Archive for Febbraio 26th, 2022

L’attacco a Kiev, la libertà fa paura

sabato, Febbraio 26th, 2022

di   Ernesto Galli della Loggia |

Come mai l’effettiva e ormai antica partecipazione alla Nato dei Paesi baltici, della Estonia, della Lituania e della Lettonia, tutti Paesi confinanti con la Russia e con contingenti di truppe Nato presenti da tempo nel loro territorio, non ha mai suscitato l’ira funesta dell’Imperatore del Nord e la sua minaccia alla loro indipendenza?

Come mai la suscettibilità nazionale del despota moscovita non ha mai mostrato eccessiva preoccupazione per il fatto che la Polonia — membro anch’essa della Nato e confinante anch’essa con la russa Kaliningrad — potrebbe, se volesse, sbriciolare in poche ore con un opportuno lancio di semplici missili da crociera la base della flotta russa del Baltico? E come mai invece la semplice, del tutto remota, ipotetica, eventualità che l’Ucraina aderisse alla medesima Nato lo ha spinto addirittura a replicare contro Kiev un Blitzkrieg di schietto stampo hitleriano?

C’è una sola risposta possibile a queste domande, ed è che molto probabilmente nell’azione militare di Putin l’ipotetica adesione di Kiev alla Nato non c’entra nulla, al contrario di quanto cercano di far credere i filoputiniani di casa nostra per i quali in un modo o nell’altro la colpa di qualunque cosa di brutto succede nel mondo è sempre degli Stati Uniti e dei loro alleati, cioè dell’Occidente.

In realtà l’Ucraina andava rimessa in riga e sottoposta al trattamento Ungheria ’56 e Praga ’68 perché agli occhi di Putin rappresentava sì un pericolo, ma non un pericolo militare in quanto presunto avamposto del «nemico secolare», bensì il pericolo di un contagio. Del contagio della libertà.

Nel trentennio della sua indipendenza l’Ucraina si é mostrata innanzi tutto capace, a differenza della Russia, di fare i conti con la realtà del passato comunista. Un passato — bisogna ricordarlo — che per lei ha principalmente voluto dire negli anni Trenta una feroce collettivizzazione della terra e il conseguente massacro premeditato di due-tre milioni di persone per decisione presa a Mosca dal potere sovietico. Non basta. La società ucraina, priva dell’ombroso sospetto verso l’Occidente che ha sempre dominato il sentire comune dei russi, è stata anzi aperta alle sue molteplici influenze attraverso la Polonia a nord e a sud attraverso la grande metropoli marittima di Odessa e la sua vivacissima vita intellettuale: influenze tradizionalmente percorse e innervate, in entrambi i casi, dal multiforme fermento di una vasta presenza ebraica. Ad rendere ancora più vario e mobile un tale panorama, ben diverso da quello della Russia profonda, una tradizione religiosa frastagliata che accanto al Cristianesimo ortodosso ha visto da sempre il cattolicesimo uniate, forte di alcuni milioni di fedeli e più recentemente un milione circa di protestanti.

È questo sfondo storico, questa vitalità sociale, che spiegano la capacità dell’Ucraina di uscire in modo relativamente positivo dalla cappa di piombo dell’economia statalista del periodo sovietico. Di avviare quindi uno sviluppo, che aiutato non da ultimo da un poderoso flusso di rimesse dei suoi numerosi emigranti, le ha consentito pur tra gli alti e bassi del ciclo mondiale di conseguire traguardi di crescita anche industriale non indifferenti, ad esempio nel settore aerospaziale. Ma non solo: è lo sfondo storico di cui ho detto che le ha consentito soprattutto di riuscire a stabilire un regime passabilmente democratico dopo essersi liberata dei tentativi di Mosca di imporre a Kiev il suo protettorato.

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L’Occidente affronta la sua ora più buia

sabato, Febbraio 26th, 2022

MASSIMO GIANNINI

È l’ora più buia, di nuovo. La guerra. La sporca guerra, ancora una volta. Il fantasma sovietico uscito dagli armadi del Secolo che credevamo breve. Il morto post-totalitario che afferra noi vivi e ci ricorda il tragico Novecento che non vuole finire. Si fatica anche solo a pensarla, questa aggressione militare decisa da un Vladimir Putin sospeso tra la follia neo-imperiale e la fobia anti-occidentale. Dalla carta geografica che lo Zar di Mosca torna a sfregiare con la sua dissennata campagna di riconquista rispuntano luoghi e fonemi dai quali grondano il sangue e la Storia. La Crimea, l’assedio di Sebastopoli del 1853, i soldati piemontesi del Regno di Sardegna in armi con l’Impero ottomano, la Francia e la Gran Bretagna. Odessa, l’epopea di Esenin, la carrozzina della “Corazzata Potemkin”. Kirkyv, il 1918, il primo partito bolscevico ucraino. Piazza Maidan a Kiev, la rivoluzione arancione, il crollo del governo filo-russo di Viktor Janukovic, la repubblica indipendente. Tutto torna, oggi, in questo martoriato Atlante dove Occidente e Oriente si incontrano e si scontrano.

