Archive for Marzo 18th, 2022

Un premier pronto al bis

venerdì, Marzo 18th, 2022

Adalberto Signore

È la giornata del bicchiere mezzo pieno. Con un Draghi che ieri si è presentato in conferenza stampa così fiducioso e ottimista come non lo si vedeva pubblicamente da mesi. Certamente, da prima del voto sul Quirinale, lo snodo che ha politicamente cambiato le prospettive del premier.

Non è un mistero per nessuno, infatti, che l’ex numero uno della Bce ambisse a traslocare direttamente da Palazzo Chigi al Colle. Una scalata mai riuscita nella storia della Repubblica e che anche per Draghi – complici proprio i partiti che lo sostengono – è stato come passare sotto le forche caudine. Una sconfitta che il premier ha incassato con fatica, tanto che per settimane i rumors di Palazzo Chigi raccontavano di un Draghi per nulla disposto a restare premier fino alla scadenza della legislatura, a marzo 2023. Anzi, ci sono state settimane in cui il combinato disposto tra le insofferenze di alcuni pezzi della maggioranza (Salvini in primis) e quelle del premier davano per scontata una crisi di governo entro aprile.

Invece, niente. Perché l’invasione russa dell’Ucraina ha congelato qualunque scenario interno. Circostanza di cui ieri ha preso pubblicamente atto anche Draghi. Che ha parlato non più come un premier in uscita, stanco del suo ruolo e poco disposto ai compromessi. Era andata così, per dire, tra dicembre e gennaio, quando lasciava sostanzialmente intendere di aver esaurito il suo compito. Ieri, invece, il premier si è presentato come un leader pronto a guidare il suo Paese. Ha professato ottimismo e rivendicando i successi ottenuti sul fronte del Covid. Una guerra, ha lasciato intendere, non solo vinta ma anche archiviata. Al punto dal dire addio a green pass e mascherine e mandare in pensione il Cts e la struttura commissariale guidata da Figliuolo.

Un Draghi che non si limita a parlare un linguaggio di ottimistica prudenza, ma che decanta i successi ottenuti come fosse un politico navigato. Sul fronte Covid, infatti, celebra la fine di «quasi tutte le restrizioni» e rivendica la vittoria sulla pandemia (nonostante la curva dei contagi da Omicron faccia registrare un +36% nell’ultima settimana).

E poi ringrazia tutti. Ecumenico. Una parola per il coordinatore del Cts Locatelli, un omaggio al presidente dell’Iss Brusaferro. Poi, un ringraziamento ai ministri di Sanità e Affari regionali, Speranza e Gelmini. E a tutti gli italiani: «Bravissimi, li ringrazio per la pazienza e l’altruismo».

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Quel “mai più” e l’Olocausto degli ucraini

venerdì, Marzo 18th, 2022

Fiamma Nirenstein

L’ appello del Pericle dei nostri tempi, Zelensky, ai parlamenti dei Paesi democratici ha una sua tappa fondamentale domenica a Gerusalemme, alla Knesset. Modulato, memore di episodi differenziati, è un’unica chiamata alla guerra per la libertà. E domenica, è la volta del Parlamento e del popolo che, sulla memoria della persecuzione genocida porta idealmente scritto «never again» a caratteri di fuoco. È evidente che Zelensky userà queste parole, anche perché sono quelle che gli suggerisce la sua memoria di ebreo ucraino: dal 1.600 agli anni del nazismo e poi del comunismo, il popolo ebraico è stato in Ucraina perseguitato, sterminato, legato, confinato e costretto a fughe infinite.

Zelensky alla Knesset proporrà di sicuro il tema «never again» e subito, a ragione, ci sarà chi gli dirà che la Shoah non ha paragoni. Ed è vero: mille volte abbiamo spiegato come lo sterminio degli ebrei sia stato lo scopo primo che ha condotto alla guerra di dominio di Hitler. Ora è una guerra di dominio che porta alle stragi cui assistiamo, che per misura e intenzione non sono comparabili a quelle della Shoah. E tuttavia: la sofferenza è sempre comparabile, simile lo strazio della morte, la fame e il freddo dei bambini, la fuga privati di tutto. Il tema per ogni israeliano è evidente ed è tutto là: per questo da qui, a frotte, giovani religiosi e laici si sono precipitati ai confini ad aiutare le mamme e le nonne coi bambini. Fra russi e ucraini ci sono più di un milione di vecchi immigrati, parlano dei 9900 sopravvissuti della Shoah rimasti a languire a Kiev e dintorni. E quei bambini, fino a ieri vestiti col l’ultimo giaccone stile benetton, parlano dello stupore che immobilizza: dal tutto al niente, dal «diritto alla felicità» alla morte.

