dosi servano di più a rimettere in sicurezza quella parte della popolazione più fragile con cui il virus ha letalità molto alta.

RICHIAMO DOPO SEI MESI – Fosse provata la caduta della immunità dopo il sesto mese, da fine settembre sarebbe necessario tornare a vaccinare chi ha più di 80 anni con la terza dose invece di andare all’assalto dei più piccoli con tutta la resistenza che ci sarebbe anche da parte di molte famiglie. Al 31 marzo scorso già 1,4 milioni di ultraottantenni aveva compiuto la piena vaccinazione, che era iniziata a fine gennaio per quella fascia di età. I sei mesi scadrebbero appunto a settembre. Ma con l’arrivo al comando della campagna del generale Francesco Paolo Figliuolo il ritmo delle vaccinazioni si è alzato proprio in quel periodo. Così a fine aprile erano 2,8 milioni gli ultraottantenni che avevano ricevuto le due dosi di Pfizer o Moderna. Quindi per 1,4 milioni di loro i sei mesi scadranno a ottobre. E a ruota stesso tema sugli ultrasettantenni, sugli over 60 e sugli over 50. Se ha ragione Pfizer e non si provvede in tempo a cambiare la campagna vaccinale con la Delta che comanda (e la Delta plus in arrivo dall’India) l’Italia rischia un nuovo autunno nero e il tragico conteggio dei decessi dell’anno scorso. L’urgenza di prendere una decisione sulla terza dose è alta, perché è indubbio dai dati della pandemia la necessità di proteggere quelle fasce di età piuttosto che andare a inseguire i ragazzini come ci si appresta a fare.

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C’è il semestre bianco, arrivano i picconatori e parte l’assalto a Mario Draghi

sabato, Luglio 31st, 2021

Carlo Solimene

Mario Draghi l’aveva capito in tempi non sospetti: «Il semestre bianco di fatto è già cominciato – diceva una settimana fa – perché già adesso non ci sarebbero i tempi tecnici per sciogliere le Camere». Da giovedì si può dire lo abbiano capito anche i partiti della sua variegata maggioranza, che mai come nelle otto lunghissime ore del Consiglio dei ministri sulla riforma della Giustizia ne avevano messo in discussione la leadership. Il «liberi tutti» tanto temuto, insomma, è arrivato. E aver troncato parti della riforma Cartabia per andare incontro ai desiderata delle varie forze politiche costituisce un precedente pericolosissimo. Cosa accadrà nelle prossime settimane quando il governo sarà alle prese con riforme e decisioni potenzialmente ancora più divisive? Fino a qualche giorno fa, di fatto, Mario Draghi aveva fatto il bello e il cattivo tempo. Sulle macerie di partiti alla ricerca d’autore, aveva imposto il suo decisionismo, all’insegna dell’one man show. Un atteggiamento palese soprattutto sulle nomine, quando con un tratto di penna il premier aveva cancellato l’era Conte (leggasi Arcuri e Vecchione) senza che i Cinquestelle potessero proferire parola. O aveva deciso in beata solitudine una partita generalmente delicatissima per la politica come quella dei vertici Rai. Non che i partiti avessero accettato tutto pacificamente. La Lega si era astenuta polemicamente in Cdm sul decreto Aperture, i leader di LeU avevano invitato Marco Travaglio alla festa di partito ben conoscendo idee e toni del direttore de Il Fatto, svariati parlamentari del Carroccio si erano fatti vedere nelle piazze «no pass» sapendo perfettamente che sarebbero stati immortalati vicini a cartelli con sovrapposte le fattezze di Draghi e di Hitler. Mal di pancia in fondo tollerabili. Sulla Giustizia, però, è stato diverso. Giuseppe Conte, alla prima partita da leader dei grillini, ha infilato granelli di sabbia nell’ingranaggio finora perfetto di un premier che sembrava andare veloce come il vento. E ha fatto capire come intende rendere difficile la vita al successore nei prossimi mesi. Il prossimo guanto di sfida sarà lanciato sulla scuola. Per comprenderlo basta aver ascoltato le parole dell’ex ministra Lucia Azzolina, contiana di ferro, che si è già detta contraria all’immunizzazione obbligatoria dei docenti, gradita invece al premier. E sul Fisco? La prossima riforma in programma si farà quasi a costo zero (il «fondo» apposito consiste di appena 2,5 miliardi) e quindi rivedere le aliquote significherà scontentare qualcuno per accontentare qualcun altro. Chi si farà interprete delle categorie deluse? E se Draghi per aumentare la dotazione per tagliare le tasse insistesse nel proposito di non spendere più 5 miliardi per il cashback di Conte, come la prenderebbe Giuseppi? Ma l’elenco dei potenziali scontri è lunghissimo.

