Archive for Febbraio 24th, 2022

Edilizia, i costruttori: “Con rincaro materiali a rischio i cantieri del Pnrr” I cambiamenti di regole sui bonus faranno scendere gli investimenti dell’8,5%”

giovedì, Febbraio 24th, 2022

MILANO – Il problema numero uno per il mondo delle costruzioni è il rincaro delle materie prime, che “rischia di bloccare i cantieri del Pnrr”. E’ l’allarme lanciato dall’Ance, l’associazione dei costruttori, in occasione dell’Osservatorio sul settore. Un documento che fa il punto anche sui bonus edilizi, recentemente interessati dal blocco della filiera a causa delle strette sulla cessione del credito che dovrebbe essere in via di risoluzione grazie agli ultimi correttivi del governo su cessioni e garanzie per gli acquirenti in caso di azioni giudiziarie delle procure.

Il traino dei bonus fiscali, ma con i cambi di regole gli investimenti scenderanno

L’Ance ha rimarcato come il settore delle costruzioni abbia dato una spinta decisiva, dopo anni di sofferenza, con tutte le attività collegate arriva a rappresentare il 22% del Pil, attivando una filiera collegata a quasi il 90% dei settori economici, in grado di generare l’effetto propulsivo più elevato sull’economia tra tutti i comparti di attività industriale. Determinante in questo senso il ruolo dei bonus. Gli investimenti in riqualificazione del patrimonio abitativo sono saliti infatti del 25% nel 2021 grazie ai bonus edilizi e ai meccanismi di cessione del credito e dello sconto in fattura, portando a 55 miliardi il totale degli investimenti nel comparto. Se si prendono i primi undici mesi dell’anno scorso, si stima che il 43,4% l’incremento del giro d’affari sia collegabile agli incentivi fiscali. Una marcia che però le strette normative mette a repentaglio: “Nel 2022 – dice l’Osservatorio – è prevista una diminuzione dell’8,5% degli investimenti in riqualificazione a causa del momentaneo blocco delle cessioni dei crediti, che investe non solo il Superbonus ma anche i bonus ordinari generato dal dl Sostegni ter”.

Il mercato nel complesso tiene

Al netto delle difficoltà del comparto della riqualificazione edilizio, lo scenario generale del mercato delle costruzioni tiene nel 2022, con investimenti stimati in crescita del +0,5%. Per quanto riguarda la nuova edilizia abitativa e edilizia non residenziale privata, Ance stima rispettivamente +4,5% e +5%. Gli investimenti in opere pubbliche cresceranno dell’8,5% grazie alle aspettative di utilizzo delle risorse del Pnrr, soprattutto per gli interventi diffusi sul territorio. Sui 4,3 miliardi di investimenti aggiuntivi nel 2022, stimati dal Governo, pesa il caro materiali, la carenza manodopera e la capacità della Pa.

Rincari e manodopera freno al Pnrr

Venendo alle opere pubbliche, il dato di crescita di investimenti nel 2021 è significativo (+15%) e sconta un primo “effetto acceleratorio dovuto al Pnrr”. All’orizzonte però ci sono fattori di incertezza. Il primo e più grave, per i costruttori, è quello del caro-materiali. L’Osservatorio ha citato i casi di rincari più scottanti, nella variazione di prezzo tra la seconda metà dell’anno scorso e la media del 2020: si va dai +655% del gas naturale al +370% dell’energia elettrica, ma anche balzi minori ma altrettanto impattanti sulla filiera come il legname (+97%) o il ferro tondo (+82%). Elementi che determinano un “aggravio economico per le imprese nella realizzazione delle opere che rischia concretamente di bloccare i cantieri. Le misure messe in campo dal Governo non sono ancora sufficienti, serve adeguamento dei prezzari e degli importi a base d’asta, come peraltro recentemente effettuato da alcune primarie stazioni appaltanti”, è emerso durante la presentazione.

