Archive for Gennaio, 2022

Idea Gentiloni, se Draghi va al Quirinale

domenica, Gennaio 9th, 2022

Marco Bresolin, Ilario Lombardo

C’è un grande convitato di pietra al tavolo delle trattative sul Quirinale che si chiama Europa. Ed è anche in funzione di questo protagonista indiscusso della vita politica italiana che, all’interno della maggioranza, e a Palazzo Chigi, chiunque azzardi un’ipotesi su chi potrebbe prendere il posto di Mario Draghi lo fa sapendo che il profilo del probabile premier dovrà rispondere a un doppio impegno con Bruxelles e con i partner europei: sugli investimenti del Next Generation Eu e sui negoziati per cambiare il Patto di Stabilità. Ecco perché sullo sfondo dei nomi fatti filtrare negli ultimi giorni dai partiti, riappare quello del commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni.

La suggestione nasce già mesi fa, in autunno, quando si cominciava a immaginare l’epilogo quirinalizio di Draghi. Ma nelle ultime ore sta prepotentemente raccogliendo più consensi perché figlia di un preciso ragionamento. Due giorni fa La Stampa ha scritto che, nel caso in cui Draghi fosse eletto presidente della Repubblica, il futuro governo avrebbe buone chance di ritrovare un format più squisitamente politico. E il nome che spunta più di altri da queste previsioni è quello del ministro della Difesa del Pd Lorenzo Guerini. Un nome che, riferiscono due importanti fonti, del M5S e di Italia Viva, ne terrebbe nascosto un altro. Quello di Gentiloni.

Sono calcoli fatti all’interno di uno scenario che è ben presente anche a Draghi. Molto probabilmente il leader della Lega Matteo Salvini lascerà la maggioranza, permettendo così agli altri partiti di compattarsi nella cosiddetta coalizione Ursula, ispirata cioè a quella che ha eletto la presidente della Commissione Ue Von der Leyen. Resta da capire cosa farà Forza Italia, ma sembra certo che dal governo non si sfileranno i centristi di Coraggio Italia e di Iv. L’idea di un esecutivo politico, con un premier politico, prende sempre più largo, nella convinzione che uno schema tecnico (con i soliti nomi dei ministri Daniele Franco, Vittorio Colao e Marta Cartabia) sarebbe molto più esposto alle intemperie dell’anno elettorale che chiuderà la legislatura. Un anno cruciale per l’Italia.

I partiti lo sanno e per questo (oltre che per finire la legislatura) sono pronti anche a qualche sacrificio. Persino nel M5S dove si preparano a digerire un premier del Pd e a dimenticare l’opportunità che in apparenza sembra spalancarsi per Luigi Di Maio. L’ex capo del partito che, a oggi, nonostante l’implosione, resta quello di maggioranza relativa, sconta diverse pecche: non ultimo il gelo con il leader Giuseppe Conte. Matteo Renzi, poi, ha detto che non permetterà la nascita di un governo con premier il ministro degli Esteri. Inoltre, non è considerato ancora abbastanza attrezzato per gettarsi nell’arena dei Consigli europei, di fondamentale importanza nell’anno in cui si dovrà conquistare ogni centimetro per cambiare le rigide regole fiscali su deficit e debito.

L’identikit che emerge nei colloqui dei partiti è preciso: un politico ma che abbia una caratura «più istituzionale» e «una proiezione internazionale». Ma che, in chiave interna, sia capace di far convergere su di sé i grillini. Uno è Guerini, l’altro è il nome che hanno ben presente anche gli uomini che lavorano con Draghi. Ed è già stato un “premier dell’emergenza” a conclusione di una legislatura, dopo il fallito referendum di Renzi nel 2016.

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Le mie domande per il premier e quei deliri No Vax a Torino

domenica, Gennaio 9th, 2022

MASSIMO GIANNINI

Da cittadini, aspettiamo con ansia la conferenza stampa di Mario Draghi, che domani tornerà a parlare agli italiani dopo un silenzio durato venti giorni. Il presidente del Consiglio ha molto da spiegare. Gli ultimi due decreti legge anti-Covid varati in sequenza tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 hanno stupito, confuso e in qualche caso irritato l’opinione pubblica. Soprattutto, hanno confermato una pericolosa evidenza. Parafrasando due celebri formule da Prima Repubblica: il governo sta perdendo la sua spinta propulsiva (Enrico Berlinguer), il quadro politico si sta sfarinando (Rino Formica).

