Archive for Gennaio, 2022

Partiti nella palude del Colle. Guerra di trincea per l’elezione del presidente

venerdì, Gennaio 7th, 2022

Pietro De Leo

Tutto balcanizzato, frammentato, liquido. Il quadro politico che si avvicina al voto per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica presenta un affanno figlio di una legislatura stressata già da un esito elettorale non netto nel 2018, e squassata dal Covid. Tre governi in tre anni, con tre maggioranze diverse. Partiti che hanno osservato cambi in corsa impensabili, sorgenze di dissidi interni. Partendo da questo, e applicando uno schema di divisione per poli, è facile scattare la fotografia. Il Movimento 5 Stelle è forse il partito che paga più di tutti le deviazioni degli ultimi anni, trovandosi dissanguato dalle defezioni, con una leadership in «conto terzi», quella di Giuseppe Conte, che non riesce a catalizzare il pieno riconoscimento e l’appoggio dei gruppi parlamentari (la sortita di quello del Senato sul Mattarella bis al Quirinale quando il prof ex premier aveva avanzato la preferenza per una donna ne è la dimostrazione più plastica).

Non va meglio al Pd, dove il solco tra il segretario Enrico Letta e la corrente di «Base riformista», che raccoglie quanti condivisero l’esperienza renziana, è assai evidente in queste settimane. E la sinistra ancora più a sinistra? Anche qui, sono dolori. L’uscita di Massimo D’Alema di dura critica alla fase renziana di guida del Pd, paragonata a una «malattia», ha suscitato lo sdegno dell’attuale leader dem, rallentato la rotta di riavvicinamento dei fuoriusciti di Articolo 1 al Nazareno e, soprattutto, posto una mina sul progetto di «campo largo» su cui Letta lavora per riunire le forze alternative al centrodestra. Quest’ultimo, neanche, è immune dalle spinte disgregatorie che aleggiano nella politica. C’è concordia, almeno alla vigilia, sul nome di Silvio Berlusconi per il Quirinale.

Ma la sensazione è quello di una pace armata come, purtroppo, si verifica oramai dal 2018. I nodi del confronto tra forze politiche non sono stati sciolti dopo la rovinosa tornata della Amministrative, in cui il blocco dei moderati e degli identitari non è riuscito a conquistare Roma, ha malamente perduto a Milano già al primo turno, idem a Napoli, e ha mancato l’appuntamento a Torino. Nel mezzo c’è il centro. Magma di alto potenziale, ma dalla progettualità non ben definita e con troppi leader che mirano a riconquistare un elettorato scappato nell’astensionismo ma ovviamente sono in attesa della definizione del quadro politico con un eventuale cambio di legge elettorale (rimarrà uno schema maggioritario, funzionale al bipolarismo, o si andrà verso un proporzionale puro?).

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Dov’è finito il modello Italia?

venerdì, Gennaio 7th, 2022

di Aldo Cazzullo

Il sistema politico si è forse concentrato fin troppo sulle schermaglie per il Quirinale, e non abbastanza sulla lotta alla pandemia. I partiti non sono mai stati così divisi al loro interno. Non si salva nessuno

S embra ieri che i tedeschi parlavano di «modello Italia»; e in effetti era appena un mese fa. Nel frattempo siamo riusciti a dilapidare il vantaggio che avevamo accumulato nel contenimento del Covid e nel rilancio dell’economia; che sarebbero poi i motivi per cui tutti i partiti tranne uno si sono messi insieme al governo, salvo poi ricominciare, soprattutto nelle ultime settimane, a litigare.

