Archive for Febbraio, 2022

Tre innocenti al giorno finiscono in carcere. I pm si autoassolvono ma i loro errori costano 40 milioni ogni anno

sabato, Febbraio 5th, 2022

Massimo Malpica

«I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario. Neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone. Va sempre avvertita la grande delicatezza della necessaria responsabilità che la Repubblica affida ai magistrati».

Parole del vecchio/nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel suo discorso di insediamento non ha risparmiato critiche alla giustizia, dedicando un passaggio importante agli errori giudiziari, a quelle «decisioni arbitrarie o imprevedibili» che, purtroppo, sono ancora numerose ogni anno. Così l’appello di Mattarella è un registro dei desiderata, non la proiezione della realtà, se solo nel biennio 2019/2020 le ordinanze di riparazione per ingiusta detenzione sono state 1.750, con un esborso per lo Stato di oltre 80 milioni di euro. E a fronte di questa messe di provvedimenti ingiusti che lo Stato ha riconosciuto come tali, sono state promosse solo 45 azioni disciplinari contro i magistrati: di queste 7 si sono concluse con l’assoluzione, 13 con il non doversi procedere (per esempio perché il magistrato incolpato ha lasciato la toga) e 25 erano ancora in corso al momento dell’ultima relazione al Parlamento del ministero della Giustizia. Finora, insomma, per 1.750 errori conclamati, 283 dei quali non più impugnabili, non c’è stata una sola censura, un solo ammonimento: per trovarne tocca risalire al 2018, anno in cui a fronte di 509 indennizzi per ingiusta detenzione riconosciuti sono stati sottoposti ad azione disciplinare 16 magistrati, quattro dei quali censurati.

Malagiustizia e scarsa incisività dell’azione disciplinare, insomma, che giustificano, quando meno, l’opportunità del richiamo del capo dello Stato. E in fondo per capire come gli errori giudiziari non siano microscopiche macchioline in un sistema altrimenti perfetto basta scorrere le cronache. Anche quelle recenti, se appena a inizio settimana Pietro Grasso, ex presidente del Senato e già procuratore nazionale Antimafia, ha ricordato su Repubblica lo scomparso Maurizio Zamparini, ex presidente del Palermo, sostenendo che l’imprenditore era diventato «un obiettivo di chi aveva deciso che dovesse lasciare» il capoluogo siciliano, e che quell’obiettivo era stato «raggiunto anche attraverso l’azione della magistratura» che «credo ha proseguito Grasso abbia risentito dell’atmosfera che si respirava in città e che era portatrice della volontà di fargli lasciare il club». Obiettivo riuscito alla fine del 2018, con conseguenze disastrose anche per la squadra, fallita poco dopo e costretta a ripartire dalla serie D. Ma di storie ce ne sono tante, così tante che ad alcune tra le più eclatanti Stefano Zurlo ha dedicato «Il libro nero delle ingiuste detenzioni», uscito lo scorso autunno per Baldini e Castoldi, raccontando nove odissee giudiziarie di vittime della malagiustizia, scelte tra quelle delle 30mila persone che, come ricorda il deputato di Azione Enrico Costa, tra 1991 e 2020 sono finite in cella per poi vedersi assolvere o prosciogliere. Ecco dunque il caso di Pietro Paolo Melis, allevatore del Nuorese, arrestato nel 1997 da incensurato per un sequestro che non aveva commesso, condannato a 30 anni a causa di una intercettazione coperta da «un rilevante e continuo rumore di fondo» sciattamente ed erroneamente attribuita a lui dai giudici, e tornato libero solo 18 anni, sei mesi e cinque giorni più tardi, il 15 luglio 2016, quando di anni ne aveva 56.

