Archive for Febbraio 16th, 2022

Tiziano Renzi, la lettera contro la Boschi? Alessandro Sallusti: “Conservata 4 anni. Il sistema-giustizia è marcio”

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

Alessandro Sallusti

Oggi la Corte Costituzionale si riunisce per decidere l’ammissibilità dei quesiti referendari su giustizia, eutanasia e legalizzazioni delle droghe leggere. Tre temi sui quali la politica e quindi il Parlamento negli anni non hanno saputo o voluto esprimersi creando così un vuoto legislativo che ha permesso scorribande di ogni genere e un caos indescrivibile. Risultato: l’eutanasia è vietata ma di fatto praticata per sentenza o libero arbitrio dei medici, lo spinello è vietato ma anche no, il sistema giustizia continua a comportarsi come un corpo non indipendente quale deve essere bensì estraneo a qualsiasi regola e controllo. In queste ore, risulta, le pressioni dei magistrati sui colleghi della Corte Costituzionale per impedire che la rivoluzione bloccata in parlamento avvenga dal basso è forte. E questo nonostante ogni giorno accadano fatti che renderebbero urgente un giro di vite.
È di ieri, per esempio, la notizia dell’esistenza di una email scritta da Tiziano Renzi al figlio Matteo nel 2017, estratta dal suo computer e allegata all’inchiesta sulla gestione delle società di famiglia portata avanti dalla procura di Firenze con cui l’ex premier ha ingaggiato un duro braccio di ferro. Nella email babbo Renzi esprime giudizi molto duri nei confronti del cerchio magico del figlio, dalla Boschi a Lotti e a Carrai. Nulla quindi che abbia a che fare con l’inchiesta, tantomeno nulla di penalmente rilevante, roba insomma che non avrebbe dovuto essere per nessun motivo acquisita e allegata ad atti giudiziari. E invece i solerti magistrati di Firenze, nel 2018, l’hanno fatta loro, ben conservata per quattro anni e ora data in pasto all’opinione pubblica, guarda caso nel momento in cui Renzi ha scatenato una campagna contro di loro. Ecco, questo è il classico esempio di uso personale e politico della giustizia, in altri termini parliamo di un pizzino spedito per fare più male possibile, fuori dalle aule giudiziarie, a un imputato e alla sua famiglia, che peraltro fino a prova contraria e fino a giudizio finale sono cittadini innocenti.

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Il mutuo al 100%? Tutte le offerte per richiederlo

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

Ignazio Riccio

L’ambizione di ogni persona che chiede un prestito alle banche per comprare casa è quella di vedersi assegnato un mutuo 100%. Con questo incentivo, infatti, ci sono una serie di benefici impagabili. Uno su tutti è il vantaggio di non dover dare anticipi. Proprio perché si tratta di una misura privilegiata non è facile ottenere un mutuo 100%, anche perché gli istituti di credito pretendono garanzie molto consistenti. C’è una categoria di persone, però, gli under 36 che il governo Draghi ha voluto incentivare.Le 3 mosse per cambiare mutuo (e risparmiare)

Chi è favorito nella stipula di un mutuo 100%

Con il decreto Sostegni bis, il consiglio dei ministri ha previsto che per gli under 36 interessati a sottoscrivere un mutuo 100% la garanzia sulla quota capitale la fornisce lo Stato. Le altre agevolazioni sono:

  • Esonero dalle imposte di registro qualora si tratti di compravendita tra privati.
  • Esonero dalle tasse nel caso di atti soggetti Iva.
  • Imposte ipotecaria e catastale gratuite.
  • Riduzione dell’Iva al 4% se si acquista casa dal costruttore.
  • Esenzione dall’imposta sostitutiva dello 0,25%.