Dunque era vero. L’offensiva ibrida delle ultime settimane, fatta di spostamenti di truppe ai confini, di cyber-attacchi digitali, e di disinformazione politica. Le farneticazioni ideologiche sull’Ucraina “inventata da Lenin”, le esercitazioni nucleari trasmesse in tv e anticipate di sei mesi, come già accadde nel 2014, alla vigilia dell’invasione della Crimea. Le finte aperture diplomatiche con i capi di Stato europei, accolti inutilmente al Cremlino, seduti a un tavolo assurdo lungo sei metri, in un’immagine surreale che sembra tratta da un film di Stanley Kubrick, e poi rispediti a casa con le pive nel sacco. Il grottesco “riconoscimento” delle repubbliche indipendenti del Donetsk e il Lugansk, che era di fatto già un’annessione. Tutto era programmato. Tutto era scritto da un truce copione che già contemplava la guerra.

Avevamo ironizzato sulle previsioni dell’intelligence americana, che troppe volte aveva previsto l’attacco. Hanno sbagliato la data e l’ora, ma alla fine i servizi segreti di Langley hanno avuto ragione. Quella di Putin non è “un’operazione militare mirata”, come sostiene lui stesso nell’ennesimo messaggio notturno alla nazione, che solo adesso scopriamo registrato quattro giorni prima. È invece una guerra totale. All’Ucraina, certo, che viene stretta in una morsa tra Sud-Est, dalle rive del Mar Nero, a Nord-Ovest, dalla Bielorussia. Ma anche all’Occidente, che viene sbattuto di fronte a una sfida terribile. Come rispondere all’attacco dell’Autocrate di Mosca, che non si accontenta di aver ritrovato un posto al tavolo della sicurezza globale ma rompe con i tank le bombe ed i missili il cordone sanitario della Nato lungo i suoi confini e reclama un ritorno alla geografia politica della Grande Madre Russia sovietica o addirittura pre-sovietica? Le sanzioni, così come le avevamo immaginate in questi giorni, danno la misura della nostra drammatica impreparazione.

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Kiev può cambiare l’identità di Lega e Fdi

sabato, Febbraio 26th, 2022

di Stefano Folli

Suscita qualche sorriso lo sforzo messo in campo da Matteo Salvini per ricostruirsi un’immagine in politica estera dopo l’invasione russa. Il video di lui che si fa il segno della croce davanti al portone chiuso della rappresentanza diplomatica ucraina in Italia ha il sapore dell’espediente un po’ troppo affrettato per essere credibile: qualcosa da realizzare subito, prima che Putin arrivi a Kiev e sia troppo tardi per prenderne le distanze. Purtroppo per il leader della Lega il passato non passa quando gli anni recenti sono costellati di tweet e anche di filmati televisivi in cui il presidente russo era esaltato come straordinario statista e si invocava persino l’uscita dell’Italia dalla Nato per non irritarlo.


Vero che la coerenza in politica è merce rara e forse non è nemmeno la maggiore virtù, ma l’abilità consiste appunto nel mascherare ciò che coerente non è, diluendolo in un progressivo mutare delle idee. Salvini invece è stato preso alla sprovvista dagli eventi e si è precipitato a infilarsi da un giorno all’altro la camicia atlantista, quando è noto che anche la sua visita negli Stati Uniti da ministro dell’Interno, nel 2019, fu un fallimento proprio a causa dei suoi rapporti opachi con Mosca. Non stupisce allora che ieri il suo intervento in Senato a supporto della linea Draghi sia apparso goffo e con passaggi sorprendenti: come quando ha persino rimproverato all’Unione europea di non essersi accorta per tempo delle minacce incombenti sull’Ucraina. Come sempre, peraltro, le maggiori preoccupazioni di Salvini sono tattiche: non farsi scavalcare da Fratelli d’Italia, garantirsi che in politica estera tutto il Parlamento si riconosca in un’unica mozione: dunque le forze di maggioranza ma anche l’opposizione.