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Le banche più forti col salvataggio Montepaschi

sabato, Luglio 31st, 2021

Mario Deaglio

Con il “via libera” del Consiglio dei ministri, ha preso ufficialmente l’avvio la riforma della giustizia, un processo fondamentale per il rilancio dell’Italia che ha messo in seria difficoltà la tenuta del governo. Parallelamente a questa riforma altamente visibile e fortemente discussa, si è compiuto un passo fondamentale in una riforma di fatto, non esplicitamente menzionata nel Pnrr che non richiede una luce verde iniziale ma piuttosto una serie di azioni coordinate in un contesto di norme già esistenti e che potrebbe rivelarsi fondamentale per la riuscita del Pnrr stesso.

Anche qui non sono mancate le polemiche, come si vedrà più avanti, ma di portata più limitata. Di che cosa si tratta? Di un passo ulteriore nell’evoluzione del sistema bancario italiano, che ha assorbito le due crisi degli ultimi anni – quella finanziaria iniziata nel 2008 e quella pandemica ancora in corso – riducendo il numero degli sportelli e dei dipendenti di circa un terzo, senza creare disoccupati e il numero delle banche da quasi 800 a poco meno di 500. Non solo: il sistema bancario italiano è già oggi – con il suo intervento nei meccanismi dei “ristori” e in quelli della ripartenza edilizia – e dovrà essere ancora di più in futuro, un perno essenziale per il salvataggio e il rilancio dell’economia del Paese. Tutto ciò è dovuto prima di tutto alle rivoluzioni tecnologiche: l’attività bancaria è sicuramente tra quelle toccate in maggiore profondità dalle nuove tecnologie elettroniche e nelle quali il processo organizzativo è maggiormente cambiato e destinato a cambiare ancora nel corso dei prossimi anni. Transazioni che richiedevano lunghe code agli sportelli si possono oggi svolgere tranquillamente a distanza. Le perdite che le due crisi hanno comportato sono state assorbite dalla grande maggioranza degli istituti di credito con le loro risorse interne, con il sacrificio dei dividendi e senza aiuti pubblici, molto più frequenti in altri Paesi europei.

Insomma, si può dire che il settore si è in gran parte “riformato” da sé sotto la supervisione europea, di concerto con le autorità bancarie nazionali. Tutto ciò ha una notevole eccezione: il Monte dei Paschi di Siena, unico tra i grandi istituti bancari del Paese ad aver richiesto un intervento pubblico importante che l’ha portato a essere controllato dal ministero dell’Economia. Quasi nello stesso momento in cui il governo ha varato la riforma della Giustizia, hanno preso il via le trattative tra il ministero dell’Economia e UniCredit per la vendita a quest’ultimo di gran parte delle attività di Monte dei Paschi, secondo un “perimetro accuratamente definito”.

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Un semestre bianco mai visto, si rischia la rissa politica perenne

sabato, Luglio 31st, 2021

Federico Geremicca

Renzo Laconi, dice niente? Proprio niente? Peccato. Perché ne sentiremo parlare, e forse dovremo perfino imparare a conoscerlo. È a lui, infatti, che dobbiamo quella sorta di Glaciazione Istituzionale nella quale sta per precipitare il Paese: essendo stato lui a immaginare e volere – tre quarti di secolo fa – quella tagliola che porta il nome un po’ desolante di semestre bianco.

Renzo Laconi era un deputato membro dell’Assemblea costituente. Sardo, filosofo e naturalmente comunista: diciamo naturalmente perché fu lui – segnato dall’opposizione al regime fascista – a vedere un possibile problema nell’impalcatura costituzionale che, finita la guerra, si stava finalmente progettando: «Se il Presidente della Repubblica, allo scadere del suo mandato, si trovasse con due Camere le quali in modo evidente non gli fossero favorevoli, egli potrebbe benissimo scioglierle e prorogare i suoi poteri per avere nuove Camere che potrebbero essere a lui più favorevoli». E così, l’Assemblea costituente condivise il timore e stabilì che negli ultimi sei mesi del suo mandato il Presidente della Repubblica non potesse sciogliere le Camere e portare il Paese alle elezioni anticipate.