In quest’ultimo caso, l’istituto di credito trattiene una percentuale della somma anticipata a titolo di imposta sostitutiva.Le vere cifre dei mutui: cosa è cambiato sui tassi d’interesse

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Meloni-Salvini distanti. “Serve un chiarimento”

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

Fabrizio De Feo

La tensione resta alta. E lo scontro tra i partiti di centrodestra, generato dalle divisioni sulla strategia quirinalizia, non accenna a placarsi. Il giorno dopo l’appello alla pacificazione lanciato su Rtl da Matteo Salvini – «Un messaggio a Giorgia Meloni? Oggi è San Valentino, quindi non può che essere un dolce biglietto: superiamo incomprensioni, interessi di parte. La gente non vuole litigi e battibecchi. Sto lavorando con Berlusconi e Meloni perché solo uniti si vince» – arriva la replica non proprio condiscendente della leader di Fratelli d’Italia. «Per me c’è un problema di posizionamento, poi voglio bene a tutti e ho sempre lavorato per l’unità però credo che un chiarimento politico serva», chiede, suggerendo che l’esperienza di governo di unità nazionale stia facendo avvicinare gli alleati di centrodestra che sostengono Mario Draghi a Pd e Cinquestelle. «Non è un problema di incomprensioni, se così fosse, sarebbe più facile affrontarli» dice sempre a Non Stop News. «Io con Fratelli d’Italia lavoro per un centrodestra forte e orgoglioso che non rincorra le sirene della sinistra e su questo non abbiamo lo stesso punto di vista. Se si hanno alleati che prediligono l’alleanza di governo con Pd e M5s è un problema di merito, di posizionamento. Non è che non vado al governo col Pd perché mi sta antipatico Enrico Letta, non vado perché ritengo che il Pd abbia una visione diametralmente opposta o molto diversa dalla mia. Salvini dice noi abbiamo scelto l’Italia ma che vuol dire? Perché per me vuol dire portare avanti la visione di cui il centrodestra è portatore. La Lega non voleva l’obbligo vaccinale e c’è l’obbligo, era contraria al Green Pass e c’è, sono contrari all’immigrazione illegale e continuano a sbarcare migliaia di immigrati». E Francesco Lollobrigida aggiunge: «Nulla di personale con Salvini, ma serve chiarezza».

La replica del leader della Lega punta ad accendere i riflettori sulla fatica dello stare al governo contrapposta alla facile protesta di chi si trova all’opposizione. «Sto lavorando per ridurre le bollette di luce e gas. I chiarimenti li faccio con chi deve mettere dei soldi nelle tasche degli italiani non mi interessano le polemiche. Non commento le polemiche. Siamo in un governo che deve portare l’Italia fuori dalla pandemia, se qualcun altro preferisce stare fuori, faccia».

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Proteggere i salari dall’inflazione senza azzoppare le imprese si può. Ci sono due strade

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

In alcune aziende li chiamano “gli stipendi mangiati”. La busta paga dei lavoratori è la stessa, ma il valore di quello che si sono ritrovati in tasca negli ultimi mesi no. Con gli stessi soldi si comprano meno cose. A mangiare il potere d’acquisto è l’inflazione, che a gennaio è schizzata al 4,8%, mai così alta da 26 anni. E l’impoverimento è in un altro numero, quello della crescita dei salari, che corre molto più lento: in un anno, dal 2020 al 2021, è stata dello 0,6 per cento. Il saldo negativo di questo incrocio ha uno scudo, che è l’esclusione della componente energetica dal calcolo del salario all’interno dei contratti. Insomma le perdite per i lavoratori potevano essere molto più consistenti considerando che è l’energia a gonfiare l’inflazione, ma l’aumento totale dei prezzi è così forte che ha inclinato questa protezione. Un bel problema per un Paese come il nostro che già si trascina dietro una lunga stagione di stagnazione salariale. E le tensioni tra i sindacati e Confindustria, divisi nelle soluzioni, non aiutano a trovare una soluzione. Ci sono però degli spazi per uscire da questo cortocircuito.

Alzare i salari, adeguandoli all’inflazione, potrebbe apparire come la soluzione più facile, ma questo scenario apre almeno due ordini di problemi. Il primo è rappresentato dai costi maggiori che dovrebbero sostenere le imprese a fronte di un’inflazione che pesa sui processi di produzione dato che ad aumentare sono anche i prezzi delle materie prime, oltre al fatto che il gas che costa di più ha fatto lievitare anche le bollette delle aziende. Il secondo, collegato al primo, sarebbe addirittura controproducente per gli stessi lavoratori. È la cosiddetta spirale: i salari aumentano, il lavoratore ha più soldi a disposizione, ma l’impresa scarica il maggiore costo sostenuto per gli stipendi sui beni che produce. Quando il lavoratore li compra spende di più rispetto a prima e quindi brucia un guadagno che quindi era solo apparente. Ora è evidente che tra Cgil, Cisl e Uil da una parte e viale dell’Astronomia dall’altra, nessuno vuole farsi male. I primi hanno la necessità di dare una risposta quanto più tempestiva possibile ai lavoratori che fanno riferimento ai contratti scaduti, ma anche a quelli già rinnovati senza considerare la fiammata dell’inflazione. Gli industriali, invece, devono tutelare i bilanci già appesantiti da una bolletta energetica che quest’anno toccherà quota 37 miliardi. 

