Archive for Marzo, 2022

La sola salvezza è Angela Merkel

sabato, Marzo 5th, 2022

LUCIO CARACCIOLO

Può la Nato battere la Russia senza farle la guerra? La risposta a questa domanda decide del conflitto in corso. Ieri Jens Stoltenberg, segretario generale dell’organizzazione militare del Patto Atlantico, ha scandito: «Non cerchiamo la guerra con la Russia». E ha quindi escluso l’imposizione di una zona di non sorvolo sull’Ucraina, che equivarrebbe all’apertura delle ostilità contro Mosca. Non volere la guerra significa volere la pace negoziata? Esprime invece la convinzione che le sanzioni, i rifornimenti di armi e volontari alla resistenza ucraina e la pressione internazionale piegheranno la Russia? O infine che l’Alleanza Atlantica non muoverebbe dito nemmeno se Putin occupasse Kiev? Nel primo caso, si tratta di interrompere subito le ostilità per intavolare un negoziato fra Putin e Zelinsky. Occorre un mediatore all’altezza. Personalità credibile, esponente di un importante paese europeo: Angela Merkel. Se l’ex cancelliera rientrasse dalle meritate vacanze e volasse a Mosca e a Kiev per negoziare i termini di un cessate-il-fuoco immediato che preludesse a un accordo duraturo sull’assetto dell’Ucraina, passerebbe alla storia come pacificatrice d’Europa nell’ora del pericolo massimo. Prima che i russi taglino agli ucraini l’accesso al mare, come tentano di fare marciando verso Odessa. E prima che per accidente o intenzione altri paesi siano coinvolti nel conflitto.

Ipotesi seconda: aspettiamo che la Russia alzi le mani. Improbabile che lo faccia mentre occupa buona parte del territorio ucraino, quale che sia l’effetto – comunque grave – delle sanzioni europee e americane sul popolo e sulla nomenklatura russa. Per piegare i russi, storia insegna, non basta isolarli e affamarli. Servirebbe comunque tempo. Non ne abbiamo molto. Si può sperare in un colpo di Stato che installi al Cremlino una personalità abilitata a trattare la pace. Con ciò ammettiamo di aver mandato gli ucraini allo sbaraglio, salvando l’anima nostra al prezzo dei loro corpi. Ci rimettiamo alla saggezza di un generale o di uno spione russo. Difficile anche solo da raccontare a noi stessi.

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La guerra degli innocenti, oltre 100 bambini uccisi nei bombardamenti su Kharkiv

sabato, Marzo 5th, 2022

MONICA PEROSINO

Il tempo è un’illusione, un’ostinata illusione diceva Einstein. In guerra che il suo fluire sia relativo a chi lo sta osservando, a chi lo subisce, è una certezza. Mentre uomini in giacca e cravatta, o in maglietta militare, decidono il quando, il dove, il come potranno aprirsi corridoi umanitari, qua sotto, nei bunker di Mariupol, alla stazione ferroviaria di Dnipro, nelle cantine di Zaporizhzhia ogni minuto potrebbe essere quello buono per fuggire, o semplicemente l’ultimo. Come uno stormo perfettamente coordinato centinaia di persone si sono messe in moto per mettere più spazio possibile – questo spazio fisico, reale – tra sé e le bombe. Ieri i quattro checkpoint che da Zaporizhzhia e dalla centrale nucleare portano a Nord, erano intasati. Colli di bottiglia con la paranoia che tra gli sfollati si nascondano sabotatori russi, «travestiti» da profughi, medici, giornalisti.

Valentyna sembra una bambola nella sua tutina imbottita rosa con il cappuccio, sta dormendo tra le braccia di uno sconosciuto: «La sto portando dalla zia a Dnipro», spiega Dmyrtus, seduto sul sedile del passeggero di un’auto sgangherata all’ultimo check-point prima della città. Dopo sei ore di viaggio per poco più di cento chilometri ce l’ha quasi fatta. Una volta in città «vedremo che cosa fare, dove andare. Tutti i nostri parenti sono a Mariupol e Kharkiv, non è sicuro lì». Ancora ieri, per il terzo giorno consecutivo, il sindaco di Mariupol ha denunciato la situazione drammatica della sua città, rimasta senz’acqua, riscaldamento, elettricità: «Dopo cinque giorni di attacchi russi sta finendo anche il cibo», dice mentre chiede disperato l’apertura di un corridoio umanitario per evacuare i civili. «Siamo semplicemente distrutti», ha detto Vadym Boychenko.

