Archive for Gennaio, 2022

“Nucleare o transizione impossibile”. “No, puntare sulle rinnovabili”

sabato, Gennaio 8th, 2022

Ora il tema del nucleare pulito divide la maggioranza. Ecco le posizioni del senatore forzista Massimo Mallegni e del capogruppo del M5S alla Camera Davide Crippa

Francesco Curridori

"Nucleare o transizione impossibile". "No, puntare sulle rinnovabili"

Ora a dividere la maggioranza è il tema del cosiddetto nucleare pulito che l’Unione Europea vorrebbe inserire tra le fonti green. Per la rubrica Il bianco e il nero ne abbiamo parlato con il senatore di Forza Italia Massimo Mallegni e il capogruppo del M5S alla Camera Davide Crippa.

È favorevole all’utilizzo del nucleare pulito?

Mallegni: “È complicato in un momento come questo e come imprenditore dire no al Nucleare. La dipendenza italiana per la produzione dì energia è tale che il Paese si deve assumere delle responsabilità. Dire no oggi non va più bene!”.

Crippa: “Ma cosa significa nucleare pulito? Per ora parliamo al più di sperimentazioni, non certo di tecnologie pronte all’uso. Oggi l’unico nucleare di cui potremmo disporre è quello contro cui si sono espressi ben due volte gli italiani con un referendum, molto costoso e altrettanto rischioso. Quanto all’aggettivo “pulito”, vedo che se ne fa un uso troppo disinvolto: vorrei ricordare che è stato usato troppo spesso, in passato, per ammantare di una presunta aura di sostenibilità fonti energetiche che non lo erano affatto. Dunque, per rispondere alla domanda: non posso essere favorevole a una tecnologia che non è disponibile e che deve ancora dimostrare la sua eventuale capacità di ridurre costi, rischi e scorie. Se oggi per assurdo dicessimo di sì a una centrale, per prima cosa dovremmo stabilire il luogo dove farla. Chi propone una nuova stagione dell’atomo dovrebbe dirci anche dove vuole costruire gli impianti: dato che nessuno lo fa, devo riscontrare un primo elemento di scarsa serietà. I leader del centrodestra sono così certi che i loro sindaci e amministratori locali siano disposti a ospitarne una? Le difficoltà che si stanno evidenziando con l’individuazione del deposito unico delle scorie nucleari italiane sono un campanello d’allarme da non sottovalutare: non mi pare di vedere file di sindaci della Lega pronti a trovare spazio per una centrale nei loro territori. Poi c’è il fattore tempo: dobbiamo ridurre il caro bollette oggi o quando tra 10-15 anni sarebbe operativa la prima centrale? Dobbiamo azzerare le emissioni al 2050 o quando tra 60 o 70 anni si passerà al nucleare abbandonando le altre fonti? E poi: dove le mettiamo tutte le scorie prodotte? La ‘pandemia energetica’ e la crisi climatica sono problemi troppo seri per lasciare spazio alla propaganda nuclearista: è il caso di guardare alle tecnologie di cui già disponiamo e non a ricette vecchie, pericolose e per nulla economiche. Il reattore di Olkiluoto, in Finlandia, è costato tre volte più di quanto preventivato. Il cantiere è iniziato nel 2005 e solo oggi è partita la fase di test, con 12 anni di ritardo. Nasce vecchio, con costi esorbitanti e di certo l’energia che produrrà non sarà ‘a buon mercato’: il nucleare senza sussidi pubblici non sta sul mercato”.

Senza il nucleare pulito, si può comunque raggiungere la transizione ecologica?

Mallegni: “Direi quasi impossibile. Sostenere il contrario significa mettere la testa sotto la sabbia e imbrogliare gli italiani. Oggi l’Italia già acquista energia da Nucleare per oltre 10% del fabbisogno e per il 50% dal gas, entrambi comprati all’estero. Quindi ok a eolico, fotovoltaico ma solo con questo non si va da nessuna parte”.