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Draghi e il “nemico” Conte: intesa sui pm in politica. Via all’agenda Mattarella

sabato, Febbraio 5th, 2022

Adalberto Signore

Nel day after del discorso d’insediamento alle Camere riunite, la cosiddetta «agenda Mattarella» inizia a prendere forma. Due dei passaggi più delicati – e più applauditi – sono stati infatti quelli sul ruolo del Parlamento e sui problemi del sistema giustizia. Le Camere, ha detto il capo dello Stato auspicando una nuova e diversa interlocuzione tra governo e parlamentari (e, dunque, partiti), dovranno essere «messe in condizione» di analizzare con calma gli «atti fondamentali» dell’esecutivo, evitando una «forzata compressione dei tempi». Mentre sul versante giustizia Mattarella ha chiesto di portare a termine la riforma del Csm che, peraltro, è bloccata proprio alla Camera, visto che in commissione Giustizia si attendono da mesi gli emendamenti del ministro Cartabia.

E’ proprio su queste due direttrici che ieri il governo ha iniziato a muovere i primi passi. Di prima mattina, Palazzo Chigi ha smentito con nettezza «le indiscrezioni riportate da alcuni quotidiani» (compreso il Giornale) secondo cui si starebbe ragionando su una rimodulazione del format della cabina di regia. All’interno della quale il coordinamento è sostanzialmente con i ministri competenti a seconda del tema trattato, figure che però spesso non coincidono con le leadership dei rispettivi partiti. Smentite a parte, l’impressione che Draghi voglia cambiare passo rispetto a un primo anno di governo in cui si è tenuto a debita distanza dai partiti pare trovare conferma. Tanto che ieri il premier ha avuto un faccia a faccia di quasi un’ora con Conte, uno dei suoi principali avversari nella corsa al Quirinale. Un incontro, spiegano da Palazzo Chigi, in cui «sono stati affrontati i temi legati all’azione di governo», nella consapevolezza che il M5s non è rappresentato solo da Di Maio. Ragionamento, a dire il vero, che vale anche per altri partiti, dalla Lega a Forza Italia.

E nella direzione di un maggior dialogo all’interno del Parlamento – e quindi anche con il governo, trattandosi di un esecutivo di unità nazionale – va anche Letta. Il segretario del Pd, che proprio ieri ha pranzato con Conte, si è infatti appellato ai partiti per mettere in pratica l’invito di Mattarella. «Troviamoci a discutere dello strumento parlamentare più idoneo e decidiamo insieme le forme con cui nell’ultimo anno di legislatura si può dare attuazione alle sollecitazioni del capo dello Stato», dice Letta. Proposta messa nero su bianco dalle capigruppo dem Serracchiani e Malpezzi che scrivono ai presidenti di Camera e Senato proponendo una «specifica sessione di dibattito parlamentare». E dalle altre forze politiche arriva una discreta apertura. I capigruppo di Lega e Forza Italia al Senato, Romero e Bernini, ma anche il sottosegretario azzurro Mulè, i grillini Brescia e Baldino e il presidente dei deputati di Leu Fornaro raccolgono infatti l’invito del Pd.

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Il sondaggio dopo il Colle: Forza Italia sfiora il 10%. Chi sale e chi scende

sabato, Febbraio 5th, 2022

Luca Sablone

Gli effetti della rielezione di Sergio Mattarella come presidente della Repubblica si ripercuotono sugli ultimi sondaggi, che mettono in evidenza una generale perdita di consensi da parte di quasi tutti i maggiori partiti in campo. A essere esente dal calo delle preferenze è Forza Italia, che invece incassa nuovi voti e si porta a un passo dal 10%: è stata premiata la linea di Silvio Berlusconi, in coerenza con la necessaria stabilità, così come è stato apprezzato il suo passo indietro nella corsa per il Quirinale per evitare lacerazioni e un’impasse politica pericolosa per gli italiani. Ecco cosa dicono le ultime rilevazioni.

