Archive for 2022

Pnrr, i conti veri o presunti e la paura

venerdì, Dicembre 2nd, 2022

di Federico Fubini

Quando cresce il rumore di fondo, l’unica è stare ai fatti. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è così complicato che dall’inizio il rumore di fondo si alterna a fasi di silenzio attonito. Ora il silenzio però l’ha rotto Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei con delega al Pnrr. Ha detto: «La previsione di spesa del Pnrr a settembre è stata rivista (al ribasso, ndr) a 21 miliardi di euro a fine anno. Ma temo che la percentuale di spesa non sarà molto alta e sarà distante dai 21 miliardi. L’indicatore della spesa è molto preoccupante: se mettiamo insieme tutte le risorse disponibili e le proiettiamo al 2026 è chiaro che c’è bisogno di un confronto a livello europeo e nazionale». Tradotto: il governo di Mario Draghi ha lasciato una situazione compromessa, impossibile farcela nei tempi. Ma è così?

La relazione di Draghi al parlamento sull’attuazione del Pnrr del 5 ottobre conferma che i fondi spesi nel 2021 sono 5,5 miliardi e quelli da spendere quest’anno 15 (dunque quasi 21 in totale). Ma spiega che quelli del 2021 sono appunto tutti spesi e di quelli di quest’anno a settembre ne erano già stati spesi per 11,5 miliardi. Tutti da progetti già avviati prima: opere ferroviarie e scolastiche, bonus edilizi, incentivi tecnologici alle imprese. In sostanza con tre mesi di lavoro davanti tutto sembrava in linea e i casi sono due: o Draghi fornisce dati errati o lo fa Fitto.

Rating 3.00 out of 5

Crosetto: «Conte oggi fomenta l’odio, ma aveva detto 5 volte sì all’invio delle armi in Ucraina»

venerdì, Dicembre 2nd, 2022

di Monica Guerzoni

Il ministro della Difesa del governo Meloni: il leader M5S fa nomi e cognomi

desc img

Guido Crosetto, ministro della Difesa, non si sente parte di un «governo guerrafondaio che ingrassa la lobby delle armi» e respinge con forza le accuse lanciate da Conte: «Mi ha colpito molto che lui usi questi termini nei confronti di un governo che non ha preso decisioni».

Cosa la colpisce?
«Tutto quello che questo governo sta facendo nei confronti dell’Ucraina è implementare le decisioni dell’esecutivo Draghi, della cui coalizione Conte guidava il partito maggiore. All’ex premier vorrei ricordare che tutto ciò che è stato inviato negli ultimi mesi a 360 gradi, non solo aiuti militari, è stato deliberato sulla base di cinque decreti definiti dal precedente governo».

Vuol dire che Conte si è dato del guerrafondaio da solo?
«Se inviare armi all’Ucraina significa essere guerrafondai, chi può fregiarsi di quel titolo è lui e il suo partito in primis. Io non la penso così, l’aiuto a una nazione attaccata è cosa diversa dall’essere guerrafondai».

Prenderete decisioni in discontinuità da Draghi?
«Non penso proprio, gli impegni di una nazione verso le alleanze internazionali di cui si fa parte non cambiano col cambiare dei governi e noi non siamo dei quaquaraquà».

La maggioranza degli italiani è contro l’invio delle armi.
«Era contro già nei mesi scorsi, quando un altro governo ha deciso di rispondere alla richiesta di aiuti dell’Ucraina. I governi hanno la responsabilità e l’onere di prendere decisioni anche non popolari, perché c’è una ragione di Stato e ci sono impegni da rispettare. Ma vorrei affrontare un punto non politico sulle parole di Conte».

Quale punto?
«Le parole vanno usate con responsabilità. Conte manifesta totale incoerenza tra quello che diceva e faceva e quel che dice ora. Legittimo che passi da fornitore di armi a pacifista convinto ed è anche legittimo che guardi i sondaggi per decidere di cambiare idea. Ma non che usi epiteti violenti nei confronti di persone fisiche che hanno la sola colpa di rappresentare lo Stato. È come indicare a una parte di società violenta e antagonista nomi e cognomi di obiettivi da colpire».

