Archive for Febbraio, 2022

Panico nelle Borse europee: distrutti 331 miliardi. Sono anche i nostri risparmi

venerdì, Febbraio 25th, 2022

Rodolfo Parietti

Panico. Fuga. Macerie. Lo «shock and wave» di Putin ha colpito e terrorizzato ieri anche i mercati finanziari, in una giornata nerissima, flagellata dall’esodo disordinato degli investitori e dall’esplodere dei prezzi di petrolio e gas. A lungo temuto, lo scenario peggiore è diventato una realtà con cui si dovrà fare i conti forse a lungo. Questa volta nessuno, fidandosi del vecchio adagio, se l’è sentita di «comprare al suono del cannone». Meglio vendere. Scappare. Anche dal falso safe-heaven dei Bitcoin (-9% in 24 ore). Meglio scavare trincee cercando rifugio nell’oro (1.970 dollari l’oncia, un guadagno di quasi il 10% da inizio febbraio) e allontanarsi dalle azioni. Dopo una picchiata fino a -5%, Milano ha chiuso con un ribasso del 4,1% che vale 23 miliardi di euro di capitalizzazione in meno rispetto ai 331 bruciati dai listini europei (-3,2%). Molto peggio è andata a Mosca, dove l’invasione dell’Ucraina è costata alla Borsa un collasso del 30%. Wall Street, invece, ha limitato i danni (-1,9% a un’ora dalla chiusura).

Così, la guerra è entrata nelle case e nei portafogli di tutti. È un dato di fatto, nessuno si senta escluso. Perché i mercati finanziari non sono più un club esclusivo per ricchi, tipo il milione e mezzo di italiani con un patrimonio finanziario superiore ai 500mila euro. E non sono neanche la roulette pazza d’inizio millennio, ai tempi della bolla della new economy, quando gli italiani avevano puntato su Piazza Affari una fiche da 206 miliardi. Il quadro è cambiato. Ce lo ricorda Bankitalia con un dato: nel 2020 la ricchezza finanziaria delle famiglie ammontava a 4.777 miliardi, una cifra di due volte e mezzo superiore al Pil. Una montagna di quattrini composta non solo dagli investimenti diretti effettuati sui mercati, ma anche e soprattutto dai risparmi finiti nei fondi comuni, dal Tfr utilizzato come secondo pilastro previdenziale e dalla piccole gestioni di patrimonio.

Se da un lato l’immobilismo in tempi di inflazione rampante è un lusso che pochi si possono concedere, dall’altro l’esposizione finanziaria ha sempre un’alea di rischio. E questo rischio è destinato a non ridursi nel giro di pochi giorni. I pericoli arrivano da più versanti, a cominciare dai costi del greggio, che ieri ha scavalcato i 100 dollari il barile, e dal metano, le cui quotazioni sono schizzate del 57%. Valori che riflettono le preoccupazioni di uno stop delle forniture russe senza che vi sia un’adeguata compensazione, né la possibilità di una ricostituzione delle scorte durante l’estate.

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Draghi: con Mosca dialogo impossibile. “La crisi sarà lunga”. Il nodo sanzioni

venerdì, Febbraio 25th, 2022

Adalberto Signore

Sono le 7.14 di mattina quando Mario Draghi condanna pubblicamente l’invasione russa dell’Ucraina. Il primo atto di quella che è certamente la giornata più lunga dell’ex numero uno della Bce da quando siede a Palazzo Chigi. L’attacco di Mosca nelle prime ore dell’alba di ieri, infatti, scuote le diplomazie occidentali in piena notte, quando già iniziano i primi contatti. Così, di prima mattina i principali leader europei hanno già preso nettamente le distanze dall’aggressione di Vladimir Putin. Di qui, la scelta del premier di bollare di buon ora l’attacco della Russia come «ingiustificato» e «ingiustificabile». Draghi esprime solidarietà all’Ucraina e fa sapere che alleati europei e Stati Uniti già sono «al lavoro per rispondere immediatamente con unità e determinazione».

