Archive for Gennaio, 2022

Presidente della Repubblica: scontri, veti, elezioni rinviate, perché la partita del Quirinale è decisiva

lunedì, Gennaio 10th, 2022

di Milena Gabanelli, Simona Ravizza e Alessandro Riggio

Ogni cittadino italiano che ha compiuto i 50 anni di età e che gode dei diritti civili e politici, e non ha subito nessuna interdizionedai pubblici uffici nei cinque anni precedenti, può essere candidato dai partiti alla Presidenza della Repubblica. Vuol dire che anche Silvio Berlusconi possiede tutti i requisiti di candidabilità, poiché l’11 maggio 2018 ha ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza la riabilitazione che estingue ogni effetto penale della condanna. Resta semmai un tema di opportunità, ma in quanto tale non è regolamentata da leggi. Per essere eletto al primo turno ci vogliono 673 voti, ovvero i due terzi del Parlamento, integrato da 58 rappresentanti delle Regioni, che in totale fanno 1.009 votanti: per arrivare a questo numero va coperto con le elezioni supplettive di Roma (in calendario per il 16 gennaio) il posto alla Camera lasciato libero da Roberto Gualtieri, neosindaco della Capitale; e l’Aula del Senato deve convalidare il subentro del senatore Pd Fabio Porta a quello di Adriano Cario, dichiarato decaduto. Dal quarto scrutinio in poi basta la maggioranza, cioè 505 voti, che corrisponde alla metà più uno degli aventi diritto. In entrambi i casi indipendentemente dal numero di presenti. La carica dura sette anni, ed è incompatibile con qualsiasi altra.

I turni elettorali

Nella storia della Repubblica solo Francesco Cossiga e Carlo Azelio Ciampi sono stati eletti al primo turno con il 70% dei voti grazie a precedenti accordi bipartisan. Per il resto, i nomi dei candidati di bandiera proposti nei primi tre scrutini non sono mai andati a buon fine (tranne per Antonio Segni). In quattro casi si è arrivati alla quarta tornata: Luigi Einaudi, Giovanni Gronchi, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella. Nelle altre cinque elezioni si è dovuti ricorrere a 6 votazioni per Napolitano bis, 9 per Antonio Segni, 16 per Sandro Pertini e Oscar Luigi Scalfaro, 21 per Giuseppe Saragat e 23 per Giovanni Leone. Gli impallinati dal proprio partito: 46 franchi tiratori hanno impedito nel 1948 l’elezione di Carlo Sforza, nel 1992 sono stati in 29 ad abbattere Arnaldo Forlani e in 101 contro Romano Prodi nel 2013. Soltanto Ciampi sale al Quirinale senza una precedente esperienza alle Camere, ma dopo essere stato premier e governatore della Banca d’Italia. Nessun leader di partito in carica al momento del voto è mai stato eletto Presidente.

I poteri

Sono 19 gli articoli della Costituzione che riguardano il Presidente della Repubblica e ne regolamentano i numerosi poteri. Vediamoli. Nomina: il Presidente del Consiglio e i ministri proposti dal premier; i senatori a vita; cinque giudici costituzionali; i segretari generali dei ministeri, i prefetti e gli alti gradi militari (anche se in quest’ultimo caso si tratta solo di ratificare decisioni nate in seno alle rispettive amministrazioni). Convoca e scioglie le Camere; promulga le leggi o le rinvia; comanda le forze armate; presiede il Csm; rappresenta l’Italia e l’unità nazionale; ha potere di grazia; manda messaggi al Parlamento per rimetterlo in riga. Il suo ruolo può essere interpretato in modo largo o stretto, dipende dalla personalità del singolo e dai partiti: più sono inconsistenti e più i poteri del Presidente si estendono. Li ripercorriamo con l’aiuto dei politologi Luca Verzichelli e Francesco Marangoni (Centro interuniversitario di ricerca sul cambiamento politico dell’Università di Siena) e Alice Cavalieri (Università di Torino).