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Perché l’Ucraina è così importante per la Russia e per l’Occidente

giovedì, Febbraio 24th, 2022

di Massimo Basile

NEW YORK – Un Paese grande il doppio dell’Italia, ma con quasi venti milioni di persone in meno, diventato la bilancia tra Est e Ovest. L’Ucraina è considerata importante per l’Unione Europea, strategica per gli Stati Uniti e vitale per la Russia, che ne ha fatta la sua ossessione. I russi vedono la capitale, Kiev, come il cuore storico della Russia medievale, terra di grandi scrittori in lingua russa come Nikolaj Gogol e Michail Bulgakov, rivoluzionari comunisti come Leon Trotsky e leader storici come Leonid Breznev. Ma l’aspetto culturale e storico passa in secondo piano in questa delicata partita per gli equilibri internazionali. Vediamo che cosa c’è in gioco.

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Perché l’Ucraina è così importante per la Russia?

Questa è la domanda chiave per capire costa sta succedendo. La Russia considera l’Ucraina come parte naturale della sua sfera di influenza. In questo Stato, con capitale Kiev, si parla ucraino, che è leggermente diverso dal russo, ma molti ucraini sono di madrelingua russa, nati quando il Paese faceva parte dell’Unione Sovietica prima di ottenere l’indipendenza, raggiunta nel 1991. La crisi di ora nasce nel 2014 quando a Kiev venne rimpiazzato il presidente filorusso Viktor Yanukovych con uno più aperto all’occidente, Petro Poroshenko, vincitore alle elezioni. Con l’adesione di molte ex repubbliche sovietiche all’Unione Europea e alla Nato – come Estonia, Lettonia e Lituania – Mosca teme che l’Ucraina possa segnare la fine dell’influenza russa nell’area.

Il Cremlino considera lo “Stato dei cosacchi” la linea rossa che non può essere superata e il popolo ucraino “una cosa sola” con quello russo, anche se gli ucraini non si considerano così. Proprio l’intrusione dell’Occidente durante l’invasione del 2014 è qualcosa che Putin non ha mai accettato. Per il Cremlino l’obiettivo non è solo riportare l’Ucraina sotto la propria sfera, ma mostrare agli ucraini che non hanno scelta e che l’Europa e gli Usa si mantengono contraddittori e incerti nei loro confronti.   

Perché l’Ucraina è così importante per Europa e Stati Uniti?

Questo Stato di più di quaranta milioni di persone rappresenta per l’Ue e Stati Uniti la cartina di tornasole dell’influenza dell’Occidente a Est. L’Ucraina, attualmente, non fa parte né dei 27 membri dell’Ue né dei 30 della Nato, ma dall’Alleanza atlantica di difesa riceve aiuti finanziari e armamenti. Cioè che europei e americani temono è che, in caso di successo militare da parte della Russia, il presidente Vladimir Putin si sentirebbe autorizzato ad attaccare anche Estonia, Lettonia e Lituania, membri Nato, inseguendo il disegno di una ricostituzione dell’Unione Sovietica, come sotto colui che rappresenta il modello di leader a cui si ispira Putin: il dittatore sovietico Iosif Stalin.

Il motivo per cui Biden ha detto che non invierà soldati in Ucraina, ma dislocherà quelli di stanza in Europa a difesa dei tre Paesi ex sovietici, conferma l’altra preoccupazione di Washington: vedere una guerra di annessione allargata, che, nel caso di Estonia, Lettonia e Lituania, coinvolgerebbe direttamente la Nato, aprendo scenari di guerra mondiale. Da parte loro, vincendo, gli Stati Uniti ristabilirebbero invece una grande influenza sull’ordine mondiale, dopo che nell’ultimo decennio la leadership si è un po’ allentata. E lancerebbero un messaggio di forza alla Cina, che segue con interesse l’evoluzione della crisi in Europa: Pechino vuole vedere come si comporterà Washington e quanto riuscirà a farsi seguire dagli alleati, perché è ciò che potrebbe succedere in futuro quando la Cina invaderà Taiwan, che per gli Usa rappresenta in un certo senso l’Ucraina della regione asiatica.  

