Archive for Gennaio 22nd, 2022

Stupro di Capodanno a Primavalle, “ecco chi è il nipote dell’ex premier”: un nome sconvolgente, cos’è successo quella notte

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Si fa sempre più intricata la vicenda dello stupro di Capodanno a Roma. Al centro delle indagini il festino in via del Podere Fiume a Primavalle, in cui una ragazza minorenne, figlia di un diplomatico spagnolo, ha denunciato una violenza sessuale di gruppo. Tra i testimoni ascoltati dai magistrati ci sarebbe anche – scrive Repubblica Simone Maria Ceresani, nipote dell’ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita.
Attualmente sono cinque gli indagati, tre i ragazzi sottoposti a misure cautelari. Ceresani è figlio di Cristiano e di Simona De Mita, figlia dell’ex premier. Il padre è stato capo di gabinetto del leghista Lorenzo Fontana. Fonti legali, comunque, smentiscono ogni suo coinvolgimento nella vicenda. Ceresani – secondo l’edizione romana di Repubblica – avrebbe raccontato che qualcuno gli ha puntato una pistola contro durante la festa. Anche se la circostanza sarebbe stata smentita dall’interessato, che ha detto di non aver avuto armi con sé quella sera. 
Stando ad altre testimonianze riportate dal quotidiano diretto da Maurizio Molinari, alla festa Ceresani avrebbe portato parte degli stupefacenti consumati durante la serata. Nelle carte dell’inchiesta si legge che lui avrebbe ammesso di aver “fatto uso di cocaina”, ma solo dopo averla chiesta a uno degli altri ragazzi alla festa.

Rating 3.00 out of 5

“Cessione del credito? Una volta sola”. Cosa può cambiare sul Superbonus

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Alessandro Ferro

Per evitare nuove truffe tramite il Superbonus, il governo ha ipotizzato di limitare la cessione dei crediti: si potrà fare soltanto una volta.

Ecco l’ipotesi

È ancora soltanto un’ipotesi ma i costruttori sono molto preoccupati: l’Ance e le organizzazioni artigiane gridano in coro “basta modifiche”. La bozza del decreto Sostegni, infatti, contiene la possibilità di modificare il capitolo che riguarda le frodi sui bonus edilizi, Superbonus compreso. I crediti che, al 7 febbraio, saranno già oggetto di cessione potranno procedere con un’altra. Come scrive l’Ansa, i contratti che violeranno le nuove norme saranno considerati nulli.

“Basta con i cambiamenti”

“L’ennesima modifica alle misure in corso, con il limite alla cessione dei crediti, rischia di bloccare le imprese e penalizzare le famiglie più bisognose. Non è così che si fermano le frodi”, commentano dall’Ance. “Basta con i continui cambiamenti. L’incertezza delle regole, anche con provvedimenti retroattivi, scoraggia il mercato e le imprese più serie”, afferma il presidente, Gabriele Buia. “Giusto l’obiettivo di contrastare le frodi”, sottolinea Buia, “ma non si possono colpire continuamente migliaia di cittadini e di imprese corrette impegnate in interventi di riqualificazione energetica e sismica, che ora dovranno necessariamente rivedere le condizioni contrattuali con i proprietari, generando migliaia di contenziosi e un blocco del mercato”.

“Incertezza sul mercato”

Dello stesso parere anche Marco Granelli, presidente di Confartigianato, il quale sottolinea infatti come “le continue modifiche creano incertezza sul mercato con l’effetto di bloccare le operazioni, anche quelle che non presentano profili patologici”. Limitare ad una sola cessione il trasferimento dei crediti, potrebbe provocare un rallentamento delle operazioni di acquisto anche da parte degli operatori finanziari ormai prossimi “al raggiungimento della loro capacità di ‘assorbimentò in compensazione dei crediti stessi”.

Come cambia il Superbonus 2022

Come ci siamo occupati sul Giornale.it, l’agevolazione è stata prorogata per altri due anni e sarà in vigore fino al 2023: dopodiché, come riporta il Corriere, nel 2024 l’aliquota scenderà al 70% e nel 2025 al 65%. Quel che più importa, comunque, riguarda l’agevolazione per chi decide di eseguire coibentazioni (cappotti termici), rinnovare gli impianti di riscaldamento e intervenire sulle parti strutturali. In tutti questi casi, si può tentare utilizzare il Superbonus per il miglioramento energetico o antisismico prorogato al 110% fino alla fine del 2023.