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Venduto l’hotel più antico di Venezia: il Danieli finisce in mano a Bill Gates

sabato, Gennaio 8th, 2022
L’hotel Danieli a Venezia è uno dei più sfarzosi della Serenissima
L’hotel Danieli a Venezia è uno dei più sfarzosi della Serenissima

A chi temeva che nel dopo pandemia la Laguna finisse in mani cinesi risponde Bill Gates. Il fondatore di Microsoft, sul podio degli uomini più ricchi al mondo, ha comprato attraverso una delle sue società un must dell’ospitalità, l’Hotel Danieli, il più antico e glorioso albergo della città, che compie 200 anni. Dal gruppo Marriott entrerà a far parte dell’ancor più prestigiosa catena Four Seasons, 130 strutture di lusso in tutto il mondo comprese quelle italiane di Firenze, Milano e Taormina, acquistata dall’imprenditore americano per 2,2 miliardi di dollari. Con lui in società il principe saudita Al-Waleed bin Talal – anche lui niente male come finanze, cinquantesimo al mondo secondo Bloomberg – e Isadore Sharp, ormai novantenne fondatore di Four Seasons sessant’anni fa.

I lavori sui tre palazzi che costituiscono il Danieli, guidati dal designer Pierre-Yves Rochon, costeranno circa 30 milioni di euro e saranno conclusi nel 2024, quando si stima che il valore dell’albergo possa raggiungere i 500 milioni; le stanze saranno 200, con le prestigiose suite che si affacciano su Riva degli Schiavoni a due passi da Rialto e da San Marco, una vista sulla Laguna che ha incantato personaggi famosi. Il prezzo attuale delle stanze parte da 480 euro a notte; non si conosce ancora il listino di Bil Gates.

L’edificio principale nel quale è nato l’Hotel Danieli è Palazzo Dandolo, trecentesco, icona gotica della Serenissima, eretto dai discendenti del Doge Enrico, che nel 1204 conquistò Costantinopoli. Fin dal ‘500 le stanze ospitarono dignitari e viaggiatori di corte oltre a un teatro. Nel 1822 Giuseppe Dal Niel, detto “Danieli”, acquistò l’edificio e lo tramutò in un albergo che fin da subito fu un riferimento sociale e culturale della città.

E un tempio per l’amore: dal 1° gennaio 1834 la stanza numero 10 vide la turbolenta relazione fra la scrittrice francese George Sand e il più giovane poeta Alfred De Musset: scandalosa perché la donna era già sposata e aveva due figli e tempestosa perché le continue visite di un medico veneziano alla donna, Pietro Pagello, portarono a un ménage à trois che fu risolto da De Musset col ritorno a Parigi. Eppure l’anno dopo la scrittrice pubblicò Elle et lui sulla storia d’amore con il giovane collega.

Altre figure iconiche hanno fatto del Danieli la loro alcova e lo scenario per giurarsi l’amore: Gabriele d’Annunzio ed Eleonora Duse scatenarono qui la loro passione, e sempre a Palazzo Dandolo, il 3 settembre 1957, Aristotele Onassis, armatore greco, conobbe Maria Callas, la più grande cantante lirica di sempre: quella notte di piacere convinse la soprano a lasciare il marito e a gettarsi fra le braccia del miliardario, che però dopo qualche anno invece che lei sposò la vedova di Kennedy, Jacqueline.

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Tito Boeri: “Il governo non può fare altro decifit, piuttosto tagli i fondi al superbonus”

sabato, Gennaio 8th, 2022

Luca Monticelli

«L’obbligo vaccinale con multa da 100 euro rischia di essere un boomerang. Mentre il Super Green Pass andava esteso a tutti i lavoratori». Tito Boeri, economista e docente della Bocconi, nutre forti dubbi sull’efficacia della stretta per gli over 50, stabilita dall’ultimo Consiglio dei ministri. «La multa di 100 euro è un risparmio rispetto al costo di ripetuti tamponi e può dare identità collettiva a chi non si vaccina nel rifiuto delle sanzioni, con contenziosi amministrativi interminabili». Quanto al nuovo Decreto Ristori in arrivo, Boeri mette in guardia la politica: «Non è il momento di fare altro deficit, se servono dei soldi si taglino le risorse stanziate per il Superbonus».

Perché è scettico sulle misure anti Covid dell’esecutivo?

«Non ho delle riserve di natura morale sull’introduzione di un obbligo di vaccinazione, nella maniera più assoluta. Già nel 1905 una sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti decise che era possibile introdurre degli obblighi vaccinali, contemplando anche delle ammende e delle sanzioni, l’unica cosa illegittima deliberata era immunizzare forzosamente le persone. E stiamo parlando degli Stati Uniti, un paese con una tutela della libertà personale molto forte e radicata».