Si vedrà. Intanto però Giorgia Meloni è stata ancora una volta più rapida di riflessi. Mentre il capo leghista tentava di districarsi dal retaggio “putinista”, lei era negli Stati Uniti a una riunione di repubblicani americani e vari personaggi europei. Un mondo conservatore piuttosto articolato, presente anche Trump appena reduce dalla gaffe su “Putin, un genio”. E tuttavia trovarsi su quella sponda dell’Atlantico nei giorni caldi dell’Ucraina, permette alla Meloni di mettere una certa distanza tra le proprie ambizioni e il “sovranismo” europeo che flirta con gli autocrati, da Orbàn al russo. La strada da percorrere è lunga, ma la guerra in Ucraina oggi diventa uno spartiacque. Se è vero che l’obiettivo di Putin consiste nel dimostrare il declino inesorabile delle democrazie liberali, per cui l’attacco all’Ucraina è solo il primo passo di un disegno globale, nutrito di odio verso l’Occidente e i suoi valori, è chiaro che le destre nazionaliste e non liberali devono ripensare se stesse. Si parla dei gruppi che hanno guardato alle esperienze dell’Est come a una valida alternativa al sistema euro-atlantico, descritto come ormai anacronistico e superato dalla Storia.

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La guerra all’Ucraina attraverso le carte

sabato, Febbraio 26th, 2022

carte e testo rispettivamente di Laura Canali, Niccolò Locatelli

Carta di Laura Canali - 2021

Carta di Laura Canali – 2021. 25/02/2022

Il contesto geopolitico e storico dell’invasione russa. L’importanza di Kiev per Mosca, la divisione dell’Europa dopo la guerra fredda, le mosse degli Stati Uniti, il ruolo di Cina e Turchia. Il banco di prova per l’Italia.

Giovedì 24 febbraio 2022 la Russia ha iniziato l’invasione dell’Ucraina.
Il presidente Vladimir Putin ha detto che l’operazione militare è iniziata per difendere dalla “aggressione” di Kiev le autoproclamate repubbliche secessioniste di Donestk e Lugansk, riconosciute solo dalla Russia e da un manipolo di suoi alleati.


Il presidente russo ha aggiunto che l’obiettivo è la “demilitarizzazione” e “denazificazione” dell’Ucraina (il cui presidente Volodymyr Zelensky è ebreo), non l’occupazione del paese. Frasi che inducono a ritenere che per Mosca la guerra non finirà con la conquista della porzione di Donbas attualmente sotto il controllo di Kiev.


L’escalation in Ucraina ha ripercussioni locali, europee e mondiali.


L’attacco russo, partito da molteplici direzioni, segue di tre giorni il riconoscimento dell’indipendenza dall’Ucraina delle repubbliche di Donec’k e Luhans’k (Donetsk e Lugansk), controllate da separatisti filorussi e supportate da Mosca a partire dal 2014.


L’invasione di questi giorni è il proseguimento di un conflitto iniziato proprio nel 2014 [vedi sotto].
Alcune carte di Limes aiutano a comprenderne le origini.


Nel discorso con cui ha annunciato il riconoscimento, Putin ha fatto un lungo excursus storiconon inedito – durante il quale ha ribadito alcuni concetti a lui cari: l’Ucraina per la Russia non è un paese vicino, è parte della storia nazionale.
Il richiamo implicito è alla Rus’ di Kiev, primo embrione di Stato russo fra il IX e il XIII secolo, durante il quale la popolazione abbracciò il cristianesimo.

Carta di Francesca La Barbera - 2015

Carta di Francesca La Barbera – 2015

Carta di Laura Canali - 2021

Carta di Laura Canali – 2021


Esplicito è stato invece il richiamo al periodo sovietico: il presidente della Russia ha attribuito la creazione dell’Ucraina moderna ai bolscevichi e a Lenin, oggetto di aspre critiche – come del resto Nikita Khrushchev, che cedette la penisola di Crimea dalla Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa all’Ucraina sovietica nel 1954.

Carta di Laura Canali - 2021

Carta di Laura Canali – 2021


In Ucraina c’è una porzione consistente di popolazione russofona e/o etnicamente russa, soprattutto nella parte orientale del paese. I russi etnici sono maggioranza in Crimea – annessa dalla Russia nel 2014 – ma non negli oblast di Donetsk e Lugansk.