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Chi paga i costi di questa crisi

venerdì, Marzo 18th, 2022

Alan Friedman

Quale sarà l’impatto sull’economia italiana della guerra in Ucraina? Possiamo aspettarci una serie di previsioni nelle prossime settimane, e tutte mostreranno delle riduzioni delle precedenti stime della crescita globale, europea e italiana. I rischi sono tutti al ribasso a causa degli effetti sull’economia reale derivanti dall’aggressione della Russia. L’impennata dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia, l’impatto negativo delle sanzioni sugli esportatori italiani e i danni causati a intere filiere di settori industriali sono un cattivo auspicio per l’economia. Questo perché simili problemi potrebbero perdurare per diversi mesi, anche se la fine della guerra porterebbe senza dubbio al ribasso dei prezzi.

Per Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, gli effetti dell’invasione di Putin saranno «devastanti» e «durissimi» per gli imprenditori italiani. Secondo lui l’incertezza e il nervosismo causati dalle tensioni geopolitiche significano che gli investimenti del settore privato stanno rallentando, dopo aver goduto lo scorso anno di un solido aumento del 15%. E la sua più grande preoccupazione è per quelle aziende che hanno dovuto chiudere i battenti a causa di costi energetici impossibili. «Già la settimana scorsa hanno sospeso le produzioni le acciaierie, la ceramica e le cartiere. L’effetto sarà molto serio, e soffriremo le conseguenze per un lungo periodo», lamenta Bonomi. Ieri Ocse e Bce hanno avvertito dell’impatto negativo della guerra sulla congiuntura e dei rischi di un’elevata inflazione. Dopo l’avvertimento di Paolo Gentiloni della scorsa settimana sul fatto che le previsioni prebelliche di una crescita del 4% nell’eurozona «non siano più realistiche», ora l’Ocse dice che la crisi ucraina potrebbe intaccare più di un punto percentuale della crescita globale quest’anno e aggiungere due punti e mezzo percentuali all’inflazione. L’inflazione nella zona euro si sta ora dirigendo verso il 7% o più. L’inflazione elevata distrugge il potere d’acquisto delle piccole imprese e delle famiglie e tende ad avere l’impatto più devastante sulle fasce più deboli della società. Sfortunatamente sembra che l’eurozona sia già entrata in un periodo (temporaneo) di stagflazione in stile anni ‘70, con un’impennata dell’inflazione che sta sopprimendo la crescita economica. Ciò significa che sulla scia di uno spettacolare rimbalzo nel 2021, quest’anno vedrà la ripresa danneggiata, e parecchio, dagli alti costi energetici, dall’aggravarsi dei problemi di filiera e da scarsità e aumento del costo delle materie prime.

La maggior parte degli economisti del settore privato con cui ho parlato stanno riducendo le previsioni per la crescita del pil italiano nel 2022 a circa il 3%. Questa stima, tuttavia, dipende dalla premessa che la guerra in Ucraina sia in qualche modo conclusa entro giugno, cosa che tutti possiamo sperare ma che ancora non sappiamo. Questa previsione prevede un primo semestre 2022 che mostra una crescita nulla nel primo semestre, e un modesto miglioramento nella seconda parte dell’anno. Il segreto di tale fiducia tra gli economisti è che c’è un riporto dal 2021 di +2,3%, quindi anche se il tasso di crescita dovesse essere zero in ogni trimestre quest’anno il pil italiano crescerebbe comunque del 2,3%. Quindi l’economia dovrebbe crescere solo di un piccolo importo nel terzo e quarto trimestre per superare il 2,3% dell’anno. Chiaramente, se ci fosse un’escalation della guerra o una continuazione delle ostilità dopo l’estate, allora tutte le scommesse sarebbero chiuse.