L’anno era finito con il messaggio forte di Sergio Mattarella: «Questo resta un tempo difficile, nell’alternarsi di speranze e di nuovi allarmi. Si impone un’esigenza di chiarezza e di lealtà come premessa indispensabile di una piena e comune assunzione di responsabilità di fronte ai rischi che sono tuttora davanti a noi. Abbiamo visto come la chiarezza, di fronte alle asprezze della pandemia, abbia spazzato via il tempo delle finzioni e delle distrazioni…». Purtroppo dobbiamo riconoscere che nelle ultime scelte dell’esecutivo è mancata proprio la chiarezza. Per restare al discorso del Capo dello Stato: hanno prevalso “finzioni e distrazioni” proprio nel momento in cui a tutti gli italiani è richiesta una “comune assunzione di responsabilità”. Sono tante le risposte che ci aspettiamo da Draghi. Vorremmo capire perché, proprio nel momento in cui il virus riprende forza e Omicron si diffonde, la politica lanci segnali così contraddittori.

Vorremmo capire perché, nonostante le promesse che lo stesso premier aveva fatto nel penultimo Consiglio dei ministri, l’ultimo Cdm abbia invece rinunciato all’estensione del Super Green Pass in tutti i luoghi di lavoro che avrebbe coinvolto 23 milioni di persone.

Vorremmo capire perché sono state pensate regole così lunari sulle quarantene, con distinzioni incomprensibili e inverificabili tra non vaccinati e vaccinati guariti, vaccinati con due dosi, vaccinati con booster, vaccinati da più o di meno di 120 giorni. Vorremmo capire perché sono state varate multe ridicole per i No Vax, che pur mettendo a repentaglio la salute pubblica se la caveranno con 100 euro, meno di quanto pagherebbero per una qualunque contravvenzione stradale: come ha detto giustamente Martina Benedetti, l’infermiera simbolo della prima ondata di coronavirus: vale così poco, la nostra vita? Vorremmo capire perché, dopo due anni in trincea a combattere l’agente patogeno, siamo ancora costretti a stare in fila ore e ore per un tampone, senza neanche sapere più se l’antigienico serva a qualcosa o se invece valga solo il molecolare.

Vorremmo capire perché i medici e gli infermieri sono di nuovo allo stremo: non abbiamo assunto nessuno, nel frattempo? Non abbiamo creato nuovi posti letto? Non abbiamo comprato nuovi macchinari, maschere d’ossigeno, caschi, Cipap? Vorremmo capire perché, dopo aver passato mesi a ridere dei banchi a rotelle targati Conte-Azzolina, sulla scuola siamo sempre all’anno zero, ma stavolta a parti invertite rispetto alla stagione passata, con il governo che vuole tenere aperte le aule e le Regioni che le vogliono chiudere. Per essere chiari: siamo felici che il ministro Bianchi ora difenda a spada tratta la didattica in presenza, perché due anni di Dad hanno devastato i nostri ragazzi, ma se da Zaia a De Luca tutti i governatori lanciano l’allarme-contagio tra gli studenti vuol dire forse che nei venti mesi trascorsi non è stato fatto nulla per mettere in sicurezza gli istituti scolastici, tra impianti di areazione, distanziamenti, mascherine? Vorremmo capire, infine, perché non siamo in grado di compiere una volta per tutte l’ultimo miglio, adottando subito l’obbligo vaccinale per tutti saltando a piedi pari l’ennesimo gradino degli over 50: lo chiedono ormai persino gli scienziati del Cts, cos’altro aspettiamo?