Il cosiddetto semestre bianco, dunque, nasce da una «preoccupazione partitica» – diciamo così – nei confronti delle mosse di un Presidente della Repubblica che volesse restare al suo posto per un secondo mandato: uno scenario che evidentemente fa sorridere, se paracadutato nell’oggi. Il film prossimo venturo, infatti, potrebbe avere una trama totalmente opposta: e fotografare pletore di leader politici e addetti ai lavori che sfilano come ombre al Quirinale per chiedere al capo dello Stato di restare al suo posto ancora un po’. Ma tant’è. Nel semestre bianco, per altro, ormai ci siamo. E una cosa almeno è diventata irreversibilmente chiara: che ad eleggere il prossimo capo dello Stato (vecchio o nuovo che sia) sarà l’attuale Parlamento. Circostanza che porta con sé due conseguenze: la prima, è che ne vedremo delle belle, per dir così; la seconda, è che ci aspettano mesi politicamente incontrollabili. Perché se fino a ieri recitare la parte del partito di governo e di lotta qualche problema poteva comportarlo, da domani quei problemi potrebbero trasformarsi addirittura in opportunità.

Si potrà essere prima d’accordo e poi in disaccordo senza rischiare che il tutto precipiti in elezioni anticipate, prospettiva effettivamente temutissima da molti. Si potranno arroventare ulteriormente le campagne elettorali d’autunno nelle grandi città, gettando senza remore nella contesa questioni già oggetto di scontro a Roma. E sui vaccini e sulle regole della lotta al Covid – soprattutto – potrebbero finire per scontrarsi frontalmente e definitivamente sensibilità e visioni non compatibili, ma fin’ora tenute per quanto possibile a freno: con conseguenze drammatiche e facilmente immaginabili.

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Quadarella, splendido bronzo: “Mi sono detta, Simo sta medaglia adesso te la prendi”

sabato, Luglio 31st, 2021

GIULIA ZONCA

Il riscatto è di bronzo per Simona Quadarella che si toglie dalle spalle tonnellate di frustrazione e aggiusta l’Olimpiade iniziata male. Persa nei 1500 in cui ha lasciato che i dubbi la divorassero prima dello start e concentrata negli 800 dove si piazza dietro alle due donne dei Giochi Ledecky e Titmus e forse in un altro momento sarebbe persino andata all’attacco del secondo posto, ma quando perdi poi vuoi essere sicura di vincere, di uscirne, di respirare e di sorridere. E qualsiasi medaglia olimpica è un successo. 

«Una gara di testa, gestita bene. Mi sono detta: Simo sto podio te lo prendi perché questi dovevano essere i tuoi Giochi e non li butti». La gastroenterite patita due settimane prima della partenza l’ha provata «non tanto e non solo i due giorni da schifo e i 3 chili persi ma tutte le sicurezze evaporate, quando hanno posticipato la data del biglietto aereo mi è sembrato di non avere più speranze».

Ammette che è per questo e non per l’eventuale debolezza causata dal virus, che è entrata in gara sopraffatta nei 1500, poi ha visto Gregorio Paltrinieri e tutto è cambiato. «Mi ha esaltato, mi ha messo i brividi. Il mio allenatore mi ha guardato e mi ha detto: Ecco, queste sono le palle, tu che vuoi fare?». Lo ha dimostrato con la terza piazza di un podio pesantissimo.  Medagliata nella distanza con cui Novella Calligaris ha preso il bronzo nel 1972 e Alessia Filippi ha raggiunto l’argento nel 2008, una specialità di tradizione a cui lei è legata: «Alessia è sempre stata una delle mie atlete preferite, romana come me». L’Olimpiade di Quadarella è stata un rebus che è riuscita a decifrare solo all’ultima occasione: «Le finali al mattino sono state un problema, tutto mi si è presentato un po’ fuori fuoco. Mi aspettavo una competitività diversa, ma credo di aver pagato l’aver fatto sempre tutto bene. Fino a qui quasi percorso netto e poi mi sono trovata a gestire situazioni inedite. Lo schiaffo del quinto posto nella gara che sentivo più mia mi ha svegliato». 