Rating 3.00 out of 5

Se la pensione non è un bene “primario”

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Francesco Maria Del Vigo

Da queste colonne – i lettori lo sanno bene – abbiamo sempre difeso i vaccini e continueremo a farlo senza alcuna esitazione. E abbiamo sostenuto che il green pass potesse essere il volano per convincere i cittadini più restii a sottoporsi alla vaccinazione, passaggio fondamentale per portare il Paese fuori dall’incubo della pandemia. E i numeri delle terapie intensive dimostrano, a chiunque non sia stolto o in malafede, quanto sia stato importante il lavoro di Figliuolo. Ma l’ultimo dpcm (e speriamo di liberarci e dimenticarci presto di questo orribile acronimo) raggiunge soglie di confusione al limite del delirio. E sappiamo bene che complicare le regole è il miglior modo per renderle inapplicabili e per aprire la strada a quei furbi che nelle giungle legislative piantano le tende delle loro illegalità. Dunque, dal primo febbraio occorrerà il green pass per entrare nella maggior parte dei negozi e degli esercizi commerciali. Ci sono alcune eccezioni: tra le quali i supermercati, le farmacie, gli ottici e i negozi che vendono il cibo per gli animali. Pare scontato (ma non lo è) precisare che si potrà entrare senza passaporto verde anche negli uffici di polizia e in quelli giudiziari per «attività istituzionali indifferibili». Volevamo anche vedere che una vecchietta scippata non potesse andare in Questura a denunciare il ladro perché non ha il green pass e che il ladro stesso, per il medesimo motivo, non potesse essere convocato per le indagini. Saremmo in quella terra di confine in cui la legislazione tracima nella psichiatria. Ma, badate bene, siamo a un passo. Perché senza green pass base non si potrà andare alle poste per ritirare la pensione. Come se non fosse un «servizio essenziale». Quindi, facciamo un caso estremo, un pensionato senza pass può andare a fare la spesa al supermercato e comprare quello che gli pare, ma non si sa con quale denaro, probabilmente con i risparmi di una vita, sicuramente non con i soldi della pensione che non ha potuto ritirare alle poste. Continuando sull’orlo del paradosso: lo Stato dà ai pensionati la possibilità di spendere soldi che non hanno più il diritto di ritirare.

Rating 3.00 out of 5

Covid, il Carnevale di Rio de Janeiro e San Paolo rinviato ad aprile. Lockdown a Samoa e Kiribati e l’Irlanda riduce le restrizioni

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Le sfilate del Carnevale di Rio de Janeiro e di San Paolo in Brasile sono state rinviate a causa della pandemia di Covid. Le autorità cercano di salvare il tradizionale carnevale, annullato a causa dei contagi lo scorso anno. Le sfilate dei carri previste dal 25 febbraio al primo marzo non saranno cancellate, ma solo rinviate al 21 aprile.

Rio de Janeiro e San Paolo, le due città più grandi del Brasile, avevano già annunciato la sospensione quest’anno del cosiddetto “carnevale di ru’a”, animato da comparse e bande che sfilano gratuitamente davanti a milioni di persone per le strade. Ora hanno scelto posticipare i festeggiamenti a un periodo in cui saranno «possibili migliori condizioni sanitari». Ora, si legge in un comunicato, «i comuni di Rio e di San Paolo hanno deciso di rinviare le sfilate delle scuole di samba» a causa «della situazione attuale della pandemia in Brasile e della necessità di preservare vite». Secondo le stime, nel 2020 ai festeggiamenti, che richiamano anche turisti europei e nordamericani, parteciparono almeno 7 milioni di persone. Lo scorso anno il Sambodromo, anziché ospitare carri e sfilate, fu utilizzato come centro vaccinazioni.