Rating 3.00 out of 5

Migranti a Catania, tensione dopo i primi sbarchi dalla Humanity. Soumahoro a bordo della nave: “Resisteremo”. Pd: “Scelte governo illegittime, Piantedosi riferisca in aula”

domenica, Novembre 6th, 2022

La nave Humanity1 è ancora ferma al porto di Catania. Al momento sono stati fatti sbarcare 149 migranti; tra loro alcuni minorenni, e un neonato. Per la Ong Sos Humanity potrebbero sbarcarne ancora degli altri, con problemi di salute. A bordo della nave Humanity 1 ci sono ancora 35 persone. «I naufraghi sono sfiniti», spiega a LaPresse la Ong facendo presente che uno di loro ha appena avuto un esaurimento nervoso.

Migranti a Catania, le ispezioni sanitarie a bordo della Humanity 1

La situazione davanti alle coste siciliane rimane particolarmente complessa. Cinque navi, due battenti bandiera tedesca, due battenti quella norvegese e una liberiana, si trovano a largo nel tratto di mare che va da Catania a Taormina. Un caso che va avanti da giorni, quando alla «Humanity 1» era stato impedito di entrare nelle acque territoriali italiane, senza l’assegnazione di un porto sicuro. Oltre ad essa, sono presenti anche la «Rise Above», la «Geo Barents» con 572 migranti, la «Ocean Viking» con 234.

Humanity, Croce Rossa: “Medici Usmaf a bordo, gli sbarcati saranno trasferiti al Palaspedini”

Soumahoro a bordo della Humanity: «Resisteremo»
«Respingere illegalmente 40 persone sfinite e con le lacrime agli occhi, negare il diritto a decine di naufraghi è illegale ed è disumano. Questo non è difendere i confini italiani e non migliora la vita di chi vive in Italia. Questo e’ disumanità e noi resisteremo». Lo afferna il parlamentare Aboubakar Soumahoro, salito sulla nave Humanity 1, in seguito a un malore di uno dei profughi e la decisione di non far scendere alcune decine di migranti – in quanto ritenute in buona salute – dei 179 approdati ieri sulla nave della ong tedesca Sos Humanity. «Sono otto ore con le vite sospese, otto ore di disumanità, otto ore senza cuore, di persone che hanno affrontato freddo, traumi, un calvario. Presidente Meloni, lei ha giurato sulla costituzione italiana. Non può piegare la nostra carta costituzionale per dei giochi di potere che rispondono a una deriva non umana», ha concluso.

