Archive for Febbraio, 2022

Giovani e lavoro: «Perché l’Italia è ultima in Europa»

mercoledì, Febbraio 9th, 2022

di Beda Romano

È desolante il quadro che la Commissione europea ha tratteggiato in un recente rapporto sul mercato del lavoro nell’Unione europea. La situazione italiana è tra le peggiori in molti campi. Il paese è incredibilmente in fondo alla classifica quanto all’occupazione dei giovani, al lavoro delle donne o all’integrazione degli stranieri. In filigrana, la relazione comunitaria contiene una analisi severa sullo stato di salute del lavoro in Italia.

Il documento è lungo 160 pagine e ricco di tabelle e grafici. In una conversazione con Il Sole 24 Ore il commissario al lavoro, il lussemburghese Nicolas Schmit, 68 anni, ha accettato di approfondire l’analisi del contesto italiano, mettendo in guardia contro i rischi di crescente povertà e radicalizzazione politica, e accennando ad alcuni retaggi culturali, tra cui una storica abitudine clientelare.

UE: GIOVANI CHE NON LAVORANO, NON STUDIAMO E NON FANNO FORMAZIONE

Tutti i ritardi dell’Italia

L’Italia è ritenuta in una «situazione critica» quando si tratta di valutare il tasso di occupazione delle donne (insieme alla Polonia e all’Ungheria); la percentuale di coloro che abbandonano prematuramente gli studi (insieme alla Romania); la quota di coloro che non studiano, non sono in formazione né lavorano (insieme alla Bulgaria); il tasso di occupazione (insieme alla Grecia e alla Spagna); e infine il livello di reddito lordo disponibile pro capite (insieme a Cipro).

Il paese non è tra i primi in classifica in nessuno dei 16 settori presi in considerazione dalla Commissione europea. Si difende soltanto nella lotta alla disoccupazione, anche in quella di lungo periodo («situazione fragile, ma in miglioramento», nota Bruxelles). I dati alla base dell’analisi sono quelli più recenti, in alcuni casi anche del 2020 (anno dello scoppio
della pandemia), ma sappiamo che il dramma del mercato del lavoro italiano ha radici antiche e profonde.

«La situazione sociale riflette la situazione economica degli ultimi 20 anni, segnata da una profonda stagnazione – spiega il commissario europeo -. Il Fondo per la Ripresa è quindi una opportunità unica per introdurre misure economiche, migliorare la competitività del paese, promuovere l’innovazione, e modernizzare l’amministrazione pubblica. Il piano di rilancio presentato dal governo Draghi è un vero modello. Prevede circa 20 miliardi di euro da dedicare all’istruzione».

Per approfondire

Italia paese di giovani “Neet”, un’anomalia da correggere con il piano di rilancio

Un Paese a due facce

Rimproverare la crisi occupazionale all’austerità di bilancio non convince del tutto: tra il 2003 e il 2019 il debito pubblico è aumentato dal 105% al 134% del Pil (escludendo l’ulteriore balzo provocato dalla pandemia). Non c’entrano anche forme di clientelismo? «La bassa crescita pesa sul debito – risponde il socialista Schmit –. Non dimentichiamo che il paese da anni registra un attivo del bilancio primario. Gli investimenti pubblici sono mancati all’appello. Al tempo stesso è vero che vi sono nella società italiana particolarità storiche. Non sono uno specialista dell’Italia, ma è chiaro che il paese ha due facce. Da un lato è dinamico, innovativo, talentuoso. Dall’altro la società, o una parte di essa, non ha seguito questa evoluzione».

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Bianchi, maturità e la scuola schiava delle sufficienze

mercoledì, Febbraio 9th, 2022

Paola Mastracola

Tutti compatti a protestare contro le prove scritte alla maturità: i ragazzi scendono in piazza, i presidi si schierano al loro fianco e ora anche il Consiglio superiore della pubblica istruzione si proclama contrario alla decisione del ministro Bianchi: almeno il secondo scritto deve saltare alle superiori, e all’esame di terza media niente prove scritte d’italiano e matematica e niente colloquio di lingue straniere, anzi, meglio abolire l’esame stesso. La motivazione è che, dopo quasi tre anni scolastici a singhiozzo tra Dad e quarantene, questi ragazzi non sono in grado di sottoporsi alle prove tradizionali.