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Covid, prove di normalità. Dal 1° aprile niente certificazione verde all’aperto, poi anche al chiuso

venerdì, Marzo 18th, 2022

PAOLO RUSSO

Dal 1° aprile andrà in pensione in tutti luoghi all’aperto, eccezion fatta per gli stadi, poi da inizio maggio il Green Pass diverrà un ricordo anche al chiuso. Sempre che la curva epidemiologica non si inerpichi troppo in alto, hanno messo in chiaro Draghi e Speranza, illustrando il decreto che traccia la road map verso la normalità e riabilita al lavoro gli over 50 non vaccinati. Un mezzo milione di irriducibili che dal 1° aprile potranno tornare al loro posto e a intascare di nuovo lo stipendio, dovendo però mostrare il Green Pass basico, ossia fare un tampone rapido ogni 48 ore. Ma la via verso la normalizzazione è tracciata, con la fine dello stato di emergenza il 31 marzo, dopo due anni e due mesi. Anche se tanto la Protezione civile che il ministro della Salute potranno continuare a emanare ordinanze per fronteggiare eventuali emergenze e garantire il proseguimento della campagna vaccinale. Non più portata avanti dalla struttura commissariale, che cessa di esistere dal mese prossimo, così come si smobilita il Cts. Ma gli uomini di Figliuolo continueranno a fare la loro parte in un’unità di missione presso il ministero della Difesa, mentre il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, e quello dell’Iss, Silvio Brusaferro, continueranno a far visita a Draghi per suggerire cosa fare. Sperando non ci sia più motivo di doverli convocare.

LUOGHI DI LAVORO: no vax over 50, per rientrare basta il certificato base

Dal 1° aprile rientreranno al lavoro e incasseranno di nuovo lo stipendio i No Vax ultracinquantenni che erano rimasti a casa perché sprovvisti del Super Green Pass, rilasciato solo a chi è in regola con le vaccinazioni. Anche se per i lavoratori over 50 fino al 15 giugno permane l’obbligo di vaccino e la sanzione di 100 euro per gli inadempienti. Chi è senza vaccino, fino al 30 aprile dovrà comunque mostrare il Green Pass base, ossia fare un tampone rapido ogni 48 ore o molecolare ogni 72. Dal 1° maggio non sarà richiesto nemmeno quello. Nei luoghi di lavoro fino al 30 aprile si continua però ad indossare la mascherina chirurgica. 

SMART WORKING: accordi individuali, deroga nel privato per altri tre mesi

Con la fine dello stato di emergenza il 31 marzo lo Smart working non sarà più regolato da accordi collettivi, ma sarà il datore di lavoro a doversi accordare con il singolo lavoratore. Questo per ora solo nel settore pubblico, dove la modalità prevalente resta quella del lavoro in presenza. In quello privato, invece, il decreto approvato ieri consente al datore di lavoro di derogare ancora fino al 30 giugno agli accordi individuali. I soggetti fragili, affetti da particolari patologie già individuate dalla legge n. 11 del 18 febbraio scorso, continueranno a loro volta a poter usufruire del lavoro agile sempre fino al 30 giugno 2022. 

TRASPORTI: dal primo maggio su aerei e navi senza certificazione

Dal 1° aprile niente Green Pass per salire su bus, metro e treni regionali. Fino al 30 aprile quello base, che è rilasciato anche con un tampone rapido valido 48 ore o un molecolare con validità a 72, servirà ancora per salire su aerei, navi e traghetti (esclusi quelli che fanno collegamenti con le piccole isole), pullman che colleghino più di due regioni e sui mezzi adibiti a servizio di noleggio con conducente. Tutti mezzi di trasporto ai quali fino ad ora si poteva accedere solo con il Super Green Pass, su cui però fino al 30 aprile continuano ad essere obbligatorie le Ffp2, indispensabili anche per salire su treni regionali, bus e metro. 

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Bce, incubo recessione

venerdì, Marzo 18th, 2022

Fabrizio Goria

Pericolo massimo. E retromarcia sulla retromarcia. La Banca centrale europea cambia la sua posizione sugli effetti dell’invasione della Federazione Russa in Ucraina. Otto giorni fa, Christine Lagarde si era detta possibilista a una stretta poderosa della politica monetaria dell’area euro. Ieri ha ricordato agli operatori che tutte le decisioni «terranno necessariamente conto delle ricadute economiche della guerra». Lo stallo delle trattative tra Mosca e Kiev, e il prolungamento dell’assedio russo verso le città ucraine, rischia di trainare l’intera eurozona in una flessione prima, e una recessione dopo.