Sul tavolo, ovviamente, c’è il tema delle sanzioni. Un nuovo pacchetto di misure che – annuncia la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen – sarà «massiccio». In realtà, è questo il dossier più delicato perché, come è noto, non tutti i partner occidentali hanno lo stesso approccio. D’altra parte, ci sono Paesi – e l’Italia è uno di questi – che per la loro dipendenza energetica dalla Russa rischiano di pagare un prezzo economico molto alto. L’attuale scenario di crisi, spiega infatti il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, «si inserisce in un contesto di forte dipendenza sul piano energetico», visto che «Ue e Regno Unito importano complessivamente il 40% del gas dalla Russia».

Così, dopo un rapido Consiglio dei ministri in cui viene dato mandato a Draghi per una risposta dura sul fronte delle sanzioni, il premier decide di parlare a favore di telecamere e fare il punto sulla posizione italiana. Spiega che nel pomeriggio si terrà una consultazione del G7 da remoto, alla presenza del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e a sera un Consiglio Ue straordinario de visu a Bruxelles. Sarà a quei due tavoli che si prenderanno decisioni sulle sanzioni. Che Draghi, però, annuncia già come «molto dure». E spiega: «Avevamo ribadito in tutte le sedi di essere pronti a imporre conseguenze severe nel caso la Russia, come è purtroppo accaduto, avesse respinto i nostri tentativi di risolvere la crisi per via politica. Questo è il momento di metterle in campo. L’Italia è pienamente allineata ai partner su questa posizione». Poi, una stoccata a Putin, che fino all’ultimo ha mostrato il volto di una diplomazia disposta a dialogare quando invece – come peraltro sostenevano con forza sia Washington che Londra – l’attacco era già deciso da tempo. «Le azioni del governo russo di questi giorni – dice il premier – rendono il dialogo nei fatti impossibile. L’Italia, l’Ue e tutti gli alleati chiedono a Putin di mettere fine immediatamente allo spargimento di sangue e di ritirare le proprie forze militari al di fuori dei confini internazionalmente riconosciuti dell’Ucraina».

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Sgomento, senso di impotenza La domanda: sapremo reagire?

venerdì, Febbraio 25th, 2022

di Aldo Cazzullo

Finora abbiamo seguito con distacco le vicende ucraine. E tanti si erano illusi che anche questa crisi sarebbe stata limitata, ma lo scenario si è rivelato completamente diverso

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Soldati russi in Ucraina (Ansa)

Non soltanto non siamo più capaci di fare la guerra; non riusciamo neppure più a pensarla. A concepirla. Ieri mattina eravamo un po’ tutti increduli e sgomenti, nonostante fossimo stati messi sull’avviso non tanto dagli americani quanto dallo stesso Putin. Un sentimento durato tutto il giorno: all’ora di punta il traffico impazzito da fine pandemia appariva spento; chi poteva era rimasto a casa. E ora avvertiamo la più frustrante delle sensazioni: l’impotenza. Cui, a seconda della propria sensibilità, ognuno reagisce parlando d’altro o chiudendosi nell’angoscia.

I social sono pieni di ironie su Di Battista, che è stato sfortunato: aveva appena scritto su Facebook che «la Russia non sta invadendo l’Ucraina», e «credo che Putin tutto voglia fuorché una guerra». In realtà, non c’è nulla da ridere; e non solo perché si tratta di un ex leader storico del partito di maggioranza relativa, votato da un terzo degli elettori italiani. Ex presidenti del Consiglio e studiosi di geopolitica non ci avevano capito molto di più. E tanti di noi si erano illusi che la crisi si sarebbe limitata a una correzione di confini, a uno dei tanti colpi di mano cui Putin ci ha abituati. Le bombe su Kiev e sulle grandi città ucraine, le prime vittime, la manovra a tenaglia: lo scenario è completamente diverso, e rende non solo inutili ma pure un po’ ridicole le schermaglie diplomatiche dei giorni scorsi. Mentre appaiano in tutta la loro gravità le aperture e la ricerca di rapporti privilegiati con Putin, ora che minaccia l’uso dell’atomica — «conseguenze mai viste nella storia» — come neppure Stalin aveva osato fare.