Cosa non la convince allora?

«I sondaggi ci dicono che le persone che non si sono ancora vaccinate, di fronte a un’imposizione per legge potrebbero avere una reazione opposta, di rigetto, di contrapposizione. Il grado di accettazione degli obblighi vaccinali è elevato soltanto tra coloro che hanno già fatto le iniezioni. In Italia c’è uno zoccolo duro di circa il 5% che non ha alcuna intenzione di vaccinarsi e difficilmente è recuperabile. Però, c’è un altro 10% di cittadini incerti, che non definirei No vax ma Ni vax che potrebbero essere convinti con una campagna di informazione capillare».

Come dovrebbe essere questa campagna di informazione?

«Occorre mobilitare i medici di base perché hanno un vantaggio notevole: sono stati scelti, i pazienti si fidano di loro e quindi possono dialogare ed entrare in contatto con le persone ad una ad una. Il pericolo vero che io vedo è che non vaccinarsi diventi una questione identitaria. La gente ha paura, cerca una motivazione razionale con delle teorie astruse e magari trova conferme in persone autorevoli come Cacciari che non hanno alcuna competenza e capacità di leggere i numeri e le statistiche, ma danno dignità intellettuale alle tesi No vax».

Cosa dovrebbero dire i medici ai pazienti contrari?

«La variante Omicron è estremamente contagiosa e anche isolandosi è quasi impossibile sfuggire al virus con tutti i rischi che ne conseguono per chi non è vaccinato. Le cose sono cambiate, rispetto alla prima fase della pandemia. Devono prenderne atto. Ciò che hanno detto o fatto sin qui non conta. Conta ciò che fanno adesso».

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L’emergenza Covid spinge Draghi al Quirinale. Il centrodestra prova a giocare la carta Frattini

sabato, Gennaio 8th, 2022

Annalisa Cuzzocrea

Come una pietra che rotola, il Paese scivola verso una soluzione di emergenza anche per il Quirinale. È questo che nelle ultime ore si sono detti molti leader di partito e ministri. Fatta eccezione per Matteo Salvini, che si ostina a non scoprire le sue carte. E per Silvio Berlusconi, che ripete a chi va a trovarlo: «Dopo tutto quello che ho subito in questo Paese, il minimo è che io diventi presidente», sono in troppi ormai a pensare che con un numero di contagi così alto ci sono solo due scenari da porre a salvaguardia del sistema: il primo, è la permanenza di Sergio Mattarella al Colle. La truppa di parlamentari che lo propone è sempre più folta, va oltre i senatori 5 stelle e i giovani turchi del Pd. La via, strettissima, sarebbe che a chiederlo per via dell’emergenza fosse tutto l’arco parlamentare o quasi. Ma Giorgia Meloni ha fatto sapere anche in queste ore che – nel caso di Fratelli d’Italia – questo non avverrà mai. Ed è pressoché convinta che sulla stessa strada sia pronto a seguirla Matteo Salvini.

L’altro scenario è che al Colle ci vada proprio Mario Draghi. Nonostante Goldman Sachs consigli che resti dov’è. Nonostante l’avvertimento della Lega: «Siamo al governo finché c’è lui», il timore di perdere in un colpo solo sia il punto di riferimento dell’attuale capo dello Stato che quello del premier potrebbe portare alla soluzione che nessuno in queste ore sostiene, se non a taccuini serrati. Con una subordinata ripetuta nelle riunioni ristrettissime, lontane dalle paure dei parlamentari semplici: la conseguenza potrebbe essere un governo elettorale, che faccia l’indispensabile nell’emergenza e conduca al voto in autunno.

Berlusconi a parte, che stando ai racconti del Transatlantico sta chiamando i grandi elettori uno a uno per ingraziarseli, l’ostacolo è appunto la Lega tendenza Salvini. Dice Claudio Borghi, deputato fedelissimo al segretario: «Ma che senso avrebbe, se davvero volessimo liberarci di Draghi, mandarlo al Quirinale? Magari per fare premier Franceschini? Il centrodestra ha per la prima volta la maggioranza relativa dei grandi elettori per il Colle e dovrebbe lavorare per gli altri? Fosse il Pd al nostro posto, avrebbe già imposto un nome suo». L’idea che vive sia in un pezzo di Lega che di Fratelli d’Italia, con l’ambizione di contagiare Forza Italia – sempre che Berlusconi faccia un passo indietro al «penultimo momento utile», come prevede chi lo conosce – è quella di trovare un nome di centrodestra abbastanza alto da allargare il consenso.