Qualcuno si è accorto che si tratta di una ammissione di inadempienza e inefficacia senza pari? Un’autoaccusa, una sorta di plateale confessione: è come se la scuola dicesse che non ha fatto scuola per due anni, se ora accetta che i ragazzi si dichiarino impreparati a sostenere uno scritto di latino o di matematica.

Giustificabile? Non so. Certo, lo sapevamo che la pandemia ha costretto a una scuola rimediata e sconfortante. Ma fino a questo punto? Allora abbiamo lasciato aperte le scuole per che cosa? Abbiamo tenuto i ragazzi appesi a un video per due anni cinque ore al giorno (seppure a intermittenza) per non insegnare loro nulla? Se non stava funzionando, dovevamo dirlo prima, e non aspettare che l’annuncio del ministro sulle due prove finali scatenasse l’inferno. Dovevamo correggere la direzione, inventare un altro modo di far scuola (per esempio fare meno videolezioni e insegnare ai ragazzi a studiare anche scollegati e da soli, magari dedicando a ciascuno di loro uno spazio di verifica, un colloquio costante e individuale).

Se non stava funzionando, i ragazzi per primi dovevano denunciarlo, scendere in piazza almeno un anno fa a dire: ehilà, guardate che noi non stiamo imparando niente, volete darcelo o no uno straccio di istruzione? Perché protestano solo ora e, solo perché spaventati dalle prove scritte?

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Battaglia a destra, dopo Meloni anche Salvini dice: “Non vaccino mia figlia”

mercoledì, Febbraio 9th, 2022

CHIARA BALDI

Se la figlia di Giorgia Meloni non sarà vaccinata, già non lo è neanche la figlia di Matteo Salvini, Mirta, che ha 9 anni. Il senatore e leader della Lega, interpellato in materia a “The Breakfast Club” di Radio Capital, alla domanda «sua figlia è vaccinata?» ha risposto netto: «No. Penso che siano decisioni che spettano ai genitori» Ieri la leader di Fratelli d’Italia, in una intervista con il direttore de “La Stampa” Massimo Giannini, aveva annunciato che non vaccinerà sua figlia Ginevra. «Non vaccino mia figlia, perché il vaccino non è una religione, ma una medicina, quindi valuto i rapporti rischi-beneficio», aveva spiegato, aggiungendo che «le possibilità che un ragazzo muoia di Covid sono le stesse che uno muoia colpito da un fulmine, cioè lo 0,06 per cento». Una dichiarazione che aveva poi sollevato diverse polemiche nella comunità scientifica che aveva accusato Meloni di «fare disinformazione».

LA STAMPA

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M5S, un Grillo per la testa

mercoledì, Febbraio 9th, 2022

Annalisa Cuzzocrea

«L’ho fatto per proteggervi», dice Beppe Grillo. È per proteggere il Movimento, che il Garante è tornato e si è ripreso tutto. Il potere di dire: «Da oggi state zitti fino a nuovo ordine». Quello di fermare ogni decisione azzardata, intravista nelle parole di Giuseppe Conte e Vito Crimi. «L’idea di indire una nuova votazione con l’assemblea degli iscritti al completo per rivotare il nuovo Statuto dimostra come non abbiate capito quanto la cosa sia seria. Adesso bisogna trovare il modo di uscirne seguendo le regole», ha detto il fondatore dei 5 stelle a tutti coloro che lo hanno chiamato.

Grillo è a Genova. Chiuso nella sua casa in collina, costantemente al telefono con gli avvocati che cercano di trovare un modo per uscire dall’ennesima impasse creata dal groviglio di regole dentro cui da anni si dibatte il Movimento. Potrebbe spostarsi nelle prossime ore, andare a Roma nel consueto quartier generale dell’hotel Forum, o chiedere ai dirigenti 5 stelle di vedersi a metà strada, a Marina di Bibbona, la villa delle grandi decisioni. Il santuario dell’ultima tregua.

Perché di una tregua, ancora una volta, c’è bisogno. Un pezzo di Movimento spera che il Garante approfitti di quanto successo per tornare a otto mesi fa. Quando Grillo aveva deciso di fermare Conte e la sua voglia di pieni poteri chiedendo che si votasse quel che era stato stabilito in primavera agli Stati generali: un comitato direttivo. Cinque persone in grado di rimettere i 5 stelle sulla strada giusta, prendendo tutte le decisioni che c’erano da prendere. Nel caso, anche quella di avere un nuovo capo politico.