Il sondaggio

Stando al sondaggio di Ipsos riportato dal Corriere della Sera, al primo posto resta il Partito democratico: la formazione di Enrico Letta guadagna lo 0,8% e si porta al 20,8%. Poco più giù Fratelli d’Italia, che con una lieve flessione dello 0,2% scende al 19,3%. Molto male la Lega, che nel giro di una settimana perde l’1,7% dei consensi e si attesta al 18%. La quarta casella è occupata dal Movimento 5 Stelle, che con una perdita dello 0,4% va al 15,5%.

Continuano ad arrivare buone notizie per Forza Italia, che prosegue il suo periodo di crescita soprattutto dopo il ritorno in campo del Cavaliere: il partito azzurro incassa una variazione positiva dello 0,6% e si porta al 9,8%. Tra le altre forze politiche con minori preferenze rientrano la Federazione Azione/+Europa (3,9%) e Italia viva (2,2%). La quota degli astensionisti e degli indecisi aumenta di 2 punti rispetto a dicembre e raggiunge il 41,5%.

I tre principali partiti del centrodestra godono del 47,1% e continuano a mantenere un netto vantaggio sia sul centrosinistra (31,6%) sia sull’alleanza giallorossa (39,2%). Ma non è scontato che la coalizione correrà unita alle prossime elezioni come accaduto fino ad ora. Nelle prossime settimane i leader del centrodestra dovranno aprire una riflessione interna su quanto accaduto e prendere una decisione ufficiale: continuare a marciare insieme o separarsi?

Il gradimento dei leader

La vicenda relativa al Colle ha avuto inevitabilmente un riflesso anche sul gradimento nei confronti dei leader. Per gli italiani non c’è un vero vincitore della sfida per il Quirinale: Salvini (39%), Conte (19%), Meloni (16%), Berlusconi (13%) e Letta (12%).

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Perché l’inflazione ci deve preoccupare

sabato, Febbraio 5th, 2022

Carlo Cottarelli

È tornata. L’inflazione, che i millennials non avevano mai conosciuto, è di nuovo tra noi. E non solo tra noi. Negli Stati Uniti l’aumento annuale dei prezzi al consumo viaggia al 7 per cento. Nell’area dell’euro, comprese Germania e Italia, al 5 per cento. Nei Paesi emergenti e in via di sviluppo il Fondo monetario internazionale stima una media del 6 per cento. Solo in Giappone l’inflazione è rimasta sotto l’1 per cento. Neanche le cannonate smuovono i prezzi in Giappone. A dire il vero, l’inflazione è spinta, più che da cannonate, da raffiche di aumenti dei prezzi delle materie prime. Ma non solo. Cerchiamo di chiarire rispondendo a sei domande.

Quali prezzi aumentano? L’aumento è più forte per gli idrocarburi, soprattutto per il gas naturale, ma l’aumento è generalizzato. Salgono i prezzi dell’alluminio, del frumento, del caffè, del cotone e dei container usati per i trasporti internazionali. Spinti da questi aumenti, ma anche da altre cause, salgono i prezzi domestici. L’inflazione “di fondo” (cioè al netto di voci volatili come i prezzi dell’energia) è più bassa di quella totale, ma è cresciuta.

Era previsto un tale aumento dell’inflazione? No. Ha colto tutti di sorpresa. Nel dicembre 2020 la Fed, la banca centrale americana, vedeva l’inflazione all’1,8 per cento nel 2021; per la Bce sarebbe stata dell’1 per cento. Calma piatta. Se non lo prevedevano le principali banche centrali, figuriamoci noi comuni mortali.

Perché l’inflazione è aumentata? Questa è la domanda cruciale. Ci sono fattori specifici a certe materie prime come il gas naturale il cui prezzo si è quadruplicato rispetto ai livelli pre-Covid (hanno pesato il calo nel 2021 delle scorte di gas per il freddo inverno, il basso rendimento dell’eolico nel Nord Europa, ed eventi geopolitici). Ma al di là dei fattori specifici, quando i prezzi di tutti i beni si impennano, significa che la domanda aggregata sta crescendo più rapidamente dell’offerta. Questo vale anche per le materie prime. Talvolta le banche centrali si focalizzano solo sull’inflazione di origine interna: come possono essere responsabili per l’inflazione importata? Ma, a livello globale, nulla è importato. A livello globale è l’azione congiunta delle banche centrali e dei governi che influisce sulla domanda aggregata e quindi sull’inflazione. E questa azione congiunta è stata molto espansiva a partire dall’inizio della crisi Covid.