Carta di Laura Canali - 2021

Carta di Laura Canali – 2021


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L’ambiguità interessata della Cina sulla guerra all’Ucraina

sabato, Febbraio 26th, 2022
A resident watches a TV screen showing news about conflict between Russia and Ukraine at a shopping mall in Hangzhou, in China's eastern Zhejiang province on February 25, 2022. - China OUT (Photo by AFP) / China OUT (Photo by STR/AFP via Getty Images)

La televisione cinese riporta le notizie sulla guerra in Ucraina, il 25/2/2022. Foto: STR/AFP via Getty Images 25/02/2022

BOLLETTINO IMPERIALE La Repubblica Popolare Cinese non vuole attirare inutilmente le ire di Washington e allo stesso tempo non vuole voltare le spalle a Mosca. Il protrarsi della crisi potrebbe accrescere le leve negoziali di Pechino nei confronti di entrambe. Il destino di Taiwan non dipende da di Kiev. Febbraio lungo le nuove vie della seta.

La televisione cinese riporta le notizie sulla guerra in Ucraina, il 25/2/2022. Foto: STR/AFP via Getty Images 25/02/2022

Indicatore geopolitico: 9

È il numero di medaglie d’oro vinte dalla Repubblica Popolare Cinese durante le Olimpiadi Invernali svoltesi a Pechino a febbraio.
Gli atleti cinesi hanno superato di una misura quelli degli Stati Uniti. Il risultato è stato motivo di gioia per gli abitanti della Repubblica Popolare, ma l’evento non può dirsi un successo per il soft power del paese. In media in tutto il mondo 11,4 milioni di persone hanno seguito l’evento: sono circa otto milioni in meno di quelli registrati nel 2018 durante le precedenti Olimpiadi invernali di Pyeongchang.
Soprattutto, la competizione sportiva è stata oscurata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.


IL SENSO DELLA CINA PER LA GUERRA IN UCRAINA

La guerra in Ucraina è inevitabilmente balzata in cima all’agenda geopolitica della Repubblica Popolare, la cui posizione è al momento piuttosto ambigua. Si tratta di un’ambiguità interessata.


Pechino non ha approvato esplicitamente l’intervento di Mosca. Il presidente Xi Jinping ha detto al telefono al suo omologo russo Vladimir Putin che la Cina sostiene la Russia “nella ricerca di una soluzione negoziata”.
In questi giorni l’Impero del Centro ha ribadito che bisogna rispettare la sovranità di tutte le nazioni. Tuttavia il ministero degli Esteri cinese ha sottolineato che la ragione della crisi in corso è l’espansione a est della Nato, aggiungendo che comprende le ragioni storiche e tattiche che muovono la Russia ed evitando l’uso del termine “invasione” per definire le manovre militari del Cremlino.


La doppiezza cinese emerge anche sui media controllati da Pechino. Il Global Times ha criticato l’Alleanza Atlantica per aver messo con le spalle al muro Mosca. Mentre la televisione di Stato cinese ha intervistato un consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale ha detto che “la Cina non gioca con la storia, a differenza della Russia”.


Tre fattori determinano questa postura.


Primo, tra XIX e XX secolo la Cina è stata oggetto di invasioni straniere, inclusa quella russa. Gli abitanti della Repubblica Popolare potrebbero giudicare incoerente il sostegno all’operazione militare attuata dal Cremlino.


Secondo, il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche di Donetsk e Lugansk (Donec’k e Luhans’k) sarebbe contrario agli sforzi che Pechino compie per impedire che movimenti secessionisti vecchi e nuovi emergano nella Repubblica Popolare (vedi nel Xinjiang e a Hong Kong) e che Taiwan annunci la propria indipendenza de iure, avendo ormai conseguito quella de facto.


Terzo, la Cina non vuole aggravare i rapporti con gli Usa e i paesi europei esponendosi eccessivamente su un dossier che non incide in maniera diretta sull’interesse nazionale. Nella Repubblica Popolare gli esperti dibattono anche sul fatto che eventuali sanzioni contro la Russia (vedi l’esclusione dal sistema Swift) potrebbero danneggiare l’economia cinese. Ennesima conferma della natura tattica ma non strategica della sintonia con il Cremlino. Proprio a inizio mese le due potenze eurasiatiche hanno siglato una dichiarazione congiunta per affermare che la loro amicizia non “ha limiti”- senza però definirla vera e propria alleanza.