In questo tempo dell’illusione, in attesa di un nuovo round di colloqui diretti fra Mosca e Kiev, non si è fermata l’offensiva delle forze russe: ieri sono entrate nella città portuale di Mykolayiv, sul Mar Nero, a metà strada tra Kherson, caduta nei giorni scorsi, e Odessa. Continuano anche i pesanti bombardamenti su Kharkiv – la seconda città più grande del Paese – dove le autorità hanno contato più di 2.000 morti, fra i quali oltre 100 bambini. Ma contare è impossibile, ogni ora ci sono altre vittime e altri edifici vengono distrutti tra questi anche «scuole, centri culturali e università. La situazione è terribile, siamo stati bombardati e la gente sta finendo il cibo e l’acqua», ha detto Sergey Chernov, presidente del Consiglio regionale di Kharkiv. Come diretti da un comando invisibile migliaia di persone stanno raggiungendo in queste ore Dnipro. Da qui i treni – che hanno ripreso a funzionare – rovesciano moltitudini stanche e terrorizzate appena arrivate da Oriente o da Sud. Da qui si cerca anche di muoversi verso Lviv, verso Occidente: «Sono già partiti due treni verso Ovest – dice Polina, 23 anni – ma non sono riuscita a salire, erano troppo pieni, le persone per salire ti strattonano, spingono, piangono». Piange anche lei, ha dormito in stazione, una notte lunghissima e fredda. I treni sono stati presi d’assalto, qualsiasi cosa si muova è un bene inestimabile. Ukrzaliznytsia ha programmato una serie di treni aggiuntivi da Kharkiv, Kryvyi Rih, Dnipro e Zaporizhzhia verso le regioni occidentali. Da giovedì non serve più il biglietto.

I civili sono sfiniti dal terrore delle bombe, a cui ora si aggiunge la paura delle radiazioni. Vera, 60 anni, a questo non era preparata: «Vivevo a poche centinaia di metri dalla centrale, ma mai nella vita ho pensato che qualcuno avrebbe potuto e voluto farla esplodere. Di fronte a tanto che cosa si può fare se non pregare Dio?».

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Le sei regole della guerra in Ucraina

sabato, Marzo 5th, 2022

di Guido Olimpio

L’esercito russo si prepara a chiudere la morsa attorno a Kiev. L’ultima (e più costosa) opzione?Mandare le truppe per stanare gli avversari

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L’Armata vuole chiudere la morsa attorno a Kiev , manovra simile a quella condotta nel sud-est. Potrebbe così iniziare un assedio e la minaccia costante di taglio di luce/acqua come a Mariupol. L’alternativa è mandare le truppe a stanare gli avversari. Un’opzione che qualsiasi Stato maggiore lascia per ultima perché costosa. John Spencer, esperto di guerra «urbana», ha indicato alcuni punti chiave.

Primo. La difesa è in vantaggio, può sfruttare le strutture e gli spazi ridotti che riducono la manovra degli assalitori. Crea depositi, organizza trappole, killing zone dove attendere gli «esploratori», conosce il terreno. Controindicazione. Può guadagnare tempo. È ciò che avviene in queste ore in molti centri, però poi deve arrivare un aiuto esterno. E, al momento, non si vede chi possa essere.

Secondo. L’intelligence ha una «visuale» ridotta, la ricognizione aerea non è sufficiente, chi è trincerato ha la possibilità di usare trucchi ed espedienti per nascondersi. Difficile anche fornire indicazioni per colpire da lontano.