Eravamo stati messi sull’avviso dall’escalation del Regno Unito, che da tempo conta i casi a decine e poi centinaia di migliaia al giorno: Omicron stava arrivando, e andava contenuta con provvedimenti tempestivi. Purtroppo il governo non li ha presi. Tra Natale e Capodanno il consiglio dei ministri ha esaminato una misura necessaria, sia pure insufficiente: l’obbligo vaccinale per i lavoratori dei trasporti e della ristorazione. In piena pandemia, in effetti, non ci si può permettere il lusso di ferrovieri, tranvieri, tassisti, cuochi, camerieri No Vax. Eppure la misura è stata rinviata. Ora la forza dei numeri ha reso necessario un provvedimento drastico: l’obbligo vaccinale per gli over 50. Ma più è drastico un provvedimento, più andrebbe presentato e spiegato all’opinione pubblica. È sorprendente che Draghi non l’abbia fatto, e non abbia neppure affidato il compito a Speranza. Anche questo è un segno della difficoltà del governo.

Quando un esecutivo si muove in ritardo, la prima responsabilità è inevitabilmente di chi lo guida. Ma tutta la maggioranza ha le sue colpe. Il sistema politico si è forse concentrato fin troppo sulle schermaglie per il Quirinale, e non abbastanza sulla lotta alla pandemia. I partiti non sono mai stati così divisi al loro interno. Non si salva nessuno. Ma sul rigore nel contrasto al Covid hanno frenato (è stato così anche nel consiglio dei ministri di mercoledì sera) soprattutto 5 Stelle e Lega; e se dei 5 Stelle non ci si dovrebbe stupire, della Lega un po’ sì. I grillini sono arrivati al potere sulla spinta della protesta, compresa quella No-Vax; poi hanno dovuto confrontarsi con la realtà, però la cultura da cui vengono è quella, e infatti partorirà presto la scissione dei duri e puri. La Lega invece amministra da decenni Regioni e città del Nord, dalle quali non a caso viene una spinta a vaccinare tutti e in fretta. Le esitazioni di Salvini — e stavolta pure di Giorgetti — sono incomprensibili per buona parte del suo stesso elettorato. Tra le tante partite che si decidono ora, c’è pure la scelta della Lega tra movimento antisistema alleato di Orbán e Le Pen o forza conservatrice di stampo europeo, come quella che ha governato per sedici anni la Germania e che quest’anno tornerà al governo in Francia, dove i repubblicani se anche dovessero mancare l’Eliseo riconquisteranno l’Assemblea nazionale. E siccome non c’è sondaggio che non assegni alla destra italiana la maggioranza nel prossimo Parlamento, la scelta di campo della Lega non è solo una questione interna a un partito. E non riguarda soltanto gli assetti futuri: è indispensabile capire ora se questa maggioranza può stare insieme, e se questo governo può continuare. Sarebbe ovviamente meglio che fosse così; ma non al prezzo del rinvio, della perdita di tempo, della mediazione continua.

Metà dei ricoverati in ospedale, due terzi dei pazienti in terapia intensiva, il 90 per cento dei morti non erano vaccinati. Basterebbero questi dati per chiudere il dibattito sul decreto legge che impone la vaccinazione a chi ha più di cinquant’anni. Invece restano alcune cose da dire, una in particolare.

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Quirinale, Di Maio, Franceschini o Giorgetti: tre nomi per Palazzo Chigi con Draghi capo dello Stato

venerdì, Gennaio 7th, 2022

di Roberto Gressi

L’unica cosa chiara, a poco più di due settimane dall’inizio della partita per il Quirinale, è che l’ipotesi Mario Draghi è solidamente in campo. L’ultimo Consiglio dei ministri, con livelli di scontro inediti nel governo di unità nazionale, secondo il Pd sgombera il campo dalla litania strumentale sull’ineluttabilità che il premier resti lì, a Palazzo Chigi. Italia viva obietta che, se ci sono contrasti con Draghi al timone, figuriamoci che cosa accadrebbe con un altro al suo posto, di caratura inferiore. Ma anche sulla tolda della nave pirata di Renzi si comincia a ragionare su come e a quali condizioni far nascere un nuovo governo, e con quale presente del Consiglio.