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Draghi frena i leader dei partiti e respinge l’assalto ai conti

sabato, Febbraio 5th, 2022

Alessandro Barbera

Ai leader che uno ad uno sfilano da Palazzo Chigi per chiedergli nuove spese – l’ultimo ieri Giuseppe Conte – Mario Draghi risponde a tutti con la stessa formula: «Il contesto è cambiato». Quest’anno l’Italia non può permettersi di aumentare la spesa oltre i limiti già fissati con l’Europa. I fatti accumulati nell’ultima settimana non lasciano spazio alla fantasia.

Il primo: l’inflazione a gennaio è volata al 4,8 per cento. E fin qui, nessuna sorpresa: i prezzi dell’energia sono quattro volte quelli di due anni fa, e secondo le previsioni resteranno tali per tutto l’anno. Il secondo, meno scontato: giovedì scorso la numero uno della Banca centrale europea Christine Lagarde ha fatto capire che Francoforte non solo ridurrà drasticamente gli acquisti di titoli pubblici, ma potrebbe decidere un aumento dei tassi prima di dicembre. La sola ipotesi ha fatto balzare il differenziale fra titoli italiani e tedeschi sopra i 150 punti base. Da ieri, per vendere un Buono del tesoro decennale il Tesoro deve pagare l’1,72 per cento di interessi: non accadeva da due anni. E infine c’è una terza ragione che costringe Draghi alla prudenza: la trattativa sulla riforma del Patto di stabilità.

Draghi ed Emmanuel Macron hanno un accordo: presentarsi al Consiglio europeo straordinario di marzo con una proposta comune. L’ambizione del premier sarebbe quella di trovare un’intesa a tre con Berlino, ma la faccenda è piuttosto complicata. Ieri il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner era a Roma per incontrare il collega Daniele Franco. I due si sono chiusi in una stanza per più di due ore a discutere le ipotesi messe sul tavolo dai consiglieri economici di Palazzo Chigi ed Eliseo. Il confronto si può sintetizzare così: la Germania è disponibile a discutere di maggiore flessibilità di bilancio sulle spese per investimenti e nella transizione ecologica e digitale, molto meno dell’ipotesi di istituire un’agenzia alla quale affidare il debito accumulato negli anni del Covid. Secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, al momento le probabilità che Roma, Berlino e Parigi si presentino al Consiglio straordinario di marzo già con una proposta condivisa sono molto basse. Per tutte queste ragioni Draghi, dopo aver avallato una costosissima manovra finanziaria da trenta miliardi, ora deve stringere la cinghia della spesa.

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Un piede dentro il governo e uno fuori, ora il M5S segue la strategia della Lega

sabato, Febbraio 5th, 2022

Annalisa Cuzzocrea

«Il carobollette sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese, come possiamo dire di no a risorse aggiuntive?». Giuseppe Conte è andato a Palazzo Chigi a chiedere più fondi, ristori, in pratica un nuovo scostamento di bilancio cui secondo l’ex premier è inevitabile arrivare. «Anche se per ora – ammette – qualcosa si può recuperare a quadro invariato». Il presidente del Consiglio la pensa diversamente: «Caro Giuseppe, non ci sono i margini. E ora come ora neanche i presupposti».

