Archive for Febbraio, 2022

Caro-bollette, chi ci guadagna

venerdì, Febbraio 11th, 2022

Gilda Ferrari

Lo ha detto durante la sua visita a Genova mercoledì, Mario Draghi, che il governo non dimentica famiglie e imprese in difficoltà e lavora a un nuovo provvedimento per calmierare gli aumenti di luce e gas. Il nuovo decreto-energia sarà «di ampia portata». Si parla di un intervento da 5-7 miliardi, di cui una parte in arrivo da una mini tassazione degli extraprofitti realizzati dagli impianti a fonti rinnovabili.

Secondo un’analisi condotta dall’Associazione Reseller e Trader dell’Energia (Arte) e Assoutenti su dati Terna e Arera e stime basate su valori medi di costi di produzione e prezzi di vendita, nel 2022 gli extraprofitti delle rinnovabili potrebbero superare i 9 miliardi di euro: 2,9 miliardi da idroelettrico, 3,9 miliardi da eolico, 1,1 miliardi da geotermico, 2,5 miliardi da biomassa e rifiuti. L’energia green, insomma, paga. Soprattutto chi la produce. A beneficiare di questi maggiori guadagni annui sarebbero gli operatori italiani più presenti nella produzione di energia rinnovabile. I risultati delle proiezioni – riportati in tabella – sono stime: si va dai 4,6 miliardi di Enel, leader nazionale del green, ai 320 milioni di Iren.

L’analisi Arte-Assoutenti parte da dati Terna e Arera su come sono ripartiti tra gli operatori i 116.054 GWh di energia da fonti rinnovabili prodotta in Italia. Quindi stima gli extraprofitti assumendo che il Prezzo unico nazionale (Pun) si mantenga a 220 euro a MWh (è stato 236 euro in media tra ottobre 2021 e gennaio 2022) e che i costi medi a MWh dei produttori siano i seguenti: 20 euro per l’idroelettrico, 60 euro per eolico e fotovoltaico, 30 euro per il geotermico e 90 euro per biomassa e rifiuti. «Con questi costi – spiegano le associazioni – vendendo a 220 euro a MWh i maggiori ricavi vanno dai 130 euro garantiti da biomassa e rifiuti ai 200 euro dell’idroelettrico».

Il perché un’energia prodotta a un costo di 20 euro a MWh debba essere venduta a 220 euro risiede nel meccanismo di formazione del prezzo dell’energia. Sulla Borsa elettrica a fare il Pun è l’ultimo MWh offerto per soddisfare la domanda di energia, ora per ora.

«Abbiamo cercato di dare concretezza alla posizione di Draghi, che ha ben altri strumenti rispetto a noi – dice Furio Truzzi, presidente di Assoutenti –. Non siamo affatto contrari alle rinnovabili, anzi. Né si tratta di scippare le aziende produttrici che fanno margini. Ma crediamo sia il caso di usare questi maggiori guadagni per fermare l’emorragia e restituirli alle aziende nei prossimi anni. Le aziende di Stato e le ex municipalizzate devono riscoprire i valori solidaristici».

Rating 3.00 out of 5

Ricorso in tribunale e niente comitato, la mossa di Grillo per uscire dall’angolo

venerdì, Febbraio 11th, 2022

Federico Capurso

La soluzione era sotto gli occhi di tutti, da sempre, ma Vito Crimi, l’ex capo politico reggente dei Cinque stelle, non se ne era accorto. Un documento, il regolamento del 2018, avrebbe reso possibile «la presentazione immediata di una istanza di revoca della sospensione cautelativa al tribunale di Napoli», fanno sapere gli avvocati a Beppe Grillo e Giuseppe Conte, che li ascoltano increduli, seduti nello studio del notaio Luca Amato. L’ex premier è furioso. Crimi non aveva capito – fanno sapere fonti M5S – che con quel documento si sarebbe potuta evitare la sospensione cautelativa dello Statuto e il conseguente azzeramento dei vertici grillini. Insomma, probabilmente si sarebbe potuto evitare il caos.