Ora rischiamo davvero di avere Putin o un suo fantoccio sui confini orientali della Nato e dell’Unione europea; proprio nel momento in cui l’Unione misura la propria fragilità. Anche perché ne è appena uscita l’unica nazione che avesse il know-how, i mezzi e la cultura per combattere, se non per l’Ucraina, almeno per se stessa e per gli alleati: il Regno Unito.

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Zelensky: «Sono l’obiettivo numero 1 dei russi, resto qui». Le ipotesi di un governo a Leopoli o in esilio

venerdì, Febbraio 25th, 2022

di Giuseppe Sarcina e Paolo Foschi

Drammatico videomessaggio del presidente ucraino: siamo stati lasciati soli a combattere contro l’Armata rossa. Gli Usa studiano come garantire la sua sicurezza, ma Biden sembra escludere l’invio di un commando militare per metterlo in salvo

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Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky nella notte di giovedì 24 febbraio — il primo giorno dell’invasione totale del suo Paese — si è presentato davanti alle telecamere per chiedere ancora una volta l’aiuto dell’Occidente, per provare a rassicurare i suoi concittadini, ma soprattutto per annunciare: «Sono io l’obiettivo numero uno del nemico, la mia famiglia è il numero due».

I russi sono alle porte di Kiev, anzi, come ha riferito lo stesso presidente, «squadre di sabotatori sono già penetrate all’interno della città».

«L’Ucraina è stata lasciata sola a combattere contro l’Armata rossa» ha aggiunto, «chi è pronto a combattere con noi? Non vedo nessuno. Chi è pronto a dare all’Ucraina una garanzia di adesione alla Nato?».

Nelle ultime ore, al Pentagono come al comando Nato di Bruxelles, cresce la convinzione che Putin voglia «decapitare il governo ucraino». Ieri sera il Segretario di Stato Antony Blinken è uscito allo scoperto in un’intervista televisiva: «Penso che Putin proverà a rovesciare il governo di Kiev».

Zelensky ha sfidato i russi: «non me ne andrò, resterò al mio posto».

Tuttavia americani ed europei sono preoccupati non solo per la sua incolumità personale, dei suoi ministri e dei famigliari, ma anche per il rischio che il Paese resti senza istituzioni riconosciute. Washington e Bruxelles hanno bisogno in un interlocutore legittimo. In caso contrario l’Ucraina potrebbe sprofondare nel caos e per Putin sarebbe più facile assumere il controllo del territorio.

La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ieri ha glissato sul punto, ma con un elaborato giro di parole ha fatto capire che il tema «della sicurezza» di Zelensky è all’ordine del giorno. E probabilmente Joe Biden ne ha parlato con lo stesso leader ucraino nella telefonata di mercoledì notte, subito dopo l’inizio dell’attacco russo.

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Colpito il cuore della finanza ma i colossi del gas si salvano

venerdì, Febbraio 25th, 2022

Marco Bresolin

INVIATO A BRUXELLES. La risposta dell’Unione europea all’invasione russa in Ucraina è forte, fortissima, inedita. Ma non è la più forte possibile. Perché i 27 governi vogliono tenersi ancora qualche munizione da usare in caso di un’ulteriore escalation. Vien da chiedersi cos’altro dovrebbe fare la Russia di Vladimir Putin per meritarsi la pena massima, ma evidentemente il Consiglio europeo che ieri sera si è riunito in via straordinaria avrà fatto i suoi calcoli. O almeno i calcoli li hanno fatti quei governi che più hanno spinto per tenere fuori dal pacchetto delle sanzioni adottato ieri il settore del gas, vero tallone d’Achille dell’Europa, e soprattutto la possibilità di escludere la Russia dal sistema internazionali di pagamenti Swift. Joe Biden e Boris Johnson hanno insistito molto su questo, ma poi hanno allargato le braccia e rinunciato alla mossa «perché gli europei non sono d’accordo».