Potremmo continuare, ma per carità di patria ci fermiamo qui. Per tornare alla pedagogia quirinalizia: è tempo di costruttori, non di distruttori. Il governo va aiutato, non sabotato. Ma quello che ci aspetta in questo 2022 non è molto più agevole di quello che abbiamo alle spalle. Per questo Draghi, persino più di chi l’ha preceduto, ha il dovere della coerenza e della chiarezza. È al momento la risorsa migliore di cui l’Italia può disporre, come abbiamo detto e scritto più volte. Purché abbia la volontà personale e l’agibilità politica per esprimersi. Quanto valga questo “Fattore D”, rispetto alle emergenze del Paese, lo spiega con chiarezza il report di Goldman Sachs di cui ha scritto ieri Stefano Lepri.

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Ristori e nucleare, l’offensiva leghista. Berlusconi: Draghi o via dal governo

domenica, Gennaio 9th, 2022

Francesco Olivo

Le manovre del centrodestra per lasciare Mario Draghi a Palazzo Chigi sono appena cominciate. L’offensiva della Lega, e in parte di Forza Italia, proseguirà a partire da domani, una pioggia di temi messi sul tavolo, con richieste al governo, obiettivi spesso irrealizzabili con una maggioranza così variopinta, che hanno lo scopo di marcare il terreno e di delineare un orizzonte: il premier deve restare dov’è, altrimenti la situazione sarà ingestibile.

Qualcuno crede che sia tattica, in attesa di una convergenza ampia sul premier, ma il malcontento verso le ultime mosse di Draghi sono sempre più diffusi, anche nei gruppi parlamentari, «come può pensare di lasciare il governo con duecentomila contagi al giorno? », dice un dirigente leghista. I temi scelti per alzare la tensione e chiedere il «cambio di passo» sono perfetti per dividere la maggioranza: nucleare, ristori, immigrazione e Green Pass.

Le pressioni per evitare il trasloco di Draghi sul Colle coinvolgono anche Silvio Berlusconi. In una delle tante telefonate ai suoi parlamentari con le quali sta tessendo la rete per l’elezione al Quirinale, il leader di Forza Italia è stato netto: «Senza Draghi a Palazzo Chigi noi andiamo all’opposizione». Posizionamento tattico, alla luce della propria candidatura, forse, ma anche una strategia per i prossimi mesi. Ad Arcore in queste ore si ragiona così: perché entrare in un governo debole che sarebbe bersagliato da Meloni e Salvini? Meglio piuttosto preparare le elezioni, rinsaldando l’alleanza di centrodestra.

Matteo Salvini la manovra l’ha inaugurata alcuni giorni fa, invitando il premier a schierarsi sulla riapertura delle centrali nucleari, («dica da che parte sta, con il passato o con il futuro», lo ha attaccato giovedì scorso, una sfida personale mai così diretta). Per riaprire gli impianti di quarta generazione servono circa 20 anni, niente di urgente quindi, ma il governo la prossima settimana dovrà prendere una posizione sulla proposta della Commissione Ue che ha inserito gas naturale e nucleare nell’elenco delle risorse verdi. Ieri il segretario della Lega è tornato sul tema, dalle montagne lombarde dove sta trascorrendo qualche giorno di vacanza, dando un avviso anche al ministro della Transizione ecologica: «L’Italia non si può permettere i no ideologici. Ringraziamo il ministro Cingolani per le sue posizioni, a partire dal nucleare di ultima generazione, ma ora è necessario essere conseguenti». La Lega sa che su questo punto non c’è accordo possibile, Pd e M5S hanno chiuso con nettezza.

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Il destino (vero) del Paese: salvate il Pnrr

domenica, Gennaio 9th, 2022

di   Ferruccio De Bortoli

In attesa di ascoltare finalmente, domani, la voce di Mario Draghi, poniamoci qualche domanda sull’indispensabile qualità dell’azione di governo. A maggior ragione di fronte al dilagare della quarta ondata del virus e a poche ore dalla contestata riapertura delle scuole. Non c’è dubbio che il buon senso (ce n’è ancora?) consiglierebbe, in uno stato di grave emergenza, di lasciare tra il Quirinale e Palazzo Chigi le cose come stanno. Un’opinione del tutto personale (già scritta sul Corriere all’inizio del semestre bianco). E non c’è dubbio che dal momento in cui è emersa l’autorevole candidatura del premier alla presidenza della Repubblica, l’esecutivo si sia indebolito e la maggioranza di fatto lacerata. E andrà ricomposta (con quale perimetro?) alla luce dell’esito quanto mai incerto dell’elezione presidenziale. Le forze politiche sono inevitabilmente concentrate sulla scadenza elettorale del 2023, dalla quale dipende il loro peso specifico e persino, in qualche caso, la stessa esistenza. Ma il destino del Paese è assai più importante ed è legato a un’altra data.