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Rientro a scuola, Bianchi: «Gli studenti torneranno a fare lezione in classe. Ora serve responsabilità da parte di tutti»

sabato, Gennaio 8th, 2022

di Gianna Fregonara

Il ministro dell’Istruzione: un anno fa non avevamo i vaccini. La vita e l’apprendimento dei nostri ragazzi sono già stati penalizzati

Linea dura contro i «ribelli». A partire dal governatore della Campania Vincenzo De Luca e un appello alla responsabilità degli adulti per tutelare gli studenti. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi risponde così a chi vuole rinviare la riapertura delle scuole e ricominciare con la Dad.

Duemila presidi av evano chiesto di rinviare a fine gennaio il ritorno in classe. Ieri lo hanno fatto anche i medici.

«Ho incontrato i rappresentanti sindacali dei presidi parlato con molti dirigenti scolastici, ascoltandone le preoccupazioni. Nessuno vuole lasciarli soli o scaricare responsabilità su di loro. Il governo ha approvato, con forza di legge, misure a tutela della scuola in presenza e in sicurezza, come era stato richiesto anche dai dirigenti. Si tratta di applicarle, tutti insieme. E di affrontare, insieme, anche le eventuali difficoltà».

Che ci saranno, visti i numeri dei contagi.

«La nostra è una scelta chiara: tutelare il più possibile la presenza e, con essa, i nostri ragazzi e i bambini che vengono da due anni difficili, caratterizzati da discontinuità che hanno segnato il loro apprendimento: i dati Invalsi lo hanno detto con chiarezza. Nella legge di bilancio abbiamo stanziato 400 milioni per la proroga dell’organico Covid, che consentirà di affrontare anche questa fase».

Se la sente di dire che il rischio Dad è scongiurato?

«Nessuno nega che ci sia stata in queste settimane una ripresa dei contagi, legati anche alle festività. Rispetto all’anno scorso c’è, però, una grande differenza: il vaccino. Il personale scolastico, anche prima dell’obbligo, era vaccinato già al 95%, studentesse e studenti hanno risposto con entusiasmo e responsabilità alla campagna e nella fascia di età tra i 12 e i 19 anni la copertura è oltre il 75%. Il vaccino è lo strumento per tutelare la scuola, per un ritorno alla normalità. Chiedo a tutti un atto di responsabilità: a chi tra gli adulti ancora non si è vaccinato, alle famiglie, alle Asl perché tutti insieme acceleriamo la vaccinazione, in particolare dei più piccoli. E’ necessario anche dare priorità ai test. Il governo ha stanziato 92 milioni per i test gratis ai ragazzi della secondaria».

Intanto però anche i medici suggeriscono di tenere chiuse le scuole di recuperare a fine giugno. Si potrebbe fare?

«La nostra intenzione è procedere con i calendari già definiti».

Senza allungare in estate dunque. C’è un limite di contagi oltre il quale le scuole potrebbero chiudere?

«Sottolineo che finora nessun Paese europeo ha deciso di chiudere le scuole. Se fosse necessario, devono essere le ultime a chiudere. Abbiamo definito i limiti oltre i quali possono scattare delle chiusure mirate con il decreto legge di agosto. Si possono far scattare le lezioni a distanza solo in casi eccezionali. Ma il ricorso massiccio alla Dad, oggi, come se i vaccini non ci fossero, sarebbe un errore».

Il governatore della Campania Vincenzo De Luca intende tenere chiuse le medie ed elementari fino a fine mese. Impugnerete la decisione?

«La legge è molto chiara: permette ai presidenti di Regione di intervenire solo in zona rossa e in circostanze straordinarie. Queste condizioni oggi non ci sono oggi. Ritengo vi siano gli estremi per impugnare quell’atto».