Il discrimine dell’intervento è rappresentato dalla durata e dall’intensità dell’inflazione, parametri oggi sono inseriti in un quadro di incertezza che rende al momento impossibile fissare con certezza una data di ritorno a livelli più contenuti e quindi misurare la resistenza della perdita attuale dei salari. Ma nell’attesa cosa si può fare? Huffpost ha scelto farsi guidare nell’analisi delle soluzioni da Andrea Garnero, economista dell’Ocse in sabbatico di ricerca, e da Maurizio Del Conte, professore di Diritto del lavoro alla Bocconi. “Il dibattito – spiega Garnero – non ha inquadrato il tema della produttività, ma il problema tra i salari e l’inflazione è quando la crescita dei primi supera quella della seconda. Se invece c’è una crescita della produttività, il salario può riflettere questa migliore produttività senza che abbia un impatto sui prodotti. Il punto di incontro tra Landini e Bonomi si può trovare se si lavora sul parametro della produttività”. Ma, come ricorda l’economista, l’Italia ha un problema di produttività stagnante da molti anni: “La cerchiamo da vent’anni e sicuramente non si può attivare in pochi mesi, ma c’è la speranza, non vana, che le riforme e gli investimenti del Pnrr possano costituire una rottura”. 

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Bocciato il referendum sull’eutanasia. Tra l’idea etica dello stato e l’idea radicale della libertà vince la zona grigia

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

di Alessandro De Angelis

Il primo uovo (copyright di Giuliano Amato), inteso come quesito referendario sull’eutanasia si è rotto. La Corte, chiamata a valutare la costituzionalità della cosiddetta normativa di risulta – come cioè uscirebbe la legge a seguito dell’abrogazione proposta dal quesito referendario – lo ha giudicato inammissibile. Perché con l’abolizione parziale dell’articolo 579 del codice penale, che disciplina l’omicidio del consenziente non sarebbe “preservata la tutela minima dei requisiti della vita umana con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.

Prevedibile, dopo che l’ufficio centrale del referendum presso la Cassazione ha respinto la proposta dei promotori che avrebbero voluto integrare, con un sottotitolo esplicativo, il titolo del quesito: “Disponibilità della propria vita mediante consenso libero, consapevole, informato”. In sostanza, la ratio consisteva nel riconoscere pari dignità costituzionale tra diritto alla vita e diritto all’autodeterminazione di sé. Indicazione giudicata costituzionalmente non neutrale né ricavabile dalla sentenza del 2019 sul caso Cappato qualificata come suicidio assistito (non omicidio del consenziente). In tal modo la Corte ha respinto l’assunto di fondo dei promotori, per i quali il solo ambito in cui era applicabile il consenso prestato era la legge n.219 del 2017 in tema di consenso informato e testamento biologico.

Era forse il quesito più popolare, che ha ottenuto oltre un milione di firme online, ma anche il più delicato, in quanto fondato su un’idea radicale di libertà, fino all’autodeterminazione assoluta di sé e del proprio corpo specularmente opposta all’idea etico-paternalistica di Stato, che in comune hanno l’esclusione di una “zona grigia”. È presumibile che l’impostazione data dalla Corte sia proprio quella di una zona grigia dove lo Stato si ritrae ma non perché ci siano diritti individuali indisponibili quanto piuttosto perché alcune scelte non possono essere oggetto di interventi penali e dunque liberi. In quella zona c’è il confine tra malattia irreversibile e la non malattia. La sentenza spiegherà le motivazioni, ma è chiaro, dalla valutazione del quesito, che ha prevalso l’opinione che la normativa di risulta avrebbe introdotto una legislazione non tanto sull’eutanasia del malato, ma sull’omicidio del consenziente, depenalizzandolo, anche nel caso di quello sano.