Il Brasile, uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia di Covid-19, ha registrato 166.539 nuovi contagi da coronavirus nelle ultime 24 ore. Numero che porta il numero medio di casi nell’ultima settimana al record di 117.797 al giorno. Si tratta della media giornaliera di contagi da Covid più alta dall’inizio della pandemia, 38 volte superiore a quella registrata meno di un mese fa, lo scorso 23 dicembre, quando, prima dell’arrivo della variante Omicron, il Brasile aveva visto i contagi scendere ai minimi da 20 mesi.

Il virus dilaga nel Pacifico, lockdown a Samoa e Kiribati
Le isole di Kiribati e Samoa sono entrate in lockdown oggi dopo una impennata di contagi da Covid dovuta ad arrivi dall’estero che hanno interrotto due anni quasi indenni dalla pandemia. Fino all’inizio di questo mese, Kiribati non aveva segnalato neanche un solo caso di Covid, mentre Samoa ne aveva registrati solo due dall’inizio della pandemia, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. Ora le autorità di entrambi i Paesi sono state costrette a mettere in atto una serie di misure restrittive dopo che decine di passeggeri su un volo per Kiribati dalle Fiji, i primi ad arrivare nella nazione dalla riapertura dei confini, sono risultati positivi al virus. E a Samoa le restrizioni sono scattate dopo che i casi legati a un volo di rimpatrio da Brisbane sono saliti a 15, ha detto il primo ministro Fiame Naomi Mata’afa. Le restrizioni aumenteranno a partire da domani e tutti i contagiati, ritenuti affetti dalla variante Omicron, sono stati messi in quarantena, ha aggiunto.

Rating 3.00 out of 5

Se torna la paura dell’inflazione

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Pietro Garibaldi

“Quirinal game”, nel mercato del lavoro italiano si aggira un pericoloso spettro che si chiama inflazione e che quasi nessuno osa menzionare. L’Istat ha da poco certificato che a dicembre 2021 su base annuale (quindi rispetto al dicembre 2020) i prezzi sono aumentati di quasi il quattro per cento, un aumento che in Italia non si registrava da circa 25 anni, addirittura prima dell’introduzione dell’euro. L’aumento generalizzato dei prezzi- trainato da un’esplosione dei prodotti energetici – colpisce in prima battuta imprese e consumatori attraverso il caro bollette. Non a caso il governo sta preparando un provvedimento fiscale straordinario di due o tre miliardi per alleggerire le famiglie dagli effetti della stangata energetica. Se però l’aumento dei prezzi continuerà nei prossimi mesi, l’aumento generalizzato dei prezzi si estenderà a tutto il mercato del lavoro.

Il meccanismo e il problema che affronteremo sono semplici da descrivere mentre sono terribilmente difficili da risolvere. Per quel che riguarda le imprese, nel breve periodo l’aumento dei prezzi energetici si trasforma in un aumento dei costi di produzione e in una riduzione dei margini di profitto. Tuttavia, le imprese alla lunga hanno anche la possibilità di scaricare parte dell’aumento dei costi sull’aumento dei prezzi. Ovviamente l’aumento dei prezzi dei prodotti rischia di diminuire la domanda, ma rimane un meccanismo di aggiustamento disponibile. Nel caso dei lavoratori, invece, la stessa possibilità di auto-difesa non esiste. Per almeno 20 milioni di lavoratori italiani, l’aumento dei prezzi nel medio periodo finirà inevitabilmente per ridurre il potere d’acquisto di salari e stipendi. Per un dato contratto di lavoro, il lavoratore non ha infatti possibilità di chiedere alla propria impresa un risarcimento per il fatto che il potere d’acquisto del salario pattuito è stato eroso dal caro prezzi. Il silenzio dei sindacati su questi temi fa abbastanza rumore. E’ probabilmente un misto di silenzio e imbarazzo legati alla storia economica del nostro Paese.