Alcuni europei, in realtà, sarebbero anche d’accordo. Ma non tutti. E a livello Ue le decisioni sulle sanzioni vengono prese soltanto all’unanimità. C’è da dire che la misura su Swift non era inclusa nel pacchetto di sanzioni che la Commissione ha presentato ieri mattina durante la riunione degli ambasciatori dei 27, ma è anche vero che i Baltici hanno proposto di aggiungerlo. La Germania, sostenuta dall’Italia e da Cipro, ha però stoppato subito l’iniziativa. Per motivi “strategici” – come detto c’è l’intenzione di tenersi un’altra arma a disposizione – ma anche per motivi legati ai rispettivi interessi nazionali.

Il tema Swift, però, è risbucato durante il vertice tra i capi di Stato e di governo Ue che nella tarda serata di ieri erano ancora riuniti per discutere dell’atteggiamento da tenere nei confronti della Russia. La riunione è iniziata alle 20.30 e le conclusioni sono state approvate nel giro di mezz’ora senza alcun problema proprio per dare un segnale di forte unità e per rimarcare la reazione «rapida e decisa». Il documento adottato elenca le grandi linee delle sanzioni, che colpiscono in modo particolare il settore finanziario, ma anche quello dei trasporti, l’export di prodotti tecnologici utilizzati in ambito militare e le aziende pubbliche russe. Si tratta di misure «coordinate con gli alleati» che «imporranno conseguenze massicce e gravi alla Russia».

I leader però sono rimasti nella sala per discutere – nella massima riservatezza, senza dispositivi elettronici – di alcuni nodi non facili da sciogliere. Detto del settore del gas e del sistema Swift, l’altra grande questione che ha animato il confronto riguarda la possibile inclusione nella blacklist dei sanzionati del ministro degli Esteri Sergei Lavrov e dello stesso Vladimir Putin. Su questo si sono scontrate due diverse visioni: da un lato, chi ritiene necessario colpire subito anche loro, principali responsabili dell’invasione militare in Ucraina. Dall’altro, chi invece ritiene che sia meglio tenere aperto uno spiraglio per cercare una soluzione diplomatica. E infatti ieri sera c’è stata una telefonata tra Putin ed Emmanuel Macron, durante la quale il presidente francese ha chiesto lo stop immediato delle operazioni militari.

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La follia dello zar “Denazificare Kiev”

venerdì, Febbraio 25th, 2022

Nathalie Tocci

L’invasione russa su larga scala dell’Ucraina è partita. Vladimir Putin si è trasformato da cinico autocrate a dittatore militare, colpendo non solo l’Ucraina ma l’intera Europa. Non eravamo di fronte a una minaccia del genere dal 1939. L’invasione, che in poche ore si è estesa dalle province di Donetsk e Luhansk all’intero Paese, ha mostrato chiaramente – per chi ancora avesse dubbi – le intenzioni di Putin. Poco interessa al presidente russo l’architettura di sicurezza europea, il controllo degli armamenti o la riduzione dei rischi. Poco interessano le assicurazioni che l’Ucraina non entrerà nella Nato, non per decenni. Su tutti questi punti, l’Occidente, a partire dal presidente Joe Biden, aveva offerto al Cremlino una via d’uscita. La via della diplomazia era aperta, e perseguita assiduamente dalle capitali europee nelle ultime settimane, in primis Parigi e Berlino. Ma Putin ha svelato le carte prima a parole, e ora, drammaticamente, con i fatti. Nei suoi deliranti discorsi, ha negato la sovranità e l’esistenza stessa dell’Ucraina, dichiarando che la sua intenzione è quella di “denazificare” il Paese. Perché per Putin “nazisti” sono tutti coloro che in Ucraina – così come in Russia, in Bielorussia e nel Caucaso – aspirano alla democrazia, alla libertà, e a un’integrazione nella comunità euro-atlantica. Ecco perché in queste ore buie possiamo aspettarci che, mentre l’invasione militare avanza, partirà una caccia alle streghe, a quei presunti “nazisti”, a partire dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky – paradossalmente ebreo -. Di fronte a questa tragedia in atto purtroppo non esiste possibilità di dialogo. È stretta la via della diplomazia.