Di qui in poi le letture divergono, le schermaglie continuano, i contatti si infittiscono, con l’avvertenza che l’intesa finale, se accordo ci sarà, non può che arrivare in zona Cesarini, a ridosso della prima chiama. Il centrodestra corre con l’handicap, costretto com’è al momento a puntare su un unico cavallo, per quanto di razza: Silvio Berlusconi. Segnali neanche tanto velati per uscire dalla strategia dell’imbuto, che si stringe fino a condurre all’irrilevanza, arrivano sia da Matteo Salvini che da Giorgia Meloni. Ma il Cavaliere resta irremovibile, vuoi perché convinto di poterla spuntare a partire dalla quarta votazione, quando basteranno 505 grandi elettori (tantissimi), vuoi perché si riserva di essere lui il king maker, girando i suoi consensi su Mario Draghi, o su Giuliano Amato, o su Pier Ferdinando Casini. Anche perché la spallata, con Berlusconi capo dello Stato, porterebbe probabilmente alle elezioni anticipate.

L’intervista di Matteo Renzi al Corriere apre comunque le porte alla nascita di un nuovo governo, con il segno della politica, qualora il premier traslocasse al Quirinale. Quelli di Italia viva sono convinti che il leader della Lega in quel caso non resterebbe un minuto di più nella maggioranza, e allora bisognerebbe trovarne un’altra, a loro dire impossibile se a guidare l’esecutivo fossero Daniele Franco o Marta Cartabia. Si sarebbe comunque in un anno pre elettorale, con interessi divergenti e tensioni inevitabili. La prima scelta per loro è stata a lungo e in parte resta quella dell’inamovibilità di Draghi, ma nel caso ai renziani non dispiacerebbe avere a Palazzo Chigi Dario Franceschini: unico del Pd lettiano, sostengono, che non ha come primo obiettivo quello di vederli morti.

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Coronavirus, le ultime notizie dall’Italia e dal mondo sul Covid, il green pass e i vaccini

venerdì, Gennaio 7th, 2022

di Valentina Santarpia

Gli aggiornamenti sul coronavirus di venerdì 7 gennaio

Per la prima volta dall’inizio dell’emergenza Covid sono stati registrati in Italia oltre 200 mila contagi in 24 ore (qui il bollettino). Il tasso di positività sale al 19,28%. Allarme dell’Ordine dei medici di Napoli: si rischia il «codice nero» negli ospedali. L’obbligo vaccinale per gli over 50 scatta da quando il decreto è pubblicato, non dal 15 febbraio. La multa per chi non ha il vaccino è 100 euro una tantum; per chi entra in negozi senza pass 400-1.000 euro. I presidi parlano di rientro a scuola «ingestibile» e chiedono 15 giorni di dad. Oggi potrebbero passare in giallo anche Abruzzo, Emilia Romagna, Val d’Aosta e Toscana; la Liguria in arancione. La campagna di vaccinazione, intanto, prosegue: il 90% della popolazione over 12 è nella situazione di aver ricevuto almeno una dose o di essere guarito da al massimo 6 mesi, l’86% della popolazione over 12 ha completato il ciclo vaccinale (dati aggiornati alle 19.24 di ieri).
Ore 10.03- Record di casi tra i sanitari
«I dati dell’Istituto Superiore Sanità sono inconfutabili, adesso fanno davvero paura: siamo passati da 13.720 operatori sanitari contagiati ogni 30 giorni il 4 gennaio scorso, allo spropositato numero di 20.179 dopo soli 3 giorni, oggi 7 gennaio 2022. Praticamente 6459 operatori sanitari in più sono stati infettati in sole 72 ore, e quindi ben 5296 infermieri. Che cosa sta accadendo?». Così esordisce un preoccupato e indignato Antonio De Palma, presidente nazionale del Nursing Up.