Che cosa cerca la Nato in questa crisi?

Dopo l’annessione della Crimea, Putin ha preso di mira la zona est dell’Ucraina e dato voce ai movimenti separatisti. È qualcosa di simile fatto con la Georgia nel 2008, cioè proprio nell’anno in cui dalla Nato, nel corso del vertice di Bucarest, erano arrivate aperture all’ingresso di Ucraina e Georgia. Il messaggio di Mosca era stato chiaro: se questi due Paesi provano ad aderire al Patto Atlantico, sia gli Usa sia l’Unione Europea dovranno fare i conti con la Russia. I membri europei della Nato vedono da sempre i russi come vicini da tenere d’occhio, considerata la loro prossimità geografica, la potenza militare e economica. Ma dopo anni di sbandamento, indeboliti da Donald Trump, desideroso di smantellare l’alleanza anche per fare un “favore” all’amico Putin, la Nato ha trovato una sua nuova ragione di esistere, individuando dopo decenni un avversario comune: Mosca. L’immediata compattezza nella risposta alle minacce di Putin ha dato un senso all’Alleanza Atlantica, e, per certi versi, ha finito per sorprendere il presidente russo.

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Dittatura sanitaria, la grande bufala

giovedì, Febbraio 24th, 2022

Annalisa Cuzzocrea

Non c’è nessuna dittatura sanitaria. Nessun complotto dei poteri forti uniti – tutti – per tenerci sotto il giogo del Super Green Pass, di Big Pharma, dei controlli alle frontiere o alle stazioni, al cinema o al ristorante. Quella che abbiamo affrontato in questi due anni si chiama emergenza sanitaria, anzi, emergenza pandemica. E come tutte le emergenze ha una caratteristica precisa: a un certo punto finisce.

A quella destra che adesso tuona sguaiata dai suoi cartelloni social: “Abbiamo vinto, è tutto merito nostro!”, va ricordato che il premier in carica – come chi l’ha preceduto – ha detto fin da subito che ogni decisione sul Covid sarebbe stata presa in base ai numeri e alla loro evidenza. E’ stato per via delle troppe vittime e della saturazione degli ospedali che è stato deciso di estendere l’obbligo del Green Pass ai lavoratori, perché le percentuali delle vaccinazioni in quel momento non garantivano alcuna tranquillità né a chi rischiava in prima persona né alle strutture sanitarie troppo spesso sul punto del collasso. E sempre in base ai dati, è stata decisa l’uscita graduale dalla didattica a distanza in tutte le scuole, anche con casi di positivi in classe, contro chi diceva – durante le vacanze di Natale – “è troppo pericoloso, non si può fare, teniamo gli istituti chiusi qualche settimana in più”.

Ogni stretta e ogni allentamento sono arrivati per dei motivi precisi e non può che essere così anche adesso: le percentuali dei nuovi contagi e delle vaccinazioni ci dicono, finalmente, che possiamo mollare la presa. Come stanno facendo le altre democrazie europee, la Gran Bretagna più rapidamente. Ma come sempre rischiando di più di quanto ha voluto fare il nostro Paese. Che forse a volte ha peccato di poca semplicità, aggiungendo norme su norme e cambiando decisioni poco dopo averle prese, ma sempre con un occhio alla curva pandemica.

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Covid, ritorno alla normalità: la road map delle riaperture