E allora cosa fare? Intanto quello che non faremo. Gli Stati Uniti e gli alleati della Nato hanno sempre chiarito che non combatteranno in Ucraina. Non per mancanza di capacità militare o solidarietà politica, beninteso. Ma l’Ucraina, appunto, non fa parte della Nato, un’alleanza incentrata sulla difesa collettiva; qualora truppe americane e russe dovessero scontrarsi su territorio europeo, ci troveremmo di fronte a uno scenario da terza guerra mondiale. La reazione, incredibilmente coordinata e coesa da parte di Ue, Usa, Regno Unito, Canada e Giappone, ruota attorno alle sanzioni. Spazzato via il gradualismo, l’Occidente ha risposto all’invasione russa con il pacchetto completo di sanzioni negoziate nelle ultime settimane. Andando ben oltre le misure restrittive annunciate un paio di giorni fa, inclusa la sospensione del gasdotto Nord Stream2 , sono state messe sul tavolo sanzioni finanziarie, tecnologiche e energetiche, le più significative decise dall’Occidente nei confronti della Russia.

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Invasione dell’Ucraina: missili su Kiev, i mezzi corazzati russi a 30 km dalla città. Usa: Putin vuole rovesciare il governo

venerdì, Febbraio 25th, 2022

Roberto Pavanello

Kiev è stata colpita da missili russi, le esplosioni sono andate avanti tutta la notte e stanno proseguendo. L’antiaerea avrebbe abbattuto un velivolo sulla capitale dell’Ucraina. Le forze russe entrate in Ucraina dalla Bielorussia sarebbero a circa 20 miglia (32 chilometri) dalla capitale. «Forze nemiche di sabotaggio sono entrate a Kiev ma io resto qui», ha affermato il presidente Zelensky aggiungendo che finora 137 militari ucraini sono stati uccisi e 316 rimasti feriti. Lo staff della centrale di Chernobyl sarebbe stato sequestrato dalle truppe russe. 

La diretta della giornata

Ore 07.40 – Banca di Russia: aiuto alle banche sanzionate
La Banca centrale della Russia ha annunciato misure per sostenere le banche russe sanzionate dagli Stati Uniti. «La Banca di Russia e il governo russo forniranno tutta l’assistenza necessaria alle banche sanzionate dagli stati occidentali», comprese le due maggiori banche del paese, VTB e Sberbank. Le altre banche colpite dalle sanzioni sono Sovcombank PJSC, Novikombank JSC, Otkritie Financial Corporation PJSC Bank; PJSC Promsvyazbank e JSC CB Russ. Secondo quanto riferisce l’istituzione finanziaria in un comunicato, «tutte le operazioni di queste banche in rubli saranno effettuate e i servizi appropriati saranno forniti a tutti i clienti come al solito». «Tutti i fondi dei clienti in valuta estera sono stati conservati e possono essere emessi in queste valute».

Ore 07.40 – Zelensky al polacco Duda: «Serve una colazione anti-guerra dei “Nove di Bucarest”»
«Difendiamo la nostra libertà, la nostra terra. Abbiamo bisogno di assistenza internazionale concreta». Lo scrive su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, aggiungendo di averne parlato con il presidente polacco Andrzej Duda e di una richiesta ai «“Nove di Bucarest” per aiuti alla difesa, sanzioni, pressioni sull’aggressore». «Insieme – conclude – dobbiamo mettere la Russia a tavolo dei negoziati. Abbiamo bisogno di una coalizione contro la guerra».

Ore 07.30 – Zelensky ai russi: «Se siete per la pace, lottate per noi»
I russi che manifestano per la pace dovrebbero «lottare per noi» secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che si è rivolto in russo ai suoi interlocutori in un messaggio televisivo: «Stanotte sono cominciati i bombardamenti sulla città di Kiev, non succedeva dal 1941. Se siete per la pace, lottate per noi contro la guerra». E poi: «L’esercito fa il possibile per difendere il Paese».