Il pragmatismo adattivo che fu alla base della politica monetaria di Janet Yellen del suo mandato alla Federal Reserve, impegnata nel ritorno alla normalità dopo il crac di Lehman Brothers, ha fatto scuola. Ora è Lagarde a utilizzare il bilancino per valutare il migliore approccio di fronte a scenari così incerti come quelli bellici. Parlando al consueto appuntamento annuale “The Ecb and its watchers”, giunto alla 22esima edizione, ha spiegato che l’invasione ha «gettato un’ombra sull’Europa». Questo perché «ha messo in discussione i principi fondamentali della nostra sicurezza, basati sulla sovranità territoriale e sul rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani». Inoltre, ha rimarcato Lagarde, «ha rivelato la nostra vulnerabilità collettiva, nata dalla dipendenza economica da attori ostili». Ecco perché i piani di politica monetaria della Bce devono essere il più possibile orientati alla flessibilità, non curandosi dunque delle mosse della Federal Reserve, che invece ha cominciato l’exit strategy dalla maxi liquidità emergenziale. «Quando le condizioni necessarie saranno soddisfatte», ha sottolineato Lagarde, si potranno «compiere ulteriori passi verso la normalizzazione delle politiche». C’è tuttavia la consapevolezza dei rischi di fondo causati dalla guerra e dell’incertezza che si sta amplificando in tutte le direzioni.

Non parla in modo esplicito di economia di guerra, Lagarde, ma lo lascia intendere. L’ultimo scenario di base dello staff della Bce, che includono una prima valutazione dell’impatto dello scenario bellico in Ucraina, non è roseo. L’inflazione è stata rivista al rialzo per l’anno in corso, +5,1%, ma a preoccupare è lo scenario avverso, che vede una fiammata dei prezzi al consumo del 7,1 per cento. In questo caso, il messaggio di Lagarde è stato netto, le decisioni dell’Eurotower saranno aggiornate in modo tempestivo. «Abbiamo deciso che la nostra politica monetaria deve essere governata da tre principi: facoltatività, gradualità e flessibilità», ha assicurato Lagarde.

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L’Italia rafforza il “golden power” e blinda reti e 5G. Emergenza per guerra e pandemia

venerdì, Marzo 18th, 2022

di Aldo Fontanarosa

ROMA – Una pandemia non ancora sconfitta e una guerra devastante in Europa spingeranno il nostro governo a rafforzare le norme sul golden power (forse già nel Consiglio dei ministri di domani). Sono i poteri speciali che l’esecutivo esercita quando un’azienda straniera compra azioni di un’impresa italiana in «settori strategici e di interesse nazionale».

Il governo può condizionare le acquisizioni azionarie, a volte può finanche vietarle. Negli anni, i settori protetti sono diventati sempre più numerosi comprendendo – con il decreto 105 del 2019 – anche l’alimentare, l’acqua, la salute, l’intelligenza artificiale, i microprocessori, la robotica.

Roberto Garofoli, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, spiega che l’Italia – ovviamente – incoraggerà gli investitori esteri a portare capitali nel nostro Paese. Nello stesso tempo, “vuole mantenere il controllo su operatori strategici in settori economici vitali“. Alle sue parole, ieri, è seguita una riunione sul tema, presenti:
Daniele Franco, ministro dell’Economia,
– Vittorio Colao, ministro per la Transizione digitale,
– Giancarlo Giorgetti, ministro per lo Sviluppo Economico,
– lo stesso Garofoli,
– il Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta;
– la vicedirettrice del Dipartimento Informazioni e Sicurezza, Alessandra Guidi;
– la vicediretttrice dell’Agenzia per la Cybersicurezza, Nunzia Ciardi;

Nunzia Ciardi 

L’obiettivo di Palazzo Chigi, più in concreto, è blindare ancora di più le reti in 5G dallo strapotere dei fornitori cinesi (dal 2019, le comunicazioni in 5G sono già classificate come strategiche «per la difesa nazionale»).

Palazzo Chigi teme anche che software informatici e anti-virus russi possano funzionare da cavallo di Troia e veicolare attacchi hacker contro di noi. Ora, un governo non vieta l’uso di una specifica marca di anti-virus. Può incoraggiare però  le Pubbliche Amministrazioni a pratiche prudenziali per proteggere le infrastrutture digitali, visto il momento.

È sul tavolo infine l’ipotesi di rendere permanenti le norme di emergenza introdotte con il decreto Liquidità (il numero 23 del 2020). Le norme – che uscirebbero di scena il 31 dicembre 2022 – così entrerebbero stabilmente nel nostro ordinamento.