giovedì, Febbraio 24th, 2022

A cura di Paolo Russo

Stadi, cinema e teatri pieni, niente più Super Green Pass nei luoghi all’aperto. Scuole sempre aperte per tutti. La data da cerchiare in rosso verso il ritorno alla normalità è il 1° aprile, perché il giorno prima scadrà lo stato di emergenza che il premier Draghi ha confermato di non voler ulteriormente prorogare. Ma nei luoghi pubblici al chiuso il Super Green Pass resterà ancora per un po’, almeno fino al 15 giugno, quando scadrà l’obbligo di vaccinazione per gli over 50 e quello di mostrare il certificato per andare a lavorare. La Lega, ma anche Forza Italia e parte del M5S la finirebbero lì. L’ala più rigorista del governo, capeggiata dal minsitro della Salute, Roberto Speranza, vorrebbe invece prorogare ancora entrambi fino all’autunno. Non per emulare Savonarola, ma per via dell’andamento lento delle dosi booster. I tanti che negli ultimi tempi si erano vaccinati obtorto collo proprio per non perdere lo stipendio, ma anche per viaggiare o andare al cinema o al ristorante, ora avrebbero puntato i piedi pur potendo già fare la terza dose, preferendo aspettare fino al limite dei sei mesi di validità del Green Pass, sperando appunto nella abrogazione della sua versione rafforzata. Un calcolo che potrebbe rallentare il liberi tutti. Anche se la strada verso il ritorno alla normalità da qui all’estate è ormai tracciata.

SUPER GREEN PASS – Abolizione graduale, il primo passo in tribune e dehors
Draghi lo ha detto chiaramente: «Metteremo gradualmente fine all’obbligo del certificato verde rafforzato, a partire dalle attività all’aperto, tra cui fiere, sport e spettacoli». In realtà dal 1° aprile il lasciapassare sanitario, rilasciato solo a chi è in regola con i vaccini, non sarà più obbligatorio nemmeno per sedersi all’aperto in bar e ristoranti. Dove invece al chiuso, almeno fino al 15 giugno, senza Super Green Pass non ci si potrà sedere, ma al massimo si potrà consumare velocemente un caffè o un drink al bancone. Il Green Pass non dovrebbe più essere necessario neanche negli stadi.

LAVORO – Smart working, dopo l’emergenza servirà l’accordo
La prima data da cerchiare in rosso è il 1° aprile, quando scaduto lo stato di emergenza decadrà anche il ricorso collettivo allo smart working. Da remoto si potrà continuare a lavorare lo stesso, ma solo dopo la stipula di accordi individuali tra dipendente e datore di lavoro. Il 15 giugno scade poi l’obbligo di vaccinazione per gli over 50 e quello relativo al Super Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro. Speranza vorrebbe prorogare entrambi, la Lega nemmeno per sogno e Draghi tentenna. Come per tutti i luoghi al chiuso, per il momento non se ne parla di togliere l’obbligo di mascherina.

SCUOLA – Tutti in classe. Anche per i contatti basta con la Dad
Con la fine dello stato di emergenza «le scuole resteranno sempre aperte per tutti», ha assicurato il presidente del Consiglio. Questo significa che a prescindere da quanti siano stati i contagi in una classe, tutti i contatti stretti, alunni ed insegnati, continueranno a far lezione e a seguire in presenza. Oggi invece nella scuola primaria con più di 4 casi in aula gli alunni non in regola con la vaccinazione vanno in dad, gli altri continuano a seguire in presenza con le Ffp2 che saranno abrogate dal 1° aprile. Stessa cosa nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, dove oggi con due o più positivi i non vaccinati restano a casa.

EVENTI SPORTIVI – Stadi, la capienza subito al 75% poi si sale al 100%
Tanto per cominciare, da questo weekend gli stadi potranno tornare a riempirsi al 75% della loro capienza e i palazzetti dello sport al 60%. Poi dal 1° aprile si potrà tornare al tutto esaurito in entrambi i casi. Il 10 marzo, come già deciso, tanto al cinema che a teatro e negli stadi via libera a pop-corn, snack e bibite. In cinema, teatri e sale da concerto nelle regioni in fascia bianca si è già adesso al 100% della capienza, mentre nelle altre non si può andare oltre il 50%. Ma il 1° aprile con lo stato di emergenza finisce anche l’epoca dei colori e così si torna alla possibilità di fare sold out ovunque.