Rating 3.00 out of 5

Una destra sospesa fra Tambroni e Berlusconi

domenica, Novembre 6th, 2022

MASSIMO GIANNINI

Lo confesso. Guardando la conferenza stampa di Giorgia Meloni, venerdì sera, ho pensato per un attimo a Draghi. Dal suo buen retiro di Città della Pieve, Super Mario si sarà goduto lo spettacolo. Sentire la nuova premier che, già molto stanca, annuncia un pacchetto da 32 miliardi contro il caro-bollette, fatto almeno per un terzo dal maggiore spazio fiscale lasciato in eredità dal suo governo, deve essere stata una vera soddisfazione. Ascoltare la Sorella d’Italia che sulla legge di bilancio e sui conti pubblici assicura un approccio “prudente, realistico e sostenibile”, deve essere stato un grande sollievo. Vederla abbassare un po’ lo sguardo, mentre chiarisce che sul Pnrr “introdurremo solo aggiustamenti per spendere le risorse nel migliore dei modi” e che “riprenderemo le attività per alcune concessioni finalizzate alla produzione di gas italiano”, deve essere stata una bella rivincita. L’esecutivo ha giurato nelle mani del Capo dello Stato sabato 22 ottobre. Sono dunque trascorse due settimane esatte dall’ingresso a Palazzo Chigi. E sono apparse altalenanti, contraddittorie a tratti un po’ schizofreniche. In generale, si conferma l’impressione della vigilia: come nell’Uomo senza qualità di Musil, quella di Giorgia è “Azione Parallela” e si svolge su due piani distinti, in virtù di una chiara forma di scissione psico-politica. Lo dico con tutto il rispetto per la Presidente del Consiglio. Sulle questioni interne prevale la “Ducetta”, che lascia si sprigionino gli spiriti animali non del capitalismo (non è mai stata quella la tazza di tè della cultura ex missina) ma di quello che Massimiliano Panarari definisce “l’identitarismo”. Viceversa, sulle questioni internazionali dove si gioca il profilo geo-strategico dell’Italia e dove il “vincolo esterno” è più incisivo e cogente, si impone la “Draghetta” (copyright Dagospia), che agisce in un quadro di compatibilità con gli impegni comunitari e di continuità con le scelte di chi l’ha preceduta.

La “capatrena” di Fdi deve ancora elaborare una sua idea di destra, cercando di non farsi risucchiare dai due estremi possibili che si trova alle spalle: la truce riedizione del modello Tambroni, o la stanca prosecuzione del modello Berlusconi. Per ora, impensieriti e incuriositi, assistiamo alla “doppiezza meloniana” che, come fu per quella togliattiana, inquieta e al tempo stesso conforta. Inquieta perché accelera la pericolosa deriva polacca di cui abbiamo scritto più volte: quella cioè di uno Stato assolutamente fedele ai principi dell’atlantismo e dell’europeismo, ma pericolosamente permeabile alle spinte tese a comprimere i diritti sociali e civili. La gestione del dossier migranti è una regressione insopportabile: ci riporta indietro di quattro anni, al gabinetto gialloverde del 2018, quello dei “muscoli del Capitano” che chiudeva porti, aboliva protezioni umanitarie, sbaraccava Sprar. La legge sui rave-party è una sbobba indigeribile, da tutti i punti di vista. Linguistico: è scritta in un italiano posticcio, e sarebbe bello sapere quale “mente raffinata” del nuovo Deep State l’abbia partorita. Giuridico: è talmente vaga da risultare applicabile a qualunque fattispecie, dalle occupazioni al liceo ai picchetti in fabbrica, nonostante le garanzie farlocche fornite dal ministro-prefetto Piantedosi, dal quale la suddetta applicazione non dipende in alcun modo. Costituzionale: non si vede la “necessità ed urgenza” di un decreto sui rave, neanche ce ne fosse uno al giorno con decine di ragazzi morti per overdose, e almeno su questo il Presidente della Repubblica qualche avviso ai naviganti avrebbe potuto lanciarlo. Morale: si spara ai passeri con il cannone, sei anni di galera per una notte a ballare in un capanno abusivo sono un’aberrazione in un Paese in cui gli stupratori prendono tre anni. Meloni può anche andare “fiera” del provvedimento, ma per ora ha raccolto solo critiche, dall’opposizione e persino dalla sua stessa maggioranza. E può anche rivendicare la sua svolta Law and Order, ma con le sicure correzioni che saranno apportate al testo nell’iter di conversione la “Nuova Italia” si dimostra quella che lei stessa dichiara di aver superato: la “Repubblica delle banane”.