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Draghi difende la stretta:“Frutto di dati scientifici, non compromesso politico”

lunedì, Gennaio 10th, 2022

Ilario Lombardo

Alle sei di oggi pomeriggio Mario Draghi sarà seduto davanti alle telecamere e avrà accanto a sé il coordinatore del Cts Franco Locatelli e i ministri della Salute e della Scuola Roberto Speranza e Patrizio Bianchi. Il presidente del Consiglio tornerà a parlare dopo quasi venti giorni. Da quanto risulta, si è pentito di non averlo fatto subito dopo il via libera del Cdm al decreto che impone l’obbligo vaccinale agli over 50, una misura enorme per la vita privata e sociale degli italiani. Lo farà oggi, in una giornata cruciale perché milioni di studenti torneranno in classe dopo le vacanze e perché entreranno in vigore i divieti che colpiscono chi non ha il vaccino e il Super Green Pass, rilasciato solo dopo l’immunizzazione o la guarigione dal Covid. La composizione del tavolo dà immediatamente il senso della conferenza. Gli ultimi venti giorni sono stati travolgenti, la variante Omicron ha rimesso in discussione tutta l’architettura delle restrizioni anti Covid del governo, accelerando una nuova, ben più severa stretta contro i No Vax e a difesa delle terapie intensive.

Draghi, però, non si fa illusioni: a due settimane dalla prima votazione per il Quirinale sa che in un modo o nell’altro le domande ritorneranno martellanti su questo tema. Il premier, salvo ripensamenti, non dovrebbe aggiungere nulla di più rispetto a quanto già detto durante la conferenza stampa di fine anno, il 22 dicembre scorso. Né, come spera qualcuno all’interno anche dei partiti di maggioranza, intende tirarsi fuori dalla corsa al Colle. Quando lo fece sette anni fa, ricorda chi lo conosce bene, rilasciò una dichiarazione precisa in un momento preciso. Cosa che non dovrebbe fare oggi. Draghi parlerà delle misure dell’ultimo decreto, per spiegarle, contestualizzarle alla luce dell’andamento dei contagi, precisare che le scelte non sono state piegate dalle esigenze di mediazione politica, ma decise seguendo logiche scientifiche e in maniera collegiale tra capidelegazione dei partiti, ministri ed esperti della Salute.

È quello che sta dicendo da giorni ai suoi collaboratori, in risposta alle critiche per aver concesso troppo ai partiti, piovute anche dalla comunità scientifica – compresi membri del Cts –, e alle rimostranze di chi considera eccessivo il ricorso all’obbligo, seppur circoscritto dai 50 anni in su: «Va spiegato che i provvedimenti non sono stati dettati da un compromesso politico ma sulla base dei dati scientifici, per proteggere gli ospedali». Ma allo stesso tempo dirà che è forte il bisogno di non veder precipitare il Paese in un nuovo lockdown, che avrebbe depresso l’economia, sfibrato il tessuto sociale e gettato nella disperazione molti lavoratori.

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Ecco le regole nel giorno del Super Green Pass

lunedì, Gennaio 10th, 2022

FLAVIA AMABILE

ROMA. Sarà un rientro dalle vacanze di Natale amaro per oltre 5 milioni di italiani. Da oggi la loro vita sarà complicata dalla stretta decisa dal governo Draghi. Dovranno spostarsi a piedi o utilizzando mezzi privati, rinunciare a ristoranti, alberghi e tutte le attività sociali anche all’aperto. E da oggi per un mese il calendario di chi ha deciso di non vaccinarsi sarà costellato di scadenze con nuove restrizioni e divieti da rispettare. Sarà, quindi, un rientro al lavoro (per chi è andato in ferie) in molti casi a metà, sapendo che non tutto riaprirà. Per le assenze create da chi non ha il Green Pass ma non solo.

Sanzioni: cosa rischia chi non rispetta l’obbligo vaccinale e le regole sul green pass

L’aumento dei contagi che nelle ultiMe due settimane ha raggiunto cifre elevatissime farà rimanere a casa circa 100 mila lavoratori del personale scolastico, 250 mila studenti. Trenitalia ha comunicato la cancellazione di 180 treni regionali a partire da oggi, per un totale di 550 corse, a causa della diffusione dei contagi Omicron. Problemi anche per Autolinee Toscane, che gestisce il trasporto pubblico locale in tutta la regione: 632 autisti rimarranno a casa sui quasi 4 mila complessivi. E salgono a 15 le regioni in zona gialla con il passaggio di colore di Toscana, Emilia Romagna, Abruzzo e Valle d’Aosta, mentre la Lombardia rischia a breve di finire in arancione e non è la sola regione in questa condizione. Il premier Mario Draghi illustrerà oggi in conferenza stampa, con i ministri Roberto Speranza e Patrizio Bianchi, gli ultimi provvedimenti e proverà a chiarire e convincere i tanti che in questi giorni sono apparsi perplessi. 