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Andrea Orlando: “Giusto l’altolà di Draghi, Salvini mette a rischio la tenuta del governo”

giovedì, Febbraio 24th, 2022

Niccolò Carratelli

ROMA. Sulla tenuta del governo, in questo ultimo anno di legislatura, pesa «il rischio Salvini». Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, dice di temere le elezioni anticipate «per il Paese» e avverte: «Chi strappa in questo momento si assume una responsabilità molto grande». Quindi, bene ha fatto il premier Draghi «a lanciare un altolà» ai partiti della maggioranza, in vista di riforme legate al Pnrr su cui «non si può giocherellare». Intervistato dal direttore de La Stampa, Massimo Giannini, nella trasmissione “30 minuti al Massimo” (versione integrale su lastampa. it), Orlando sottolinea l’urgenza di trovare un accordo con le parti sociali su rappresentanza e contrattazione dei salari, ma «se non ci riusciamo non possiamo rimanere fermi, non escludo la possibilità di intervenire per legge”. E invita a un supplemento di riflessione su come «i superprofitti realizzati da alcune grandi aziende energetiche possano aiutare a contenere l’impatto del caro bollette, piuttosto che continuare a fare debito».

Partiamo dalla crisi ucraina e dalle sanzioni nei confronti della Russia, su cui non tutti sono d’accordo in Italia. Salvini ha espresso i suoi dubbi: è un atteggiamento ondivago che mal si addice a un Paese con una forte tradizione atlantica?
«Non so quale sia l’intento o il retropensiero di Salvini, so che dentro la maggioranza c’è massima consapevolezza che l’Italia debba restare salda sul suo atlantismo e non possa essere l’elemento che indebolisce una risposta comune europea. È evidente che, pur lavorando per aprire una via diplomatica, l’unico strumento di pressione e deterrenza restino le sanzioni. Congrue e mirate, ma se non si usa quella leva non si capisce quale altra si possa usare».

Le diverse sensibilità anella maggioranza sono note, gli incidenti di percorso si moltiplicano: c’è il rischio di non arrivare a fine legislatura?
«Non credo ci siano alternative al governo Draghi, anche alla luce di com’è andata la vicenda dell’elezione del presidente della Repubblica. Mi sembra che il premier abbia fatto bene a lanciare un altolà, non per comprimere il ruolo del Parlamento, ma per invitarlo a svolgere il suo compito. Gli episodi avvenuti sul decreto Milleproroghe non erano cruciali, ma ci sono questioni che riguardano gli obiettivi del Pnrr, come la riforma fiscale o quella della concorrenza, che non sono cose su cui si può giocherellare. Se si fa finta di andare avanti e poi si tengono ferme in Parlamento, si rischia di pregiudicare lo sforzo fatto fin qui».

Teme si possa finire a elezioni anticipate?
«Lo temo per il Paese. Ma non che è le elezioni possano essere evitate a dispetto dei santi: se la situazione diventa impraticabile quella è la strada. I rischi ci sono e il problema principale è che Salvini ha la tentazione costante di inseguire Meloni. Ma chi strappa in questo momento, con questa situazione internazionale, una tappa fondamentale per il Pnrr a giugno e una situazione economica e sociale ancora non risolta, si assume una responsabilità molto grande. Vedremo anche se chi riteneva Draghi insostituibile come presidente del Consiglio era in buona fede».

Si riferisce a Salvini, ma anche a Conte e ai 5 stelle…
«Guardi, il Movimento 5 stelle non segue Salvini. Non mi pare che abbia il costume di uscire dopo 30 secondi che un provvedimento viene approvato in Consiglio dei ministri, cercando sistematicamente di distinguersi, a partire dalle questioni legate alla pandemia».

A proposito, il governo non prorogherà lo stato di emergenza dopo il 31 marzo: la Lega vorrebbe archiviare contestualmente anche il Green pass, che ne pensa?
«Siamo in una fase calante della pandemia, non escludo che alcuni strumenti scelti, che hanno dato risultati, possano essere rivisti. Quello che ritengo pericoloso è iniziare a dirlo da ora, depotenziando la loro efficacia da oggi. Parlarne adesso è prematuro e controproducente.