Ucraina, i palazzi colpiti dall’attacco russo a Kiev. Immagini alle 5 del mattino

Ore 07.30 – Usa: Zelensky è l’obiettivo principale
Volodymyr Zelensky resta «un obiettivo principale per l’aggressione russa». Lo ha detto alla Cnn il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Ned Price. Zelensky, ha affermato, «rappresenta in molti modi, personifica persino, le aspirazioni democratiche e le ambizioni dell’Ucraina, del popolo ucraino» e quindi «certamente rimarrebbe un obiettivo principale per l’aggressione russa». «Nelle prossime ore, nei prossimi giorni» il presidente ucraino e il suo staff «decideranno in base a ciò che è nel loro interesse migliore, nell’interesse degli ucraini, dello Stato ucraino», ha proseguito Price dopo che il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, ha detto di essere «convinto» che Vladimir Putin stia cercando di rovesciare il governo ucraino.

Ore 07.20 – Zelensky: i russi bombardano i civili
Le forze armate russe in Ucraina colpiscono anche obiettivi civili: lo ha detto il presidente Volodymyr Zelensky, dicendo che «i russi dovranno prima o poi comunicare con l’Ucraina per mettere fine al conflitto».

Giannini: “L’Occidente di fronte all’alternativa del diavolo: le sanzioni servono a poco, la guerra a Putin sarebbe una tragedia”

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Edilizia, i costruttori: “Con rincaro materiali a rischio i cantieri del Pnrr” I cambiamenti di regole sui bonus faranno scendere gli investimenti dell’8,5%”

giovedì, Febbraio 24th, 2022

MILANO – Il problema numero uno per il mondo delle costruzioni è il rincaro delle materie prime, che “rischia di bloccare i cantieri del Pnrr”. E’ l’allarme lanciato dall’Ance, l’associazione dei costruttori, in occasione dell’Osservatorio sul settore. Un documento che fa il punto anche sui bonus edilizi, recentemente interessati dal blocco della filiera a causa delle strette sulla cessione del credito che dovrebbe essere in via di risoluzione grazie agli ultimi correttivi del governo su cessioni e garanzie per gli acquirenti in caso di azioni giudiziarie delle procure.

Il traino dei bonus fiscali, ma con i cambi di regole gli investimenti scenderanno

L’Ance ha rimarcato come il settore delle costruzioni abbia dato una spinta decisiva, dopo anni di sofferenza, con tutte le attività collegate arriva a rappresentare il 22% del Pil, attivando una filiera collegata a quasi il 90% dei settori economici, in grado di generare l’effetto propulsivo più elevato sull’economia tra tutti i comparti di attività industriale. Determinante in questo senso il ruolo dei bonus. Gli investimenti in riqualificazione del patrimonio abitativo sono saliti infatti del 25% nel 2021 grazie ai bonus edilizi e ai meccanismi di cessione del credito e dello sconto in fattura, portando a 55 miliardi il totale degli investimenti nel comparto. Se si prendono i primi undici mesi dell’anno scorso, si stima che il 43,4% l’incremento del giro d’affari sia collegabile agli incentivi fiscali. Una marcia che però le strette normative mette a repentaglio: “Nel 2022 – dice l’Osservatorio – è prevista una diminuzione dell’8,5% degli investimenti in riqualificazione a causa del momentaneo blocco delle cessioni dei crediti, che investe non solo il Superbonus ma anche i bonus ordinari generato dal dl Sostegni ter”.

Il mercato nel complesso tiene

Al netto delle difficoltà del comparto della riqualificazione edilizio, lo scenario generale del mercato delle costruzioni tiene nel 2022, con investimenti stimati in crescita del +0,5%. Per quanto riguarda la nuova edilizia abitativa e edilizia non residenziale privata, Ance stima rispettivamente +4,5% e +5%. Gli investimenti in opere pubbliche cresceranno dell’8,5% grazie alle aspettative di utilizzo delle risorse del Pnrr, soprattutto per gli interventi diffusi sul territorio. Sui 4,3 miliardi di investimenti aggiuntivi nel 2022, stimati dal Governo, pesa il caro materiali, la carenza manodopera e la capacità della Pa.