Covid, vaccino obbligatorio per gli over 50: regole, sanzioni, validità e smartworking

Da oggi serve quasi ovunque: bus, metro, hotel e ristoranti
Da oggi la vita per i non vaccinati sarà molto più complicata. Il Green Pass rafforzato sarà obbligatorio ovunque, tranne che nei negozi e per i servizi essenziali. Sarà necessario quindi essere vaccinati o guariti per salire su treni, bus, metro e tutti gli altri mezzi di trasporto, mangiare nei locali all’aperto (oltre che in quelli al chiuso), per entrare in alberghi, andare a fiere, sagre, impianti sciistici, partecipare a feste legate a cerimonie civili o religiose, centri benessere all’aperto (al chiuso era già obbligatorio), centri culturali, centri sociali e ricreativi all’aperto.

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Djokovic, il pasticcio in Australia conferma: lui è il più forte, Federer e Nadal sono i più grandi

lunedì, Gennaio 10th, 2022

di Aldo Cazzullo

Il caso del Covid e Djokovic: Novak nel circuito non è amato, Nadal è universalmente ammirato, Federer è il dio del tennis. La ferocia del serbo attinge dallo stesso pozzo buio da cui vengono le follie antiscientifiche, le pallate al giudice di linea, la tigna no-Vax

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Se tutti quanti noi — che già così abbiamo le nostre fisime e le nostre asperità — avessimo vinto venti Slam, saremmo insopportabili pure a noi stessi. Ciò premesso, quel che sta accadendo in Australia aiuta a capire meglio chi siano i tre più grandi tennisti della storia, e quali fantasmi si portino dentro. Il tennis è il più cerebrale dei giochi. È un incrocio tra il pugilato e gli scacchi. Uno stupido può vincere la finale olimpica dei cento metri, può battere tutti i record del nuoto, può persino diventare un grande calciatore; ma non sarà mai un buon tennista.

Va da sé che Novak Djokovic (e non Novax Djokovid: nessuno è responsabile del nome che porta, e i nomi non si storpiano mai), Roger Federer e Rafael Nadal, immensi tennisti, sono anche uomini molto intelligenti. E allora perché? Perché Djokovic si è intestardito al punto da farsi rinchiudere in un centro per immigrati clandestini, e da esporsi a una brutta figura mondiale? Tutti sanno che nel circuito Djokovic non è amato.

Nessuno può raccontare di aver subito un torto o di aver ricevuto una cattiva parola da Nadal, che è universalmente ammirato ; al limite chi non lo conosce può trovarlo un po’ noioso (mentre nella vita quotidiana è delizioso e ama parlare anche degli argomenti che in pubblico evita, come la politica). Federer da giovane urlava in campo e spaccava le racchette; poi ha imparato a governare se stesso, e ha mostrato una precoce maturità, grazie anche a una moglie molto presente e a quattro figli (Nadal, oltre a pagare le tasse nel suo Paese, spende moltissimo per occuparsi dei bambini disagiati, ma figli suoi non ne ha ancora).