Anche Grillo è sconcertato. La prenderebbe con ironia, se non si fosse dovuto precipitare a Roma per trovare una soluzione a un groviglio che sembrava inestricabile. Tanto complicato da costringerlo persino a rivedere le liturgie che finora lo avevano sempre accompagnato nei suoi viaggi nella Capitale. A partire dalla scelta del quartier generale dove incontrare i big del partito: non più l’hotel Forum, a due passi da Montecitorio, ma l’hotel Parco dei Principi, nel cuore di Roma Nord, dove la densità di studi notarili e di avvocati rendeva più semplice l’organizzazione di incontri che hanno poco a che fare con la politica e molto più con i tribunali. Il Garante ha voluto ascoltare soprattutto loro, gli avvocati, per trovare una soluzione lampo che potesse dare ossigeno ai Cinque stelle. «Le delibere sono valide, alla luce del regolamento del 2018», gli hanno spiegato i legali del Movimento. Quel regolamento, nei loro ragionamenti, certifica la «piena regolarità» delle votazioni passate e si confida, quindi, che il giudice possa revocare la sospensione.

Scartata, dunque, l’ipotesi di nominare un nuovo Comitato di garanzia (lo stesso di cui facevano parte Luigi Di Maio, Virginia Raggi e Roberto Fico), di far indire al Comitato non appena insediato un voto per lo statuto di Giuseppe Conte e, successivamente, un altro voto per la sua elezione a presidente del partito. Questa mossa – hanno avvertito i legali – avrebbe avuto un rischio e cioè quello, in vista delle sentenza del tribunale di Napoli prevista per il 1° marzo, di riconoscere di fatto le ragioni di chi aveva presentato ricorso. Un’ammissione di colpevolezza, quindi, prima ancora che ci fosse stata la sentenza. La strada di eleggere un comitato di Garanzia, però non è archiviata. È un’uscita di sicurezza sempre in piedi, se la richiesta di revoca della sospensione dovesse essere respinta.

Rating 3.00 out of 5

Milano, benzina sopra i 2 euro al litro: prezzi alle stelle. Ecco la mappa dei distributori più convenienti

venerdì, Febbraio 11th, 2022

di Luca Caglio

Il dossier delle associazioni di consumatori. I gestori: guadagno minimo, resistiamo con autolavaggio e minishop. Pesano i costi di trasporto. «In un anno spesa cresciuta di 400 euro»

desc img

Mobilità salata. La via crucis dei rincari passa anche dai distributori di carburante, dove il prezzo di benzina e gasolio ha raggiunto picchi di oltre 2 euro al litro superando i livelli medi del 2012, i più alti di sempre, quando la verde segnava 1,786 e il «diesel» 1,705. Secondo le stime di varie associazioni di consumatori, l’aumento dei listini costerà alle famiglie milanesi 400 euro in più rispetto allo scorso anno, oltre che un carrello della spesa più «pesante» per l’effetto sui prezzi delle merci e dei generi alimentari che viaggiano su strada. È l’altra faccia del ritorno alla (quasi) normalità, che significa lavorare in presenza, più viaggi e meno economia di vicinato, ma anche più domanda di carburante a cui oggi non corrisponde una maggiore produzione di petrolio.

desc img

GUARDA IL GRAFICO

Le pompe a prezzi «popolari»

Agli automobilisti tocca allora «curare» il centesimo, aiutati dal passaparola o dalle app che registrano le fluttuanti tariffe delle 388 piazzole milanesi gestite da 207 società (261 nel 2011): le più economiche, come riporta prezzibenzina.it, erogano un litro di carburante senza superare la soglia di 1,80 euro. Le pompe self più «popolari» si trovano alla Esso di via Parri (Municipio 7), abituate a tenere la verde e il gasolio sotto i limiti di 1,759 e 1,659. Lo stesso marchio ammicca ai passanti di viale Rubicone con quote appena più alte. Ma la convenienza, per non dire il male minore, fa capolino anche ai distributori indipendenti, i cosiddetti «no logo», cioè non vincolati alle multinazionali del petrolio. In questo caso si può risparmiare alla Costantin di via Vincenzo da Seregno e alla Oilone di via Gallarate, entrambe servite a 1,799 euro, per una forbice di circa 30 centesimi al litro rispetto alle punte di 2,079 della Eni di corso Sempione.