Terzo. Possiamo paragonarla ad una giungla, al posto della vegetazione ci sono gli edifici. Chi attacca è costretto ad esporsi, persino l’attraversamento di un viale si trasforma in un’area di tiro. Pochi uomini sono in grado di fermare una colonna, i cecchini sono in agguato, team ridotti sbucano alle spalle, dai tunnel. I russi hanno vissuto tutto questo nelle battaglie a Grozny, Cecenia. Non hanno un buon ricordo, ancora meno lo hanno i ceceni che hanno subìto la risposta. Mosca ha avuto altre esperienze analoghe (Siria), dispone di materiale più moderno (piccoli droni), può affidare il compito alla carne da cannone. Resta l’ostacolo.

Quarto. Ogni palazzo si trasforma in un bunker. Nei centri abitati più grandi esistono complessi ampi, con muri spessi, che consentono di creare linee di difesa successive. È ancora la storia militare a raccontare di «nidi» imprendibili se non dopo aver versato molto sangue.

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Kiev, una missione impossibile sul luogo del delitto

sabato, Marzo 5th, 2022

Carlo Verdelli

Uno dei più rilevanti leader del mondo, Vladimir Putin, ha deciso di cambiare la storia, e anche la geografia, di una parte della Terra. Ma le grandi potenze che dovrebbero impedirglielo non hanno ancora trovato un modo per fermarlo.

Un modo per evitare l’effetto domino che comporterebbe l’annessione dell’Ucraina (44 milioni di abitanti e 250 mila soldati contro un aggressore da 144 milioni di abitanti e 780 mila soldati, il secondo esercito della Terra) al disegno folle di un ritorno alla Grande Madre Russia.

Ma forse è proprio da lì che si dovrebbe ricominciare, dalla trincea di Kyiv (denominazione ucraina della capitale, invece della russa Kiev). Presidiarla come se fosse l’avamposto vitale della democrazia che in effetti è, il confine ultimo tra il sovranismo selvaggio e la tutela minima dei principi fondanti della comunità occidentale. Spostare quel confine più indietro, darlo per perso confidando in altre retroguardie, è un peccato storico di cui tutti rischiamo di pagare un prezzo incalcolabile. Sì, ma come? Immaginiamo un gesto forte, simbolico, realizzabile al più presto a fronte della violenza travolgente degli eventi. Immaginiamo che tutte le personalità più influenti d’Europa organizzino un summit proprio nella città che ormai conta con angoscia i giorni che la separano dalla caduta. Immaginiamo che aderiscano la presidente della Commissione europea Von der Leyen, i capi di Stato o di governo dei Paesi membri, compresi i nostri Draghi o Mattarella, i rispettivi ministri degli Esteri, un delegato ufficiale della Santa Sede. Una testimonianza viva e collettiva che rompa l’assedio e interrompa la spirale al peggio che sembra avviata in modo irreversibile.

Bombardare la seconda centrale nucleare d’Europa, quella di Zaporizhzhia nel sud ucraino, per di più in una notte di tregua, rischiando un’altra Chernobyl moltiplicata per sei, segna un punto di non ritorno in un conflitto che è sbagliato definire guerra, dal momento che è una pura invasione, scatenata senza un’ombra di pretesto credibile e portata avanti nel disprezzo criminale del diritto internazionale e del supremo valore dei diritti umani. Se dopo un colloquio a due con Putin, il presidente francese Macron, l’unico leader forte rimasto in Europa dopo l’uscita di scena della Merkel, dice che «il peggio deve ancora venire», e lo dice con un senso di impotenza, i distinguo e le speranze precipitano nel vuoto, perdendo senso e peso.