Ore 9.25 – Rt a 1,43 (da 1,18) e indice raddoppia a 1669
Salgono ancora l’indice di trasmissibilità Rt e l’incidenza dei casi Covid in Italia: l’incidenza riferita a ieri 6 gennaio è infatti pari a 1669 casi su 100mila abitanti e raddoppia rispetto al valore di 783 della scorsa settimana. L’Rt sale invece a 1,43 dal valore di 1,18 della settimana precedente. In crescita anche il tasso di occupazione di posti letto in area medica, 21,6%, e in terapia intensiva, 15,4%. Emerge, secondo quanto si apprende, dal monitoraggio settimanale Iss-Ministero della Salute all’esame delle cabina di regia. Secondo il report, è «in forte aumento il numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione (309.903 vs 124.707 della settimana precedente)» ed è in aumento anche «la percentuale dei casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (50% contro il 48%) e aumenta anche la percentuale di casi diagnosticati attraverso attività di screening (34% contro il 31%)». La Provincia autonoma di Trento, seguita dalle Marche e dal Piemonte registrano questa settimana i valori più alti rispetto all’occupazione di posti letto per malati Covid nelle terapie intensive: la PA Trento è al 27,8% (rispetto alla soglia del 10%), le Marche al 23,9% e il Piemonte al 21,7%. La maggiore occupazione dei reparti di area medica si registra invece in Val d’Aosta (al 42,4% rispetto alla soglia 15%), Liguria (34,2%) e Calabria (33,7%).

Ore 9.06 – Rasi (ex Ema): numeri sottostimati
«Questi numeri, 200 mila di ieri, sono destinati a salire ancora e sono ampiamente sottostimati per il problema della bassa resa dei test antigenici che erano stati fatti per altri tipi di varianti e che con la Omicron mostrano tutta la loro debolezza». Lo ha detto il professore Guido Rasi, ex direttore Ema e consulente del commissario per l’emergenza Covid, generale Francesco Paolo Figliuolo, ad «Agorà» su Rai 3. Rasi ha anche aperto alla proposta dei presidi: «Per me due settimane di Dad sarebbero molto importanti, perché se oggi siamo a 200mila casi, per lo più sottostimati, immaginiamo tra una settimana cosa vedremo».

Ore 8.40 – Filippine, Duterte ordina l’arresto per i non vaccinati che escono di casa
Il presidente filippino Rodrigo Duterte nel corso di un vertice con i membri della task force anti Covid ha emanato un ordine che prevede l’arresto per le persone non vaccinate che escono dalle proprie abitazioni. Secondo quanto riferito dal portavoce del presidente Karlo Nograles, la direttiva ha validità su tutto il territorio nazionale ed è stata decisa per «proteggere i cittadini, perché l’essere non vaccinati mette tutti in pericolo». In precedenza, le autorità dell’area metropolitana di Manila, che comprende 16 città e oltre 13 milioni di abitanti, avevano già imposto una serie di restrizioni ai viaggi a alle attività delle persone non vaccinate, alle quali è concesso di uscire dalle proprie abitazioni solo per ragioni essenziali.

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Ecco perché voglio una donna al Colle

venerdì, Gennaio 7th, 2022

Serena Dandini

Perché hai firmato l’appello di Dacia Maraini che auspica una donna al colle?». La vera domanda sarebbe «Perché no?». Purtroppo tutto si consumerà con il solito bru- bru gossipparo- istituzionale e ancora una volta bisognerà aspettare, se va bene, un altro giro di giostra.

L’appello è una provocazione per sottolineare una macroscopica arretratezza del nostro Paese che tutti i politici a parole riconoscono abbassando gli occhi con voce di circostanza: «Ah fosse per me…figuriamoci» e nella confusione generale si limitano a lanciare in pasto alla stampa dei nomi di donna più o meno papabili per dimostrare la loro fede femminista, ma nelle segrete stanze del potere la macchina si muove già in un’altra direzione. E tutti lo sanno. Un’altra vera domanda sarebbe: «Ma può essere che non esista in tutto il Paese una donna adatta a questo ruolo? E se sì, perché non candidarla?».