Negli anni Settanta dopo le crisi petrolifere, in Italia fu introdotto un aggiustamento automatico dei salari ai prezzi che prese il nome di scala mobile. La storia ci insegna che il rischio di quell’aggiustamento automatico è la spirale “prezzi salari”. L’aumento dei salari necessario a restituire il potere d’acquisto dei lavoratori finisce per spingere le imprese ad aumentare nuovamente i prezzi, generando ulteriore inflazione e creando una rincorsa perversa tra prezzi e salari. Invece che controllare l’inflazione, l’indicizzazione finirebbe per sostenerla. Scartando quindi un meccanismo automatico, dobbiamo comunque porci il problema di come difendere i lavoratori da un’inflazione che – lo scongiuriamo tutti – potrebbe rimanere con noi nel medio periodo.

Rating 3.00 out of 5

Intrighi a Cinque stelle nella partita del Colle. Fraccaro rischia l’espulsione

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Luca Monticelli

La corsa al Quirinale assomiglia ogni giorno di più a House of cards, la celebre serie tv sugli intrighi alla Casa Bianca, ma in salsa romana. L’ultima avvincente puntata la offre il Movimento 5 stelle con l’ex ministro e sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro che, come ha raccontato ieri La Stampa, avrebbe offerto a Matteo Salvini un pacchetto di voti di parlamentari per sostenere Giulio Tremonti. Non voti qualsiasi, ma quelli delle due correnti interne organizzate del Movimento: Parole guerriere di Dalila Nesci e Italia 2050 di Carlo Sibilia.

Il leader della Lega lo ha raccontato a Giuseppe Conte: un modo per apparire leale, da una parte. Ma anche per mostrargli che non ha il controllo dei gruppi parlamentari. E per quanto ora i due sottosegretari grillini si lamentino di essere stati tirati in ballo a loro insaputa e smentiscano le trame segrete, molti alla Camera non hanno fiducia in loro. «Per il Quirinale sosterrò il candidato espresso dal M5s, siamo compatti intorno al presidente Conte e alla sua linea», spiega Nesci. «Per me esistono solo le trattative portate avanti dal Movimento e da Conte», aggiunge Sibilia. Quanto a Fraccaro, non nega il vertice, ma spiega che la conversazione avrebbe riguardato «alcune ipotesi rispetto alle quali ho consigliato a Salvini di aprire un dialogo con Conte». Poi però aggiunge, dimostrando poco rispetto per le possibili decisioni del presidente M5S: «Draghi al Quirinale non lo voterò mai».

Salvini prova ad andargli incontro: «Con Fraccaro non ho mai parlato di numeri, voti o cose simili». Eppure, secondo più fonti, a Conte avrebbe riferito altro. Tanto che già giovedì sera, dopo il loro incontro, all’assemblea dei deputati, il capogruppo M5S Davide Crippa era intervenuto svelando il peccato, ma non il peccatore: «Sono arrabbiato per l’iniziativa di alcuni colleghi che senza mandato hanno preso contatti con altri».

Rating 3.00 out of 5

Pochi ritocchi al governo e squadra subito operativa, così Draghi tenta i partiti

sabato, Gennaio 22nd, 2022

ILARIO LOMBARDO

ROMA. È sul fattore tempo che Mario Draghi vorrebbe giocarsi le proprie chance per il Quirinale e, contemporaneamente, costruire il percorso che porterà i partiti a definire il governo che sarà. La scommessa sarebbe stata la prima votazione. Lunedì. Cioè tra poco più di 48 ore. Un traguardo ideale che a Palazzo Chigi sognavano di tagliare come prova dell’unità del Parlamento attorno al nome del premier. Ma il rischio di far finire l’ex banchiere incenerito dai franchi tiratori è troppo alto: faticare a raggiungere i 673 grandi elettori vorrebbe dire mettere la parola fine anche al governo. Tanto più che per chiudere presto sul nome di Draghi serve il via libera del centrodestra. E, ancora prima, quello di Silvio Berlusconi. L’attesa di cosa farà e cosa dirà il presidente di Fi rende il clima a Palazzo Chigi un po’ meno sereno del solito. Il fedelissimo del leader azzurro Gianni Letta ancora ieri ha provato a convincerlo a convergere su Draghi. L’ira funesta del presidente di FI è tutta nella categoricità sospetta con la quale il cerchio magico fino a tarda sera bocciava l’ipotesi Draghi. Siamo nei preamboli della tattica, nulla di preoccupante, ma potrebbe essere abbastanza per far evaporare il progetto di elezione immediata.