Rating 3.00 out of 5

Mascherine al chiuso e all’aperto, green pass, stato di emergenza: il calendario del ritorno (graduale) alla normalità

venerdì, Febbraio 11th, 2022

di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini

Da oggi basta mascherine all’aperto e riaprono le discoteche. Covid pass e stato di emergenza: il calendario. L’Aifa: no alla quarta dose. Raggiunte le 150 mila vittime

All’aperto, tutti senza la mascherina. E in discoteca si torna a ballare. Un doppio passo verso l’uscita dalla pandemia. Il percorso individuato dal governo comincia oggi e termina il 15 giugno, quando scade l’obbligo vaccinale per gli over 50. Una strada agevolata dalle parole del direttore generale dell’Agenzia del farmaco (Aifa) Nicola Magrini, che ieri ha escluso il via libera alla quarta dose di vaccino mostrandosi più propenso a «un richiamo annuale».

Nonostante l’Italia abbia superato la soglia simbolica e drammatica dei 150 mila morti, i dati dell’evoluzione della pandemia sono confortanti. I nuovi casi di contagio sono stati 75.861, 325 le vittime con un tasso di positività stabile all’11,1. «Siamo verso l’uscita ma dobbiamo avere cautela, continuare con i comportamenti prudenti», ripete Roberto Speranza. L’atteggiamento del governo è mutato: la curva epidemiologica consente di allentare le misure di contenimento, come già sta avvenendo in diversi Paesi europei. Ma il ministro della Salute e il premier Mario Draghi concordano sulla necessità di riaprire gradualmente evitando fughe in avanti che potrebbero poi costringere a passi indietro, come già accaduto in passato. Difficile dimenticare l’estate del 2020, quando la scelta del governo di riaprire le discoteche contribuì al forte aumento di casi in autunno. Ora anche il settore che è stato fra i più penalizzati in questi due anni di emergenza può ripartire.

Ecco dunque un calendario possibile di allentamenti. Alcune tappe intermedie sono già state decise e, se non ci saranno rialzi della curva epidemiologica, è possibile che vengano anticipate seguendo la linea della prudenza imposta da palazzo Chigi e condivisa dal ministero della Salute.

Mascherine all’aperto

Da oggi non si dovrà più indossarle all’aperto, ma bisognerà sempre portarle con sé e metterle in caso di assembramenti o situazioni dove non sia possibile stare a distanza dalle altre persone. La decisione di togliere l’obbligo all’aperto è un altro passaggio simbolico verso la fine delle restrizioni perché la misura era stata decisa con il decreto del 13 ottobre del 2020, quando a palazzo Chigi c’era ancora Giuseppe Conte.

Discoteche

Riaprono le discoteche anche per ballare, ma seguendo i protocolli già approvati. Potrà entrare soltanto chi ha il green pass rafforzato, quindi guariti o vaccinati. Se la discoteca è al chiuso sarà obbligatorio indossare la mascherina, tranne quando si sta in pista a ballare. Nelle discoteche all’aperto si potrà stare invece senza mascherina. Il limite di capienza non può essere superiore al 75% all’aperto e al 50% al chiuso.

Rating 3.00 out of 5

Giorgio Gori: “Coalizione riformista per avere Draghi premier anche dopo il 2023”

giovedì, Febbraio 10th, 2022

“Non escludo che Draghi possa governare oltre il 2023”. Lo dice Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, in una intervista con Repubblica. E’ l’epilogo di un ragionamento secondo cui il Pd dovrà essere il battistrada di una coalizione “tra i riformisti, dai socialisti ai liberali, alludo a uno schema – dice Gori- che possa andare anche oltre gli schieramenti classici, relegando all’opposizione i populisti e le forze anti-europee”. Insomma, una maggioranza Ursula con dentro anche Forza Italia. 

“Io penso che Fi non abbia interesse a restare ingabbiata dentro una coalizione disomogenea e instabile, col rischio di essere egemonizzata da forze di matrice nazionalista – sostiene Gori-.  Se resta il maggioritario sarà difficile che il quadro muti. Se invece matureranno le condizioni per una legge elettorale di tipo proporzionale — simile a quella tedesca, dove le maggioranze si formano a valle del voto sulla base di chiari impegni di governo — la situazione potrebbe cambiare. E sarebbe, io credo, una cosa buona per l’Italia, che ha bisogno di proseguire il percorso di modernizzazione e di rilancio avviato dall’amministrazione Draghi. Perché questo accada è auspicabile che le forze riformiste e socialiste lavorino insieme, come già succede in Europa nella Commissione von der Leyen, superando la classica divisione fra centrodestra e centrosinistra”.

Del resto, per il sindaco di Bergamo la prospettiva per il Pd non è con M5s. 