Djokovic fa l’amicone
, si congratula con gli avversari che lo battono — dopo l’eliminazione al primo turno dell’Olimpiade di Rio ha abbracciato Del Potro per mezzo minuto —, elogia i giornalisti, arringa il pubblico in almeno cinque lingue, va in tv da Fiorello, fa le imitazioni dei rivali, sa ridere pure di se stesso; ma talvolta non riesce a governare il proprio lato oscuro. L’infanzia difficile, le ombre della guerra, una costruzione più lenta e complessa rispetto a Roger e Rafa, la scoperta dei problemi e dei limiti del proprio corpo: molte cose possono averlo condizionato. Ma, soprattutto, Djokovic è un vero fighter; anzi, è un vero killer. Federer è il dio del tennis, Nadal il suo Prometeo. Federer gioca danzando grazie al proprio dono naturale, Nadal si è innalzato sino all’Olimpo grazie alla sua intelligenza superiore e alla sua straordinaria capacità di combattere. Ma Djokovic in campo è il più feroce. Quello che gioca i punti importanti con lucidità chirurgica. Che al Foro Italico annulla un match-point (sempre a Del Potro) con una palla corta millimetrica. Una ferocia cui attinge dallo stesso pozzo buio da cui vengono le follie antiscientifiche, le pallate al giudice di linea, la tigna No-Vax che l’ha portato prima a prendersi il Covid in un assurdo torneo auto-organizzato in piena pandemia, poi a cacciarsi nel pasticcio australiano.

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Djokovic vince la causa: restituito il visto, ora spera di poter giocare gli Open. Ma il giudice può ancora ordinare l’espulsione

lunedì, Gennaio 10th, 2022

Il giudice australiano Anthony Kelly ha annullato la decisione del governo di non concedere il visto di ingresso a Novak Djokovic in Australia. Pertanto il numero 1 del tennis Mondiale potrà difendere il suo titolo agli Australian Open, al via lunedì 17 gennaio a Melbourne.

La corte federale di Melbourne, poco prima, aveva concesso al tennista Novak Djokovic, secondo quanto affermano i media australiani, il permesso di lasciare Park Hotel, l’albergo adibito a centro per l’immigrazione dove è stato confinato, al fine di seguire l’udienza sul suo ricorso nuovamente aggiornata. Djokovic e i suoi sostenitori hanno lamentato le condizioni di alloggiamento simili a una “reclusione” nella struttura, già al centro mesi fa di polemiche e rivolte. Non è  stato reso noto quale sia la nuova, temporanea dimora in cui è stato trasferito. Intanto il giudice della corte di Melbourne, Anthony Kelly, considerato il prolungamento dell’udienza ha prorogato il termine che sospende il rimpatrio di Djokovic. 

La vicenda

I giudici hanno dunque stabilito che la star del tennis possa essere rilasciata dalla detenzione nel centro per immigrati, trovando “irragionevole” la decisione del governo di revocare il visto al campione serbo per entrare nel Paese. Il giudice Anthony Kelly ha ordinato il rilascio di Djokovic entro 30 minuti e il suo passaporto e altri documenti di viaggio gli sono stati restituiti, riaccendendo le possibilità del numero uno del mondo di vincere il 21esimo titolo del Grande Slam ai prossimi Australian Open. Tuttavia, gli avvocati del governo federale hanno detto alla Corte che il ministro dell’immigrazione del paese si riserva la possibilità di poter revocare nuovamente il visto di Djokovic.

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Djokovic, giudice australiano annulla la revoca del visto: potrà giocare gli Australian Open

lunedì, Gennaio 10th, 2022

Il giudice del tribunale di Melbourne, Anthony Kelly, ha annullato la decisione del governo di invalidare il visto di Novak Djokovic e ha ordinato il suo rilascio dalla quarantena. Al campione era stato negato la scorsa settimana il documento di ingresso nel Paese, perché non è vaccinato contro il Covid. La restituzione del visto significa che il tennista numero uno al mondo potrà giocare gli Australian Open, al via lunedì 17.

Secondo il magistrato, Djokovic ha fornito ai funzionari dell’aeroporto di Melbourne un’esenzione medica valida concessa da Tennis Australia. Il ministero dell’Interno australiano dovrà pagare le spese del tennista, come concordato o valutato. Tutti i suoi effetti personali, compreso il passaporto, si legge nel verdetto, devono essergli restituiti “non appena ragionevolmente possibile”. 

Governo valuta nuove decisioni

Un avvocato del governo, tuttavia, ha fatto sapere che l’Australia può ancora ordinare la sua espulsione dal Paese. Christopher Tran, legale che cura la causa per l’esecutivo, ha affermato che il ministro dell’Immigrazione si riserva il potere personale di espellere Djokovic dall’Australia. Se questo dovesse succedere, il serbo non potrebbe rientrare su suolo australiano per ben tre anni.