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L’idea di Europa che ora è in bilico

giovedì, Febbraio 24th, 2022

di Antonio Polito

L’Unione europea ha preso forza ed è cresciuta alla caduta dell’Urss. Ma se tutto ciò che è avvenuto dalla fine dell’Impero a oggi può essere messo in discussione, la Ue stessa è messa in discussione

Tutti presi a difendere la loro indipendenza da Bruxelles o dai vicini, gli Stati europei si sono scoperti dipendenti da Mosca per l’energia, e dagli Stati Uniti per la difesa. Il combinato disposto di queste due dipendenze rende l’Europa impotente di fronte alla crisi ucraina.

Si dice che «l’Europa si fa nelle crisi». È stato così molte volte, dalla Guerra fredda al Covid: le grandi emergenze internazionali hanno spesso rafforzato e rilanciato la solidarietà reciproca. Capiremo presto, a partire dal vertice straordinario dei capi di Stato e di governo di stasera, se anche stavolta sarà così, e ce lo auguriamo. Ma questa crisi appare già adesso diversa, peggiore, potenzialmente distruttiva per il progetto politico e ideale dell’Unione.

Putin sta infatti riscrivendo con i carri armati il nuovo ordine europeo uscito dalla Rivoluzione del 1989 e dalla fine dell’Impero comunista. Quando descrive l’Ucraina né più né meno come un’espressione geografica, «interamente creata dalla Russia», ne cancella la storia di Paese sovrano iniziata proprio nel 1991, l’anno della dissoluzione dell’Urss, con un atto di indipendenza che fu votato dal 90% degli ucraini. Ma se tutto ciò che è avvenuto dalla fine dell’Impero a oggi può essere messo in discussione, l’Unione europea stessa è messa in discussione.

Essa infatti rispose al crollo del Muro di Berlino con l’allargamento a Est, per unificare il continente. Fu un processo costoso e anche generoso, riabbracciare e sostenere i «fratelli» che erano rimasti intrappolati dall’altra parte della Cortina di Ferro dopo la Seconda guerra mondiale.

Generoso perché diede una prospettiva a Paesi la cui economia e la cui società erano state praticamente distrutte dal comunismo. E costoso, perché comportò l’annacquamento del progetto europeo, diluito su un territorio troppo vasto e troppo diverso per poter ancora sperare nella «unione politica» sognata dai fondatori.

E infatti lo vediamo da anni: i valori su cui si fonda l’Unione sono ormai apertamente contestati proprio dai Paesi che per primi si ribellarono al giogo sovietico. La Polonia che fu di Solidarność, l’Ungheria di Imre Nagy, la Cechia di Václav Havel, si sono trasformati nei protagonisti di quella secessione strisciante che va sotto il nome di Gruppo di Visegrád. Si ricrea un po’ alla volta, nei comportamenti e nei principi prima ancora che nella politica, un confine tra l’Europa e l’Est. E non è un caso se alcuni osservatori cominciano a parlare di una «nuova Helsinki», riferendosi all’accordo di sicurezza e cooperazione che fissò i rapporti tra Ovest ed Est in Europa nel 1975, quando il comunismo era ancora ben saldo.

Si farebbe del resto un torto alla strategia di Putin e alla chiarezza con cui l’ha espressa nel suo discorso se davvero credessimo che si sta mangiando a fette la sovranità ucraina solo per impedire che Kiev entri nella Nato: vuole l’Ucraina, vuole un governo vassallo, vuole spostare a Ovest i confini del suo sogno imperiale. Macron e Scholz, i leader di Francia e Germania, si erano del resto affrettati ad andare a Mosca per giurare che l’allargamento dell’Alleanza Atlantica non era all’ordine del giorno, né per oggi né per domani. Lui ha incassato. Ma poi ha fatto lo stesso ciò che intendeva fare, dando agli europei una prova tangibile e cocente della loro marginalità: alla mattina l’Eliseo faceva sapere che Mosca aveva accettato la proposta di un vertice bilaterale tra Putin e Biden, e alla sera il Cremlino riconosceva le due repubbliche del Donbass e dava il via alla escalation militare. In questo modo, paradossalmente, l’autocrate russo ha finito per dar ragione ai falchi americani, che volevano Kiev nella Nato per difenderla, e torto proprio agli europei, che erano invece più comprensivi delle ragioni russe e pronti al compromesso.