Entro il 2026 andranno realizzati tutti gli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Un Piano che non è praticamente già fatto, come qualcuno pensa, ma tutto ancora da completare. Non usiamo l’espressione «mettere a terra» i tanti vitali progetti per l’ammodernamento del Paese — da definire entro il 2023 — perché temiamo che qualcosa sia già stato «messo a terra» malamente.

Nel senso di buttato via. Se falliremo, avremo perso l’ultima grande occasione per far ritornare l’Italia su un percorso di crescita stabile, in una dimensione economica e civile più giusta e inclusiva. E saremo esposti alle estreme difficoltà di gestire un enorme debito con tassi crescenti e la progressiva fine degli acquisti della Banca centrale europea. Uno scenario da incubo che — se siamo seri e responsabili soprattutto verso i giovani — non va rimosso. Dunque, in un titolo: salvate il Pnrr! Salvatelo dalla ricerca del consenso per le elezioni del 2023. E per farlo occorre che nel 2022 ci sia un governo il più possibile forte, autorevole, e non un esecutivo di passaggio (una volta si sarebbe detto balneare) in grado solo di portare ordinatamente l’Italia al voto. Una sorta di minimo comune denominatore della politica.

Nei giorni scorsi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, ha diffuso un documento (Relazione sul monitoraggio dei provvedimenti attuativi del governo) che riassume l’attività legislativa dell’esecutivo dal 13 febbraio al 31 dicembre del 2021. E testimonia il grande lavoro svolto, largamente superiore a quello dei governi precedenti. Sono stati 357 i provvedimenti legislativi approvati per far fronte a una «doppia emergenza sanitaria ed economica». Ma il dato più significativo è nella capacità di dare attuazione a ciò che si decide, che spesso resta sulla carta o vaga in una sorta di limbo amministrativo. Il governo Draghi ha una percentuale di adozione di provvedimenti attuativi del 57 per cento contro il 18,9 del Conte 2 e il 18,2 del Conte 1. In più ha abbattuto del 60 per cento (da 679 a 271) l’arretrato di decreti attuativi ereditato nel corso della legislatura.

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Rientro a scuola, i presidi si preparano alla Dad: migliaia di studenti contagiati

domenica, Gennaio 9th, 2022

di Gianna Fregonara

Nelle scuole dubbi sulle regole per le quarantene e la gestione dei contagi. «Sarà un gennaio in trincea». Troppi docenti assenti, toccherà fare la Dad e i sindaci si preparano a chiudere

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Sul registro elettronico delle scuole elementari e medie cominciano a comparire le informazioni per la Dad (che si chiama didattica digitale integrata). Non è detto che si cominci da subito, ma i presidi si stanno organizzando e lo comunicano alle famiglie. «Sarà un gennaio in trincea, la Dad sarà comunque necessaria», racconta Giusy Ubriaco, preside dell’Istituto comprensivo Villaggio Prenestino di Roma mentre legge le indicazioni appena arrivate dal ministero: come lei molti storcono il naso perché ci sono parti che sono difficilmente applicabili, dal distanziamento in mensa alla divisione tra vaccinati e no per le medie e le superiori. Persino il preside dell’Istituto Massimo di Roma, la scuola di Draghi non userà questa parte. La scuola riapre in presenza come ha stabilito il governo e la Dad deve essere riservata ai casi eccezionali. I presidi se lo ricordano bene che se si chiudono tutte le scuole per un paio di settimane, come chiede anche l’ordine dei medici, poi riuscire a riaprire diventa impossibile. Lo hanno visto negli ultimi due anni.