La Corte è la Corte, chiamata solo a pronunciarsi sulla costituzionalità di quel che resta della legge a seguito dall’abrogazione prevista dal quesito. E se proprio si vuole trovare “il pelo nell’uovo”, che il neo-presidente aveva invitato a non cercare favorendo il pronunciamento popolare sui quesiti, è proprio nella difformità tra l’insolito auspicio e il pronunciamento, forse anche frutto della presenza cattolica nella Consulta. Ma la questione è soprattutto tutta politica. Che racconta, a questo punto, di uno stallo perfetto: la Corte che, con la sentenza sul caso Cappato del 2019 invita il Parlamento a legiferare sul fine vita entro un anno; il Parlamento che, oltre ogni limite della decenza, dopo tre anni ancora non recepisce le indicazioni; un referendum, sia pur border line, proposto per superare lo stallo col pungolo del voto popolare; il referendum dichiarato inammissibile. Si ritorna così al Parlamento, a questo Parlamento, e c’è da scommettere che anche chi si è rammaricato per la bocciatura odierna non avrà altrettanta sollecitudine, nell’anno elettorale, a mettere mano alla materia.

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Super Green Pass, dal 31 marzo il via libera per abolirlo: ecco come funzionerà

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

Paolo Russo

La pandemia non è magicamente evaporata, ci siamo ancora dentro», avverte il ministro della Salute, Roberto Speranza. E i 70.852 contagi e 388 morti di ieri sembrerebbero dargli ragione. Ma i numeri, si sa, dipende da come li si legge. Così, nel -30% dei casi rispetto a sette giorni fa e nel progressivo svuotamento dei reparti Covid, c’è chi vede una spinta a prepensionare il Green Pass rafforzato, che da ieri serve per andare al lavoro se si hanno più di 50 anni.

Il fronte abrogazionista si allarga di giorno in giorno e la proposta di mandare in soffitta il super certificato già il 31 marzo raccoglie sempre più proseliti anche dentro il governo. Il ministro del Turismo, il leghista Massimo Garavaglia, è tra i primi ad essersi schierato per l’abrogazione dell’obbligo, se non subito almeno dal 1° aprile. Anche perché molti turisti di Paesi che il Green Pass lo hanno già cestinato si tengono alla larga dal nostro, dove per sedersi a un ristorante o andare a visitare un museo è chiesto loro di fare un tampone rapido ogni due giorni. Che non è proprio il massimo per godersi una vacanza in relax. Ma ieri allo scoperto è venuto fuori anche il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, che ha parlato di «scenario possibile» riferendosi alla eliminazione del Green Pass per fine marzo, quando scadrà lo stato di emergenza.

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Trent’anni di Mani Pulite, il malaffare sgretola l’Italia

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

Massimo Giannini

Un fiume placido in Olanda e lo sciacquone di un water in Lombardia. Il Grande Lavacro del 1992, che cambia per sempre la Storia d’Italia, scorre tutto qua dentro. Nessuno ci pensa, ma è andata così. Il 7 febbraio di quell’anno di fango, nella ridente cittadina di Maastricht adagiata sulle rive della Mosa al confine col Belgio e la Germania, Giulio Andreotti firma il Trattato di Maastricht, insieme ai ministri del Tesoro Carli e degli Esteri De Michelis. Dieci giorni dopo, il 17 febbraio, il “mariuolo” Chiesa tampinato dai carabinieri spediti al Pio Albergo Trivulzio da Di Pietro si rifugia al cesso e prova inutilmente a nascondere i 37 milioni di tangente che ancora non gli avevano scoperto. Sono i due passaggi-chiave della Repubblica, sempre sospesa tra l’abisso e la vetta, il pozzo e il cielo. L’alfa e l’omega di una vicenda parallela, l’inizio inconsapevole di un tentativo di redenzione finanziaria e la fine certa di un sistema di malaffare politico. Senza neanche rendersene conto, il Belpaese marcio, proprio mentre si mostra al mondo nella sua miserabile cialtroneria, si immerge nell’acqua di un’Europa che in trent’anni ci chiederà conto di ogni nostra nefandezza.