“Per me vale la road map tracciata da Letta nel giorno della sua investitura: prima si pensa a far crescere il Pd coltivandone l’identità come forza del lavoro, dell’equità e della modernizzazione del Paese. Poi si ricostruisce il centrosinistra. E infine si dialoga con i 5S, sperando che recuperino un assetto più stabile. Con una chiara gerarchia delle relazioni”.

Rating 3.00 out of 5

Passo avanti verso la fusione nucleare: nuovo record di energia prodotta

giovedì, Febbraio 10th, 2022

di Paolo Virtuani

Realizzati 59 megajoule in 5 secondi, più del doppio di un precedente test. «Abbiamo dimostrato che possiamo tenere accesa una mini-stella»

desc img
il reattore dell’European Fusion Experiment JET (foto: Eurofusion)

Realizzati 59 megajoule in 5 secondi, più del doppio di un precedente test, una potenza di fusione media di circa 11 megawatt . Non si tratta di una quantità esorbitante, è la quantità di energia necessaria per portare a ebollizione l’acqua contenuta in 60 bollitori di tè, ma è significativa: il risultato testimonia infatti la buona strada intrapresa dall’esperimento europeo di fusione nucleare Jet. Il programma per arrivare al difficile risultato di ottenere «l’energia dell’interno del Sole», cioè arrivare alla fusione nucleare e disporre di una quantità di energia potenzialmente illimitata e a basso prezzo, continua a ottenere successi, molto importanti proprio in una stagione come quella attuale in cui il costo dell’energia ricavata da fonti fossili, in particolare il gas naturale, è arrivato a livelli record e ha anche notevoli implicazioni geopolitiche. A gennaio erano stati raggiunti anche i 100 mila impulsi di plasma all’interno del reattore. «Abbiamo dimostrato che possiamo creare una mini-stella dentro la nostra macchina e tenerla accesa per 5 secondi ad alto livello. Entriamo in una nuova dimensione», ha detto in una conferenza stampa Joe Milnes, alla guida delle operazioni.

Ricadute economiche

Il consorzio Eurofusion lavora in Inghilterra, presso Oxford, con il JET (Joint European Torus), il più importante reattore di ricerca al mondo sulla fusione nucleare. Partecipa anche l’Italia tramite l’Enea. L’Italia, secondo partner più importante del Consorzio dopo la Germania, riceverà il 16% del contributo europeo, pari a circa 90 milioni di euro. Il Consorzio Eurofusion può contare su circa 4.800 scienziati provenienti da 28 Stati europei (i 25 Paesi Ue più Regno Unito, Svizzera e Ucraina). «La rete italiana della ricerca sulla fusione, con oltre venti partner tra università, enti di ricerca e industrie, rappresenta un caso di successo in termini di contributo tecnico-scientifico, di trasferimento tecnologico con notevoli ricadute economiche», aveva nei giorni scorso sottolineato Paola Batistoni, responsabile della Sezione sviluppo e promozione della fusione di Enea. «Le aziende italiane si sono aggiudicate commesse industriali per un valore totale di oltre 1,3 miliardi di euro, circa il 50% del totale europeo, per la realizzazione del reattore sperimentale Iter attualmente in costruzione in Francia».

Enea: «Orgogliosi»

«Siamo particolarmente orgogliosi dei nostri ricercatori che hanno lavorato alla preparazione e all’esecuzione degli esperimenti e all’analisi dei dati coordinando anche il team europeo che ha studiato gli aspetti tecnologici delle operazioni in deuterio-trizio, fondamentali in vista del progetto Iter, in via di realizzazione in Francia», ha commentato Gilberto Dialuce, presidente Enea.

Rating 3.00 out of 5

Montanari e le foibe, quando all’analisi storica si preferisce un’esibizione provocatoria

giovedì, Febbraio 10th, 2022

di Aldo Grasso

Il rettore dell’Università per stranieri di Siena alla vigilia del Giorno del ricordo critica (ancora una volta) la giornata sulle foibe a un convegno: per il professore è un’ossessione e la sua più che storiografia è mitomania

desc img

Più che una riflessione è un’ossessione, più che un’analisi è un’esibizione, più che storiografia è mitomania. Per Tomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, le foibe rappresentano sempre una buona occasione per mettersi in mostra davanti a una sinistra «dura e pura». Di cui, evidentemente, si sente l’ultimo erede. Alla vigilia del Giorno del ricordo, «istituito — come recita la legge n. 92 del 30 marzo 2004 — al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra», Montanari ha pensato bene di organizzare a Siena un seminario dal titolo: «Uso politico della memoria e revanscismo fascista: la genesi del Giorno del ricordo».