Ancora manca la mano che indicherà per prima il nome dell’attuale premier. Per questo serve qualche giorno in più. Anche solo uno, martedì. Per far maturare le trattative, curare le ferite all’ego di Berlusconi e convincere gli scettici, i tanti, troppi deputati e senatori che in cambio del sì a Draghi vogliono una chiara prospettiva di governo, che scacci l’incubo delle elezioni anticipate.

A Palazzo Chigi, però, avvertono anche un altro rischio. Quello di andare troppo in là. Secondo le regole di prevenzione anti-Covid, infatti, è previsto un solo voto al giorno. E più sono i giorni che passano più è probabile che risentimento e ripensamenti riprendano a lievitare. Bisogna chiudere entro la quarta, cioè giovedì, ragionano nell’entourage del presidente del Consiglio, quando i numeri diverranno più favorevoli e la maggioranza necessaria scenderà a 505 grandi elettori. Ancora meglio, sperano, sarebbe entro la terza, mercoledì: vorrebbe dire aver strappato simbolicamente il traguardo della scelta più condivisa possibile dai partiti.

Draghi tace e aspetta. Ma dà segnali precisi, che i leader cercano di interpretare. Le rassicurazioni arrivano dagli sherpa del premier, che raccolgono i timori, propongono schemi, si mostrano attenti. Ai ministri del Pd, come Andrea Orlando e Lorenzo Guerini, al segretario Enrico Letta e a Luigi Di Maio, che invece ha avuto occasione di confrontarsi con il presidente del Consiglio, è arrivata chiara l’impressione che i ritocchi alla squadra dovrebbero essere pochi. Anche perché «servirà un governo immediatamente operativo», spiegano gli uomini di fiducia del premier, che dovrà pianificare i progetti sul Piano nazionale di ripresa e resilienza che l’Europa attende entro giugno.

Rating 3.00 out of 5

È necessaria una prova di serietà

sabato, Gennaio 22nd, 2022

di Antonio Polito

Si tratta di individuare l’erede di Sergio Mattarella, e non è lavoro da tutti. Ci vuole un «cursus honorum». Ci vuole uno standing internazionale, ci vuole prestigio e autorevolezza. Si tratta di eleggere il successore di Mattarella senza dare il solito spettacolo di agguati, sgambetti, tradimenti

E leggete chi volete, ma non disperdete il piccolo capitale di serietà, credibilità, fiducia in sé stessa, che questa nazione ha accumulato negli ultimi due terribili anni. Verrebbe voglia di spedire una letterina ai 1009 elettori del prossimo capo dello Stato. Perché sì, è politica, è manovra, è potere, e non c’è niente di male, in fin dei conti il governo della «polis» è da sempre anche questo. Ma poi, alla fine, cari grandi elettori, dovrete innanzitutto e soprattutto scegliere chi «rappresenta l’unità nazionale», come dice l’articolo 87 della Costituzione. E lì non c’è manovra che tenga. Il dettato costituzionale non significa infatti soltanto che sarebbe meglio eleggere il presidente a grande maggioranza, così che nessun cittadino, o quasi, possa sentirsi escluso o penalizzato, e tutti possano fidarsi. Quella frase significa anche che la donna o l’uomo prescelti rappresenteranno di fronte al mondo l’Italia. L’Italia come è oggi. E, per la prima volta dopo tanto tempo, l’Italia è oggi vista nel mondo come un Paese che sta mostrando il suo valore, una «success story», se non addirittura un esempio da seguire: quasi un prodigio per chi da troppo tempo era considerato il «malato d’Europa».