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Conte se la prende con il «turbo-decisionismo»: non si uccide la dialettica

sabato, Luglio 31st, 2021

di Francesco Verderami

C’è Draghi e c’è Conte, che non è Coppi contro Bartali. Se non fosse che l’ex premier ci crede davvero e si appresta a competere con il suo successore, ergendosi a paladino della politica e del suo primato contro il potere tecnocratico privo del consenso elettorale.

Conte dimentica di essere entrato a Palazzo Chigi senza nemmeno esser stato candidato, pensa solo ad escogitare un modo per tornarci. Così si reinventa difensore del sistema parlamentare, che pure il Movimento rappresentava come una «scatoletta di tonno». Ed eccolo lì, ad attaccare il «turbo-decisionismo, che in alcuni casi — dice l’avvocato — è necessario. Ma uccidere la dialettica democratica ha un costo politico sotteso. Ed è un costo elevato». Sono le tesi con le quali si è messo a sfidare Draghi sulla riforma della giustizia, primo passo di quel «processo di logoramento del governo» denunciato da Giorgetti in Consiglio dei ministri.

Ma non è Coppi contro Bartali. Anche perché, per riuscire nell’impresa, Conte avrebbe bisogno di alleati. Che invece scarseggiano. Grillo e Di Maio non accetteranno mai di fargli da gregari in una simile impresa. E su quei tornanti pochi altri lo seguirebbero. Come racconta un ministro dem, se il leader in pectore di M5S «tenderà ad alzare la tensione, lì si misurerà la virtù del Pd, che non potrà prestarsi al gioco. Nell’interesse del Paese e del partito. Perché il rischio sarebbe quello di consegnare a Conte la golden share della nostra area».

E se fosse questo il vero obiettivo dell’ex premier? Se l’idea di un Papeete grillino per affossare il governo in autunno e andare alle urne dopo l’elezione del capo dello Stato, non fosse che un espediente per diventare nei fatti il «punto di riferimento del progressismo»? D’altronde di apprendisti stregoni è piena la storia politica, e chi immagina di usare Conte per assorbirlo, secondo il diretto interessato «sbaglia». È Conte che vuole usare i suoi alleati per assorbirli. Di qui le contromisure di quanti nel Pd non vogliono «morire grillini». Nelle ore più convulse della trattativa sulla giustizia, c’è stato infatti chi — rompendo la linea di partito — ha assicurato a Draghi che se Conte avesse rotto non lo avrebbero seguito.

In realtà Draghi scommetteva che tutto si sarebbe risolto. L’immagine di un premier per la prima volta sotto scacco è frutto di una lettura politica fatta con lenti del passato: il presidente del Consiglio mirava a portare a casa la riforma tenendo dentro anche i grillini. Ed è vero che in Consiglio c’è stato chi — come la Bonetti — ha additato i Cinque Stelle per «modalità di trattative che evocano la logica del ricatto». Così com’è vero che dallo scontro ad uscire un po’ ammaccata è stata la Guardasigilli: «È la corsa per il Colle — sorrideva ieri Renzi — che provoca danni collaterali già prima di iniziare».

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Zona gialla: le regole e i rischi in Sicilia, Sardegna e Lazio. In arrivo un nuovo decreto per il green pass su treni e aerei

sabato, Luglio 31st, 2021

di Fiorenza Sarzanini

I timori per Sicilia, Sardegna e Lazio. Dall’allungamento della lista dei luoghi in cui è richiesto il certificato alla riduzione dei posti su bus e tram: le strategie per contenere i contagi e scongiurare la Dad

Allungare la lista dei luoghi dove sarà obbligatorio entrare con il «green pass» per fermare l’avanzata della variante Delta del Covid-19. È l’obiettivo del governo che la prossima settimana approverà il decreto per imporre la certificazione verde su treni, navi e aerei, ma anche per fissare le misure per il ritorno in classe di tutti gli studenti. La curva epidemiologica torna a salire, il cambio dei parametri inserito nel provvedimento varato il 22 luglio scorso impedisce a otto Regioni di tornare in zona gialla, ma anche i ricoveri sono in aumento e dopo Ferragosto c’è il rischio che in alcune aree tornino le restrizioni. L’ultimo bollettino della struttura guidata dal commissario Francesco Paolo Figliuolo certifica che sono stati vaccinati con doppia dose quasi 32 milioni di italiani. Ancora troppo pochi rispetto alla totalità della popolazione e dunque si cercherà di potenziare la campagna per incrementare il numero delle persone immunizzate.