Prevedono che un’azienda non europea notifichi al governo anche un’acquisizione minimale (pari al 10% dei diritti di voto o del capitale). Impongono l’obbligo di notifica e di informazionefinanche alle aziende Ue che conquistano il controllo di una nostra impresa.

Il governo vuole anche individuare le materie prime a rischio approvigionamento, tra cui ci saranno i rottami ferrosi. Se un’impresa italiana vorrà esportarne verso Nazioni extracomunitarie, dovrà notificare l’operazione al ministero dello Sviluppo Ecomico e ottenere un semaforo verde della Presidenza del Consiglio.

Nel caso l’impresa esportatrice non rispetti questa procedura, rischia una sanzione da almeno 100 mila euro. Il governo vuole estendere una speciale tutela, infine, agli impianti idroelettrici, indispensabili per la produzione di energia.

Le norme sul golden power, dunque, servono a proteggere i settori strategici e di interesse nazionale. Per capire quanto la questione sia delicata, bisogna guardare alla nostra Intelligence, in particolare al Sistema di Informazione per la sicurezza della Repubblica.

E’ l’insieme degli organi e delle autorità che assicura le attività informative al salvaguardia del Paese “dai pericoli e dalle minacce provenienti sia dall’interno sia dall’esterno”.

Nella sua ultima relazione al Parlamento di febbraio 2022, ricorda il Sole 24 Ore, il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica segnala una crescita esponenziale delle acquisizioni di aziende strategiche nazionali per mano straniera. Il dato viene dedotto dal numero di notifiche alla Presidenza del Consiglio che i compratori devono inviare.

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Putin non sfonda dopo tre settimane di sangue e orrore: “Dieci giorni per vincere o finiranno le risorse”

venerdì, Marzo 18th, 2022

dal nostro corrispondente Paolo Mastrolilli

NEW YORK – Più caduti russi in Ucraina, che marines nei 36 giorni della feroce battaglia di Iwo Jima col Giappone. Più morti in tre settimane di invasione impantanata contro i fratelli della porta accanto, che l’intero numero delle perdite americane durante i venti anni di intervento in Afghanistan e Iraq. Se queste stime dell’intelligence Usa sono attendibili, si capisce perché i servizi britannici dicano che l’aggressione di Putin è “in stallo quasi su tutti i fronti”, mettendo a rischio la sua sopravvivenza al potere. Perché sui morti non si può mentire, e qualunque sia la retorica usata dal Cremlino per nascondere ai propri cittadini la verità, madri, padri, fratelli, mogli, figli di chi non tornerà mai più a casa la conoscono. E prima o poi ne chiederanno conto.

Secondo le stime dell’intelligence americana, basata sulle notizie dal terreno, le osservazioni dall’alto, le comunicazioni intercettate, i mezzi militari distrutti, i russi hanno perso oltre 7.000 soldati. Più alto è il numero fornito dagli ucraini, 13.500 morti, e più basso quello di Mosca, 498. I feriti sarebbero tra 14.000 e 21.000. Se questi numeri riportati dal New York Times sono veri, raggiungono oltre il 10% dei circa 150.000 militari mobilitati finora dal Cremlino, soglia che secondo gli analisti inizia a compromettere la capacità delle truppe di condurre in maniera efficace le operazioni. Superfluo sottolineare l’effetto sul morale, considerando che anche quattro generali hanno perso la vita. In alcuni luoghi, come Voznesenk, gli ucraini hanno lanciato addirittura la controffensiva.   Anche per questo, il ministero della Difesa britannico ieri ha pubblicato su Twitter un comunicato in tre punti: “L’invasione russa dell’Ucraina è ampiamente in stallo su tutti i fronti. Le forze russe hanno fatto progressi minimi sulla terra, il mare e l’aria negli ultimi giorni, e continuano a soffrire pesanti perdite. La resistenza ucraina rimane solida e ben coordinata. La stragrande maggioranza del territorio nazionale, incluse le città più grandi, resta in mani ucraine”.   Come si spiega questo fallimento? La prima ragione sta nell’origine del conflitto, una guerra scelta da Putin per motivi non condivisi dalla sua popolazione, e soprattutto dai militari di leva, che a 18 o 19 anni si sono ritrovati ad aggredire un paese senza neanche saperlo. Non erano addestrati, e le montagne di soldi spese per ammodernare le forze armate sono stati sprecati o rubati, almeno a giudicare dai risultati. L’aviazione non è stata in grado di assicurare la supremazia dei cieli, fondamentale per prevalere sul terreno. Mezzi e armamenti, dai carri armati alle bombe intelligenti, si sono dimostrati inferiori rispetto ai Javelin, gli Stinger, i droni turchi Bayraktar TB2, gli Switchblade americani, e il resto della tecnologia bellica fornita dall’Occidente. Il sistema per le comunicazioni criptate è saltato, costringendo i reparti a parlarsi via radio o con telefoni intercettabili.  