Ma sono tutte ovvietà che si rispondono da sole eppure siamo ancora qui a difenderci dall’accusa di volere una dittatura delle quote rosa, costi quel che costi: «Allora basta che sia una donna vi va bene tutto?». Con quel che si è visto finora e con certi nomi che circolano verrebbe da rispondere: «Si certamente». Ma per fortuna la scelta di figure femminili eccellenti e candidabili seppur sommerse e rese spesso invisibili dalle istituzioni è così ampia che il problema non si pone. Sempre che il criterio di scelta sia -come si sbandiera ai quattro venti -ancora il merito. Ma lo è?

LA STAMPA

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Covid, lunedì si torna in classe, ma la scuola è davvero sicura? Quello che è stato fatto è quello che non è stato fatto

venerdì, Gennaio 7th, 2022

GIACOMO GALEAZZI

ROMA. La scuola come anello debole della strategia anti-Covid. Cinque provvedimenti in un mese e mezzo non sono bastati, secondo presidi, sindacati e famiglie, a mettere realmente in sicurezza il ritorno in classe dopo le vacanze natalizie. Non è stata realizzata l’areazione meccanica nelle aule, non sono state ridotte le classi pollaio e gli infermieri che erano stati dati alle scuole sono stati ripresi dalle Asl. I tamponi mai arrivati e le “mascherine-lenzuolo” inadeguate. Alla centralità dell’istruzione nella vita di studenti e genitori non corrisponde un effettivo adeguamento di strutture e procedure a causa di una serie di interventi mai attuati. Ciò che è stato fatto non sembra compensare ciò che ancora manca, tra alcune, ritardi e misure inapplicate. Le segnalazioni dei vari protagonisti del mondo della scuola convergono nell’indicare una pericolosa distanza tra regole “sulla carta” e precauzioni anti-contagio concretamente rispettate. Da lunedì nella scuola dell’infanzia i docenti devono indossare le mascherine Ffp2, così come nelle classi delle primarie e secondarie dove ci sono alunni che non hanno la mascherina perché esentati per specifici motivi. Le nuove regole per la gestione delle quarantene stabiliscono, poi, che alla materna, in presenza di un positivo in classe, scatta la sospensione delle attività per 10 giorni. Mentre alle elementari con un solo caso si applica la sorveglianza, che prevede un tampone al primo e al quinto giorno dalla scoperta del caso, e con due si va in dad (didattica a distanza) per 10 giorni. Alle medie e superiori la norma prevede invece tre diversi step: con un caso di positività si continua ad andare a scuola in presenza e si applica l’autosorveglianza e l’obbligo di mascherine Ffp2; con due casi chi è vaccinato con il booster o guarito da meno di 4 mesi resta in classe, i non vaccinati e i vaccinati e guariti da più di 120 giorni vanno invece in dad; con 3 positivi, tutta la classe resta a casa e segue le lezioni da remoto per un tempo massimo di 10 giorni. Fino alla fine di febbraio nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, gli studenti che dovranno fare autosorveglianza potranno essere sottoposti a test gratuitamente.

(ansa)