Tuttavia la doppiezza meloniana è anche confortante. Se patisce strappi e spallate la “sovrastruttura” (ammesso che, marxianamente, si possano definire tali i principi dello Stato di diritto), viene mantenuta in relativa sicurezza la “struttura” (cioè il rispetto e l’assunzione delle responsabilità condivise in politica estera e in politica economica). Il maggior deficit necessario a coprire le misure di sostegno per famiglie e imprese colpite dalla crisi energetica (5,6 per cento del Pil quest’anno, poi ridotto al 4,5 nel 2023, al 3,7 nel 2024 e al 3 nel 2025) è concordato con la Commissione Ue. Gli “ulteriori segnali” annunciati per la manovra d’autunno (da quota 41 sulle pensioni al taglio di 5 punti del cuneo fiscale) non scaturiranno dai “corposi scostamenti di bilancio” sperati da Salvini, ma saranno ricavati da risparmi su altri capitoli di spesa o da nuove fronti di entrata, anche questo nel rispetto della road-map negoziata a Bruxelles. Persino la sorprendente ripresa delle attività di trivellazione in Adriatico, funzionale alla fornitura a prezzi calmierati di “1-2 miliardi di metri cubi di gas” alle aziende energivore, riflette la volontà di reperire risorse senza sfasciare la finanza pubblica. È una svolta importante, e niente affatto scontata. Era stata proprio la premier ad avvisare la sua squadra, nel primo Consiglio dei ministri: “Saremo ricordati per la crescita del Pil e per l’aumento dei posti di lavoro”. È essenziale continuare ad esserne consapevoli, e a tener conto che i soldi non li troveremo sotto l’albero. La bolletta di ottobre è stata clemente, ma già da novembre la stangata sarà pesante. La stessa cosa vale per i prezzi di tutte le materie prime e dei beni di prima necessità, che continueranno a crescere perché, come avverte Kenneth Rogoff sull’ultimo numero di Foreign Affairs, “questa inflazione non è passeggera ma è destinata a durare a lungo”, e costringerà le banche centrali a tenere i tassi di interesse sempre più alti.

Rating 3.00 out of 5

Manifestazione per la pace ipocrita, non fa i conti con Putin. Allora si punti a vincere

domenica, Novembre 6th, 2022

Domenico Quirico

Esiste una distanza, talvolta infinita benché infima, tra ciò che diciamo e ciò che vogliamo dire. Quella separazione la si può definire ambiguità, ipocrisia, bugia. Prendiamo la manifestazione di ieri per la pace a Roma. Manifestare per la pace è in sé lodevole, meravigliosa conferma che non ci rassegniamo alla terra spopolata, alle città vuote e messe a sacco, ai carri armati enormi e senza sportelli, ciechi come pesci degli abissi. Ma il dubbio nasce se la manifestazione si riduce appunto a una ecumenica, inutile manifestazione di ipocrisia: peccato da cui escluderei, ieri, per la sacrosanta innocenza dei fanciulli solo i boy scout.

Grazie a questa ipocrisia vi hanno partecipato tutti, preti e mangiapreti, comunisti e reazionari, liberali e liberisti, le schiere novelle che hanno ormai sostituito da alcuni mesi lo spirito santo con la Nato, filorussi cauti come carbonari e orfani inconsolabili di tutte le terze vie, i multilateralismi, le mondializzazioni salvifiche. Tutti presenti: dopo aver opportunamente verificato che la parola pace sarebbe stata scandita, sillabata e scritta all’italiana, ovvero dopo averla preventivamente svuotata di qualsiasi riferimento concreto, diplomatico, reale. Riconducendola cioè alla sua esclamazione metafisica, sacrale e quindi inutile: andate in pace… Invito di cui le vittime della guerra, in divisa e non, quelli per cui ogni speranza sembra spenta, davvero non sanno che farsene.

Che cosa significa la magica parola pace? Non sono riuscito a saperlo: etere, sogno, possibilità in attesa di una forma? Temo sia così che viene evocata in un Paese dove il libro più importante mai scritto è Della dissimulazione onesta di Torquato Accetto a cui si abbeverarono le classi dirigenti dell’età barocca. Non a caso non viene insegnato a scuola: perché nei secoli è diventato una seconda natura.