TGCOM

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Controlli green pass con reddito di cittadinanza: cosa cambia

domenica, Gennaio 9th, 2022

Federico Garau

I beneficiari del reddito grillino dovranno sottoporsi al controllo del green pass per accedere ai centri per l’impiego. Stesso discorso per chi vorrà entrare in un ufficio pubblico

Con l’introduzione del cosiddetto super green pass ed i recenti obblighi vaccinali sono previsti controlli sempre più serrati. Nel mirino, fra le varie categorie, potrebbero probabilmente esserci i percettori del reddito di cittadinanza, ed ora vedremo perché.

I lavoratori saranno sottoposti a verifiche da parte dei datori di lavoro, col rischio di ricevere delle sanzioni in caso di violazione delle regole imposte dall’esecutivo, tuttavia la questione appare quantomeno confusa quando si parla dei disoccupati, specie ora che è stato introdotto l’obbligo vaccinale per gli over-50. Per i cittadini senza lavoro, infatti, non sarebbero previsti controlli, almeno in apparenza.Revoca dell’assegno: cosa cambia sul reddito di cittadinanza

Le nuove disposizioni relative al reddito di cittadinanza sembrano aiutare il governo nelle operazioni di verifica. Come? Basti pensare che l’articolo 1, comma 74, della legge 234/2021 rende più vincolanti le condizioni per continuare a beneficiare del sussidio grillino. Si parla, infatti, di “ricerca attiva del lavoro” che deve essere “verificata presso il centro per l’impiego in presenza con frequenza almeno mensile”. Per poter rispettare questa regola e non perdere il sussidio, chi percepisce il reddito dovrà presentarsi regolarmente in un centro per l’impiego, e per farlo dovrà essere in possesso almeno di un green pass base, dato che altrimenti non potrebbe entrare nell’edificio. Il suo certificato verde, dunque, verrà sottoposto a controllo, e proprio in quell’occasione, in caso di over-50 non inoculato come imposto dall’esecutivo, potranno scattare le sanzioni.

Ma non finisce qui. Il controllo del governo potrà estendersi anche a quella categoria di cittadini senza lavoro che non percepiscono il reddito di cittadinanza. Dal prossimo primo febbraio, infatti, per accedere agli uffici pubblici servirà il green pass.No a imposizioni “cinesi” e “orwelliane”. Grillo si scopre in sintonia con la Meloni

Sia i centri per l’impiego, dove i dipendenti dovranno garantire il lavoro in presenza, che tutte le amministrazioni con uffici aperti al pubblico, dovranno organizzarsi per effettuare le verifiche sui green pass degli utenti. Da segnalare il fatto che molti degli uffici sopra menzionati non dispongono neppure di servizi di portierato. Chi si occuperà dei controlli? Scenari a dir poco incredibili.

Già con il dpcm 12.10.2021, come ricordato da ItaliaOggi, le pubbliche amministrazioni avevano dovuto barcamenarsi per poter verificare la certificazione verde dei loro dipendenti, fino all’arrivo degli applicativi dell’Inps. Tali metodi non potranno tuttavia essere utilizzati sugli utenti degli uffici, che dovranno essere controllati uno per uno.

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“Con Berlusconi al Colle vincono l’Italia e l’Europa”

domenica, Gennaio 9th, 2022

Il segretario del Ppe: “Non fatevi intimidire dagli atteggiamenti della sinistra. Con il Cavaliere al Quirinale e Draghi al governo il vostro Paese incrementerebbe la leadership internazionale”

Paolo Guzzanti

Antonio López è un grande politico spagnolo e il più alto rappresentante del Partito Popolare Europeo, che raggruppa tutti i moderati, tra cui Forza Italia, e che ha tra i suoi deputati Silvio Berlusconi. Antonio (Tono) López è dal 2002 segretario di questo importante partito. Abbiamo parlato con lui della percezione del suo partito della candidatura di Berlusconi alla presidenza della Repubblica italiana. Prima di riferire la conversazione, è utile ricordare ai lettori che, poche settimane, fa il prof. Romano Prodi ha fatto una onesta autocritica su quanto nel passato pensava di Berlusconi, suo costante avversario, ricordando i tempi in cui lui, Prodi, era contrario ad ammettere nel Ppe anche il partito di Berlusconi: «Ma fui convinto dal Cancelliere tedesco Helmut Kohl, il quale mi disse di avere un’ottima opinione del leader di Forza Italia e devo dire che il tempo gli ha dato ragione. Il mio, fu un errore».