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Salvini non abbassa la guardia: serve un cambio di marcia ma avanti con Draghi premier

sabato, Gennaio 8th, 2022

di Cesare Zapperi

Il segnale della Lega che dopo il nucleare attacca sull’immigrazione. Il leader smentisce le voci su un possibile addio alla maggioranza di governo

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Un giorno il caro bollette, un altro il ritorno al nucleare, l’altro ancora la politica dell’immigrazione. Matteo Salvini mette sempre nuovi temi sul tavolo e invoca dal governo «un cambio di marcia» che a qualcuno fa maliziosamente sospettare una strategia di uscita dall’esecutivo post voto sul Quirinale, ma allo stesso tempo fa diffondere una nota per smentire desideri di rottura. Il segretario del Carroccio, si fa sapere al fine di evitare «fraintendimenti o ricostruzioni fallaci», non «sta progettando alcuna uscita dal governo: la Lega intende rimanerci, con Mario Draghi a Palazzo Chigi, per completare il lavoro». Di più, si coglie anche l’occasione per ricordare che il partito ha «una radicata tradizione di governo: amministra da decenni centinaia di Comuni e Regioni importanti» e, per soprammercato, quando Salvini «è stato vicepremier e ministro la Lega ha saputo raddoppiare i consensi nel giro di un anno».

Una nota che ha quasi il sapore di una escusatio non petita, resa necessaria dopo lo scontro in Consiglio dei ministri sull’introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 anni. Mercoledì si è consumato uno strappo e non è stato fatto nulla per nasconderlo. Ufficialmente Salvini rimane convinto che Draghi debba continuare nel suo impegno a Palazzo Chigi, lasciando sgombro il terreno su cui si giocherà la partita del Quirinale. E tuttavia, l’impiego della formula «cambio di marcia» e l’accento posto su temi come il nucleare e l’immigrazione non rendono sereno il rapporto con i partner della maggioranza (e infatti è un fiorire di precisazioni, polemiche, botta e risposta che rendono manifesta la fibrillazione).

A riprova di un rapporto di reciproca attenzione che si è andato consolidando nelle ultime settimane, l’unico che non si scompone per le uscite salviniane è Matteo Renzi che derubrica le scintille di questi giorni come «normali discussioni interne». Le prese di posizione della Lega, rimarca il leader di Italia viva, «non preoccupano» perché il governo, anche grazie all’apporto del suo partito «è più forte di un anno fa».

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Massimo Galli, i tamponi bugiardi e la «batosta» di Omicron: «Curato in ospedale con anticorpi monoclonali»

sabato, Gennaio 8th, 2022

di Stefania Chiale

Massimo Galli, ex primario dell’ospedale Sacco di Milano: «Al primo test rapido ero risultato negativo al Covid. Le tre dosi di vaccino hanno evitato il ricovero. Mi sono stati consigliati i monoclonali per i miei fattori di rischio»

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Massimo Galli, 70 anni

«Vaccinarsi, vaccinare i bambini e avere il massimo della cautela»: sono queste le tre raccomandazioni che ripete il professor Massimo Galli, 70 anni, ex primario di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano oggi in pensione, contagiato dalla variante Omicron nonostante una vita «claustrale», e c’è da credergli se confrontata con gli ultimi due anni passati in prima linea nella lotta al Covid. Ma non si legga l’ultima raccomandazione come una contraddizione: «La mia storia insegna che la prudenza non è mai troppa».

Come sta professore?
«Sto discretamente meglio rispetto ai giorni scorsi. Sono molto stanco, mi sento tutto rotto. Credo di essermi contagiato attorto al 31 dicembre nonostante abbia fatto in quei giorni una vita claustrale: ho visto poche persone, tutte trivaccinate e spesso tamponate. Non sono andato in ospedale, non ho visto pazienti».

Quali sintomi ha avuto?
«Il 3 sera ho iniziato ad avere un forte raffreddore e molto mal di gola, la notte tra il 3 e il 4 ho avuto febbre alta con brividi scuotenti, la mattina del 4 avevo 38 di febbre, disturbi intestinali, ero a pezzi, per fortuna però con una saturazione d’ossigeno sempre rassicurante. Una bella batosta. Tenga presente che il 2 ero risultato negativo al tampone rapido e il 4 invece positivo, sempre al rapido. Poi mi hanno rifatto il test, anche molecolare, in ospedale e nel frattempo il laboratorio di ricerca che ho diretto fino a un mese fa ha stabilito che si trattava di variante Omicron».