Allora che cosa è la pace in riferimento al problema per cui bruscamente è stata evocata, ovvero la guerra europea in Ucraina, l’unico frammento della terza guerra mondiale a puntate indicata da Papa Francesco che davvero ci interessi? Se intesa come il contrario della guerra, fratellanza, capacità di dimenticare i torti subiti, pentimento di quelli che li hanno commessi, chi mai potrebbe esser contro un così impalpabile sogno? Ma se la si intende in senso pratico, come un processo diplomatico, l’atto politico e tecnico che pone fine alla guerra allora bisogna specificare, chiarire, aggiungere atti e fatti. Esattamente quello che nelle enunciazioni auto assolutorie, e nelle bugie dei politici che la guerra la vogliono, non si fa mai.

Per fare la pace bisogna inevitabilmente sedersi al tavolo con l’aggressore, ovvero Putin, discutere con lui, accettarlo come interlocutore, fino ad arrivare, forse, alla definizione di un equilibrio che ponga fine, temporaneamente (la pace perpetua esiste solo nella splendida utopia kantiana) al dominio della morte. Sgradevole necessità, certo, quella di discutere con il colpevole. Ma la pace, ontologicamente, richiede due soggetti. Altrimenti si chiama resa senza condizioni, vittoria assoluta. Una distinzione che gli stati uniti ben conoscono visto che hanno intavolato trattative di pace solo quando hanno perso la guerra, Corea, Vietnam, Afghanistan. Negli altri casi hanno accettato infatti la resa senza condizioni. Allarmante antecedente.

Rating 3.00 out of 5

Problemi tecnici

venerdì, Novembre 4th, 2022

La rassegna stampa riprenderà tra una settimana. Scusateci il disquido

NONSOLOFOLE

Rating 3.00 out of 5

Il Ppe: piena fiducia in Forza Italia e in Tajani. Michel: l’Ue collaborerà con il governo italiano

giovedì, Ottobre 20th, 2022

Fabrizio De Feo

Dopo le polemiche scoppiate in Italia a causa della pubblicazione da parte di LaPresse delle parole pronunciate da Silvio Berlusconi davanti alla platea dei senatori di Forza Italia e le rivelazioni sui doni inviatigli dal presidente russo in occasione del suo compleanno, il dibattito si sposta a livello europeo.

Le reazioni non mancano, anche se nel Partito popolare europeo si fa notare che, al netto dei singoli commenti pronunciati dagli esponenti politici, la posizione dell’Italia, del centrodestra e del partito guidato dal Cavaliere, fatti alla mano, non è mai stata in discussione. Ci pensa, peraltro, anche Antonio Tajani a inviare un chiaro messaggio alle cancellerie europee: «Domani sarò al Summit del Ppe per confermare la posizione europeista, filo atlantica e di pieno sostegno all’Ucraina mia e di Forza Italia» dice il coordinatore azzurro. «In tutte le sedi istituzionali non è mai mancato il nostro voto a favore della libertà e contro l’invasione russa». In Europa Manfred Weber, presidente del Ppe, non si esprime sulla questione del presunto riavvicinamento con Putin del leader di Forza Italia e si limita a ribadire la posizione della sua famiglia europea: «La Russia ha attaccato nuovamente uccidendo innocenti, tra cui una donna incinta. Putin è un criminale di guerra. Il sostegno a Kiev ci unisce». Evita di entrare nel merito anche il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. «Non commento i commenti. La posizione dell’Ue è chiara: sosteniamo l’Ucraina, condanniamo la Russia e non accettiamo una guerra ingiustificata. Coopereremo con il governo italiano, basandoci sul rispetto delle istituzioni democratiche». Una posizione critica viene invece adottata dal capo delegazione polacco al Ppe. «Vorrei consigliare a Berlusconi di rimandare indietro la vodka» commenta Andrzej Halicki. «Non è il momento di avere contatti con Putin quando si è di fronte ad atti terroristici. Putin non è un amico, ma un criminale di guerra». Arrivano anche le dichiarazioni di Paulo Rangel, vicepresidente del gruppo Ppe al Parlamento Europeo, che si concentra sul ruolo di garanzia svolto da Antonio Tajani.