Un mezzo russo catturato dalle truppe ucraine (reuters)

Viste le difficoltà sul terreno, Putin bombarda a distanza i civili e minacciare il disperato uso delle armi nucleari. Motivo per cui il segretario di Stato Blinken ha ribadito ieri di considerarlo un “criminale di guerra”, promettendo di aiutare la raccolta delle prove per un eventuale processo.   Girano voci di una colonna di rinforzi in arrivo dalla Siberia. La realtà sembra che i 900.000 soldati delle imponenti forze armate russe esistessero soprattutto sulla carta. Il primo aprile è prevista una nuova leva di circa 130.000 soldati fra 18 e 25 anni, ma bisogna vedere quanti di loro si presenteranno ai centri di reclutamento.  

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Le idee contro

venerdì, Marzo 18th, 2022

di Antonio Polito

La guerra della Russia all’Ucraina sta assumendo i caratteri di uno «scontro di civiltà»

Nata con giustificazioni geopolitiche (l’espansione della Nato) o etnico-nazionali (la sorte della minoranza russofona), la guerra all’Ucraina sta assumendo i caratteri di uno «scontro di civiltà». Sembra di essere tornati alla profezia del 1996 di Samuel Huntington: in un libro sostenne che la Guerra Fredda sarebbe stata sostituita da nuovi conflitti fondati sulle identità religiose e culturali. Lo scontro tra l’Islam radicale e l’Occidente ne fu una clamorosa conferma. Lo sarà anche quello in corso tra Occidente e Russia?

I protagonisti stessi ne sembrano convinti. Da un lato Stati Uniti ed Europa rimproverano a Mosca di disprezzare l’etica universalistica di libertà e democrazia, e Biden accusa Putin di essere «un dittatore omicida e criminale». Dall’altro l’autocrate russo si appella invece all’ethos della nazione, come nella sua invettiva contro la «quinta colonna» interna che preferisce l’Occidente alla Madre Russia, e presenta una teoria quasi antropologica del patriottismo: c’è gente — ha detto — che tradisce per ostriche, fois gras e «libertà di gender». Il patriarca Kirill era andato anche oltre: per lui in Ucraina si combatte per non sottomettersi al dominio del peccato, e come esempio della corruzione occidentale ha additato «le sfilate dell’orgoglio gay».

In tutte le epoche i contendenti hanno provato a «sacralizzare» la loro guerra, a presentarla come la lotta della «civiltà contro la barbarie» (i francesi nella Grande Guerra) o a contrapporre «lo spirito da eroe» del tedesco a quello «da commerciante» dell’inglese. Ma più radicale sembra oggi la differenza tra Occidente e Russia. Il primo concepisce infatti la società come un «meccanismo», qualcosa da far funzionare razionalmente e al meglio possibile, per garantire la libertà degli individui di condurre la vita che credono. Mentre nella retorica del Cremlino si sente l’eco di un’idea della nazione come «organismo vivente», che persegue un’unica finalità radicata nella sua storia. In questa concezione «l’unità spirituale di un popolo è qualcosa che ne permea tutte le manifestazioni, anche le più alte come la religione, l’arte e la filosofia». E dunque anche la vita degli individui. La Russia si sente a tal punto un organismo vivente, e non solo una mera astrazione politica, che «sputerà fuori bastardi e traditori come moscerini finiti nella gola»: parola di Vladimir Putin.

Credo che così si possa capire meglio anche perché da noi c’è chi simpatizza con lui. Frange non piccole delle società occidentali si dichiarano stanche di sentirsi ingranaggi nel «meccanismo» della modernità, per quanto razionale e liberale possa essere, fatta di tecnica, scienza, finanza e democrazia; e hanno invece nostalgia di un mondo fondato sulla comunità, sulla sua unità spirituale e mistica, una nazione fatta di «sangue e suolo».