Se c’è una cosa che Mario Draghi ha capito, in queste settimane tormentate dall’elezione del presidente della Repubblica, è che Lega e Movimento 5 stelle hanno in comune molto di più che un passato al governo insieme. Condividono una strategia che già ieri, al premier, è apparsa chiarissima: staranno con un piede dentro e uno fuori dall’esecutivo. Sosterranno le misure che riterranno convenienti al loro consenso elettorale, prenderanno le distanze da quelle più divisive.

Non è stato solo Conte infatti a chiedere un incontro a Palazzo Chigi questa settimana. Draghi doveva vedere anche Matteo Salvini, fermato dal Covid sulla soglia di Montecitorio nel giorno del giuramento di Sergio Mattarella. I due leader vogliono apparire, più di ogni altro, coloro che “pungolano” il governo sulle urgenze del Paese: a partire da quella energetica.

Non si tratta solo di conti. Nuove frizioni potrebbero arrivare già nel confronto sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura, ormai ineludibile non solo perché è una delle condizioni legate ai prestiti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma anche perché è stato lo stesso capo dello Stato – nel suo discorso ai grandi elettori – a ricordarne il ritardo. Su questo, Conte continua a ripetere uno slogan già noto: «No alle porte girevoli tra politica e magistratura». Da qui a capire come sarà declinato, passeranno giorni, tavoli, incontri. Probabili litigi. Tutto però, nel faccia a faccia di ieri tra il leader del Movimento e Draghi, sembra svolgersi alla luce della competizione scoppiata all’interno dei 5 stelle. Conte vuole dimostrare che è con lui che il premier deve parlare, non con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ma è un fatto che a Palazzo Chigi il capo della Farnesina sia considerato come l’esponente del Movimento che risolve i problemi, mentre il contiano Stefano Patuanelli – ministro dell’Agricoltura e capo delegazione – è ormai guardato con maggiore diffidenza. Fa parte di una cabina di regia che il presidente del Consiglio sostiene di non voler assolutamente cambiare, ma non ha – con Draghi – lo stesso rapporto di fiducia di Di Maio.

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Sanremo 2022, il meglio e il peggio della serata delle cover

sabato, Febbraio 5th, 2022

Cover, duetti, sorprese. È un arcobaleno di emozioni: un minuto prima ci si diverte con Morandi e Jovanotti, quello dopo si piange guardando Achille Lauro in ginocchio davanti a Loredana Bertè. Si salta e si balla sulle note di Occhi di ragazza, Un mondo d’amore, Ragazzo fortunato, Penso positivo. Un medleyesplosivo firmato dagli eterni ragazzi Morandi e Jova, elegantissimi in smoking bianco. La «strana coppia», così li chiama Amadeus, intreccia voci e microfoni dando vita a uno show da superstar. Il finale è suggellato da un abbraccio tra amici. Un’amicizia così forte da riuscire a riportare Lorenzo sul palco dell’Ariston (la sua ultima volta, come ospite, fu nel 2008). 

Top e flop, basta con queste promozioni di fiction a Sanremo

Il momento più intenso e toccante è quello che regala Achille Lauro. Si inchina davanti a Loredana Bertè mentre le canta Sei bellissima. Alla fine del duetto le consegna delle rose rosse e una lettera scritta da lui. Una dedica in cui chiede scusa alle donne. Ama si fa carico di leggerla: «Che strano uomo sono io, incapace di chiedere scusa, perché confonde il perdono con la vergogna. Che strano uomo sono io, che ti chiama pagliaccio perché pensa di dover combattere ciò che non riesce a raggiungere. Che strano uomo sono io, Capace solo di dire “sei bellissima” perché ancora ha paura di riconoscere il tuo valore. Stasera, per i tuoi occhi ancora, chiedo scusa e vado via». 