Di Maio e Fico lo avevano convinto a tornare indietro. Conte e Crimi – gli stessi che oggi il fondatore ha voluto bloccare – avevano insistito per fare diversamente. «Ma hanno fatto un pasticcio – spiega chi ha parlato con Grillo – perché per permettere che a votare fossero solo gli iscritti fino a sei mesi prima, come abbiamo sempre fatto, serviva un parere che il comitato di garanzia non ha mai prodotto. E che in realtà non poteva produrre: avrebbe dovuto stabilirlo di concerto con il comitato direttivo, che nel frattempo non è stato mai eletto».

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Conte «spiazzato» dalla mossa di Grillo: ora un faccia a faccia, nel M5S

mercoledì, Febbraio 9th, 2022

di Emanuele Buzzi

Soldi, questioni legali e tempi lunghi: perché lo stallo durerà almeno un mese

Soldi, equilibri incerti e tempi che si allungano. I Cinque Stelle si interrogano sul da farsi. Come reagire all’ordinanza di Napoli? Beppe Grillo è rimasto infastidito dall’accelerazione che i vertici hanno cercato di imporre: il garante vuole ponderare ogni passo. Non è escluso che a breve ci possa essere un incontro tra le parti, opzione che fino a lunedì pomeriggio da ambienti vicini allo showman ligure veniva smentita. Grillo però ora sta accarezzando l’idea di un faccia a faccia: vuole fare chiarezza e cogliere l’occasione per dare una scossa al Movimento, sistemando le faide interne ai Cinque Stelle.

Conte sarebbe stato sorpreso dalla mossa del garante, anche se ambienti vicini all’ex premier smentiscono e parlano di «sintonia» tra le parti. «C’è chi sta usando questa situazione per indebolire Conte con modifiche ai suoi poteri, dalla gestione dei territori a variazioni statutarie», dicono i contiani. «Siamo al paradosso: veniamo accusati per il frutto delle loro scelte», replicano i dimaiani e i malpancisti.

I protagonisti della vicenda sanno che dietro a ogni singola mossa si celano questioni legali e pecuniarie importanti. Ora ci sono più soldi in cassa: nel solo mese di dicembre il Movimento ha ricevuto (dagli eletti) oltre 450 bonifici, quasi tutti a 4 cifre ma con picchi anche da 17mila euro. I soldi — circa 600 mila euro — sono una boccata d’ossigeno per le casse pentastellate, ma c’è chi teme che il caos interno porti a nuove titubanze in merito alle restituzioni.

Non solo. I soldi che i Cinque Stelle potrebbero trovarsi a dover impiegare per dirimere la vicenda sono molti. Si parla di spese legali, di eventuali ricorsi (anche e soprattutto per un possibile uso improprio dei dati degli iscritti, con tanto di sanzioni nel caso da parte del garante della privacy), di spese forse legate all’utilizzo di Rousseau (anche in questo caso una cifra «importante»). In questo guazzabuglio c’è chi mette le mani avanti. «I contratti in essere rimangono in essere. Rimane tutto invariato per noi», dice all’Adnkronos Giovanni Di Sotto, ad di Multicast, la società che ha creato la piattaforma SkyVote.

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Georg Gänswein su Ratzinger: «La lettera? Mirano a distruggerlo, lui ha risposto con Dio negli occhi»

mercoledì, Febbraio 9th, 2022

di Gian Guido Vecchi

Intervista a Georg Gänswein sulla lettera di Ratzinger contro le accuse sui casi di molestie sessuali: «Chi gli è stato vicino sa bene che cosa ha detto e ha fatto riguardo a tutta la questione della pedofilia. È stato il primo ad agire da cardinale e poi ha continuato la linea di trasparenza da Papa»

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La lettera di Benedetto XVI sembra un testamento spirituale, è così?
«È giusto, sono d’accordo. È l’immagine del suo pensiero, dei suoi sentimenti, della sua sincerità morale e intellettuale. Mentre la scriveva, pensava alle vittime degli abusi. E di fronte a sé, davanti ai suoi occhi, aveva Dio stesso. Vede, un uomo può ingannare le altre persone, ma non si può ingannare Dio».