Lacune e ritardi
Non è stata realizzata l’areazione meccanica delle classi, non sono state ridotte le classi pollaio e in molte regioni gli infermieri che erano stati dati alle scuole sono stati ripresi dalle aziende sanitarie locali. Gravi difficoltà anche per i tamponi T0 e T5. Alcune classi hanno atteso anche tre settimane il tampone T0 che non è mai stato fatto. Da qui la protesta dei presidi. «Si parla di rientro in sicurezza a scuola, ma il problema serio non sono tanto i protocolli quanto il modo in cui vengono applicati- racconta Antonio Cavallaro, rappresentante dei genitori in una scuola elementare calabrese e padre di padre di Giuseppe-. Lo dimostrano le “mascherine-lenzuolo” che vengono fornite e che non sono adeguate al viso dei bambini. Non ho la possibilità (perché mi viene proibito) di dare mascherine alternative a mio figlio e devo usare queste cineserie enormi che non servono a nulla. Così è stata salvata la forma: la scuola si assicura che ogni bambino usi una mascherina pulita, anzi due, visto che vengono cambiate a ora di pranzo. Ma non la sostanza perché le mascherine che indossano non sono adeguate». Aggiunge Antonio Cavallaro: «In più c’è questo mantra della sicurezza che non si capisce su cosa si basi. In questi due anni non è stato fatto nulla per mettere in sicurezza le classi (ad eccezione degli inutili banchi a rotelle)».

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Sfondata quota 200 mila contagi in un giorno. Il piano Figliuolo: 36 milioni di vaccini in 2 mesi

venerdì, Gennaio 7th, 2022

Grazia Longo

ROMA. A fronte di 21 milioni di italiani che hanno già fatto la terza dose dell’immunizzazione anti Covid, con l’entrata in vigore dell’obbligatorietà del vaccino per tutti gli over 50, sono poco più di 2 milioni e 200 mila (esclusi i guariti) i nostri connazionali che dovranno mettersi in regola. A questi si aggiungono i 36 milioni che restano in attesa della dose booster. Per non dimenticare, poi, i bambini tra i 5 e gli 11 anni, che sono poco oltre i 3 milioni e 200 mila. Due domande, quindi, si impongono: reggerà la macchina organizzativa coordinata dal generale Francesco Figliuolo? E ancora: abbiamo vaccini a sufficienza? Figliuolo è ottimista e garantisce che tutto funzionerà senza intoppi, perché stiamo procedendo alla media di 500 mila vaccini al giorno e potremmo ancora incrementare e perché per il mese di gennaio ci sono 26 milioni dosi di somministrazione disponibili.

Coronavirus, ospedale Cotugno di Napoli: andirivieni di ambulanze nella notte

Considerazioni ampiamente condivise anche dal sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, che precisa: «Lo scorso autunno abbiamo raggiunto un picco di 700 mila vaccini al giorno ed eravamo anche in grado di fare di più. Ma non c’era la domanda e quindi ci siamo attestati su quella cifra. Il problema è che la gente non si prenota perché non vuole vaccinarsi. I vaccini bastano per tutti e gli hub distribuiti su tutto il territorio nazionale sono più che sufficienti». Per rafforzare le sue riflessioni aggiunge: «Se ci attestiamo su 600 mila vaccini al giorno, in un mese raggiungiamo quota 18 milioni, in due mesi 36 milioni. Giusto il numero di italiani che devono fare la terza dose. Chi mette in dubbio la nostra macchina organizzativa non ha chiara la matematica. Ribadisco: il problema è che c’è ancora chi fa resistenza al vaccino».

I lavoratori dai 50 anni in su per ottenere il Green Pass rafforzato dovranno fare la prima dose almeno entro il 31 gennaio. Anche dalle Regioni arrivano rassicurazioni in merito alla tenuta della campagna vaccinale. In Piemonte l’intera rete dei centri vaccinali è stata potenziata, ampliando gli orari o attivando altre strutture, ed è stato incrementato anche l’accordo di collaborazione per la vaccinazione in farmacia e il supporto dei medici di famiglia. Tutto questo con l’obiettivo di arrivare a breve a una media di 50.000 somministrazioni al giorno rispetto a quella attuale di circa 35 mila prevista dal target Figliuolo fino a metà gennaio. La Toscana ha rafforzato la collaborazione con le aziende private per l’istituzione di centri vaccinali: lunedì prossimo apriranno altri tre hub aziendali per la somministrazione della dose booster. E la Liguria, che oggi procede al passo di 15 mila vaccinazioni al giorno, può salire a 20 mila senza dover aumentare gli hub.