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Ucraina-Russia, le ultime notizie sulla guerra: tregua temporanea, un’altra centrale nucleare nel mirino dell’esercito russo

sabato, Marzo 5th, 2022

di Lorenzo Cremonesi, Francesco Battistini, Marco Imarisio, Andrea Nicastro, Paolo Foschi

Le ultime notizie in tempo reale sulla guerra Ucraina-Russia: Kiev si prepara a resistere ai nuovi attacchi, Mariupol sotto assedio. Nel week end nuovo round di negoziati. Putin: accordo solo se accettano tutte le condizioni

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Byshiv, a 40 km da Kiev (LaPresse)

Le truppe russe avanzano verso la seconda centrale nucleare più grande dell’Ucraina. Dopo aver preso il controllo dell’impianto di Zaporizhzhia, l’esercito di Mosca va avanti dunque su più fronti: proseguono gli attacchi a Kiev, Mariupol e alle altre città dell’Ucraina. L’esercito ucraino e i volontari provano a resistere, scavano trincee, arruolano anche i civili proprietari di piccoli droni, mentre sono già arrivati i primi aiuti militari promessi dagli Stati Uniti e dall’Europa.
Nel week end è previsto un nuovo round di negoziati . Il premier ucraino Zalenski in un video, dopo aver smentito le notizie su una sua fuga all’estero, ha condannato la Nato per la mancata istituzione della no-fly zone.
Stati Uniti e Europa valutano l’ipotesi di nuove sanzioni. In Italia è scattata la caccia ai beni degli oligarchi che sostengono Putin: la prima operazione è il sequestro dello yacht di Alexei Mordashov.
Il Corriere ha avviato una newsletter speciale , una serie di podcast sulla guerra in Ucraina e una sottoscrizione per aiutare le vittime della guerra. Qui sotto, le notizie in diretta.

***

Ore 8.50 – Sindaco Mariupol: pronti all’evacuazione dei civili
La città ucraina di Mariupol comincerà alle 9, le 10 in Italia, l’evacuazione dei civili. Lo rende noto il sindaco dopo l’annuncio da parte russa della tregua nella città portuale per consentire corridoi umanitari. Le autorità municipali hanno inoltre indicato che l’evacuazione è prevista fino alle 14, le 15 in Italia, riferisce Sky News.

Ore 8.40 – PayPal chiude in Russia
La società di pagamenti PayPal Holdings Inc ha chiuso i suoi servizi sabato in Russia, citando «le circostanze attuali»: lo riferisce la Reuters. Il presidente e amministratore delegato Dan Schulman ha dichiarato che la società «sta con la comunità internazionale nel condannare la violenta aggressione militare russa in Ucraina». Un portavoce della società ha affermato che PayPal supporterà i prelievi per un periodo di tempo, assicurando di regolarizzare la chiusura dei conti. PayPal, che aveva consentito solo transazioni transfrontaliere da parte di utenti in Russia, mercoledì ha smesso di accettare nuovi utenti nel paese.

Ore 8.28 – La tregua e la popolazione stremata dalla fame
(Andrea Nicastro, inviato a Zaporizhzhia) Uno spiraglio di speranza per i civili intrappolati a Mariupol da 5 giorni senza corrente, riscaldamento, telefoni. L’agenzia di informazione ufficiale russa Tass ha scritto che il Ministero della Difesa moscovita ha accordato con le forze ucraine un corridoio umanitario per permettere l’evacuazione dei civili dalla città-porto. Kiev non ha ancora confermato e i dettagli dell’accordo non sono ancora chiari. Non si sa, ad esempio, se saranno ammessi nella città assediata e senza carburante degli autobus o dei treni per evacuare chi non ha un’auto propria. Non si sa neppure come verranno avvertite le persone nascoste nei rifugi antibomba. Senza linee telefoniche e comunque con i telefonini scarichi, ci vorrebbe un’informazione capillare con altoparlanti quartiere per quartiere. In una città vasta come Mariupol, da mezzo milione di abitanti, è un’impresa che non può avvenire in un solo giorno. Ieri è arrivata al Corriere un’unica voce da Mariupol. Veniva da uno degli operatori di agenzie internazionali rimasti in città che ha la fortuna di disporre di generatori e telefoni satellitari. La fonte riferiva di una popolazione stremata, non solo dal terrore dei bombardamenti «costanti e pesanti», ma anche dalla fame, ormai diffusa in più quartieri. «Le riserve stanno esaurendosi per tutti». Stesso accordo, sempre secondo Tass, anche in un’altra città sotto assedio, Volnovakha.