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Ucraina, G7 straordinario con Biden e gli alleati. Fonti Usa: “In corso una completa invasione”

giovedì, Febbraio 24th, 2022

Alberto Simoni

WASHINGTON. Putin ha dato l’ordine di inziare le operazioni speciali in Ucraina per “proteggere il Donbass” alle 5 del mattino ora di Kiev. Dopo pochi minuti si sono sentite le prime esplosioni. Missili sono stati sparati sulla capitale dove vivono 2,9 milioni di persone, con l’obiettivo di colpire le infrastrutture per la comunicazione. Per Washington «l’invasione dell’Ucraina è iniziata».

La Cnn ha mostrato le colonne di fumo alzarsi nel cielo scuro. Esplosioni anche a Kharkiv, seconda città del Paese con 1,4 milioni di abitanti. Colpi di artiglieria sono stati uditi anche sul fronte orientale nella zona di Lugansk provienti dal confine russo. E anche a Donetsk.

Mariupol nel Sud è stata investita da alcuni colpi. E anche a Dnepr e Odessa.

La situazione però è molto fluida con sabotaggi in tutte le città. Il ministro degli Esteri di Kiev ha detto che è in corso “una invasione su larga scala”.

Lo spazio aereo del Paese è stato chiuso.

Secondo le previsioni dell’intelligence Usa, l’attacco russo sarebbe dovuto iniziare con un attacco missilistico e quindi il ricorso ai caccia per garantire copertura aerea ai mezzi corazzati e alla fanteria.

L’ordine di Putin è arrivato mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu era riunito. L’ambasciatore ucraino a Palazzo di Vetro ha tenuto un breve e durissimo discorso: “Chi fa la guerra non va in purgatorio, ma all’inferno”. Un grido al quale si è aggiunto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterrez con un appello a Putin: “Nel nome dell’umanità, fermi questa guerra”. “Non è un’aggressione contro gli ucraini ma contro la giunta al potere a Kiev”, ha replicato l’inviato russo alle Nazioni Unite.

La Casa Bianca ha reagito pochi minuti dopo le prime esplosioni: “Le preghiere di tutto il mondo sono per la popolazione dell’Ucraina che soffre per un attacco non provocato e ingiustificato da parte delle forze militari russe”. “Putin – prosegue la nota – ha scelto una guerra premeditata che provocherà una catasfrofe”.

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Putin, dichiarazione di guerra in tv: «Reagiremo contro chi interferisce»

giovedì, Febbraio 24th, 2022

di Fabio Postiglione

Il presidente russo in collegamento alla stessa ora in cui al Consiglio di Stato aveva finito di parlare l’ambasciatrice americana

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La scelta non è stata per nulla casuale. Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato l’operazione militare in Ucraina (qui le notizie in diretta) mentre il Consiglio di sicurezza dell’Onu era in corso e aveva da poco finito di parlare l’ambasciatrice americana.

Alle 4, ora italiana, in collegamento con la tv di Stato per annunciare un piano speciale per «smilitarizzare» e la «denazificazione» dell’Ucraina, ovvero una dichiarazione di guerra.

«Ho preso la decisione di un’operazione militare», ha annunciato il presidente russo.

«L’operazione militare russa mira a proteggere le persone e le circostanze richiedono un’azione decisiva dalla Russia», ha aggiunto.

Subito dopo sono state sentite le prime esplosioni a Kiev e nelle altre città. L’esercito iniziava a invadere l’Ucraina con truppe anfibie a Odessa.

Ha lanciato poi un messaggio a chiunque avesse intenzione «di interferire nelle operazioni». «Reagiremo», ha detto.