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L’aggiornamento militare sulla guerra in Ucraina: russi a corto di uomini e tattiche, Putin sta cercando una via d’uscita?

venerdì, Marzo 18th, 2022

di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

La battaglia è in stallo, le perdite ingenti, i costi enormi. I russi sembrano in una corsa contro il tempo. Secondo alcune analisi, il Cremlino starebbe cercando una via d’uscita che le permetta di dichiarare vittoria e scaricare la responsabilità del conflitto sull’Occidente. Si lavora a una bozza di accordo in 15 punti

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I prossimi 10 giorni di guerra saranno decisivi, e i russi ne sono consapevoli. In un’analisi pubblicata dal Center for European Policy Analysis, l’ex generale americano Ben Hodges prova a fare la conta delle forze in campo in rapporto all’avanzata degli uomini di Putin e ritiene che lo Stato maggiore russo sia consapevole di correre contro il tempo: l’esercito è a corto di uomini e munizioni, l’inattesa resistenza ucraina — oltre a causare grosse perdite — ha fatto saltare i piani e costretto disperdere le unità. Non sembra che dalla madre Patria siano in arrivo rinforzi: il Pentagono per lo meno non ha segnalato movimenti di truppe — neanche di quelle bielorusse, perché Lukashenko avrebbe timore delle reazioni interne — mentre l’intelligence britannica sostiene l’opposto. Secondo Londra, Mosca sta facendo affluire soldati da altre regioni, Estremo Oriente compreso: alcune unità sarebbero partite nella notte dalla base di Tskhinvali, nell’Ossezia del Sud, e attraverso il tunnel di Roki sarebbero dirette prima in Russia e poi in Ucraina.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina

Le debolezze dell’armata russa

Putin ha dichiarato mercoledì che tutto procede con successo. Conta sulla potenza della sua macchina bellica, sulla tattica del boa che soffoca. L’Armata non deve essere sottovalutata. La sensazione, però, è che il contingente schierato non sia sufficiente e soprattutto che la grande armata di 900 mila uomini non sia così imponente come si credeva: così si spiegherebbe anche la richiesta di aiuto ai cinesi, il ricorso ai ceceni e l’appello ai 16 mila miliziani siriani (sulla presenza di questi ultimi gli americani sono cauti, parlano di pochissimi casi). Anche perché, dall’altra parte, i russi non sono riusciti a tagliare le linee di rifornimento della resistenza e dall’Occidente continuano ad arrivare armi, come ha annunciato Joe Biden mentre il presidente Volodymyr Zelensky si rivolgeva al Congresso americano: l’opposizione non può durare all’infinito, ma è più motivata e finora non ha permesso di conquistare obiettivi significativi. Tra le nuove armi che gli Usa potrebbero consegnare agli ucraini c’è il cosiddetto drone-kamikaze. Lo Switchblade – letteralmente, coltello a serramanico – è un’arma leggera, trasportabile in uno zaino e composta da un tubo lanciatore: il drone esplosivo può restare in volo per 40 minuti, è guidato fino all’impatto sul bersaglio e ha un costo relativamente basso — circa 6 mila dollari — rispetto ad altri sistemi.

I vantaggi degli ucraini

Sul campo la battaglia ristagna. La guerra moderna non è adatta alle giovani reclute poco esperte su cui si basa l’Armata russa: il morale è basso, le perdite ingenti — anche se non 13 mila come dichiara Kiev — e i generali sono obbligati a combattere al fronte, dove la resistenza ne avrebbe uccisi 4. L’ultimo rapporto della Difesa britannica spiega che le forze russe «stanno lottando per superare le sfide poste dal territorio ucraino» e «sono bloccate» nella loro avanzata.

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Ucraina Russia, news di oggi sulla guerra: attesa per la telefonata Biden-Xi Jinping | Pentagono: se guerra si trascina rischio minaccia nucleare

venerdì, Marzo 18th, 2022

di Lorenzo Cremonesi, Andrea Nicastro, Marta Serafini, Paolo Foschi e Redazione Online

Le notizie minuto per minuto sulla guerra di venerdì 18 marzo: raid notturni a Lugansk, Kharkiv e su altre città dell’Ucraina. Oggi previsto il colloquio telefonico fra i leader di Stati Uniti e Cina dopo le tensioni dei giorni scorsi sulle voci di un possibile aiuto militare di Peschino alla Russi