Rating 3.00 out of 5

I dubbi di un convinto filo Occidentale

giovedì, Ottobre 20th, 2022

Paolo Guzzanti

Davvero Silvio Berlusconi è meno atlantista di prima? Tutti coloro che si sono gettati a pesce sulle sue opinioni sulla guerra in Ucraina e le sue valutazioni su Zelensky, fanno di tutto per dichiararlo fuori gioco come se l’atlantismo fosse un articolo di fede e non il frutto della libertà di ragionamento e di opinione. Io ricordo benissimo, nei tempi di George Bush, quanto fosse forte e quasi scatenato il suo spirito atlantico e filoamericano di un filoamericanismo che non era neppure schierato con i repubblicani, perché ricordo perfettamente il momento della sua simpatia, ricambiata, per il presidente Bill Clinton.

E naturalmente tornano alla memoria il suo splendido discorso davanti al Congresso degli Stati Uniti e tutti i suoi interventi davanti al Parlamento europeo e nel partito popolare europeo. Basterebbe a dimostrare quanto sia rimasto sempre totalmente leale, oltre che fedele all’Alleanza atlantica, il fatto di aver sempre dato indicazione di voto ai suoi deputati sia nel Parlamento di Strasburgo che in quello italiano di votare sempre come l’Europa, anche per quanto riguarda la guerra in Ucraina che ha esplicitamente condannato come un atto irragionevole e deplorevole. Quindi le sue manifestazioni di opinione e le sue valutazioni politiche e storiche sono quelle di un uomo che esercita la sua conoscenza e la sua libertà, pur restando perfettamente aderente a tutti i principi e alle idee guida della stessa comunità che è, insieme, occidentale, atlantica, europea, senza tentennamenti ma con rispettate e rispettabili valutazioni delle cause degli effetti.

Spesso la comunità occidentale e atlantica è riuscita semmai a ferirlo, come accadde nel caso della Libia quando, sia Obama che Sarkozy, con atti di pura violenza distrussero un rapporto lungamente costruito proprio da Berlusconi con Mohammad Gheddafi per raggiungere una migliore autonomia energetica e per governare l’immigrazione. In quel caso ci fu una losca unanimità sia internazionale sia delle sinistre italiane oscenamente entusiaste del linciaggio disumano cui fu sottoposto il dittatore libico, anche perché quel genere di opinione pubblica godeva e brindava alla morte di un alleato di Berlusconi. E non ci fu verso di anteporre la logica all’odio, l’interesse nazionale al piacere di distruggere il bene. E poi certamente c’è da considerare un aspetto umano che tutti conoscono e che è tanto antico quanto autentico, quello del legame di amicizia con Vladimir Putin che nacque agli esordi di questo presidente russo dall’aspetto sportivo e occidentalizzante quando affermava, davanti al Parlamento bavarese a Monaco, di sentirsi occidentale come tutta la Russia e Berlusconi assunse nei suoi confronti un atteggiamento fraterno, se non addirittura paterno, perché lo scopo della sua politica era quello di creare una condizione di pace duratura che chiudesse tutte le ferite della guerra fredda e permettesse il massimo volume di scambi commerciali fra l’Europa e la Russia e in particolare tra Mosca e l’Italia.

Rating 3.00 out of 5

Rai, polemiche per il programma di Fiorello. Una lettera dei giornalisti del Tg1 per provare a ricucire con lo showman

giovedì, Ottobre 20th, 2022

Maria Corbi

Il giorno dopo che si capisce di aver fatto una c. ..ata è sempre il più difficile. In effetti lo è anche quando non lo si capisce, come l’Usigrai che ci tiene a rimanere un sindacato emulo della burocrazia sovietica, incapace di distinguere un regalo quando gli capita fra le mani. E in questo caso il direttore generale della Rai, Carlo Fuortes aveva preparato un bel pacchettino di addio, in attesa del benservito della nuova maggioranza.