L’Italia del ’92 è un Paese a pezzi e non lo sa. A Palazzo Chigi sverna l’ultimo Andreotti, e mentre l’allora sconosciuto trafficante socialista viene trasferito in ceppi a San Vittore, Craxi racconta la prima bugia: “Mi preoccupo di creare le condizioni perché il Paese abbia un governo che affronti gli anni difficili che abbiamo davanti, e mi ritrovo un mariuolo che getta un’ombra su tutta l’immagine del partito…”. Magari fosse vero. Prima ancora che il Pool di Milano lo metta in mora e poi in manette, il sistema sta già crollando dalle fondamenta. La politica è alla frutta, l’economia è allo stremo. Il governo del Divo Giulio è ormai agli sgoccioli. Il Caf, Comitato d’affari Craxi-Andreotti-Forlani che ha fatto e disfatto nei dieci anni precedenti, è ormai morente. La formula del pentapartito agonizza. E dopo i primi arresti, la giovane Lega Nord di Umberto Bossi e Gianfranco Miglio gonfia la giugulare al grido di battaglia che poi gli si strozzerà momentaneamente in gola nel ’94, quando accompagnerà la titanica “discesa in campo” del Cavaliere: “Roma Ladrona”.

Mentre Mani Pulite allarga il fronte delle indagini, degli avvisi di garanzia e dei mandati di cattura, il quadro politico, paurosamente, “si sfarina”, per usare la celebre formula di Rino Formica.

Arrivano stanche le elezioni del 5 aprile, dove fa capolino un astensionismo mai conosciuto dalle nostre parti. La Dc perde più di 4 punti e scivola al 29,6 per cento, il Psi cede solo un punto nonostante la memorabile satira del tempo (una su tutte, memorabile: “Scatta l’ora legale: panico tra i socialisti”). Pri, Pli e Psdi, come si dice nel gergo dell’epoca, “tengono”. Il Pds di Occhetto, nonostante la coraggiosa Bolognina, brucia 5 punti. Ma è il Carroccio che sfonda le porte di Tangentopoli assediata, passando da 2 a 80 parlamentari in un colpo solo. Invece di capire l’antifona, i leader scalcinati e braccati dai pm e dai cittadini sempre più indignati si rinchiudono nella fortezza e impapocchiano un penoso “quadripartito”, dal quale solo i repubblicani di La Malfa hanno il buon gusto di sfilarsi.

Nel frattempo c’è da eleggere il presidente della Repubblica, perché il 28 aprile si dimette il Grande Esternatore, Francesco Cossiga. E lì si consuma un’altra autodafè. Tra i partiti esanimi volano gli stracci. Cionondimeno si tenta l’ennesima pastetta: prima avanza la candidatura di Forlani, poi quella di Andreotti. E chissà, magari uno dei due l’avrebbe pure spuntata, se nel frattempo a macchiare di rosso quell’annus horribilis non ci si mettesse anche la Mafia, che con tutta evidenza non uccide solo d’estate. Dopo aver fatto fuori prima Salvo Lima, poi il maresciallo Giuliano Guazzelli, Cosa Nostra osa l’inosabile.

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Referendum Eutanasia, la Consulta boccia il quesito

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

di Alessandra Arachi

Fine vita, la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile il quesito referendario. L’Associazione Luca Coscioni, promotrice del referendum, aveva raccolto un milione e 200 mila firme. Marco Cappato: «Brutta notizia per la democrazia»

La Corte Costituzionale ha respinto il referendum sull’eutanasia legale. La Consulta ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mirava, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili.

Il quesito del referendum prevedeva l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale (quello che disciplina il reato di omicidio del consenziente) cosa che avrebbe comportato l’introduzione dell’eutanasia legale. Il comitato promosso dall’associazione Luca Coscioni per questo referendum aveva raccolto oltre 1 milione e 200 mila firme, tra fisiche ed elettroniche. Per Marco Cappato , dell’associazione Luca Coscioni, la decisione della Corte è «una brutta notizia» per «coloro che subiscono e dovranno subire ancora più a lungo» e «per la democrazia». «Proseguiremo con altri strumenti. Come con Piergiorgio Welby e Dj Fabo. Andremo avanti con la disobbedienza civile, faremo ricorsi», aggiunge Cappato, che poi chiosa:«Eutanasia legale contro eutanasia clandestina».