L’arcivescovo Georg Gänswein, segretario personale di Joseph Ratzinger, parla nel monastero Mater Ecclesiae, dove ha seguito e vive con il Papa emerito dopo la rinuncia al Pontificato del 2013. Proprio in questi giorni è uscito un suo libro, «Testimoniare la Verità. Come la Chiesa rinnova il mondo» (Edizioni Ares), un’antologia di 21 scritti che inevitabilmente riguarda in modo essenziale anche il pensiero e la personalità di Ratzinger. «Ci sono stati momenti caratterizzati da un insieme di incomprensione e aggressione, che si addensava sopra di lui ed era volta a indebolire, distruggere la persona di Benedetto XVI», ricorda in un passaggio. «Era uscito in Germania due anni fa. La nuova edizione in Italia era prevista l’anno scorso, poi ha tardato. E sì, forse c’è qualcosa di provvidenziale che sia pubblicato proprio ora, in questi giorni così burrascosi dal punto di vista mediatico…».

Eccellenza, nel libro scrive: «Qualche volta una vicenda o l’altra è stata dolorosa e l’ha fatto soffrire. Soprattutto quando ci si doveva chiedere: ma qual è la ragione per questa osservazione così feroce? È chiaro che ciò era umanamente doloroso. Però, sapeva anche con assoluta certezza che il criterio non è il plauso, ma l’intrinseca correttezza, il criterio è il Vangelo stesso». È quello che sta accadendo anche in questi giorni?

«È proprio così. Io non sono certo un profeta, ma c’è qualcosa di profetico in tutto questo, anche se me lo sarei risparmiato e avrei preferito che così non fosse».

Benedetto XVI ha quasi 95 anni: come sta?
«Fisicamente è un uomo molto debole, come è naturale alla sua età. Noi viviamo con lui, preghiamo con lui, fra poco reciteremo come ogni giorno il rosario e i Vespri. E la debolezza fisica non toglie nulla alla sua presenza spirituale e intellettuale».

Nel libro scrive: «La Verità è il grande tema nella vita di Benedetto».
«Chi lo conosce sa che l’accusa di aver mentito è assurda. Si deve distinguere tra commettere un errore e mentire. Sull’Osservatore Romano, il cardinale Fernando Filoni ha scritto della “sua profonda e altissima onestà morale e intellettuale” e spiegato che “mai ho trovato in lui alcuna ombra o tentativo di nascondere o minimizzare alcunché”. Benedetto XVI ha letto l’articolo, che non è stato sollecitato o chiesto. Ma le cose stanno proprio così. Chi gli è stato vicino sa bene che cosa ha detto e ha fatto Joseph Ratzinger-Benedetto XVI riguardo a tutta la questione della pedofilia. È stato il primo ad agire da cardinale e poi ha continuato la linea di trasparenza da Papa. Già durante il Pontificato di Giovanni Paolo II ha cambiato la mentalità corrente e impostato la linea che papa Francesco sta proseguendo. Questa è la realtà ed è molto diversa da quella che circola in molti mass media».

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Le Foche: «Lo stop alle mascherine è un segnale di rinascita. Ma adesso serve prudenza. L’ultima fase è decisiva»

mercoledì, Febbraio 9th, 2022

di Margherita De Bac

L’immunologo: teniamo le protezioni in tasca, il virus resterà

Venerdì 11 febbraio, giornata del sorriso. È il sorriso di chi dopodomani uscirà di casa senza il bavaglio della mascherina e potrà mostrarsi a viso scoperto. Propone di festeggiare il ritorno alla normalità «facciale» Francesco Le Foche, immunologo clinico dell’università Sapienza: «È la vittoria del sistema immunitario adattativo che, armato dai vaccini, dall’immunità naturale e da ambedue insieme, ci protegge dal virus e ci lascia liberi di circolare».

Come vivrà lei personalmente questa nuova prima volta?
«Voglio sorridere a tutti quelli che incontro. Sarà bello riconoscere al volo gli amici senza dover scoprire la loro identità soltanto chiedendogli: e tu chi sei?».

Dimenticare la mascherina?
«Sì, dimentichiamola, ma teniamola in tasca, pronti a sfoderarla in caso di assembramenti e, naturalmente, per entrare al chiuso dove ancora vige l’obbligo».

Non sarebbe prudente però per le persone fragili continuare a proteggersi?
«Sono certo che dopo due anni di un’esperienza così traumatica consigliare prudenza sia superfluo. Sono comportamenti che ormai abbiamo nel sangue e vengono spontanei. Credo che, per forza d’abitudine, vedremo ancora girare parecchie persone con la mascherina, un oggetto da non demonizzare. Ha salvato milioni di cittadini, ci ha insegnato il rispetto degli altri».

È la vittoria del sistema immunitario, quindi?
«Sì, grazie ai vaccini il sistema immunitario si è adattato a rispondere al virus che pure si è riproposto a più riprese sotto forma di nuove varianti».