Quale generosità più grande del convincere il signore degli ascolti a cimentarsi nelle prime ore del mattino con la rassegna stampa? Cinquanta minuti che avrebbero trainato con l’ironia una bella fetta della moscia mattinata targata Rai 1. Rallegrando i telespettatori in un momento della storia difficile per tutti.

Anche perché la mattina le notizie viaggiano sui tablet, sui podcast, alla radio. E a meno che non scoppi la guerra tra le due di notte e le sei di mattina i telegiornali sono copie conformi dei quotidiani della mattina. La differenza può farla un «graffio» di Fiorello come sui giornali una vignetta.

Il progetto è definito, nonostante Fuortes si sia affrettato a dire che non lo era per calmare le acque: Il nuovo show «Viva Asiago 10!» in onda sulla rete ammiraglia Rai, ma anche su Radio2 e RaiPlay, da lunedì 28 novembre. Prima tre settimane di rodaggio sulla piattaforma web con «Aspettando Viva Asiago 10!». Nel frattempo Fiorello, dicono, si offende per non essere stato accolto a braccia aperte. E anche il «ti vogliamo bene» dei giornalisti del Tg1 arrivato a riparazione dello sgarbo potrebbe non bastare. Anche perché meno di 24 ore prima proprio il cdr del Tg1 aveva definito l’arrivo di Fiore uno «sfregio dell’impegno quotidiano», Pirandello direbbe «tanta indignazione per niente». Flaiano aggiungerebbe «poche idee ma confuse». Una difesa del proprio orticello senza pensare che Fiorello lo renderebbe più fertile. Parla l’Usigrai, tacciono i giornalisti se non dietro comunicati collettivi. Tace anche la direttrice, Monica Maggioni che in questo momento di passaggio di consegne è attenta a non scivolare prima del previsto. Il suo pensiero trapela solo da comunicato del cdr di cui sopra dove si riferisce che anche la direttrice è preoccupata per questa riduzione degli spazi editoriali. Cinquanta minuti dati e tolti fanno scoppiare la guerra in una Rai in ambasce per i cambi di caselle dettati dalla nuova maggioranza ma non per la costruzione del futuro, quello che passa per la conquista delle nuove generazioni che guardano Fiorello, appunto, e non il Tg1 del mattino. Magari una collaborazione tra informazione istituzionale e satira avrebbe aperto ai giovani se non una porta, almeno una finestra, affacciata su viale Mazzini.

Invece è andata così. E nessuno si stupisce perché assistere alle vicende di Viale Mazzini è come accomodarsi davanti a una telenovela messicana dove sai quel che accadrà, anche se aspetti il colpo di scena. Tra i protagonisti di questa puntata il mitico Leonardo Metalli, membro del cdr che in una lettera a Fiore evoca Renzo Arbore capace di lavorare d’amore e d’accordo con il Tg2 ai tempi di Indietro tutta. E rimprovera i giornali che non hanno capito niente e come al solito hanno seminato confusione e zizzania. L’importante è non assumersi responsabilità, non fermarsi per ragionare, non cedere niente, né minuti, né privilegi. Tanto alla fine la strategia è vincente. Anche con Carlo Fuortes che invece di impuntarsi per la trasmissione di Fiorello ha iniziato a fare marcia indietro spiegando che si sta ancora cercando una giusta collocazione.

Rating 3.00 out of 5

“Il governo ha appena aumentato le tariffe di luce e gas”: se sentite questa frase sappiate che è una bufala

giovedì, Ottobre 20th, 2022

di Giuliano Balestreri

“Lo sa che il governo ha appena aumentato le tariffe di luce e gas?” è una delle frasi che è capitato di ascoltare durante una telefonata con un call center di un rivenditore di energia elettrica. Giuliano Balestreri, giornalista della redazione economia de La Stampa, ci spiega perché questa è un’affermazione totalmente scorretta.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.