L’asticella su cui verrà misurata la prova che attende il Parlamento è dunque posta più in alto che in passato: bisognerà che sia al livello di quella che sta offrendo il Paese. L’altissimo prezzo di vite umane e di dolore che abbiamo pagato quando la falce della pandemia ci ha colpito a sorpresa non è stato invano. Ci ha insegnato a reagire, e a muoverci velocemente. La campagna vaccinale prosegue con la speditezza e l’efficienza che siamo abituati a invidiare ai Paesi nordici. Così la quarta ondata, seppure micidiale, non ci ha sommerso come la prima e la seconda, e stavolta non abbiamo chiuso praticamente niente. Con tutte le polemiche che ha provocato, e qualche indiscutibile bizantinismo, il green pass è di gran lunga il miglior surrogato all’obbligo vaccinale finora sperimentato in Europa. Di conseguenza l’economia è in crescita. Il nostro prodotto interno lordo è aumentato nel 2021 del 6,3%, cifra record in Europa. Non è ancora una ripresa in grado di rassicurarci sul futuro occupazionale dei nostri figli, ma non è neanche «jobless»: nell’ultimo trimestre rilevato gli occupati sono aumentati di più di mezzo milione rispetto all’anno precedente.

Abbiamo finora fatto tutti i compiti a casa necessari per aver diritto all’erogazione dei fondi europei, e per quanto un’inflazione importata dall’aumento del costo dell’energia penda come una spada di Damocle sulle nostre speranze, sperare è di nuovo possibile. Sperare innanzitutto di curare le tante piaghe sociali, le sacche crescenti di povertà, l’assottigliarsi dei risparmi, gli effetti di troppi mesi di economia di guerra. Così i giornalisti stranieri che affluiscono in queste ore a Roma per l’elezione del capo dello Stato per una volta non ci chiedono come sia possibile avviare una svolta che inverta la marcia dell’Italia, ma piuttosto come evitarla, per proseguire sulla strada intrapresa.

Rating 3.00 out of 5

Quirinale, l’incastro degli incarichi: l’ipotesi di Casini come alternativa a Draghi

sabato, Gennaio 22nd, 2022

di Francesco Verderami

I partiti cercano di riguadagnare lo spazio perso negli anni ed evitare il definitivo commissariamento della politica: Casini come alternativa a Draghi

desc img

Un tecnico al Quirinale e un altro a Palazzo Chigi sono una combinazione che i partiti non intendono accettare, perché sancirebbe il definitivo commissariamento della politica. È attorno a questo nodo che s’ingarbuglia la corsa al Colle ancor prima di iniziare. Il problema non è Berlusconi , che non è più in campo anche se rimane in mezzo al campo, e con la sua scelta potrebbe indirizzare la sfida. Il punto è che i partiti vorrebbero riguadagnare lo spazio e il ruolo persi negli ultimi anni, vedono nell’elezione del presidente della Repubblica l’estrema occasione per rilanciarsi, ma temono quella che l’ex ministro Lupi definisce «la teoria del flipper»: «Nel flipper, la pallina prima o poi scende. E Draghi è come un flipper». Indubbiamente l’ex presidente della Bce è oggi il nome più accreditato per il Quirinale, «la soluzione verso la quale — secondo Renzi — finiremmo per scivolare per l’incapacità della politica di fare politica».

In effetti, se il premier dovesse traslocare sul Colle, nessuna forza potrebbe rivendicare la guida di un governo di larghe intese a un anno dalla scadenza elettorale: di conseguenza anche Palazzo Chigi finirebbe a un tecnico. E sarebbe «game over». Per sfuggire a un simile scenario, sta prendendo corpo l’idea (bipartisan) di tentare una difficile convergenza, da costruire per di più in extremis, quando le urne per il Quirinale stanno per aprirsi. Il gioco del «candidato di blocco» non regge: centrodestra e centrosinistra l’hanno constatato, bruciando tempo e nomi. Fino all’altro ieri ognuno si è presentato agli appuntamenti con rose già sfiorite: Salvini con Pera, Casellati e Moratti; Conte con Riccardi e Severino. Solo Letta ha evitato la lista, visto che quella del Pd sarebbe stata troppo lunga. Mentre Di Maio — pur di restare alla Farnesina — si è promesso a tutti, affiancando addirittura un proprio sherpa ad ogni candidato.