Otto sopra 50 casi

L’ultimo decreto del governo stabilisce che si passa in zona gialla con un’incidenza di nuovi casi settimanali pari a 50 per 100 mila abitanti, ma con una percentuale di ricoverati in area medica pari al 15% e in terapia intensiva pari al 10%. Nell’ultima settimana otto regioni hanno superato i 50 casi — Emilia-Romagna (71,5), Lazio (87,5), Liguria (53,6), Sardegna (136,2), Sicilia (80,9), Toscana (94,5), Umbria (81,6) e Veneto (81) — portando la media nazionale a 58. Tutte sono ancora sotto la soglia critica di ospedalizzazioni, ma il trend è preoccupante e gli esperti raccomandano massima attenzione e uso delle protezioni quando ci si trova in situazioni e in luoghi affollati.

A rischio «giallo»

I timori maggiori riguardano la Sicilia, dove la percentuale dei ricoverati in area medica ha raggiunto l’8% e in terapia intensiva il 4,7%. Sorvegliate speciali sono la Sardegna, con il 4,4% dei posti occupati nei reparti e il 4,2% in terapia intensiva, e il Lazio, con il 4 % in area medica e il 3,7% in terapia intensiva. La soglia critica è ancora lontana, ma la velocità di diffusione del virus non lascia tranquilli. Per questo si sono intensificati gli appelli dei governatori a mantenere alta l’attenzione e soprattutto a vaccinarsi.

Le mascherine

In zona gialla tornano infatti alcune restrizioni, compreso l’obbligo di mascherina all’aperto per tutti i cittadini che hanno più di 6 anni. Si può andare nei bar e nei ristoranti all’aperto a pranzo e a cena, ma soltanto con consumo al tavolo. Al chiuso si può invece andare nei bar e nei ristoranti solo fino alle 18.

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I focolai Covid in Italia, oggi, nei luoghi di vacanza

sabato, Luglio 31st, 2021

di Adriana Logroscino

Aumenta il contagio in Versilia e in Romagna, in Salento e sul Circeo. Cluster individuati dopo un matrimonio in Toscana e dopo feste nel Trevigiano. In Friuli chiusa una discoteca dopo una serata: si erano infettati in 55

Dovunque si viva la notte, si vada per locali, si faccia festa e si tiri tardi. Il Covid si conferma arcinemico della vita sociale e infatti si diffonde nelle località turistiche più frequentate dai giovani. Dai 70 positivi della festa di Pantelleria, passando per i 9 del campeggio nel Lazio, aggredisce il Circeo e la riviera romagnola, si replica tra le province di Ragusa e di Caltanissetta e non risparmia il Salento né il Triveneto. È la mappa, in continuo aggiornamento, dei cluster delle vacanze. I focolai che, nonostante gli appelli, si fa sempre più fatica a tracciare perché i turisti sono tanti, perché si spostano e perché spesso non collaborano per non rovinare le vacanze ad altri.

Il giallo della Sardegna

Un giallo quello del Forte village di Santa Margherita di Pula, in provincia di Cagliari. Il resort, esclusivo e lussuoso, insomma non un posto di facile assembramento, ha ospitato da poco un festival del cinema al quale hanno perso parte tanti personaggi del mondo dello spettacolo. Un attore, di rientro a Roma, è risultato positivo. Di qui l’allarme contagio tra i vip. Lo esclude l’organizzatrice del festival, Tiziana Rocca, che assicura che i suoi ospiti erano negativi al tampone sia all’arrivo sia alla partenza. La presenza al Forte village di Claudia Gerini, attrice che proprio pochi giorni fa ha dichiarato di non essersi vaccinata «non perché sia contraria ma per paura», ha infittito le voci.

Versilia e Romagna

Che il virus circoli sulle gambe dei turisti si riscontra attraverso l’aumento di casi in alcune zone da sempre meta dei villeggianti: la Versilia e la Romagna. A Viareggio e Pietrasanta il maggior numero di positivi dei 111 individuati in 24 ore nel non esteso territorio provinciale di Lucca. Più grave il fenomeno in Romagna dove la provincia di Rimini fa registrare 516 casi in sette giorni contro i 166 del Ravennate e gli 89 del Forlivese, e la sola Riccione ha un’incidenza di casi, rispetto agli abitanti, più che doppia della media regionale.

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