Il contesto è noto: il centrodestra ha tutti i titoli per chiedere e veder accolto il suo candidato per la presidenza della Repubblica, per decenni in mano alle sinistre, che oggi stanno opponendo un insensato fuoco di sbarramento per impedirlo, tentandole tutte, chi spingendo su Draghi, chi cercando di far rieleggere Mattarella o proponendo stravaganti scelte del tipo quote rosa, rilanciando campagne ormai ridicole, tentando di riaccendere una guerra civile mentale che ha appestato per troppo tempo il clima politico della Repubblica con ondate di accuse giudiziarie, tutte respinte salvo una, che è sotto l’attenzione sbalordita della Corte di Strasburgo che ha chiesto notizie al governo italiano.

Onorevole Lòpez, lei è il Segretario del Partito Popolare europeo, da quanti anni?

«Ormai sono venti».

E da quanti anni conosce Silvio Berlusconi?

«Venti, forse più».

Ha idea di quanto sia accanito ancora oggi il tentativo di demonizzare Berlusconi da parte delle sinistre?

«Sì, ma non me ne preoccuperei. È normale: la stessa cosa accade da noi in Spagna e ne sa qualcosa Mariano Rajoy. È la norma: nemo propheta in Patria. Se vuoi conoscere il valore di un cittadino del tuo Pese, chiedi a chi è fuori del tuo Paese».

Quindi lei può testimoniare su Silvio Berlusconi come politico visto dall’estero?

«Certo, ho il polso di quel che si dice in Europa e naturalmente di quello che si dice nel nostro partito. E anche oltre l’Europa».

E qual è il suo giudizio?

«Silvio Berlusconi è senz’altro, e non da oggi, la più grande risorsa e massima competenza nei rapporti internazionali. Voglio dire: nessuno ha come lui la capacità di coltivare e rendere immediatamente accessibili i rapporti personali, informali con i grandi del mondo e coltivare questi rapporti in modo costante così da essere, per forza e qualità, il protagonista e anche l’uomo indispensabile».

Quindi lei lo vedrebbe come capo dello Stato italiano?

«Penso, in tutta onestà e senza enfasi, che una presidenza di Silvio Berlusconi con un capo del governo come Mario Draghi sarebbe imbattibile e promuoverebbe l’Italia ancora più della già alta posizione di cui gode. Berlusconi e Draghi farebbero dell’Italia il Paese leader per motivi ovvi: dalla competenza al modo di fare, dalle conoscenze al patrimonio naturale degli italiani, che in questo non sono diversi da noi spagnoli».

E come spiega allora che il nome di Berlusconi faccia impazzire, letteralmente impazzire tutto il mondo di sinistra, che si straccia le vesti e si strappa i capelli alla sola idea?

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Tornano gli stadi semivuoti: 16-23 gennaio solo in 5000

domenica, Gennaio 9th, 2022

La Serie A ha deciso: prima che intervenga il Governo, saranno gli stessi club ad autoridurre gli spettatori allo stadio. L’assemblea della Lega, convocata oggi d’urgenza dopo la telefonata tra il presidente del Consiglio Draghi e quello della federcalcio Gravina, ha infatti approvato all’unanimità una delibera che autolimita nelle giornate che si giocheranno il 16 e il 23 gennaio a 5.000
spettatori il massimo di presenze negli stadi per contrastare l’emergenza Covid, con i settori ospiti chiusi per evitare trasferimenti di tifosi da una città all’altra.
Il provvedimento entrerà in vigore a partire dal 15 gennaio. In sostanza, quindi, la giornata di Serie A in programma domani e lunedì, così come la sfida di Supercoppa italiana di mercoledì tra Inter e Juventus e le gare degli ottavi di Coppa Italia in calendario nella prossima settimana, si svolgeranno con capienza al 50% negli stadi (come previsto nell’ultimo Decreto), mentre le partite di Serie A in programma il 16 e il 23 gennaio vedranno al massimo 5.000 tifosi negli impianti, allo stesso modo delle gare di Coppa Italia in calendario tra il 18 e il 10 gennaio. Dopo la pausa per la nazionale, prevista dopo il 23 gennaio con ripresa del campionato il 6 febbraio, si ritornerà alla capienza prevista per legge.