Essendo operazioni a somma zero, alla fine di ogni incontro si è tornati sempre a Draghi, criticato dai leader di maggioranza perché «non è disposto a fare accordi politici, di cui ci sarebbe invece bisogno». Ma se il premier non si espone per sollecitare intese, è perché non vuole restare incastrato in manovre di parte. Dunque l’alibi dei partiti non regge: tocca a loro dirimere la vertenza. E se riescono, a evitare il paradosso descritto da una vecchia volpe come Mastella: «Il Consiglio di Stato è presieduto da Frattini, che è un politico. La Consulta sta per essere presieduta da Amato, che è un altro politico. Possibile che al governo e alla presidenza della Repubblica debbano starci due tecnici? È il mondo alla rovescia».

Rating 3.00 out of 5

Quirinale, Berlusconi è pronto a fare un passo indietro. Ma avverte: «Mi prendo ancora qualche ora per decidere»

sabato, Gennaio 22nd, 2022

di Paola Di Caro

Vertice con gli azzurri ad Arcore, ancora in dubbio la sua presenza di persona e non in remoto al summit del centrodestra di oggi. Resta la freddezza sull’ipotesi di Draghi, dubbi su Casini, speranza per un Mattarella bis o un nome di area

desc img
Silvio Berlusconi

Su un punto, almeno, ha ceduto: pressato dagli alleati, che non ne possono più di restare appesi a un filo, consigliato anche dai suoi perché «qualunque cosa tu decida, è bene che torni sulla scena o rischi di lasciarla agli altri», Silvio Berlusconi ha detto sì alla richiesta di vertice che si sarebbe dovuto tenere già giovedì scorso ma che poi era scomparso dai radar.

Si terrà oggi, alle 16 a Roma, come annunciato dalla nota diffusa nel tardo pomeriggio a nome dei tre leader, ma il Cavaliere potrebbe partecipare in presenza (ad alcuni lo avrebbe promesso) come collegarsi da remoto (i suoi lasciano aperta la possibilità). E a quel punto non è detto che non facciano altrettanto tutti gli altri leader, che pure potrebbero riunirsi in chat.

Se questo è lo stato dell’arte, figuriamoci se è prevedibile l’esito del vertice: dopo una riunione con tutto il suo stato maggiore ad Arcore — Tajani, Ronzulli, Bernini, Barelli e anche Fedele Confalonieri —, la previsione è che «sì, quasi certamente Berlusconi scioglierà la riserva». Perché, gli è stato detto nel vertice, deve fare attenzione: se non si muove, e vuole scendere in campo, rischia di perdere anche i voti che si ritengono conquistati, visto che gli avversari non resteranno fermi. E se deciderà di non gettarsi nella mischia, bisognerà lavorare al famoso piano B con logica, non allo sbaraglio, pena l’esplosione del centrodestra.

Berlusconi ha ascoltato tutti, sa che la via del no alla candidatura è la più logica. E ci pensa molto seriamente. Ma a sentire chi ha parlato con lui non si può ancora dare per scontata la sua scelta. «Mi prendo altre ore per pensare. Da solo, in pace», ha detto ai suoi salutandoli nel tardo pomeriggio.

E così, nessuno dei fedelissimi si sbilancia. Raccontano che si siano state messe le carte in tavola: quanti sono i voti considerati sicuri, quanti abbastanza sicuri, quanti ballerini. In teoria, se tutto andasse per il verso giusto, i fatidici 505 voti necessari per essere eletto ci sarebbero, ma «il rischio è enorme», gli hanno spiegato gli amici di una vita. Perché «non ci sono accordi con gruppi politici, ma solo rassicurazioni da parte di singoli». Che «oggi ti dicono che ti votano, domani chissà?».

Insomma, l’impresa appare quasi disperata, ma «Berlusconi è Berlusconi. E dire che è pronto a cedere sarebbe un errore. Può ancora scegliere di andare avanti. Sapendo che gli alleati sarebbero costretti a seguirlo». Un suicidio? Così sembrerebbe, ma mai fare i conti senza i colpi di scena del Cavaliere. Anche se il borsino della sua candidatura, ieri sera, secondo fonti non azzurre ma di massimo rilievo, puntava sul pollice verso: le possibilità che Berlusconi scenda in campo, a questo punto, sono «molto poche». E se non è un annuncio, è qualcosa che ci si avvicina parecchio.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.