Look Sanremo 2022, le pagelle di Michela Tamburrino: “Noemi è un guazzabuglio, Jovanotti e Morandi da ristorante fuori stagione, Emma è un po’ troppo”

Elisa in What a feeling, da Flashdance, è impeccabile. La scelta di portare una ballerina come Elena D’Amario sul palco dà alla performance quel qualcosa in più che ha il sapore d’internazionalità. Splendida la coreografia.  Ma sono i dettagli a dare colore alla serata. Gianluca Grignani che cantando La mia vita tra le dita con Irama scende tra il pubblico, lo coinvolge e ci fa ricordare la gioia di un concerto vero. Saltare, ballare, urlare una canzone a squarciagola: quelle sensazioni di cui la pandemia ci ha privato per due anni e che speriamo di tornare presto a provare. Rkomi che con i Calibro35 fa un medley dei successi di Vasco: è così autentico da meritarsi – in un tweet – pure i complimenti del rocker di Zocca, con tanto di emoji delle tre dita rock e la firma SkoVa (anagramma di Vasco). Michele Bravi che mostra le fedi dei nonni che non ci sono più e li ringrazia. Ama che dona a Jova un disegno con un cuore e  un sole, fatto con le sue mani. 

Pagelle Live Sanremo 1: Emma e Michielin al top con Britney, Capossela e De André scelta vincente per Truppi

Fresca e spontanea, è da promuovere a pieni voti Maria Chiara Giannetta. Con Maurizio Lastrico fa un divertente sketch in cui i frammenti di brani della storia della musica italiana diventano un dialogo tra due innamorati. Si commuove, invece, quando fa salire sul palco i suoi coach non vedenti che le hanno fatto da consulenti per il personaggio interpretato nella fiction Blanca, una donna che ha perso la vista a 12 anni e vuole entrare in polizia. La Giannetta invita il pubblico a chiudere gli occhi e «ascoltare, con tutti i sensi». Racconta le loro storie ed elenca cosa ha imparato dai suoi «guardiani».

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Mattarella, sette anni diversi e qualche sorpresa

venerdì, Febbraio 4th, 2022

di Stefano Folli

Gli applausi scroscianti dell’aula sono l’aspetto che hanno in comune il discorso di Mattarella e quello di Napolitano nel 2013. Per molti versi sono quasi l’unico aspetto. Ma tutti quei battimani non devono illudere. Napolitano fu molto presto deluso: non era consenso alle sue sferzate contro una classe politica svogliata, quello che si manifestava così rumorosamente. Era, si potrebbe dire, l’omaggio che il vizio rende alla virtù. Un allegro “grazie” al presidente che allora come oggi aveva accettato il “bis”; e che imponeva al Parlamento – o meglio, credeva di imporre – un programma di riforme politico-istituzionali come antidoto al declino. Non se ne fece nulla, come è noto, e non ci fu alcuna maturazione di un sistema sfibrato. Ci fu, è vero, un tentativo di riforma della Costituzione che andò verso il fallimento a causa di una catena di errori: di sostanza e di comunicazione.

Ammaestrato da quel precedente, c’è da credere che Mattarella eviterà di sentirsi troppo lusingato. Senza dubbio in quegli applausi c’è stima per la persona del presidente, ma c’è anche la gioia per lo scampato pericolo: ossia un rapido scioglimento delle Camere dovuto all’instabilità del quadro generale. Viceversa Mattarella rappresenta una garanzia di stabilità nell’anno che manca alla fine della legislatura. Ed è anche la garanzia che si procederà con un piano di riforme?

Qui il protagonista del secondo “bis” consecutivo nella storia della Repubblica è stato cauto. Tranne che su un paio di punti assai sensibili: primo, i rapporti con la magistratura e un Consiglio Superiore da trasformare per non renderlo ostaggio delle correnti; secondo, il tentativo di restituire una centralità perduta al Parlamento umiliato dall’uso dei decreti legge e dall’abuso delle votazioni di fiducia. Sono due punti che possono da soli caratterizzare la seconda presidenza rispetto a un primo mandato più anonimo, almeno per quanto riguarda la magistratura. I partiti e anche il governo Draghi sono avvertiti: nel cammino verso la ripresa post-Covid c’è molto da fare per tutti, se possibile in spirito di coesione nazionale. Ma non esistono rendite di posizione.