Non ha mai pronunciato la parola guerra, né invasione, e ha ribadito in tv che «non si tratta di una occupazione». «L’operazione militare russa mira a proteggere le persone e le circostanze richiedono un’azione decisiva dalla Russia», ha spiegato.

Il presidente russo ha detto nel suo discorso di voler «smilitarizzare e de-nazificare» l’Ucraina, invitando i soldati ucraini a deporre le armi e a tornare a casa, affermando che la responsabilità dello spargimento di sangue sarà nelle mani del «regime ucraino». «I vostri padri e i vostri nonni non hanno combattuto per poter aiutare poi i neo-nazisti», ha aggiunto.

E poi un attacco frontale alla Nato perché «un’ulteriore espansione e il suo uso del territorio dell’Ucraina sono inaccettabili» e perché «il suo comportamento è immorale». «Oggi, ritengo ancora una volta necessario tornare sui tragici eventi accaduti nel Donbass e sulle questioni chiave per garantire la sicurezza della stessa Russia. Parliamo di minacce che anno dopo anno, passo dopo passo, vengono create in modo rude e senza tante cerimonie da politici irresponsabili in Occidente nei confronti del nostro Paese».

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Guerra in Ucraina: crolla il rublo, petrolio sopra i 100 dollari. Gli effetti su grano, alluminio e Borse

giovedì, Febbraio 24th, 2022

Putin ordina un intervento militare in Ucraina e i mercati vanno in tilt. Il prezzo del Brent schizza sopra 100 dollari al barile per la prima volta da oltre sette anni e in Asia, dove ieri i listini cinesi avevano chiuso in rialzo, le Borse sono di nuovo in rosso, con Tokyo in calo dell’1,81% e Hong Kong giù del 3,2% (il tecnologico perde oltre il 5%). Anche i future a Wall Street precipitano di circa il 2%, dopo che ieri lo S&P, persi per strada i guadagni iniziali, aveva chiuso in calo di quasi il 2%, entrando ancora di più in fase di correzione, cioè lasciando sul terreno il 18% dall’ultimo picco di novembre. Il Dow Jones e il Nasdaq a loro volta avevano terminato la corsa ai minimi dell’anno. «I mercati ci stanno dicendo che ora la Russia farà quello che vuole, data la debolezza delle sanzioni», commenta Ray Attrill, capo stratega della National Australia Bank,secondo cui «la vera preoccupazione è che adesso l’Europa sia tagliata fuori dal gas russo». I future sull’EuroStoxx perdono anch’essi circa il 3%, dopo che ieri, per la seconda sessione consecutiva, le Borse europee, pur restando in rialzo per oltre metà giornata, avevano ceduto nel finale.

La Borsa di Mosca è stata sospesa. Intanto salgono alle stelle i prezzi di grano, mais e soia. Volano i prezzi dei cereali dopo l’attacco russo in Ucraina. Il costo del grano, di cui Kiev è uno dei principali paesi produttori ed esportatori, sale del 5,90%. Ma aumentano anche soia (+2,87%), mais (+5,47%) e avena (+4,81%). entre gli investitori abbandonano gli asset più rischiosi e si rivolgono a quelli più sicuri: l’euro scende ai minimi da tre settimane sul dollaro, considerato un bene rifugio, il rublo, ai minimi storici, perde oltre il 6,5% e l’oro sale ai massimi da giugno a 1.914 dollari l’oncia.

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Putin dichiara guerra all’Ucraina. Bombardamenti su Kiev, Odessa e Charkiv: il racconto di Francesca Mannocchi

giovedì, Febbraio 24th, 2022

Al via l’”operazione militare” in Ucraina, ufficialmente per difendere i separatisti del Donbass. A notte inoltrata il presidente russo Vladimir Putin a sorpresa interviene nella tv pubblica e varca il Rubicone, proprio mentre si riunisce il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Un discorso aggressivo, in cui Putin tra l’altro ha invitato i soldati ucraini a deporre le armi e soprattutto minacciato di ritorsioni eventuali intromissioni esterne.

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