Una autolimitazione per venire incontro alla situazione particolarmente delicata delle prossime due/tre settimane e un segnale anche verso il Governo di aver capito il momento complesso a livello nazionale, ma soprattutto un tentativo di non far chiudere del tutto gli stadi: d’altronde, sottolineano alcuni dirigenti, è difficile legare l’esplosione dei contagi al mondo del calcio, considerando che tra il 23 dicembre (ultima giornata del 2021) e il ritorno in campo si è passati da 44mila a oltre 200mila con gli stadi chiusi. Motivo per cui non sono mancate le perplessità all’interno dell’assemblea, con qualche presidente che ha sottolineato la disparità di trattamento, ad esempio, con i cinema, che oltre ad aver ricevuto 1,5 miliardi in ristori (contro i soli 5 milioni per la Serie A), non hanno chiusure previste all’orizzonte. Senza considerare il fatto che per qualcuno limitare le capienze negli stadi è anche un disincentivo alla vaccinazione. Bisognerà, tuttavia, vedere se la autolimitazione a 5mila spettatori basterà al Governo, dopo l’intervento in prima persona di Draghi.
Intanto per la Serie A è arrivata una triplice vittoria nello scontro con le ASL. Oggi infatti il TAR ha accolto tre dei quattro ricorsi presentati dalla Lega contro i provvedimenti delle ASL di Udine, Salerno e Torino, che avevano posto in quarantena l’intero gruppo squadra, rispettivamente, di Udinese, Salernitana e Torino: i giocatori dei tre club hanno così concluso da oggi l’isolamento e già domani potrebbero scendere in campo. Il condizionale è d’obbligo, perché se per i campani non dovrebbero esserci problemi, la sfida dei granata contro la Fiorentina dovrebbe slittare a lunedì (con spostamento anche degli ottavi di Coppa Italia tra i viola e il Napoli, in programma mercoledì) mentre quella dei friulani con l’Atalanta rimane a rischio.

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Sempre più larga l’alleanza per la Dad

domenica, Gennaio 9th, 2022

Medici, presidi, sindaci, governatori, sindacati. Quando manca poco più di un giorno alla riapertura delle scuole dopo la pausa natalizia, il fronte pro didattica a distanza si allarga. Nonostante ciò il governo, in solitudine, va avanti per la sua strada. La linea di Palazzo Chigi resta la stessa: si torna a scuola, in presenza, il 10 gennaio. Con le norme entrate stanotte in Gazzetta, discusse questa mattina in una riunione tra ministero e i sindacati, e illustrate in una circolare arrivata nel pomeriggio ai presidi. Troppo tardi, dicono alcuni, per chi deve riorganizzare gli istituti in vista di lunedì.

Allo strappo di Vincenzo De Luca – che ieri con un’ordinanza ha disposto la didattica a distanza fino al 29 gennaio per gli alunni della scuola dell’infanzia, della primaria e delle ex scuole medie – se ne aggiungono altri. In tutta Italia sono tanti i sindaci che hanno rinviato il rientro in classe nel loro comune.

Il fronte dei governatori: “Avevamo chiesto un rinvio, Palazzo Chigi irremovibile”

In Sicilia Nello Musumeci ha alla fine ceduto al pressing dei primi cittadini che minacciavano di adottare, all’unisono, ordinanze per evitare la scuola in presenza, dato l’incremento dei contagi e la difficoltà delle Asl di fare tracciamento. Quello di Musumeci è un gesto diverso rispetto a quello di De Luca, che invece il governo è pronto a impugnare. Perché in Sicilia non viene disposta la didattica a distanza, come deciso in Campania. Nell’Isola vengono solo prorogate le vacanze di tre giorni, per “consentire una verifica di tutti gli aspetti organizzativi”. Ma questo ulteriore atto è sintomatico di quanto sui territori sia alta la preoccupazione in vista della riapertura delle scuole. Musumeci non vuole lo scontro col governo centrale. Ma non può fare finta che vada tutto bene: “Non possiamo alimentare un inutile conflitto con Roma”, dice, avendo probabilmente a mente il fatto che il decreto del 6 agosto stabilisce che le regioni possono introdurre la dad solo in zona rossa o arancione. Ma poi aggiunge: “Registro la unanime posizione di rettori, dirigenti scolastici, rappresentanti sindacali e delle associazioni familiari, che ci chiedono di farci interpreti con il governo nazionale della necessità di rivedere l’attuale posizione sulla possibile scelta della didattica a distanza come strumento di accompagnamento temporaneo verso la piena didattica in presenza”. 