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Il Covid dei piccoli, la trincea dei bambini

giovedì, Gennaio 6th, 2022

Grazia Longo

C’è chi pur essendo un malato oncologico ha genitori convinti No Vax che gli hanno trasmesso il Covid. Chi si è infettato nel ventre della mamma che non si era vaccinata in gravidanza per paura. E chi, non vaccinato, si è contagiato a scuola o a una festicciola con i compagni.

Il reparto Covid dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, ospedale infantile d’eccellenza con 30 mila ricoveri all’anno, altrettanti interventi chirurgici e una media di 350 trapianti, sta per esplodere. Negli ultimi dieci giorni è passato da 15 a 51 piccoli pazienti e solo la sua perfetta organizzazione garantirà di reggere il picco atteso per la fine del mese. Suddiviso in due sedi, quella al Gianicolo (27 posti) e l’altra a Palidoro (24) sul mare, il centro Covid potrà essere ampliato al massimo di altri 25 posti letto. «Anche se per fortuna – spiega la pediatra infettivologa Annalisa Grandin, referente per i malati Covid ricoverati al Gianicolo – potremmo ricavarne altri ancora facendo indietreggiare la terapia subinteinsiva grazie a strutture modulari. La nostra parola d’ordine qui più che altrove è elasticità, perché i numeri possono variare all’improvviso e dobbiamo essere in grado di accogliere tutti i bambini che ne hanno bisogno».

Il Covid dilaga tra i bambini, in sette giorni raddoppiati i casi. Il pediatra: “Troppo pochi i piccoli vaccinati”

Il paziente più piccolo ha appena 13 giorni e per lui ieri mattina si sono dovute aprire le porte della terapia intensiva. Il più grande 19, ma dalla nascita è in cura al Bambino Gesù per una grave malattia. Contro il Coronavirus combattono poi altri 3 neonati, 6 lattanti sotto i 6 mesi, 3 adolescenti, mentre gli altri hanno l’età per frequentare la scuola materna o elementare.

Nella sede del Gianicolo, poco distante dalla terrazza che si affaccia su Roma con una vista mozzafiato, il reparto Covid è distribuito sui due piani del reparto Pediatria Infettiva. I corridoi sono arricchiti con fotografie di cuccioli di animali e personaggi dei cartoni animati, mentre le stanze, singole o doppie a seconda della gravità del contagio, sono personalizzate con i disegni dei bambini, i loro libri e giocattoli.

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Conte e i grillini alla sfida finale, implosione 5 Stelle

giovedì, Gennaio 6th, 2022

Annalisa Cuzzocrea

C’è un regista che non sa da dove cominciare a girare. E ci sono gli attori, che recitano a soggetto. Il Movimento ha dato prova – negli ultimi giorni – di un impazzimento se possibile maggiore di quello che ha caratterizzato gli ultimi passaggi della sua storia. E non perché sia successo qualcosa di particolare, ma solo perché l’elezione del presidente della Repubblica – le operazioni politiche che sempre la precedono – illuminano come fossero riflettori accesi sulla scena tutte le crepe dei 5 stelle in Parlamento.