Nel presentare il convegno (in una sala semideserta), Montanari ha ribadito il carattere accademico dell’incontro («l’università non si schiera politicamente»), che in discussione non è la tragedia delle vicende ma il revanscismo fascista che ha portato all’istituzione della legge del 2004, e tuttavia (nonostante la qualità degli interventi) a nessuno sfugge il carattere di provocazione per ribadire, ancora una volta, come questa ricorrenza sia «una falsificazione storica» voluta dalle destre. Il Giorno del ricordo non è nato in evidente opposizione alla Giornata della memoria (della Shoah). Se alcuni faziosi lo fanno (e lo fanno), se ne assumano la responsabilità. Ma non esiste nessuna equiparazione fra i due eventi: la Shoah indica l’unicità di una tragedia senza paragoni. Le foibe sono un abisso, la voragine dell’inebetimento umano. Non paragonabili al calcolato progetto di genocidio dei nazisti ma pur sempre parte di quell’ideologia di purificazione etnica che imbianca tutti i sepolcri del mondo.
La disinvoltura sul numero dei morti «costituisce — ha scritto Raoul Pupo — un ottimo trampolino di balzo per il negazionismo, che ha buon gioco nel denunciare esagerazioni e incongruenze e che nel facile risultato trova la spinta a mettere in discussione non solo la retorica rappresentazione, ma la sostanza dei fatti». La memoria va a corrente alternata? Memoria significa anche ricordare l’accoglienza riservata da molti italiani ai profughi.

Rating 3.00 out of 5

Giustizia, scontro totale tra politici e tecnici

giovedì, Febbraio 10th, 2022

Francesco Grignetti, Ilario Lombardo

Roma. C’è una grana clamorosa, nascosta tra le righe della riforma dell’ordinamento giudiziario. E potrebbe rivelarsi deflagrante. Riguarda le famose «porte girevoli», ovvero il divieto per un magistrato di scendere in politica e poi tornare indietro alla toga.

Sulla carta, tutti d’accordo. Ma il diavolo si nasconde nei dettagli, come ha scoperto il deputato Enrico Costa, di Azione: il blocco delle porte girevoli funzionerebbe per i magistrati che si candidano e ancor di più per quelli che vengono eletti, non per quelli che sono «prestati alla politica» in quanto tecnici, anche se poi diventano ministri o sottosegretari.

Una grossa grana perché stavolta i partiti sono messi di fronte a una scelta che viene ricondotta al presidente del Consiglio in persona. «È una decisione di Draghi», così Costa s’è sentito dire quando, martedì sera, seduto di fronte alla ministra Marta Cartabia e al capo di gabinetto del premier, Antonio Funiciello, ha chiesto lumi sul perché di questo divieto dimezzato. «Il divieto vale solo per gli eletti» è la spiegazione che gli fornito la Guardasigilli.

E dunque, al momento, nel testo della riforma del Consiglio superiore della magistratura ritoccato da Cartabia l’interdizione non varrebbe per quei profili più tecnici che, senza passare dal voto, pure partecipino attivamente a governi politici e a giunte regionali o comunali. Un distinguo che non piace ai partiti perché si renderebbe impossibile tornare in magistratura ad un semplice consigliere di opposizione, ma non a chi ha costruito una carriera nelle istituzioni all’ombra della politica e magari occupa posizioni di primissimo piano. «La commistione esce dalla porta e rientra dalla finestra», protesta Costa.

Rating 3.00 out of 5

Lega e Fi contro Meloni: “Non è lei la leader”

giovedì, Febbraio 10th, 2022

ROMA. Non ha voglia di litigare Matteo Salvini, «cerco di unire superando le divisioni che in questo momento non servono a niente e a nessuno», ma con Giorgia Meloni la distanza è sempre più ampia. La presidente di Fratelli d’Italia, in un’intervista pubblicata ieri su La Stampa, aveva dichiarato che sarebbe toccato a lei «dare le carte» e di essere «pronta a governare». Il leader della Lega, competitore di lungo corso nella partita della leadership, le ha risposto ieri: «Queste parole le lascio giudicare ai cittadini quando voteranno. Ognuno ha le sue ambizioni, io un anno da ministro l’ho fatto e penso che gli italiani se lo ricordino. Sono i cittadini a decidere».