Sul fronte dei governatori uno dei più attivi è Zaia. Il Veneto non ha rinviato l’apertura delle scuole, né imposto la dad, ma il suo presidente ha più volte fatto notare il rischio di caos da lunedì. Ed oggi è tornato a chiedere al Cts di esprimersi sul rientro in classe. “Abbiamo davanti uno scenario che sarà un ‘calvario’ per la scuola, tra insegnanti colpiti dal Covid, altri assenti per malattia, altri ancora no vax e nuove regole della Dad. Insomma quella della scuola rischia d’essere una falsa apertura”, ha dichiarato. Quanti saranno i dipendenti della scuola effettivamente assenti, e quanti gli studenti positivi, è impossibile da dire. Il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, ha stimato che già lunedì potrebbe mancare il 10% del personale. Nei giorni successivi la situazione potrebbe peggiorare.

A ribadire la linea delle Regioni arriva anche un post di Michele Emiliano, presidente della Puglia nonché numero due della conferenza delle Regioni. “Le vostre preoccupazioni sulla riapertura della scuola – scrive – sono anche le mie e quelle dei presidenti delle regioni italiane. Le Regioni hanno, invano, richiesto un posticipo della riapertura per avere il tempo di completare le vaccinazioni degli studenti e in particolare quelle dei più piccoli, ma il Governo sul punto è stato irremovibile”.  Che con Roma non ci fosse margine di trattativa era chiaro sin da ieri, quando il ministro Bianchi aveva affermato: “Nessun ripensamento”. Ma nella giornata di oggi la linea dell’esecutivo è stata ancora più chiara. E l’incontro con i sindacati non è servito a placare le preoccupazioni. Il confronto per alcuni addetti ai lavori è stato tardivo, così come la circolare che ne è seguita, e non particolarmente produttivo. La nota inviata ai presidi con le ‘istruzioni per le nuove norme’, afferma la Flc Cgil, “non scioglie le criticità e i numerosi dubbi segnalati dalle scuole e che nella sua insufficienza e farraginosità”. Nelle otto pagine partite da viale Trastevere nel pomeriggio ai presidi viene spiegato come gestire le complesse regole da attuare in caso di positivi in classe. Da notare che per le scuole primarie si chiede ai bambini, laddove sia stato scoperto un positivo, di “consumare il pasto ad una distanza interpersonale di almeno 2 metri”. Una distanza estremamente difficile da raggiungere nelle scuole, tanto nelle aule, spesso troppo piene, quanto nelle mense. La stessa prescrizione viene fatta anche per le scuole medie e superiori. In quest’ultimo caso, però, è più difficile che si consumino pasti a scuola.

Il governo si prepara ad agire contro l’ordinanza di De Luca. Ricorrono anche i genitori: il Tar chiede documenti alla Regione

Il governo prepara le carte contro De Luca. Potrebbe esserci, spiegano da Palazzo Chigi, prima un’informativa in cdm. Contro l’ordinanza del presidente della Campania hanno fatto ricorso anche alcuni genitori campani, rappresentati dagli avvocati Giacomo Profeta e Luca Rubinacci. Per valutare un’eventuale sospensione dell’ordinanza il Tar ha chiesto alla Regione di presentare dei documenti che ne spieghino i motivi. “L’ordinanza – si legge nel decreto emesso dalla presidente di sezione Maria Abbruzzese – motiva l’esigenza della disposta sospensione facendo diffuso riferimento a dati, report e acquisizioni istruttorie non disponibili agli atti del giudizio che è opportuno, in ragione della rilevanza della questione, che vengano portati all’attenzione del giudicante fin dalla fase cautelare”. 

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