Rincari e manodopera freno al Pnrr

Venendo alle opere pubbliche, il dato di crescita di investimenti nel 2021 è significativo (+15%) e sconta un primo “effetto acceleratorio dovuto al Pnrr”. All’orizzonte però ci sono fattori di incertezza. Il primo e più grave, per i costruttori, è quello del caro-materiali. L’Osservatorio ha citato i casi di rincari più scottanti, nella variazione di prezzo tra la seconda metà dell’anno scorso e la media del 2020: si va dai +655% del gas naturale al +370% dell’energia elettrica, ma anche balzi minori ma altrettanto impattanti sulla filiera come il legname (+97%) o il ferro tondo (+82%). Elementi che determinano un “aggravio economico per le imprese nella realizzazione delle opere che rischia concretamente di bloccare i cantieri. Le misure messe in campo dal Governo non sono ancora sufficienti, serve adeguamento dei prezzari e degli importi a base d’asta, come peraltro recentemente effettuato da alcune primarie stazioni appaltanti”, è emerso durante la presentazione.

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Perché l’Ucraina è così importante per la Russia e per l’Occidente

giovedì, Febbraio 24th, 2022

di Massimo Basile

NEW YORK – Un Paese grande il doppio dell’Italia, ma con quasi venti milioni di persone in meno, diventato la bilancia tra Est e Ovest. L’Ucraina è considerata importante per l’Unione Europea, strategica per gli Stati Uniti e vitale per la Russia, che ne ha fatta la sua ossessione. I russi vedono la capitale, Kiev, come il cuore storico della Russia medievale, terra di grandi scrittori in lingua russa come Nikolaj Gogol e Michail Bulgakov, rivoluzionari comunisti come Leon Trotsky e leader storici come Leonid Breznev. Ma l’aspetto culturale e storico passa in secondo piano in questa delicata partita per gli equilibri internazionali. Vediamo che cosa c’è in gioco.

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Perché l’Ucraina è così importante per la Russia?

Questa è la domanda chiave per capire costa sta succedendo. La Russia considera l’Ucraina come parte naturale della sua sfera di influenza. In questo Stato, con capitale Kiev, si parla ucraino, che è leggermente diverso dal russo, ma molti ucraini sono di madrelingua russa, nati quando il Paese faceva parte dell’Unione Sovietica prima di ottenere l’indipendenza, raggiunta nel 1991. La crisi di ora nasce nel 2014 quando a Kiev venne rimpiazzato il presidente filorusso Viktor Yanukovych con uno più aperto all’occidente, Petro Poroshenko, vincitore alle elezioni. Con l’adesione di molte ex repubbliche sovietiche all’Unione Europea e alla Nato – come Estonia, Lettonia e Lituania – Mosca teme che l’Ucraina possa segnare la fine dell’influenza russa nell’area.

Il Cremlino considera lo “Stato dei cosacchi” la linea rossa che non può essere superata e il popolo ucraino “una cosa sola” con quello russo, anche se gli ucraini non si considerano così. Proprio l’intrusione dell’Occidente durante l’invasione del 2014 è qualcosa che Putin non ha mai accettato. Per il Cremlino l’obiettivo non è solo riportare l’Ucraina sotto la propria sfera, ma mostrare agli ucraini che non hanno scelta e che l’Europa e gli Usa si mantengono contraddittori e incerti nei loro confronti.   

Perché l’Ucraina è così importante per Europa e Stati Uniti?

Questo Stato di più di quaranta milioni di persone rappresenta per l’Ue e Stati Uniti la cartina di tornasole dell’influenza dell’Occidente a Est. L’Ucraina, attualmente, non fa parte né dei 27 membri dell’Ue né dei 30 della Nato, ma dall’Alleanza atlantica di difesa riceve aiuti finanziari e armamenti. Cioè che europei e americani temono è che, in caso di successo militare da parte della Russia, il presidente Vladimir Putin si sentirebbe autorizzato ad attaccare anche Estonia, Lettonia e Lituania, membri Nato, inseguendo il disegno di una ricostituzione dell’Unione Sovietica, come sotto colui che rappresenta il modello di leader a cui si ispira Putin: il dittatore sovietico Iosif Stalin.