Metà classi in Dad

Tuttavia il rischio è che nelle prossime settimane l’eccezione diventi la normalità. Anche a considerare arrotondate in eccesso le simulazioni di queste ore – l’ultima è di Tuttoscuola e prevede che «delle 369mila classi circa 200mila nella settimana dal 17 gennaio in poi potrebbero essere chiuse, con gli alunni in Dad» – già da domani ci saranno classi in cui sono più i banchi vuoti di quelli occupati dagli studenti. E successo venerdì scorso nelle città dove la scuola è ripresa, in Emilia Romagna e in Lombardia. A Prato mancava il 20 per cento del personale, a Ravenna c’erano classi con meno della metà degli studenti in presenza e gli altri collegati da casa.

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Green pass, tamponi e vaccini. E per gli over 50 obbligo su tutte le dosi: le regole

domenica, Gennaio 9th, 2022

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

L’obbligo vaccinale per i cittadini che hanno dai 50 anni in su riguarda anche il richiamo e la dose booster. È quanto viene specificato nel decreto entrato in vigore ieri e valido fino al 15 giugno 2022. Altri obblighi sono ormai scattati, mentre da domani si allunga la lista dei luoghi dove si potrà accedere soltanto con il green pass rafforzato. Una sorta di lockdown per i no vax, visto che tutti i posti della socialità sono consentiti solo a chi è guarito o vaccinato. E dal 20 gennaio servirà il base per entrare nei negozi. Rimane l’obbligo di mascherina all’aperto, di FfP2 al cinema, al teatro e sui mezzi di trasporto. Ecco tutte le regole.

Il Green Pass

Il green pass base si ottiene con tampone antigenico (valido 48 ore) oppure molecolare (valido 72 ore). Il rafforzato viene rilasciato soltanto a guariti e vaccinati. Dal 6 gennaio per averlo non bisogna chiedere al medico di base il certificato di guarigione, scatta l’automatismo quando si ottiene il tampone negativo. Dal 1° febbraio il green pass rafforzato è valido sei mesi a partire dall’ultima somministrazione vaccinale.PUBBLICITÀ

Obbligo per gli over 50

L’obbligo vaccinale «si applica ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell’Unione europea residenti nel territorio dello Stato, nonché ai cittadini stranieri che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età». Il decreto specifica che sono obbligati: «i soggetti che alla data del 1° febbraio 2022 non abbiano iniziato il ciclo vaccinale primario; i soggetti che a decorrere dal 1° febbraio 2022 non abbiano effettuato la dose di completamento del ciclo vaccinale; i soggetti che a decorrere dal 1° febbraio 2022 non abbiano effettuato la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario». A chi non rispetta l’obbligo «si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro cento». Ai lavoratori over 50 che non rispettano l’obbligo «dal 15 febbraio 2022 è vietato l’accesso ai luoghi di lavoro». Sono considerati «assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro, fino alla presentazione della predetta certificazione, e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Chi viene trovato senza green pass rischia la sanzione «da 600 a 1.500 euro».

Obbligo vaccinale

È scattato l’obbligo vaccinale per il personale universitario e si aggiunge a quello già imposto al personale scolastico, al personale sanitario, alle forze dell’ordine, ai lavoratori esterni delle Rsa.

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Draghi l'”ingrato” a cui il Cav non vuole cedere il passo per il Colle

sabato, Gennaio 8th, 2022

Certo, se Draghi gli avesse fatto in questi mesi una telefonata, anche solo di pura cordialità, magari per ringraziarlo del leale sostegno parlamentare o, per dirne un’altra, in occasione dell’ottantacinquesimo compleanno per gli auguri, avrebbe avuto l’effetto quantomeno di togliere un alibi a Silvio Berlusconi. Agevolando una discussione politica più serena sul Quirinale. Invece, nella testarda, e al momento irreversibile, convinzione con cui il Cavaliere sta inchiodando il centrodestra alla sua candidatura, c’è un non banale elemento anche molto, molto personale.