Lei è stato contagiato dopo aver fatto la terza dose. Questo le ha evitato la malattia grave?
«Ci tengo a dirlo, perché qualcuno ha avuto il cattivo gusto di tirare fuori la questione prima che la comunicassi io (come volevo fare) e inventando che sarebbero state le cure domiciliari e non le tre dosi a farmi stare meglio. Se non avessi avuto le tre dosi sarei stato un candidato perfetto per un’evoluzione negativa della malattia e per il ricovero. Ho fatto la cura con gli anticorpi monoclonali in ospedale perché mi è stato consigliato visti i miei fattori di rischio (una brutta embolia polmonare nel 2019, una storia di asma importante, una glicemia sfarfallante)».

Gli ospedali sono di nuovo in affanno: i ricoveri sono raddoppiati nel giro di un mese. Chi finisce oggi in ospedale?
«Soprattutto i non vaccinati, persone sprovvedute che attualmente ci stanno riempiendo i reparti».

Cosa sappiamo finora su Omicron?
«Allo stato attuale che ha una diffusione molto rapida. Alcune evidenze dicono che più una variante presenta mutazioni rispetto all’originale più è possibile che abbia una virulenza inferiore, ma non è stato così né per Alfa né per Delta (che invece si sono rivelate peggiori della variante originaria). Sarebbe auspicabile, ma “la troppa confidenza toglie la riverenza” diceva mia mamma: occorre un atteggiamento prudente».

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Un pugnale alla gola della democrazia americana

venerdì, Gennaio 7th, 2022

“Un anno fa, in questo sacro luogo, la nostra democrazia è stata attaccata. La volontà popolare è finita sotto assalto. La Costituzione ha affrontato la minaccia più grave. Per la prima volta nella nostra storia, un presidente, che aveva perso le elezioni, ha provato a impedire il pacifico scambio di poteri, mentre una teppa violenta invadeva il Campidoglio. Hanno fallito. Questa è la verità: l’ex presidente degli Stati Uniti ha creato e diffuso una ragnatela di bugie sulle elezioni del 2020. Perché crede al potere, non ai principi ideali e vede i propri interessi al di sopra di quelli del paese… Il suo ego sconfitto pesava più della democrazia e della Costituzione. Non ha accettato di perdere… Non si ama il paese solo quando si vince. Non si è patrioti mentendo. Chi ha invaso Capitol Hill, e i mandanti, hanno puntato un pugnale alla gola della democrazia”: con queste parole il presidente democratico Joe Biden ha ricordato al paese, e al mondo, la storica giornata dell’Epifania 2021, quando supporter trumpiani, in armi e organizzati, hanno tentato un colpo di stato nella capitale.

Il discorso, echeggiato con toni analoghi da un intervento della vicepresidente Kamala Harris, segna una svolta nella politica della Casa Bianca. Eletto su una piattaforma unitaria, dopo mesi in cui ha tentato, secondo la sua tradizionale esperienza di senatore centrista, di dialogare con i parlamentari repubblicani moderati e con la destra del suo partito, guidata dal senatore della West Virginia Joe Manchin, Biden prende atto della realtà. 25 punti perduti in consenso da gennaio, inflazione più alta del previsto, Covid omicron a contagiare il paese a ritmi record, il ricordo della ritirata mal gestita da Kabul, la sua agenda di riforme sociali e ambientali stoppata al Senato da Manchin, fanno prevedere al pollster Nate Silver una sconfitta alle elezioni di Midterm peggiore di quelle subite da Barack Obama e Donald Trump, con la seguente perdita delle sottili maggioranze a Camera e Senato e la fine dell’iniziativa al Congresso fino alle presidenziali 2024.

La natura di Biden è la storia di un senatore abituato a negoziare con i colleghi del Grand Old Party repubblicano, e poi siglare il compromesso possibile. A 79 anni deve riconoscere, in ritardo e con riluttanza, che quel tempo è passato, l’America è divisa in due, non conciliabili, metà, con i repubblicani ammaliati dalla destra populista e nazionalista di Trump. Le voci raziocinanti, dal senatore Mitt Romney alla deputata Liz Cheney, sono azzittite, i leader del Senato, da Mitch McConnell a Lindsey Graham, che pure avevano condannato l’assalto a Washington, intimiditi dalla pressione della base fedele all’ex presidente. Ma anche tra i democratici, malgrado la mediazione alla Camera della Speaker Pelosi e al Senato del senatore Schumer (“prendetelo, è un ebreo” gridavano i rivoltosi), la voglia di intesa è minima, e ogni dialogo con l’opposizione viene vissuto come tradimento.