Secondo quanto previsto dal referendum, per ottenere la legalizzazione dell’eutanasia si sarebbe passati attraverso la depenalizzazione parziale dell’omicidio del consenziente, con esclusione di casi ben definiti. Ovvero in caso di consenso dato da persona minore degli anni diciotto, da persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione oppure carpito con inganno. Tutti questi casi avrebbero continuato ad essere puniti come omicidi dolosi. Ma, come detto, la Consulta non ha giudicato ammissibile il quesito.

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Scholz e Putin: l’ora di trattare. Dai russi primo ritiro parziale

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

di Paolo Valentino

I due leader dicono di voler evitare la guerra. Il capo del Cremlino su Schröder: dovete essergli grati

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO – «Il nostro dannato dovere è di evitare una guerra in Europa», dice Olaf Scholz al termine del lungo incontro con Vladimir Putin al Cremlino. «La Russia non vuole la guerra», ribatte l’anfitrione. È venuto nella tana dell’orso, il cancelliere tedesco. E non senza sorpresa, non l’ha trovato inferocito. Preceduto dall’annuncio dell’inizio di un ritiro dalle frontiere con l’Ucraina, Scholz è accolto dal presidente russo senza toni aggressivi, anche se ancora duri nella sostanza.

Il colloquio avviene allo stesso tavolo «made in Cantù» lungo sei metri, dove Putin aveva dialogato con Emmanuel Macron. La distanza fra i due leader è ancora più ampia in conferenza stampa, forse perché il cancelliere ha rifiutato il test molecolare dei medici del Cremlino, preferendo farsi fare il Pcr da una dottoressa dell’ambasciata tedesca. Dettagli.

La visita a Mosca è un successo per Olaf Scholz, al suo vero battesimo del fuoco sulla scena internazionale. Ha parlato di tutto con Putin, il capo del governo federale. «Nessun tema è stato escluso», compresi lo scarso rispetto dei diritti umani, il caso Navalny, la chiusura dell’ufficio moscovita di Deutsche Welle decisa dal Cremlino, la trattativa nucleare con l’Iran su cui Mosca e Berlino condividono la necessità di un rilancio. Ma l’Ucraina ha dominato l’incontro, con il corollario del Nord Stream 2, vero sismografo dei rapporti russo-tedeschi. «Le vie diplomatiche non sono concluse — dice il cancelliere al termine — e non dobbiamo cacciarci in un vicolo cieco perché sarebbe una sciagura. Siamo pronti con i nostri partner e alleati nella Ue e nella Nato e con la Russia a discutere i passi concreti per migliorare la sicurezza di entrambe le parti e quella comune».

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Concessioni balneari, spiagge e regole: ecco cosa cambia

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

di Claudia Voltattorni

Gare aperte a tutti, incluse microimprese ed enti del Terzo settore. Dal primo gennaio 2024 le spiagge italiane tornano libere e chiunque potrà partecipare all’assegnazione di una o più concessioni balneari in base a nuovi criteri. Il Consiglio dei ministri ha approvato l’emendamento con le nuove regole che entrerà nel ddl Concorrenza. Ok anche al disegno di legge che delega il governo a presentare entro 6 mesi la riforma di tutte le concessioni balneari. Verranno rivisti i canoni annui in base al pregio delle spiagge.

Scadenza a fine 2023 Poi arrivano i bandi
Fino al 31 dicembre 2023. Forse uno dei pochi punti certi per le aziende balneari è quella data fissata già dal Consiglio di Stato quando lo scorso autunno ha annullato la proroga al 31 dicembre 2033, anticipandola di 10 anni. Termine che il Consiglio dei ministri ha mantenuto. Quindi, si legge nel testo approvato, le concessioni «continuano ad avere efficacia sino al termine previsto dal relativo titolo e comunque fino al 31 dicembre 2023 se il termine previsto è anteriore a tale data». La durata non sarà «superiore a quanto necessario per garantire al concessionario l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti autorizzati», ma comunque va determinata «in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare con divieto espresso di proroghe e rinnovi anche automatici».

Riforma entro 6 mesi per gare trasparenti
Il Consiglio dei ministri ha anche approvato un disegno di legge delega che intende rimettere ordine in tutto il sistema delle concessioni balneari.

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