Qualcuno dirà che si tratta di frasi che il capo dello Stato avrebbe potuto pronunciare anche in decine di altre occasioni. Ma non è proprio così. È vero, sono mancati i toni drammatici consoni a illustrare l’evento eccezionale di un secondo mandato affidato all’uomo che più di tutti lo escludeva in quanto patologia del sistema. Però non si sfugge all’impressione che il presidente della Repubblica abbia voluto, con il suo stile che non è quello dei predecessori, marcare il passaggio a una nuova fase.

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Covid, monitoraggio dell’Iss: scende ancora l’Rt e arriva a 0,93. Le Marche verso l’arancione

venerdì, Febbraio 4th, 2022

di Michele Bocci

Scende ancora, anche se di poco, l’Rt ed è il segno della riduzione della curva epidemica. Il valore questa settimana è a 0,93 contro lo 0,97 della scorsa. Se il dato è sotto 1 significa che in una settimana ci sono meno casi della precedente, e quindi appunto che la curva si sta riducendo. Del resto anche l’incidenza racconta di una pandemia che si sta ritirando. L’incidenza settimanale, cioè i casi per 100mila abitanti da venerdì scorso a ieri è stata di 1.362 contro i 1.823 dei sette giorni precedenti (-25%) e i 2.011 di quelli ancora prima. Per quanto riguarda l’occupazione dei letti, anche quella sta lentamente calando, soprattutto per quanto riguarda le terapie intensive. Negli ordinari è al 29.5%, nelle intensive al 14,8%. Lentamente le Regioni stanno migliorando anche se oggi ce n’è anche una, le Marche, che peggiora e a questo punto rischia l’arancione perché ha più del 30% di occupazione dei letti ordinari e 20% delle intensive (rispettivamente 33,1% e 26,3%). Altre che sono in arancione come Abruzzo, Sicilia e Piemonte vanno invece verso il ritorno in giallo alla prossima settimana.

REP.IT

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Si dice dignità, si legge umanità

venerdì, Febbraio 4th, 2022

Stefano Zecchi

La dignitas è la base dell’humanitas. Così spiega il filosofo latino Seneca a Lucilio, governatore della Sicilia, a cui dedica 124 lettere dove sono trattati i temi fondamentali dell’educazione morale. Mattarella come Seneca? Ho contato che nel suo discorso di insediamento la parola «dignità» è stata ripetuta 18 volte, ma la cosa interessante non è soltanto il numero, pur considerevole, in cui è pronunciata la parola, ma l’ordine concettuale in cui è inserita nel discorso e la struttura sintattica con cui la parola dignità costruisce le singole frasi dove essa appare.

La dignità è una qualità morale con la quale la persona chiede rispetto per sé e, a sua volta, rispetta gli altri. Essa ha una relazione determinante con il concetto espresso dal verbo rispettare. Questa relazione è il fondamento dell’humanitas.

Mattarella nel suo discorso ha toccato tutti i temi sensibili del momento, dall’economia alla sanità, al ruolo del Parlamento e della politica, alla scuola e agli studenti, ha salutato e ringraziato le istituzioni dello Stato… E poteva finire qui, non avendo trascurato niente e nessuno. E invece no. Come se si fosse accorto che mancava l’architrave al suo discorso, ecco lo scarto filosofico, profondamente etico.

Possiamo anche essere d’accordo su tutto quello che ho affermato – sembra dirci Mattarella – ma nulla resta vero se non si comprende «la dimensione della dignità; c’è un significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società. La dignità». E così il suo discorso, finora imperniato in una burocratica attenzione alle componenti del Paese e alle sue problematiche, prende il volo. Con una sintesi sferzante, degna di un grande moralista della scuola stoica, attacca l’immoralità di una società che trascura la dignità verso se stessa, ignorando i bisogni e le fragilità di chi fa parte di questa stessa società.

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