Rischiamo qualche contagio all’aperto rinunciando a imbavagliare bocca e naso?
«Niente è da escludere del tutto, ma essere contagiati all’aperto, se vaccinati con tre dosi, è davvero un evento eccezionale».

Via la mascherina, è il momento opportuno?
«I contagi sono in calo, l’epidemia sta velocemente scendendo, altri Paesi hanno già fatto decadere quest’obbligo. Parlo di Gran Bretagna, Danimarca, Spagna e Francia. Con la mascherina diciamo addio al simbolo di una fase critica, nera, della nostra vita. È un segnale di rinascita e ripresa, sul piano morale è un ricostituente».

Però la variante Omicron non è scomparsa.
«No, però il suo obiettivo è restare con la specie umana senza minacciarla. Questo virus è il ponte tra la pandemia e l’endemia. Se sapremo gestire bene questa ultima fase, saremo arrivati alla fine».

I bambini fino a 11 anni sono i meno vaccinati. Forse per loro le mascherine indossate all’aperto hanno ancora una funzione?
«I bambini più piccoli, mi riferisco a quelli di 3-5 anni, hanno finalmente il diritto di vedere il mondo così com’è. Sono cresciuti immaginando che la realtà fosse fatta di facce coperte a metà, prive di bocca e naso. Devono poter guardare la vita vera».

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Salvini ricuce: chiamerò Giorgia. Lei: “Organizzo io i conservatori”

martedì, Febbraio 8th, 2022

Paolo Bracalini

Tira una brutta aria tra Lega e Fratelli d’Italia, coma mai prima d’ora. Lo scambio di cortesie tra Meloni e Salvini è ormai prassi quotidiana («La frattura tra loro è al suo punto massimo» certifica Guido Crosetto), non c’è stato più nessun contatto tra i due leader dalla rottura sul Quirinale. «Dice che sono sparito? Sono a casa con il Covid. La richiamerò nonostante la sequela di insulti che ha riversato nei confronti del mondo – dice Salvini -. Non sono permaloso, cerco di non litigare con nessuno. Io facevo gioco di squadra per il centrodestra, qualcuno no», e il qualcuno è ovviamente la Meloni che, per la Lega, ha pensato al proprio interesse elettorale dissociandosi dagli alleati e portando avanti un candidato di bandiera. «Etichettare Mattarella come uno del Pd è ingeneroso» spiega Salvini, che taccia la leader Fdi di cattivo gusto per aver raccontato un episodio («Mi ha mandato un messaggio e mi ha chiesto: Sei in ufficio? Salgo. Ma da allora non l’ho più sentito»). «Io non amo divulgare le telefonate e i rapporti personali, non lo trovo di buon gusto» commenta il segretario leghista. Dal leader in giù ormai nella Lega c’è libertà di tiro contro Fratelli d’Italia. «Durante l’elezione del Presidente mi sembra chiaro che a rompere le fila del centrodestra sia stato Fdi» dice la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, «spesso è più facile sparare da fuori».

Non ci sono in programma incontri chiarificatori tra Salvini e la Meloni, per il momento si va avanti così, in una clima quasi da ex coalizione. In effetti la leader Fdi parla come se fosse sganciata dagli altri partiti del centrodestra, «deciderò quando e se allearmi» dice intervistata da RaiNews, «sceglierò chi sarà il mio alleato solo sulla base del suo impegno di difendere questa metà campo e non le sirene della sinistra», e comunque servirà «un patto anti-inciucio». L’accusa, a Fi e alla Lega, è appunto quella di aver «inciuciato» con il centrosinistra sulla rielezione di Mattarella. «Non mi interessano le beghe però non intendo più fare buon viso a cattivo gioco di fronte a una coalizione in cui ci sono partiti che all’atto pratico tra l’alleanza di centrodestra e l’alleanza di governo con Pd e 5 Stelle scelgono la seconda».

L’obiettivo della Meloni ormai è prendersi l’elettorato di centrodestra, non più solo essere un partito di una coalizione. «Fratelli d’Italia è un partito che vuole allargarsi e aprirsi sempre di più, che vuole attrarre energie nuove e parlare alla maggioranza degli italiani. L’obiettivo è organizzare il campo dei conservatori, la maggioranza di persone». L’isolamento, alla Marine Le Pen, non è una prospettiva che interessa Fdi. Semmai, ricorda la Meloni, «è Salvini ad essere alleato alla Le Pen», mentre lei presiede il gruppo parlamentare dei Conservatori al Parlamento Ue.