L’uomo, si sa, è fatto così, piuttosto incline a considerarsi il creatore di successi anche dei più talentuosi, tendendo a enfatizzare la propria benedizione sugli altrui meriti. E allora, ci risiamo, con l’elenco che dalle parti di Arcore si sono sentiti ripetere con sempre maggiore frequenza, in una specie di training autogeno che si conclude con parola “ingratitudine” associata alla parola Draghi. Ci risiamo con quella volta in cui lo sostenne come governatore di Bankitalia contro Giulio Tremonti, mica uno qualunque, che voleva Vittorio Grilli. E quell’altra in cui costruì un’operazione europea contro Timmermans per nominarlo a capo della Bce, effettivamente successo non banale rispetto al quale poi si è sentito pressoché abbandonato nel momento del bisogno.

Poi il governo di emergenza che pure Berlusconi aveva invocato per primo coniando la formula del “governo dei migliori” mentre quei baldi giovani dei suoi alleati dicevano “al voto al voto” con o senza mascherine. Di quel governo, udite udite, ancora non è chiaro come siano stati scelti i ministri di Forza Italia, se il premier incaricato li ha condivisi con Letta o col potente Zampetti, o li ha scelti in solitudine. Certo non col lui, che si sarebbe aspettato un “Silvio, che ne pensi, sai quanto ci tengo ai tuoi consigli e alla tua esperienza, indicami gli uomini (e le donne) che ritieni più opportuni”. E il modo, direbbe il poeta “ancor l’offende”.

Da ultimo il Quirinale, con un’autocandidatura che il Cavaliere ha vissuto come una sfida, considerando la propria come la prima ipotesi in campo. In fondo Draghi, dal suo punto di vista, la considera dovuta come Berlusconi la considera dovuta dal suo: ecco, le premesse perfette dell’incidente perfetto. Altro sarebbe stato, come sussurra timoroso qualcuno, se il premier avesse fatto la mossa di chiedere il sostegno, politico e personale, magari promettendo, nei panni del grande pacificatore della Repubblica, la nomina di senatore a vita per sedare quella fame di riabilitazione simbolica che, nella psicologia dell’uomo, è larga parte della sua impuntatura quirinalizia.

E invece: il fastidio al solo sentire la parola Draghi. Un umore radicato, non mitigato dal passare dei giorni, anzi tutto racconta di un incaponimento. Non è un caso nemmeno che, a proposito di spirito competitivo, proprio Berlusconi, sia stato l’unico a non aver fatto un comunicato nemmeno di circostanza per ringraziare e salutare Mattarella l’ultimo dell’anno, preferendo diramare via facebook un proprio breve messaggio alla nazione, come se fosse già presidente della Repubblica, altro che bis. E anche a corte si sono adeguati, perché se qualcuno prova a dirgli che qualche rischio nel segreto dell’urna c’è, si sente ripetere che “tranquilli, i voti ci sono”: tra quadri con Madonne inviati a mezzo Parlamento, lettere private, telefonate ai singoli parlamentari anche del gruppo misto ogni giorno la lista si allunga. Praticamente è fatta, guai a dirgli il contrario. Si sa, Gianni Letta coltiva la speranza, e lavora a tal fine, che alla fine, magari all’ultimo momento utile, il Cavaliere faccia il bel gesto proponendosi come il king maker di Draghi. Ma è rimasto davvero l’unico, al punto che si è chiuso in un granitico silenzio, se financo l’altro amico di una vita come Fedele Confalonieri e l’amata figlia Marina, proprio loro, si sono lasciati contagiare dalla fermezza della volontà del vecchio leone, cui non si oppongono neanche in privato: “Se vuole provarci, perché no?”.

Loro dicono “perché no?” e gli altri in fondo dicono “come fai dirgli di no?”, nell’ambito di una coalizione dove manca ciò che in questi casi è fondamentale a dipanare la matassa. Il rapporto personale tra i leader, presupposto un lavorio diplomatico. Si sa come funziona: incontri riservati, colloqui con Gianni Letta amabilmente detestato e amabilmente contraccambiato da Salvini, dialoghi trasversali per creare le condizioni affinché arrivi a miti consigli. E invece Salvini, che al momento non vuole Draghi, non dice di no a Silvio perché incapace di mettere in campo un piano b, anche se Giorgetti ce l’ha; la Meloni, che con Salvini sì e no si parla, costretta anche lei alla fedeltà.