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Cingolani: «Gas, tetto europeo al prezzo. Così sostituiremo quello russo»

sabato, Marzo 5th, 2022

di Federico Fubini

Dalla guerra ucraina del 2014 la dipendenza dal gas russo di noi italiani è cresciuta. È stata miopia?
«L’Italia paga l’esserci appiattiti su questo fornitore che ci dà oltre il 40% del nostro gas, anche se fino a poco tempo fa è stato affidabile — risponde Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica —. Non è stato un buon approccio, a maggior ragione perché il nostro energy mix è piuttosto povero. Sostanzialmente dipendiamo dal gas, dunque l’errore è stato doppiamente grave».

La dipendenza dal gas per la produzione elettrica è fra le più alte d’Europa, no?
«Un terzo dell’energia consumata in Italia è elettricità e di questo terzo, il 60% circa è prodotto dal gas. Che poi soddisfa anche altri bisogni nel Paese. Serve un piano nazionale di sicurezza energetica per non ritrovarci più nelle condizioni di oggi. Questa guerra ci obbliga ad accelerare dopo anni di distrazione, ideologia, ipocrisia, balle».

Pensa all’ostilità per i giacimenti italiani di gas?
«In Italia ne abbiamo di media grandezza. Nel 2000 estraevamo quasi 20 miliardi di metri cubi, nel 2020 poco più di tre: lo avrei capito se intanto avessimo iniziato una drastica decarbonizzazione, ma il consumo di gas si è mantenuto fra 70 e 80 miliardi di metri cubi all’anno. Lo abbiamo comprato all’estero, perdendo le entrate da Iva e pagando per il trasporto».

Abbiamo preferito il gas di Putin a quello italiano?
«È una situazione in cui perdiamo da tutti i lati, va cambiata. E c’è un’altra situazione da rivedere: vent’anni fa aveva senso incentivare pesantemente le rinnovabili, che allora erano molto costose. Per favorire questa dinamica si era anche fatto sì che il prezzo dell’unità di energia, il megawattora, fosse agganciato a quello allora più economico del gas».

Ora il gas è molto più caro dell’energia da rinnovabili.
«Ma paghiamo in bolletta per questa convenzione per cui si produce energia rinnovabile a bassissimo costo, poi il prezzo va agganciato a quello oggi astronomico del gas».

Volete tassare gli extra-profitti delle rinnovabili?
«No. Cerchiamo di far sì che i cittadini possano vivere del loro salario».

Dunque le rinnovabili vanno vendute a prezzi che riflettano i costi effettivi?
«A prezzi equi direi. In Italia abbiamo preso una misura d’emergenza per un anno, con il decreto bollette. Ma questa è una partita europea, dobbiamo prendere atto che non ha senso agganciare il costo delle rinnovabili alla materia prima oggi più cara».

Se il gas fosse petrolio, è come se costasse 365 dollari al barile anziché i già cari 114 di oggi. Che si può fare?
«Chi ce lo vende, come la russa Gazprom, fa profitti straordinari. Una riflessione europea è importante. Lunedì andiamo con il premier Mario Draghi a parlarne con Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione Ue. Uno dei temi è il denaro che diamo ai russi per le forniture».

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Catasto: la riforma passa per un voto, si spacca la maggioranza

venerdì, Marzo 4th, 2022

di Monica Guerzoni

La Lega: «Ora mani libere sulle nostre proposte». Letta accusa: «Volevano la crisi di governo»

È stato bocciato l’emendamento soppressivo della riforma del catasto presentato dal centrodestra in commissione Finanze alla Camera. La riforma voluta dal governo è dunque salva ma la maggioranza si è spaccata con FI, Lega e Fdi che hanno votato a favore della proposta di soppressione. I voti contrari sono stati 22, i favorevoli 23.