Malgrado ciò, il protrarsi delle tensioni tra Washington e Mosca potrebbe avere diversi vantaggi per Pechino. Per esempio potrebbe spingere la Russia a cercare ulteriore sostegno cinese contro gli Usa. Inoltre, la guerra potrebbe parzialmente distrarre gli apparati americani dalle mosse della Repubblica Popolare nell’Indo-Pacifico, fornire a quest’ultima indizi utili sullo stato di salute dell’impero a stelle e strisce ed eventualmente sul se e come conquistare Taiwan entro il 2049.

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Giovani in piazza in oltre 40 città russe contro la guerra in Ucraina, 1.400 arresti

sabato, Febbraio 26th, 2022

di  Giulia Belardelli

Sono soprattutto giovani, sono una minoranza, sanno di rischiare l’arresto, ma non possono accettare di stare in silenzio mentre il loro Paese bombarda una popolazione che ha le loro stesse ambizioni: vivere in libertà, essere una democrazia. Nella giornata di giovedì migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade e nelle piazze delle città russe per protestare contro la decisione del presidente Vladimir Putin di invadere l’Ucraina. Una dimostrazione di dissenso che ha incontrato la solita risposta da parte delle autorità russe: arresti, arresti, arresti.

Secondo la ong Ovd-Info, si contano quasi 1.400 arresti eseguiti in una quarantina di città russe, oltre 700 dei quali nella sola Mosca. Alcuni video circolati sui social network mostrano agenti colpire e trascinare manifestanti indifesi.

Era dal ritorno e dal successivo arresto di Aleksei Navalny nel gennaio dello scorso anno che non si svolgevano proteste così diffuse in tutto Paese. L’arresto allora di migliaia di persone, così come l’avvio di procedimenti giudiziari a carico degli attivisti e l’inserimento di diverse organizzazioni nell’elenco delle ong estremiste e terroriste, avevano costretto gli organizzatori delle manifestazioni a chiedere la fine delle proteste.

Ma l’aggressione premeditata e immotivata a un Paese spesso definito “nazione fraterna” ha scioccato molti russi, spingendo alcuni a rischiare, ancora una volta. Durante le proteste – riporta il New York Times – molte persone hanno detto di essersi sentite depresse e sconvolte dalla notizia dell’azione militare russa.

A Mosca, la polizia ha bloccato l’accesso alla piazza Pushkinskaya nel centro della città, dopo che gli attivisti dell’opposizione hanno invitato le persone a recarsi lì. Gli agenti di polizia hanno disperso anche i più piccoli gruppi di manifestanti, ordinando loro di sgomberare l’area attraverso gli altoparlanti. Alcune centinaia di persone, per lo più giovani, hanno fiancheggiato le strade che portano alla piazza, alcuni gridando “No alla guerra!” e dispiegando una bandiera ucraina.

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C’era una volta l’America

sabato, Febbraio 26th, 2022

di  Mattia Feltri

Bisogna leggere l’intervista concessa al Corriere della Sera dal consigliere di Vladimir Putin, Dmitrij Suslov. Ma soprattutto bisogna immaginarselo mentre angelico e gelido pronuncia la più terribile condanna all’Occidente che si sia mai sentita: “Il mondo è più grande dell’Occidente, che non lo domina più”. Suslov in settanta-ottanta righe di intervista esaurisce la questione che ci ostiniamo a non vedere: il tramonto dell’Occidente, che da Oswald Spengler in poi è stato diagnosticato per un secolo, sembra infine arrivato. Tutto indica il crepuscolo, a cominciare dalla processione di leader europei andati al Cremlino col cappello in mano a maggior gloria del satrapo, tronfio padrone di casa e padrone dei destini. Li ha raggirati con sorriso di cera e malcelato disprezzo, e il dibattito di queste ore sulle sanzioni da applicare all’invasore dell’Ucraina, coi carrarmati ormai in vista della capitale Kiev, e col presidente Volodymir Zelensky rimasto eroicamente ad affrontare la sua sorte, e in collegamento vano con Bruxelles a implorare l’aiuto del continente imbelle, ha l’andamento della farsa.