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Draghi ci ripensa, lunedì 10 gennaio parlerà agli italiani. “Cosa dirà sull’obbligo vaccinale” voci tra governo e Quirinale

sabato, Gennaio 8th, 2022

Mario Draghi è stato travolto dalle critiche per non aver speso una parola per spiegare agli italiani le misure pretese senza precedenti nell’ultimo decreto Covid. L’Italia ha imposto l’obbligo vaccinale generalizzato, seppur limitato ai maggiori di 50 anni, un unicum mondiale, e il premier non ci ha messo la faccia. L’ex governatore della Bce, però, impegnato nella corsa al Quirinale, pare ci abbia ripensato e parlerà in conferenza stampa lunedì 10 gennaio, data in cui tra l’altro riapriranno le scuole dopo le feste di Natale. 

Draghi torna così davanti ai giornalisti dopo il 22 dicembre, quando la variante Omicron non spaventava più di tanto e si parlava soprattutto dell’elezione del presidente della Repubblica, tanto da definirsi “nonno al servizio delle istituzioni”. Da lì in poi, è iniziato il caos. “La maggioranza di unità nazionale non è più la stessa. Il nervosismo nei partiti è andato crescendo” spiega Francesco Verderami sul Corriere confermando i motivi per cui il 5 gennaio Draghi non si era visto. “La scelta di inviare davanti alle telecamere, nottetempo e in esterna, i ministri Bianchi, Brunetta e Speranza, è stata dettata dall’ora tarda e dal decreto ancora in fieri” e “ha rafforzato l’immagine di una maggioranza in conclamata crisi di identità”.

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I “misteri” nascosti dietro al caso David Rossi

sabato, Gennaio 8th, 2022

Francesco Boezi

Il caso David Rossi è tornato d’attualità. Sono stati anche se non soprattutto i lavori della commissione d’inchiesta parlamentare – quella che è presieduta dall’onorevole Pierantonio Zanettin – a far sì che della morte dell’ex capo della Comunicazione di Monte dei Paschi si parlasse ancora.

Nuove audizioni sono state considerate d’interesse. Una su tutte: quella del colonnello dei carabinieri Pasquale Aglieco, che si è dapprima difeso, smentendo alcune ricostruzioni sui festini che si sarebbero svolti a Siena (presuntiavvenimenti che alcuni correlano alla morte del Rossi), ma che ha anche voluto approfondire alcuni aspetti delle attività degli inquirenti.

Si tratta di dettagli sconosciuti sino a quel momento che più di un attore in campo definisce come rilevanti. Dalla presunta telefonata cui un pm avrebbe risposto al cestino che sarebbe stato rovesciato sulla scrivania, passando per il bigliettino che sarebbe stato ricomposto: le modalità tramite cui coloro che hanno indagato hanno svolto il proprio lavoro, in specie nella prima fase, continuano ad essere oggetto di discussione.

Le audizioni e la nuova inchiesta

Le audizioni non si fermeranno. Dopo quella di Aglieco e quella della mental coach, i prossimi 12 e 13 gennaio la commissione d’inchiesta parlamentare avrà modo di ascoltare Alessia Baiocchi, che è un vicequestore aggiunto della Polizia di Stato, la giornalista Susanna Guarino e l’ex presidente di Monte dei Paschi Giuseppe Mussari, che nel frattempo ha detto la sua sulla vicenda, sottolineando di non aver mai detto che David Rossi è stato ucciso. A riportare l’ordine delle audizioni in programma, peraltro, è stata l’Adnkronos.

In relazione a Mussari, le cronache avevano accennato ad un misterioso “mister X” in grado di suffragare un’affermazione dell’avvocato Giancarlo Pittelli. Una versione – quella di Pittelli – che sarebbe riscontrabile attraverso un’intercettazione. Ma l’ex vertice di Mps ha già preso posizione in merito. Per quanto la Giustizia, per mezzo di due inchieste, abbia archiviato la morte del Rossi come un caso di suicidio per due volte, insomma, questa storia non smette d’interessare le cronache. Se non altro perché in molti, famiglia compresa, pensano che non possa essere messa la parola “fine” alla vicenda.“Presenza confermata…”. Cosa non torna del caso David Rossi

Intanto, la procura di Genova ha riaperto un’inchiesta su alcune foto inedite che sono spuntate nel corso di questa fase. Immagini che sono emerse durante una puntata di Non è l’arena, la tramissione condotta da Massimo Giletti che va in onda su La 7. Sono state ventilate, inoltre, anche altre ipotesi inchiestistiche che sarebbero portate avanti sempre dalla procura del capoluogo ligure.