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Il ventitreesimo giorno di guerra si è aperto con le sirene antiaereo in azione in numerose città dell’Ucraina, continuano senza sosta gli attacchi russi sui vari fronti aperti dall’esercito di Mosca. A Kiev la situazione è sempre più drammatica, ma gli ucraini non si arrendono e si preparano a fronteggiare eventuali assalti delle truppe di terra. A Mariupol è ancora incerto il bilancio del bombardamento russo sul Teatro filodrammatico usato dai civili come rifugio. Il ministro italiano Dario Franceschini ha annunciato che il nostro governo ricostruirà il Teatro.
L’offensiva di terra dei russi sembra comunque ancora in stallo e dietro le apertura di Mosca al dialogo ci sarebbero proprio le difficoltà impreviste incontrate sul campo e le perdite subite. La diplomazia è al lavoro, da più parti di segnalano piccoli progressi nei colloqui, ma secondo il negoziatore ucraino Podolyak «potrebbero essere necessari da pochi giorni a una settimana e mezzo per risolvere le questioni controverse». Scettico il segretario di Stato Usa Blinken: non vediamo la volontà di Mosca di fermarsi.
• In questo quadro incerto, c’è molta attesa oggi per la telefonata fra il presidente americano Joe Biden e il capo di stato cinese Xi Jinping. Il colloquio fra i leader delle due potenze mondiali è importante dopo le tensioni dei giorni scorsi, seguite all’annuncio degli Stati Uniti circa il possibile appoggio della Cina alla Russia. Gli analisti sono comunque divisi su cosa aspettarsi da questo vertice telefonico.
• Il presidente del Consiglio Draghi, confermando il piano dell’Italia di aiuti all’Ucraina (compreso l’invio di armi), in conferenza stampa ha affermato che parte di Putin c’è «la volontà di continuare la guerra» e l’Italia non si tirerà indietro per difendere i valori della democrazia e della pace.
• Vladimir Putin potrebbe ricorrere alla minaccia nucleare se la guerra in Ucraina si trascina. È l’ultima valutazione della Defense Intelligence Agency (Dia), l’agenzia d’intelligence del Pentagono.

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Ore 8.12 — Altri mille evacuati da Kiev nella notte
Lo ha comunicato ora il Servizio Statale di emergenza, alla Bbc.

Ore 8.10 — No-fly zone sul Donbass
Da questa mattina alle 6 la Russia ha dichiarato una «no-fly zone» sulla regione separatista dell’Ucraina. Lo hanno comunicato le autorità della repubblica autoproclamata di Donetsk. Il divieto di sorvolare la zona sarà esteso sino al 26 marzo ed è confermato, così l’agenzia Tass, dall’aeroporto di Krasnodar.

Ore 8 – Pentagono: «Rischio minaccia nucleare se guerra si trascina»
Vladimir Putin potrebbe ricorrere alla minaccia nucleare se la guerra in Ucraina si trascina. È l’ultima valutazione della Defense Intelligence Agency (Dia), l’agenzia d’intelligence del Pentagono. «Poiché questa guerra e le sue conseguenze diminuiscono lentamente la forza convenzionale della Russia» Mosca «probabilmente farà progressivamente affidamento sul suo deterrente nucleare per proiettare forza sul suo pubblico domestico e all’estero», ha spiegato il tenente generale Scott Berrier, capo della Dia, ina una audizione parlamentare, come riferisce la Bloomberg. «Una protratta occupazione di parti del territorio ucraino minaccia di indebolire l’esercito russo e di ridurre il suo arsenale di armi modernizzato mentre le conseguenti sanzioni economiche potrebbero causare una prolungata depressione economica e uno stato di isolamento diplomatico», ha spiegato l’alto ufficiale. La combinazione della resistenza ucraina e delle sanzioni economiche minaccerà «la capacità della Russia di produrre munizioni a guida di precisione», ha proseguito.

Ore 7.40 – Leopoli: colpita una fabbrica, gli aggiornamenti
(dalla nostra inviata Marta Serafini) Secondo le prime informazioni raccolte sul campo, è stata colpita una fabbrica riparazioni aeromobili, vicino alla ferrovia e nei pressi dell’aeroporto. Danneggiato anche deposito di bus civili.

Ore 6.46 – Leopoli: colpita una fabbrica vicino all’aeroporto
(dall’inviata Marta Serafini) A essere colpita questa mattina in un attacco missilistico a Lviv, a 70 km dal confine con la Polonia, sarebbe una fabbrica vicino all’aeroporto della città, secondo notizie ancora non confermate. Una lunga colonna di fumo ora sovrasta la città.

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