Le sanzioni light e le sanzioni semilight in attesa delle sanzioni hard sono poco più o poco meno di una danza di ciechi, la carta da calare del mondo liberaldemocratico giunto alla sua sommità e dunque pronto alla discesa. Ed è la stupefacente convinzione di società emendate da decenni dall’eventualità della guerra, e convinte cioè che anche il resto del mondo ruoti attorno al valore supremo del benessere, del welfare, dell’amministrazione del tempo libero, delle comodità domestiche e ricreative, e preoccupate delle loro quote di gas poiché è inconcepibile una vita a lume di candela, metaforicamente parlando. Si aspettano che a Putin tremino le ginocchia per sanzioni economiche di cui gli importerà poco o niente, perché le sanzioni ai tiranni non gli hanno mai fatto un baffo: se il loro popolo sta un po’ peggio ne rifileranno la colpa ai sanzionatori, lo compatteranno in un orgoglio patrio ridicolo ma efficace, si terranno il necessario e pure il superfluo per le spese militari. E comunque le nostre società grasse e flaccide non si rendono contro che tre quarti o più del pianeta – ben oltre la Russia – sta esplodendo di demografia, di emancipazione, di fame intesa come fame di fare un passo in avanti, e non per raggiungere conquiste democratiche – non ancora perlomeno – ma un posticino al sole. Costi quel che costi: whatever it takes. Il mondo è più grande dell’Occidente e non lo domina più.

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L’Italia rischia di rimanere senza gas per la guerra tra Ucraina e Russia?

sabato, Febbraio 26th, 2022

di Stefano Agnoli e Federico Fubini

Proprio mentre ci chiediamo se la Russia ci taglierà il gas e se l’Italia e l’Europa possano farne a meno, Mosca almeno per ora inverte la rotta: a Tarvisio (Friuli Venezia Giulia), dove sbocca il gasdotto siberiano che attraversa l’Ucraina, da giovedì sono arrivate quantità straordinariamente abbondanti rispetto al resto della stagione. Ieri 68 milioni di metri cubi, quasi tre volte il gas arrivato persino il giorno prima dell’invasione dell’Ucraina.
In questi primi momenti di guerra è difficile credere che le ragioni della svolta siano solo tecniche. Giovedì il gasdotto che da Russia, Ucraina, Slovacchia e Austria arriva nel Nordest ha registrato volumi in crescita del 40%. Ma gli aumenti di questi giorni seguono una scelta strategica di Gazprom, il monopolio pubblico di Mosca, di razionare a lungo le forniture in modo da tenere i prezzi elevati generando insicurezza economica in Europa. Il Corriere ha documentato (l’8 febbraio) come le forniture sulla rotta ucraina in gennaio siano state di circa la metà rispetto a dicembre e del 75% circa sotto le medie dei mesi invernali degli ultimi anni. Vladimir Milov, viceministro dell’Energia durante il primo mandato di Vladimir Putin al Cremlino, ha dimostrato dati alla mano come il razionamento sia frutto di una decisione di Mosca. «Ci sono prove crescenti che Gazprom è stata coinvolta nel prevenire la consegna di volumi significativi di gas al mercato europeo» scrive Mirov, che oggi sostiene il leader (incarcerato) dell’opposizione Alexei Navalny.

GUARDA IL GRAFICO
La mappa del gas che arriva in Italia

Resta da capire cosa accadrà adesso, soprattutto se l’Unione europea decidesse altre sanzioni contro la Russia. Qualora Bruxelles escludesse le banche russe dai sistemi di pagamento in euro (con il necessario assenso dell’Italia), Mosca potrebbe varare ritorsioni. Potrebbe tagliare le forniture di gas e petrolio, che per l’Italia rappresentano rispettivamente il 43% e il 10% dell’import di materia prima. Si tratta di capire in che misura il Paese sia in grado di sostenere uno choc del genere.

La questione è allo studio del ministero della Transizione ecologica che due giorni fa, in via prudenziale, ha imposto a tutti gli operatori nazionali di aumentare al massimo le importazioni. Da ieri è raddoppiato il tiraggio dei gasdotti che arrivano in Italia da almeno cinque direzioni (oltre la Russia da Nord Europa, Libia, Algeria e Azerbaigian). Senza aspettare la fine dell’inverno le autorità hanno varato un avvio anticipato del riempimento delle riserve, che oggi sono al 30%: un livello tutt’altro che elevato (erano al 90% in autunno), ma superiore a quelli tipici di questa stagione. Questi cosiddetti «stoccaggi» di solito vengono ricostituiti in estate pompando gas nei vecchi giacimenti esauriti, in modo da avere scorte per l’inverno successivo.

Mentre ieri il premier Draghi parlava alle Camere, si è tenuta a Roma una riunione del Comitato di emergenza gas. Si tratta di un organismo che riunisce rappresentanti del ministero della Transizione ecologica, delle aziende e delle autorità di mercato. La situazione è tecnicamente di «pre-allarme», una designazione del governo che implica un monitoraggio costante senza però misure al di fuori della normalità. Le forniture e le riserve oggi sono superiori a quelle di una settimana fa. Anche nell’ipotesi del tutto improbabile che tutte le forniture verso l’Italia si interrompessero di colpo – non solo quelle di Mosca – il Paese avrebbe una completa autosufficienza di sei settimane di importazione per il gas e di 90 giorni di importazione per il petrolio. In ogni caso non sembra difficile rimpiazzare l’apporto di greggio della Russia.