Nell’eventualità, potrebbero essere interessate alcune fattispecie di reato. Comunque sia, i presunti lati misteriosi del caso David Rossi – come descritto in questo articolo – sono molti e molto diversi tra loro. Per questo motivo, conviene fare una scelta e soffermarsi – come abbiamo preferito, attraverso questo approfondimento – su quanto rimarcato dai familiari.

Quello che non torna alla famiglia

La morte di Rossi risale al 2013. La famiglia, nonostante tutto il tempo trascorso, non ha mai mollato. La moglie dell’ex capo comunicazione Mps Antonella Tognazzi e la figlia Carolina Orlandi sono sempre state in prima linea con un solo fine: la ricerca della verità. La Orlandi, che di recente abbiamo anche avuto modo d’intervistare, ha elencato a Il Giornale.it quattro punti focali che fanno parte delle questioni che, per i familiari del Rossi, restano irrisolte.David Rossi, Orlandi sull’attività degli inquirenti: “Danni irreparabili”

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“Il centrodestra ha più voti ma non basta. Se fa politica potrà eleggere uno dei suoi”

sabato, Gennaio 8th, 2022

Il presidente di Iv: “Di nomi parleremo in Aula. Non credo all’Aventino del Pd su Berlusconi. I 5s? Il liquidatore Conte li porterà all’estinzione”

Anna Maria Greco

"Il centrodestra ha più voti ma non basta. Se fa politica potrà eleggere uno dei suoi"

Onorevole Ettore Rosato, la prima domanda è come vicepresidente della Camera: per queste elezioni al Quirinale ai tempi del Covid, con una quarantina di parlamentari colpiti che potrebbero aumentare, si teme per il quorum e la rappresentatività: come saranno conciliate sicurezza e regolarità?

«Troveremo modalità operative adatte. Ma il voto da remoto ipotizzato non è un’ipotesi percorribile. Il Paese è in emergenza ma sta andando avanti e così farà il parlamento».

E ora, da presidente di Iv, le chiedo: per la prima volta il centrodestra e non il centrosinistra ha i numeri per condurre la partita del Quirinale, voi da che parte state?

«Il centrodestra ha più voti del centrosinistra, ma non sufficienti. Se farà politica con nomi e idee convincenti, il parlamento potrà eleggere anche un presidente della Repubblica che sia espresso da questo schieramento».

Voi volete essere l’ago della bilancia. Si ipotizza un accordo con Pd e M5S, magari con Franceschini a Palazzo Chigi, una maggioranza Ursula o un appoggio al centrodestra.

«Leggiamo con piacere ricostruzioni giornalistiche sul ruolo determinante di Iv, fino a ieri il partito del 2%, del tutto ininfluente. Dimostreremo nelle suppletive a Roma di non avere il 2% e nell’elezione al Quirinale di essere determinanti».

Se sarà formalizzata la candidatura di Silvio Berlusconi voi non avete pregiudizi?

«Di nomi parleremo in parlamento, unico luogo legittimato per avanzare ognuno le sue candidature. Le elezioni del presidente della Repubblica non sono un esercizio in cui ognuno tira fuori le figurine più belle, ma la ricerca del nome giusto in cui si riconosca il parlamento e il Paese».

Il Pd non si siede neppure al tavolo se Berlusconi è in corsa, mentre i senatori 5S smentiscono Conte e chiedono il bis di Mattarella, dimenticando di averne chiesto in passato l’impeachement.

«Sui 5S ho poco da commentare: assistiamo alla fine di un’ esperienza e al meticoloso lavoro del liquidatore Conte che la porterà all’estinzione. Per il resto, sono convinto sia giusto sedersi al tavolo e ascoltare tutte le proposte. Non credo all’Aventino del Pd: si siederà a tutti i tavoli di discussione, perché non ci si può sottrarre».

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