«Non mi sento sconfessato dalla riunione dei senatori in cui è stato chiesto che al Colle resti Mattarella», ha detto ieri Giuseppe Conte intercettato – in centro, a Roma – dalle telecamere del Fattoquotidiano.it. Ha annunciato un’assemblea congiunta dei gruppi per la prossima settimana, ma se andrà come quella di martedì sera, è difficile serva a molto. Due giorni fa la stragrande maggioranza dei parlamentari si è espressa contro l’obbligo vaccinale per il Covid-19. Conte, prima del Consiglio dei ministri decisivo, privato anche di uno dei suoi fedelissimi – il capodelegazione Stefano Patuanelli che alla riunione di governo non è andato – ha chiamato Mario Draghi per dirgli: «Possiamo arrivare a votare l’obbligo per gli ultrasessantenni, ma servono i ristori, serve un nuovo scostamento di bilancio, bisogna comunicare bene la ragione delle nuove misure».E insomma ha dovuto fare il contrario di quello che chiedevano i suoi parlamentari, perché – lo ha detto lui stesso – «dobbiamo lasciare un po’ di margine ai ministri, la situazione è delicata». Ma non è mai la cautela, a infiammare un gruppo di eletti. Né lo è l’eterno temporeggiare: «Non ha deciso ancora nulla neanche sui referenti regionali, vuole aspettare il Quirinale, ci schianteremo anche alle prossime amministrative», scrive un deputato nelle chat che più che mai sono sfogatoi contro la linea. Chiunque la rappresenti.

Per quanto Conte si affanni a negare, per quanto il suo vice Michele Gubitosa provi a coprire, vale – per quel che è accaduto al Senato, dove un gruppo di eletti ha scelto come candidato M5S per il Colle Mattarella – quel che ha detto con i suoi toni icastici Paola Taverna: «E che è, l’autogestione?». La capogruppo al Senato Castellone – che ha prevalso in quello che doveva essere il fortino contiano in Parlamento contro il candidato del leader, Ettore Licheri – continua a lamentarsi: «Non vengo coinvolta, nessuno mi dice nulla, queste trattative stanno avvenendo al buio!». La vicepresidente Taverna prova a spiegarle: «Perché se vi diciamo le cose poi saltano». Apriti cielo, i 5 stelle al Senato vogliono che Conte sia “affiancato” nelle trattative. Non credono che alla cabina di regia con i ministri e i capigruppo vengano svelate le vere carte. Alla fine, quella che chiedono, è davvero l’autogestione. Quella dei bei tempi della prima legislatura. In cui – disse un giorno Beppe Grillo mettendo fine all’andazzo – «votano per decidere se votare, votano per andare al bagno!». Che non sia più tempo di assemblearismo, tre governi dovrebbero averlo insegnato.

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Ultima lezione del Presidente “necessario”

giovedì, Gennaio 6th, 2022

MASSIMO GIANNINI

Dobbiamo ringraziare Sergio Mattarella. Il “Presidente necessario” di una Repubblica parlamentare, ma perennemente emergenziale. Afflitta da un “virus” che viene prima e durerà anche dopo il Covid. In un settennato tra i più difficili della nostra Storia, il Capo dello Stato che si è congedato dagli italiani ha ricucito la tela strappata delle istituzioni. Ha supplito alle carenze di un sistema inadatto a risolvere le crisi. Ha preservato la Costituzione, facendone vivere ogni giorno i valori fondativi: l’uguaglianza, la solidarietà, la coesione. Ha dato voce all’Italia migliore: quella che resiste, lotta, aiuta. Il suo messaggio di fine d’anno è un riassunto perfetto di questa pedagogia repubblicana. Un testamento morale e civile per il tempo che viviamo e per quello che verrà. Il dolore della pandemia e la speranza dei vaccini. La difesa dei diritti e la stagione dei doveri. La precarietà diffusa e il futuro dei giovani. Il bisogno di spogliarsi dalle appartenenze e di farsi carico del bene collettivo.

È comprensibile che a un Presidente così molti chiedano un bis, non solo nei foyer della Scala ma anche nei corridoi del Palazzo. Dovrebbero essere i leader della maggioranza a pregarlo in ginocchio di restare, come accadde già a Napolitano. Questa ipotesi avrebbe non piccoli pregi: assicurerebbe la tenuta del quadro esistente, Mattarella al Colle e Draghi al governo, e consoliderebbe l’immagine del Paese grazie alla statura etica e alla caratura politica del suo primo cittadino.

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