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Guerra Ucraina-Russia, le ultime notizie: Kiev, battaglia nelle strade

sabato, Febbraio 26th, 2022

di Francesco Battistini, Andrea Nicastro, Paolo Foschi, Redazione Online

La guerra fra la Russia e l’Ucraina è entrata nel terzo giorno: le truppe di Mosca hanno lanciato l’assedio a Kiev, dove il presidente Zelensky prova a resistere. Putin invita i militari di Kiev a rovesciare il governo e a prendere il controllo del Paese

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Russia e Ucraina sono al terzo giorno di guerra, e in queste ore si combatte la battaglia per Kiev (qui le immagini delle città sotto attacco). Nella città da 3 milioni di abitanti, ormai sotto assedio, scarseggiano il pane e le medicine: il reportage dell’inviato Francesco Battistini
• Il presidente ucraino Zelensky ha rifiutato l’offerta di evacuazione degli Usa e ha invitato la popolazione a «non deporre le armi»: «La lotta è qui», ha detto agli Usa, «servono munizioni, non un passaggio per lasciare l’Ucraina».
•I russi nel secondo giorno di guerra hanno intensificato gli attacchi lungo le direttrici strategiche e hanno cominciato a sbarcare truppe aviotrasportate. Il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto all’esercito ucraino di disertare e rovesciare il governo. (Qui un approfondimento sul tema: cosa succede se la Russia vince in Ucraina?)
• Il consiglio di sicurezza dell’Onu non è riuscito ad approvare una risoluzione di condanna nei confronti dalla Russia per il diritto di veto esercitato da Mosca, ma la Cina si è comunque astenuta anziché schierarsi al fianco di Putin. Intanto l’ambasciatore russo a Mosca ha annunciato che l’operazione militare «presto raggiungerà gli obiettivi prefissati».

• L’Europa resta divisa sulla linea da tenere e la sanzione che causerebbe il danno maggiore alla Russia, cioè il divieto di accedere ai mercati finanziari, non è stata (per adesso) adottata (qui l’approfondimento di Francesca Basso).

•I Paesi occidentali — dall’Unione europea alla Gran Bretagna, agli Stati Uniti — hanno comunque varato pacchetti di sanzioni «molto dure» contro la Russia; l’Ue ha deciso di congelare i beni di Putin e Lavrov. (Qui le conseguenze economiche, militari e umanitarie per l’Italia)
Le motivazioni della crisi sono spiegate in questo approfondimento
Qui una intervista all’ex campione del mondo di scacchi Garry Kasparov: «Per Putin questa guerra può essere la fine, ma dovete agire».

* * *

Ore 8.10 — I missili russi «hanno colpito un palazzo» a Kiev
Le autorità ucraine hanno affermato che un missile russo ha colpito un edificio residenziale a Kiev. Non è al momento possibile sapere se ci siano vittime o feriti.


Ore 8.02 – Mosca: «Melitopol è sotto il nostro controllo»
Il ministero della Difesa a Mosca ha comunicato che l’esercito russo ha conquistato la città di Melitopol, nell’Ucraina sud occidentale, vicino alla Crimea. Il governo russo afferma anche di aver distrutto «821 obiettivi militari» in Ucraina, tra cui .

Ore 7.39 – L’Ucraina: «Stanno arrivando armi dai nostri partner»
«Un nuovo giorno in prima linea diplomatica è iniziato con una conversazione con (il presidente francese, ndr) @Emmanuel Macron. Armi ed equipaggiamenti da parte dei nostri partner stanno arrivando in Ucraina. La coalizione contro la guerra sta funzionando!», ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Le modalità per far arrivare armi all’Ucraina stanno diventando sempre più complesse, visto che lo spazio aereo su Kiev è controllato dai russi e la situazione è molto pericolosa anche nel resto del Paese. La strada più semplice è il passaggio dalla Polonia, che ieri ha già inviato un camion di munizioni.

Ore 7.35 – La Russia spara missili da crociera contro l’Ucraina
La Russia ha reso noto di aver preso di mira «infrastrutture militari ucraine» con missili da crociera, un altro «salto» drammatico nella tipologia di armamenti impiegati in questa guerra. Ci sono notizie di esplosioni all’aeroporto Sikorsky di Kiev.