Passati i giorni degli abbracci a favore di telecamere e delle accuse ai giornali che «inventano dissidi tra di noi», i due leader della destra italiana sono ormai su posizioni che appaiono, almeno per ora, inconciliabili. Salvini considera che Fratelli d’Italia sia ormai in un angolo, anche per scelta della stessa Meloni e così tenta di disegnare una strategia comune con l’altro alleato rimasto, Forza Italia. Dopo la visita ad Arcore degli scorsi giorni, il dialogo tra i partiti non è mai decollato davvero. Berlusconi ha ascoltato la proposta di Salvini di fondare una casa comune sull’esempio del partito repubblica americano e, dopo aver ricordato di essere il primo ad averne parlato alcuni anni fa, ha posto una serie di condizioni, la prima della quale è l’appartenenza del futuro partito unico del centrodestra al Partito popolare europeo (anche se il progetto potrà realizzarsi solo con la prossima legislatura comunitaria). Altro punto in discussione è quello sulla legge elettorale, l’ipotesi del proporzionale sta prendendo sempre più forza anche tra gli azzurri.

Rating 3.00 out of 5

La legge sul fine vita in Parlamento rischia di fare la fine del ddl Zan

giovedì, Febbraio 10th, 2022

di Simone Alliva

Battaglia in aula sugli emendamenti. In arrivo dal centrodestra la richiesta del voto segreto. Con cui si è affossata la legge contro l’omotransfobia. Intanto, fuori dai Palazzi, sono già oltre 100 i nomi di chi ha scelto di sostenere il Referendum Eutanasia Legale

A bassa voce lo ripetono tutti, con rassegnazione o con gioia, dipende dal partito di appartenenza: la legge sul suicidio assistito è destinata a far la fine del ddl Zan al voto segreto.

«Fiducioso» si dice Nicola Provenza del M5S relatore del fine-vita insieme ad Alfredo Bazoli del Partito Democratico, quest’ultimo, paventa: «Cauto ottimismo» e aggiunge: «Questo è un testo che ha cercato di trovare un punto di mediazione. Non mi aspetto che il centrodestra voti a favore ma che non faccia ostruzionismo. E che alcuni esponenti votino in dissenso al gruppo».

Aspettative alte per l’approvazione alla Camera. Ma come sempre, in politica, quello che si dice sottovoce è quello che conta. In mattinata il segretario del PD Enrico Letta e la Capogruppo alla Camera Debora Serracchiani, indicano la linea durante una riunione su Zoom in diretta con il gruppo dem: «Ci teniamo saldi sul testo uscito dalla commissione».

A fine riunione il Transatlantico ribolle di deputati che si sfogano protetti dall’anonimato: «Così si va a sbattere». Il testo non convince molti dem. Tra i punti più discussi, ad esempio, quello sulle cosiddette ‘cure palliative’, richiesta del centrodestra accolta dal fronte Pd-M5s (la persona deve essere stata “previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate”). «Una scelta che esclude buona parte dei cittadini italiani. Alle cure palliative possono avere accesso solo pochissimi cittadini in pochissime città e questo è di per sé discriminatorio», lamentano. Oppure: «Una persona come Dj Fabo non avrebbe avuto accesso a questa legge perché non era in condizione di fine vita. Questo testo va anche contro le decisioni della sentenza». Spaccature che spalleggiano Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni e forte del successo del referendum per legalizzare l’eutanasia, in attesa della sentenza della Corte Costituzionale che tra pochi giorni (15 febbraio) potrebbe considerare legittimo. Cappato osserva come: «Le nuove norme del ddl non migliorano il quadro, perché escludono chi non è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, come i malati di tumore, e non fissano tempi certi. Anzi, fanno dei passi indietro su obiezione di coscienza, sofferenza psichica e cure palliative».

Il ddl, infatti, rischia proprio di scontrarsi con la sentenza attesa per la prossima settimana (il 15 febbraio) della Corte Costituzionale sul referendum dell’Associazione Coscioni che ha già raccolto oltre 100 i nomi di chi ha scelto di sostenere il Referendum Eutanasia Legale, promosso e finanziato dall’Associa-zione Luca Coscioni, ed e’ pronto ad attivarsi e a votare si’, nel caso in cui il Referendum sia considerato ammissibile dalla Corte Costituzionale.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.