Il motivo per cui Biden ha detto che non invierà soldati in Ucraina, ma dislocherà quelli di stanza in Europa a difesa dei tre Paesi ex sovietici, conferma l’altra preoccupazione di Washington: vedere una guerra di annessione allargata, che, nel caso di Estonia, Lettonia e Lituania, coinvolgerebbe direttamente la Nato, aprendo scenari di guerra mondiale. Da parte loro, vincendo, gli Stati Uniti ristabilirebbero invece una grande influenza sull’ordine mondiale, dopo che nell’ultimo decennio la leadership si è un po’ allentata. E lancerebbero un messaggio di forza alla Cina, che segue con interesse l’evoluzione della crisi in Europa: Pechino vuole vedere come si comporterà Washington e quanto riuscirà a farsi seguire dagli alleati, perché è ciò che potrebbe succedere in futuro quando la Cina invaderà Taiwan, che per gli Usa rappresenta in un certo senso l’Ucraina della regione asiatica.  

Che cosa cerca la Nato in questa crisi?

Dopo l’annessione della Crimea, Putin ha preso di mira la zona est dell’Ucraina e dato voce ai movimenti separatisti. È qualcosa di simile fatto con la Georgia nel 2008, cioè proprio nell’anno in cui dalla Nato, nel corso del vertice di Bucarest, erano arrivate aperture all’ingresso di Ucraina e Georgia. Il messaggio di Mosca era stato chiaro: se questi due Paesi provano ad aderire al Patto Atlantico, sia gli Usa sia l’Unione Europea dovranno fare i conti con la Russia. I membri europei della Nato vedono da sempre i russi come vicini da tenere d’occhio, considerata la loro prossimità geografica, la potenza militare e economica. Ma dopo anni di sbandamento, indeboliti da Donald Trump, desideroso di smantellare l’alleanza anche per fare un “favore” all’amico Putin, la Nato ha trovato una sua nuova ragione di esistere, individuando dopo decenni un avversario comune: Mosca. L’immediata compattezza nella risposta alle minacce di Putin ha dato un senso all’Alleanza Atlantica, e, per certi versi, ha finito per sorprendere il presidente russo.

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Dittatura sanitaria, la grande bufala

giovedì, Febbraio 24th, 2022

Annalisa Cuzzocrea

Non c’è nessuna dittatura sanitaria. Nessun complotto dei poteri forti uniti – tutti – per tenerci sotto il giogo del Super Green Pass, di Big Pharma, dei controlli alle frontiere o alle stazioni, al cinema o al ristorante. Quella che abbiamo affrontato in questi due anni si chiama emergenza sanitaria, anzi, emergenza pandemica. E come tutte le emergenze ha una caratteristica precisa: a un certo punto finisce.

A quella destra che adesso tuona sguaiata dai suoi cartelloni social: “Abbiamo vinto, è tutto merito nostro!”, va ricordato che il premier in carica – come chi l’ha preceduto – ha detto fin da subito che ogni decisione sul Covid sarebbe stata presa in base ai numeri e alla loro evidenza. E’ stato per via delle troppe vittime e della saturazione degli ospedali che è stato deciso di estendere l’obbligo del Green Pass ai lavoratori, perché le percentuali delle vaccinazioni in quel momento non garantivano alcuna tranquillità né a chi rischiava in prima persona né alle strutture sanitarie troppo spesso sul punto del collasso. E sempre in base ai dati, è stata decisa l’uscita graduale dalla didattica a distanza in tutte le scuole, anche con casi di positivi in classe, contro chi diceva – durante le vacanze di Natale – “è troppo pericoloso, non si può fare, teniamo gli istituti chiusi qualche settimana in più”.

Ogni stretta e ogni allentamento sono arrivati per dei motivi precisi e non può che essere così anche adesso: le percentuali dei nuovi contagi e delle vaccinazioni ci dicono, finalmente, che possiamo mollare la presa. Come stanno facendo le altre democrazie europee, la Gran Bretagna più rapidamente. Ma come sempre rischiando di più di quanto ha voluto fare il nostro Paese. Che forse a volte ha peccato di poca semplicità, aggiungendo norme su norme e cambiando decisioni poco dopo averle prese, ma sempre con un occhio alla curva pandemica.

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