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Giorgetti ha un piano: Draghi al Colle, Salvini all’opposizione

venerdì, Gennaio 7th, 2022

Per capire la conclusione, occorre ripartire dalle premesse, soprattutto se la conclusione è il giudizio che Giancarlo Giorgetti ha consegnato ai suoi dopo il Consiglio dei ministri di mercoledì, piuttosto ultimativo: “La stagione politica del Governo Draghi è finita, Covid o non Covid il tema è questo, inutile girarci attorno”. E probabilmente, nel giudizio c’è anche la ragione della sua assenza dalla riunione di Governo di qualche ora prima, perché è complicato, per il principale sponsor di questo Governo, esserne colui che lascia intendere dove si andrà a finire. Però Giorgetti, che annunciò l’arrivo di Draghi sei mesi prima e che sei mesi prima del Colle lo ha candidato alla presidenza della Repubblica per un semipresidenzialismo di fatto, è uno che non parla mai a caso, anzi è una specie di barbuta Cassandra, per fiuto e sistema di relazioni.

In premessa, dicevamo, c’è anche l’inabissamento di Salvini, inteso come quasi assenza dal dibattito pubblico. A chi gli chiede dei provvedimenti sul Covid, che rappresentano l’opposto di quel vuole, scrolla le spalle e dice: “Chiedete a Giorgetti, non mi occupo di Governo”. A chi gli chiede di Quirinale dà risposte buone per tutto e il suo contrario. A Silvio: “Io ti sostengo lealmente, ma sei sicuro che hai numeri?”, dobbiamo comunque avere il piano B. Agli altri: “serve un tavolo, ci confronteremo con tutti”. Insomma è coperto, ma con un obiettivo, che al momento più che una strategia è un moto dell’animo: liberarsi della morsa del Governo e dell’erosione di Giorgia Meloni per colpa della linea fin qui seguita da Giorgetti, che pare un gioco di parole ma è la sostanza politica di questo anno.

Bene, ora lo svolgimento. E c’è davvero da dare un premio al self control e alla abilità politica di Renato Brunetta, per come nel corso del Cdm ha svolto un ruolo di regia aiutare il premier a portare a casa i provvedimenti di fronte a un atteggiamento della Lega mai così belligerante. E così quando Massimo Garavaglia, uomo di Giorgetti, ha minacciato sfracelli in caso di estensione del Super Green Pass nei luoghi di pubblico servizio, ha proposto di estendere il Pass normale, che comunque è un passo in avanti. Ha poi tenuto il punto quando sempre Garavaglia ha sbattuto sul tavolo la proposta, che in cabina di regia non era stata avanzata, del Tfr per chi è sospeso dal lavoro. Una provocazione plateale accompagnata da un messaggio neanche tanto cifrato che si è sentito sussurrare nell’orecchio, sempre a Cdm in corso, la delegazione di Forza Italia al Governo: “Non potete volere Berlusconi al Colle e fare come vi pare sui vaccini, così vi giocate Berlusconi”.

Parole che non sono una voce dal sen fuggita, ma pronunciate anche per essere riferite. E rispetto alle quali la calma olimpica di Brunetta è stata pari al brivido, poco olimpico, che ha percorso la schiena di Mariastella Gelmini, più agitata dalla minaccia. Tradotto: finora abbiamo scherzato ma nel segreto dell’urna – una notte in cui tutti i franchi tiratori sono neri – una parte saranno quelli leghisti, quindi tanto vale che l’ingombrante Cavaliere inizi a ragionare e proponga Draghi come vorrebbe Gianni Letta con le buone e Giorgetti con le cattive. E questo spiega le conclusioni della Cassandra leghista: “Questa stagione politica è finita”, accompagnata da un’altra frase anch’essa da tradurre: “Di fatto è nata la maggioranza Ursula”.

In verità, se Draghi avesse voluto questa maggioranza sarebbe nata in un minuto, se cioè avesse voluto forzare sulla proposta con cui era entrato in Cdm, di estensione dell’obbligo a tutti i lavoratori ma, a urne del Quirinale convocate per il 24 gennaio, il premier ha voluto evitare rotture. Però tutto questo racconta di una discussione che, di fatto, è già aperta sul “dopo” perché se si parla di Quirinale, in questo incastro, si parla anche di Governo.