Guerriglia in commissione

Per un soffio, un voto soltanto, il governo non va sotto sul catasto. La guerriglia in commissione Finanze alla Camera finisce con la sconfitta del centrodestra: 23 a 22. L’alleanza Lega—FdI-Forza Italia si è ricompattata contro le (presunte) tasse sulle casa, ma non è riuscita a scongiurare la bocciatura dell’emendamento con cui Salvini puntava a sopprimere la revisione del catasto, con cui il premier vorrebbe scovare immobili e terreni fantasma. Mario Draghi e i suoi ministri possono andare avanti. Ma non è certo un bel segnale una maggioranza che si spacca su un provvedimento cruciale per la ripresa economica come la delega fiscale. E con la guerra, quella vera, ai confini dell’Europa.

L’attacco di Letta

Nel commento di Enrico Letta, a caldo su Twitter, c’è il pericolo scampato e anche lo stato, a dir poco precario, della coalizione di unità nazionale: «Il centrodestra ha appena tentato di far cadere il governo Draghi sul riordino del catasto. Sembra una fake news, in uno dei giorni più drammatici della storia recente». Invece è tutto vero e non promette bene per l’ultimo anno di legislatura. dal 2026

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La libertà più forte delle bugie

venerdì, Marzo 4th, 2022

di Barbara Stefanelli

In pochi giorni tutto è cambiato. Dopo decenni di contenimento, di mercantilismi pubblici e anche privati, di Realpolitik celebrata come unico codice di sopravvivenza avveduta, si è generato un salto. E a noi sembra di entrare, timidi ma senza imbarazzo, in una stagione di ritrovato idealismo democratico

L’uomo in mimetica, barba e cappuccio guarda nella fotocamera e recita una poesia persiana: A cosa stai pensando? Il tuo amore ha bruciato fino alla cenere la giungla della mia anima. A volte mi chiedo chi ti darà notizia della mia morte. Si chiama Zhenya Perepelytsa, è ucraino, da ragazzo ha trascorso un anno a Teheran ed è lì che ha imparato quei versi in farsi, ora offerti alla prima linea innevata della guerra contro gli invasori.

Sulle piattaforme social gestite dai suoi attivisti, Aleksej Navalny, in cella dopo essere sopravvissuto a un avvelenamento e aver comunque scelto di rimpatriare, chiama i russi: «Vogliamo essere una nazione di pace. Non di codardi che fingono di non vedere l’aggressione scatenata da un re folle. Andate nelle piazze: alle 19 nei giorni feriali, alle 14 nei festivi. Non basta essere contro la guerra, bisogna combatterla».

Roger Cohen, giornalista del New York Times, chiude il suo editoriale da Parigi citando Hannah Arendt sui totalitarismi: in un regime di terrore, la maggioranza si adeguerà. Ma non tutti. E non è necessario niente di più – né di più potremmo chiedere – affinché questo pianeta resti un posto abitabile per gli esseri umani.

Olaf Scholz, cancelliere socialdemocratico tedesco, dice al Bundestag: «Dimostriamo di avere in noi la forza per fermare un guerrafondaio». Il presidente del Consiglio Mario Draghi spiega al Parlamento italiano: «La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani sono una difesa dei nostri principi e del nostro futuro».

In una settimana, forse in una sola notte, qualcosa — o tutto — è cambiato. Dopo decenni di contenimento, di mercantilismi pubblici e anche privati, di Realpolitik celebrata come l’unico codice di sopravvivenza avveduta, si è generato un salto. L’indifferenza — parola che Liliana Segre ha voluto venisse incisa nel muro del Memoriale della Shoah di Milano, al binario 21, da dove partivano i treni per Auschwitz — attenua forse la sua presa. E a noi sembra di entrare, incerti ma senza imbarazzo, in una stagione di ritrovato idealismo democratico. Quello che ha rovesciato nelle strade decine di migliaia di persone vestite di giallo-blu. Mezzo milione sotto la porta di Brandeburgo, a Berlino, lungo un unico rettilineo che ha unito l’ex Ovest all’ex Est.