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Berlusconi ignora le liti tra alleati. “Bisogna produrre più gas in Italia”

martedì, Febbraio 8th, 2022

Pier Francesco Borgia

La crisi energetica sposta il baricentro dell’azione politica. Ieri mattina Silvio Berlusconi ha riunito nuovamente i vertici del partito per parlare del caro-bollette. Con Antonio Tajani, Licia Ronzulli, Anna Maria Bernini e Paolo Barelli, il leader di Forza Italia ha fatto il punto sulla necessità di un’azione forte e incisiva – da parte del governo – per limitare e fermare i danni economici che, quasi un effetto domino, il rincaro delle bollette sta provocando non soltanto sulla vita delle persone ma anche delle imprese. Le polemiche sulla «salute» della coalizione di centrodestra, in questo momento, possono aspettare. Dagli ambienti del partito non si nasconde l’irritazione per le ultime esternazioni della Meloni che ha parlato di «inciuci» e di «attaccamento alle poltrone». Resta per i vertici di Forza Italia, invece, la necessità di onorare il patto con gli elettori. Dove il «patriottismo», come spiegava ieri il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, è prima di tutto «anteporre gli interessi del Paese a quelli di parte».

Il frutto della riunione è stato lo stesso Berlusconi a renderlo pubblico. Ieri si è collegato alle 18.30 con Radio Montecarlo dove ha anche annunciato che ogni settimana proporrà agli ascoltatori dell’emittente un suo editoriale sui temi più incalzanti dell’economia e della politica italiana e internazionale.

Bisogna fare presto. Questo il monito per il governo. La crisi energetica va affrontata con interventi non solo emergenziali ma anche strutturali. «Dovete sapere – spiega il leader azzurro alla radio -, che l’Italia è il primo importatore di energia del mondo e dipende per il 94%, dalle forniture straniere. È quindi indispensabile aumentare la nostra produzione di gas in Italia ed è anche indispensabile riprendere la ricerca sul nucleare: vi ricordo che il gas e l’energia nucleare sono appena state ricomprese dalla Commissione europea tra le energie pulite e sicure».

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A Mosca missione ad alto rischio per Macron: lungo colloquio con Putin

martedì, Febbraio 8th, 2022

di Angela Mauro

Da metà dicembre, Vladimir Putin ha parlato al telefono con Emmanuel Macron ben 5 volte. Con Olaf Scholz, che si è insediato alla cancelleria tedesca l’8 dicembre scorso, solo 2 volte. Basti questo per trasformare la visita del presidente francese oggi al Cremlino in un evento mediatico, geopolitico, storico. Macron l’ha costruito nei minimi dettagli da mesi per cercare una “de-escalation”, come dice appena arrivato a Mosca, nella crisi ucraina. A due mesi dalle presidenziali, il presidente francese decide di correre un rischio serio: le azioni diplomatiche internazionali non fanno vincere le elezioni, concordano gli osservatori francesi, e anzi possono far perdere punti se non vanno a buon fine.

Mentre scriviamo a tarda sera, il capo dell’Eliseo e il suo omologo russo sono ancora chiusi al Cremlino a parlare. L’incontro è iniziato poco dopo le 16. Seduti al lungo tavolo ovale, lontanissimi l’uno dall’altro e senza strette di mano per via del covid che per Putin è una vera ossessione, Macron e il capo del Cremlino cercano una via d’uscita diplomatica alla crisi. Nelle stesse ore, il capo della diplomazia europea Josep Borrell è a Washington al Consiglio Ue-Usa sull’energia per incrementare l’importazione di gas liquido americano in Europa. “La Russia usa il gas come arma geopolitica”, dice l’Alto rappresentante Ue in conferenza stampa con il segretario di Stato Usa Antoni Blinken che insiste sulla pericolosità della presenza militare russa al confine con l’Ucraina. Questo “è il momento più doloroso per l’Ue dalla guerra fredda”, dice Blinken.

Sull’incontro di Macron a Mosca è altissima la pressione statunitense. La Casa Bianca fa sapere che ieri sera il presidente Joe Biden ha parlato con l’omologo francese proprio in vista del vertice al Cremlino. Negli ultimi mesi, gli Usa hanno incrementato l’esportazione del loro gas liquido (Lng, liquidi natural gas) in Europa, nell’intento di renderla meno dipendente dalle forniture russe che al momento rappresentano ancora il 40 per cento dell’import europeo di gas. 

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