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Houellebecq ovvero la coppia eterosessuale contro l’Apocalisse

venerdì, Gennaio 7th, 2022
SAN SEBASTIAN, SPAIN - SEPTEMBER 25: French writer Michel Houellebecq attends 'Thalasso' photocall during...
SAN SEBASTIAN, SPAIN – SEPTEMBER 25: French writer Michel Houellebecq attends ‘Thalasso’ photocall during 67th San Sebastian International Film Festival at Kursaal, San Sebastian on September 25, 2019 in San Sebastian, Spain. (Photo by Carlos Alvarez/Getty Images)

L’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, “Annientare”, da oggi in libreria per La Nave di Teseo, è ambientato nel 2026-2027, un futuro prossimo nel quale si sono compiute inesorabilmente tutte le rovine che i precedenti romanzi di Houellebecq hanno annunciato: la disintegrazione dei legami sociali, la solitudine, l’anomia, la miseria affettiva, sentimentale, sessuale. Niente di tutto ciò suscita più dramma, né conflitto, né innesca un principio di rivolta come accadeva invece, seppur con vane speranze, nei precedenti romanzi. Semplicemente, per i giovani che popolano questo nuovo mondo è diventato naturale sigillarsi dentro se stessi, anzi la sola idea “di una relazione sessuale tra due individui autonomi” gli appare ormai come “una fantasia superata e, a dirla tutta, deplorevole”. Il contrario di quel che gli uomini e le donne hanno fatto fino a non molto tempo fa, ossia scopare, amarsi, formare coppie, costituire famiglie, e ancora più in precedenza comunità, partiti, movimenti, scuole, chiese. Così pare abbia scelto di finire l’Occidente.

Il protagonista del romanzo, Paul, è il consigliere e il confidente del ministro dell’Economia, Bruno Juge, “probabilmente il più grande ministro dell’Economia dai tempi di Colbert” – un personaggio chiaramente ispirato all’attuale ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire. Bruno Juge è un tecnico colto e pragmatico, in un governo di centrosinistra, che studia fino a notte fonda ogni dossier, complice una vita matrimoniale disastrosa. Aggira le direttive europee in nome degli interessi nazionali e sta cercando con successo di riportare la Francia all’industria. È anche uno dei possibili candidati alle prossime elezioni presidenziali e anche per questa ragione finisce nel mirino di una serie di indecifrabili cyber attacchi terroristici sui quali Paul indaga senza riuscire a capirci molto. In uno dei più preoccupanti video di computer grafica diffusi online, il ministro viene ghigliottinato come gli aristocratici durante la rivoluzione francese, e si capisce che la minaccia semini il panico nelle stanze del Ministero e del Governo.

Di tutti i romanzi di Houellebecq, “Annientare” è senz’altro il più romanzo di tutti. Le pagine che sconfinano apertamente nel saggio, come accadeva spesso nei precedenti romanzi, sono ridotte al minimo. Nelle più di settecento pagine di questa storia si passa invece dal thriller politico, al romanzo sul potere francese, al feroce show della campagna per le presidenziali senza capire per pagine e pagine dove si andrà veramente a parare. In un mondo in cui la mutazione annunciata da Houellebecq fin dal suo primo romanzo, “Estensione del dominio della lotta”, è quasi totalmente compiuta, accade però qualcosa di assolutamente inedito per un romanzo di Houellebecq. Il protagonista, Paul, l’uomo a cui l’autore presta più frequentemente i suoi pensieri, viene strappato dal suo lavoro quotidiano al fianco del ministro dell’Economia a Parigi ed è scaraventato nuovamente nella sua vita da ragazzo nella campagna francese. La causa è un ictus che colpisce il padre e lo lascia completamente paralizzato. Ma questo fatto, anziché precipitarlo ancora più profondamente nell’assurdità della vita, come accade alla maggior parte dei personaggi dei precedenti romanzi di Houellebecq, gli fa compiere invece un movimento inverso: la malattia, l’agonia e la prossimità alla morte non solo lo riavvicinano alla famiglia e alla moglie, con la quale non andava a letto da più di dieci anni, non solo gli fanno capire qualcosa di quel che succede nella Francia lontana dal centro, nelle campagne dove fioccano i voti per il Rassemblement national, ma lo riconnettono a un senso sacro dell’esistenza. “La foresta sembrava animata da un respiro calmo”, pensa Paul osservando la natura, “infinitamente più calmo di qualsiasi respiro animale. Era la vita nella sua essenza”.

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