«Durante la notte, le forze armate della Federazione russa hanno lanciato un attacco con armi di precisione a lungo raggio utilizzando missili da crociera lanciati dall’aria e dal mare contro le infrastrutture militari dell’Ucraina», ha dichiarato in tv il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov.

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Guerra Ucraina-Russia, Kasparov: «Putin è andato oltre. Questa può essere la sua fine. Ma voi dovete agire»

sabato, Febbraio 26th, 2022

di Federico Fubini

L’ex campione mondiale di scacchi e dissidente sovietico: vanno paralizzate le banche russe per mandare in bancarotta il sistema

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Garry Kasparov, l’Europa e gli Stati Uniti dovranno pagare un prezzo per questa guerra?
«Siamo realisti: sì – risponde l’ex campione mondiale di scacchi, già dissidente sovietico, poi fuggito a New York per mettersi in salvo perché da sempre si oppone a Vladimir Putin -. E il prezzo da pagare potrebbe essere alto, dopo vent’anni di noncuranza. Vent’anni senza ascoltare chi avvertiva che Putin non era solo il nostro problema, che sarebbe diventato il problema di tutti. Tutti i dittatori, quando hanno soggiogato il loro popolo e distrutto l’opposizione, guardano fuori. E Putin per vent’anni non ha visto conseguenze per i suoi crimini».

Ha attaccato in Cecenia, Georgia, Siria, l’Ucraina nel 2014…
«Ci sono i bombardamenti a tappeto su Aleppo, l’annessione della Crimea, l’uccisione di Litvinenko, l’avvelenamento degli Skripal. E con quali conseguenze? Sì, qualche sanzione, ma poca roba. E a differenza di Hitler negli anni ’30, ha fatto tutto alla luce del sole. Nel 1939 non avevamo tecnologie per controllare come Hitler si preparasse all’attacco sulla Polonia. Stavolta abbiamo visto tutto, Putin non si è mai nascosto. Ha anche costruito la più influente rete di lobbisti e agenti in giro per il mondo. Chamberlain, Daladier e quelli che rifiutarono azioni forti contro Hitler a metà degli anni ‘30 si sbagliarono. Ma Chamberlain non ha mai fatto affari con Hitler. Puoi pensare che sia stato ingenuo. Ma i politici di oggi hanno preferito continuare a fare affari con Putin e molti di loro essere anche nel suo libro paga».

Dunque la risposta dell’Europa non è forte perché c’è troppo denaro russo che gira?
«Si chiama corruzione. Al denaro russo si è permesso di influenzare ogni livello della vita americana, ma soprattutto europea: che fosse vita politica, sociale, lo sport, gli affari. Centinaia di miliardi sono stati sparsi nel mondo libero. Perché questo denaro non è andato in Cina, Venezuela o Iran. È finito ia Vienna, Monaco di Baviera, Firenze, Milano, Parigi, Londra, New York. Non possiamo sottovalutare l’influenza di questi soldi».

O semplicemente abbiamo sottovalutato la dinamica del regime russo?
«Putin non ha mai nascosto le sue intenzioni, è stato sincero come Hitler in Mein Kapmf. Sono anni che dice che l’Ucraina non è uno Stato sovrano. Se ne sono lavati tutti le mani. Ha detto che il collasso dell’Urss la più grande catastrofe geopolitica. Ha messo sul tavolo la sua visione strategica molto apertamente almeno da 15 anni. È stato sempre molto coerente nel portare avanti il suo programma. E poiché non ha visto nessuna vera risposta dal mondo libero, si è detto: perché no? Posso fare qualsiasi cosa».

Ora ha varcato la linea rossa dell’Occidente?
«Tocca al mondo libero di dimostrarlo. Invece sentiamo parlare del prezzo economico che dovreste pagare, che c’è. Ma gli ucraini stanno pagando il prezzo delle loro vite e quelli che parlano del loro prezzo economico da pagare, in euro o in dollari, si devono vergognare. Stanno ancora cercando di misurare danni economici a fronte di un sacrificio in vite umane che è in corso».

Alcuni pensano che questa può essere la fine di Putin perché gli oligarchi attorno a lui si rivolteranno. Possibile?
«L’ha vista l’élite di Putin al Consiglio di sicurezza dell’altro giorno?».

Sembravano terrorizzati…
«Essere terrorizzati perché non si è d’accordo con un dittatore non significa essere pronti a ribellarsi. Sono terrorizzati, ma aspettano di vedere che farà l’Occidente».

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