Aveva ragione Thomas Samuel Kuhn — fisico, storico e filosofo statunitense ( La struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1962) — quando ragionava sulla discontinuità: non c’è solo il passo dell’accumulazione; esistono «svolte paradigmatiche», tra loro incommensurabili, che «comportano riconfigurazioni dei principi di fondo». Non è la prima volta che succede. Che saltiamo oltre la gradualità. Furono le accelerazioni di Giuseppe Garibaldi verso il Sud di due mondi ad alzare il vento del Risorgimento; furono il fuoco e il senso della Brigate Internazionali in Spagna a strappare George Orwell dal «profondo, profondissimo sonno dell’Inghilterra» (Omaggio alla Catalogna).

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La Lega e Draghi alla resa dei conti: il prossimo scontro sugli appalti

venerdì, Marzo 4th, 2022

ILARIO LOMBARDO, FRANCESCO OLIVO

ROMA. A questo punto si può anche dire che il governo è salvo grazie ad Alessandro Colucci, deputato di Noi con l’Italia, il micropartito di Maurizio Lupi che ha fatto un po’ la parte del jolly dentro il centrodestra. Colucci si è sacrificato in nome del governo, della stabilità, per scongiurare una crisi che sarebbe apparsa assurda con una guerra alle porte dell’Europa, ma che potrebbe anche essere soltanto rinviata. Se non lo avesse fatto Colucci, qualcun altro nel centrodestra si sarebbe caricato il compito di salvare il governo, e molto probabilmente lo avrebbe fatto Coraggio Italia, che invece ha votato contro la riforma del catasto insieme a Lega e, a sorpresa, Forza Italia.

Per Mario Draghi non è una giornata esaltante. È riuscito a evitare l’affossamento della norma della delega fiscale che definisce la mappatura per la futura revisione del catasto. Ma il passaggio e la forzatura parlamentare gli sono costate la spaccatura in maggioranza e un governo traballante. L’avvertimento arrivato in commissione il giorno prima, affidato da Draghi alla viceministra dell’Economia Cecilia Guerra, ha avuto l’effetto di compattare il centrodestra e di costringere il premier a una trattativa in extremis. Lo stesso è successo ieri. Temendo il peggio, Draghi ha inviato il suo consigliere economico, Francesco Giavazzi, a presidiare i deputati in commissione. Il premier sperava nei forzisti e ha cercato di convincerli ad astenersi. Dopo aver sentito Antonio Tajani mercoledì, ha convocato una delegazione di azzurri a Palazzo Chigi. Quando però ha capito che le resistenze non erano scalfibili ha telefonato a Silvio Berlusconi. Draghi ha provato a spiegargli che «non ci sarebbe alcun innalzamento automatico delle tasse», che «si tratta di una ricognizione» che vedrà la luce «non prima del 2026», con l’impegno di non far alcun aggiornamento fiscale senza prima passare dal Parlamento. Una telefonata che è diventata inutile quando Berlusconi ha risposto al premier: «Per noi la casa è intoccabile». Forza Italia spiega il suo “no” con due argomenti: la necessità di tenere stretta la Lega e soprattutto quello che viene considerato un irrigidimento di Draghi. Chi ha assistito alle trattative ha notato come la rottura si sia consumata durante i colloqui a Palazzo Chigi. Forza Italia aveva avanzato una ipotesi di mediazione, un testo dove si escludeva con nettezza quello che il governo già aveva spiegato nei mesi scorsi: nessuna nuova tassa sulla casa nei prossimi quattro anni. «La Lega si sarebbe accontentata», spiega un dirigente berlusconiano. La delegazione guidata dal capogruppo azzurro alla Camera Paolo Barelli però ha trovato un muro nel presidente del Consiglio: «Dopo il Quirinale Draghi è chiuso al dialogo, ci tratta con fastidio», spiegano i vertici.

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Ucraina, Giannini: “Putin ha rilanciato la sua guerra totale per il ritorno alla grande Madre Russia. Solo la Cina forse lo può fermare”

venerdì, Marzo 4th, 2022

L’intervento del direttore de La StampaMassimo Giannini durante la puntata del 3 marzo 2022 di Otto e Mezzo su La7.

Video La7 – Otto e Mezzo

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