Archive for Marzo, 2022

La Felicity Ace affonda e porta con sé un tesoro di 4.000 auto tra Porsche, Lamborghini e Bentley

giovedì, Marzo 3rd, 2022

La nave Felicity Ace è affondata. Il cargo ha portato con sé sul fondo del mare le 1.100 Porsche e le 189 Bentley che aveva a bordo. L’Oceano si è preso anche molte altre auto, tra cui Audi, Volkswagen e Lamborghini. Tutte finite negli abissi al largo delle Azzorre.

Sulla Felicity Ace era scoppiato un incendio lo scorso 16 febbraio. L’equipaggio, per fortuna, si era salvato grazie all’intervento della Marina portoghese. Le auto trasportate erano quattromila. Il cargo, di proprietà di un’impresa giapponese, era diretto verso gli Stati Uniti. Pare che il valore del carico di auto ammontasse a 438 milioni di dollari.

IL TEMPO

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I russi sono in un vicolo cieco? Caracciolo (Limes) e la realtà della guerra sul campo. Macigno sui negoziati

giovedì, Marzo 3rd, 2022

Federica Pascale

Il secondo round di negoziati tra Russia e Ucraina avrà luogo domani giovedì 3 marzo nella foresta di Brest, e la speranza che le due delegazioni trovino un accordo per la pace è condivisa certamente da tutti i civili coinvolti nello scontro. Ad oggi, però, continua il conflitto armato ed è ancora difficile immaginare la fine delle offensive da parte della Russia.

Non nutre grandi speranze Lucio Caracciolo, direttore della rivista italiana di geopolitica Limes, ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo su La7. Durante la puntata di mercoledì 2 marzo, il giornalista e analista geopolitico afferma: “Non mi aspetto molto dal negoziato, anche perché finché la situazione non è in qualche modo indirizzata da una parte o dall’altra nessuno vuole cedere nulla.” La conduttrice in studio domanda perché questi negoziati sembrano non essere risolutivi, e Caracciolo spiega: “Non li prendono sul serio perché la situazione sul terreno è in stallo. I russi sono sicuramente in difficoltà, probabilmente non prevedevano una resistenza ucraina così forte e, soprattutto, dovendo evidentemente cercare di evitare una battaglia dentro i centri urbani, di finire dentro una guerriglia, sono piuttosto prudenti sotto questo profilo.

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Ucraina, “l’Occidente cerca il golpe a Mosca”: il piano della Nato per rovesciare Vladimir Putin

giovedì, Marzo 3rd, 2022

Maurizio Stefanini

«Un equivoco scaturito da un possibile lapsus»: così Downing Street ha smentito come falsa l’asserzione di un portavoce di Boris Johnson secondo cui «le sanzioni occidentali mirano a far cadere il regime di Putin», e che ovviamente aveva fatto il giro del mondo in pochi minuti. «Non stiamo cercando nulla in termini di cambio di regime», è stato dunque precisato. «Quello di cui stiamo parlando chiaramente qui è come fermiamo la Russia che cerca di soggiogare un Paese democratico».

“Frase infelice” a parte, il messaggio di Johnson recriminava piuttosto le azioni del presidente russo che avrebbe commesso un «errore colossale» col suo attacco militare, «sottovalutando l’unità dell’Occidente e la durezza delle sanzioni a cui la sua azione ha portato». Però effettivamente il primo ministro britannico sta ormai chiaramente alzando il tono. Parlando dalla base militare di Tapa in Estonia, in particolare, ha detto che i raid russi sulla città di Kharkiv in Ucraina sono «assolutamente disgustosi» e ricordano alcuni degli attacchi a Sarajevo nella guerra in Bosnia. Aveva dietro i carri armati britannici del contingente Nato a difesa del confine con la Russia e avendo vicini la prima ministra dello Stato baltico, Kaja Kallas, e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg.

Ha però detto che i britannici non combatteranno contro i russi in Ucraina. L’asserzione va considerata assieme alla conferenza stampa che Johnson ha fatto a Varsavia, e durante la quale è stato interrotto da una donna che ha chiesto a lui e a tutto l’Occidente di fare di più per l’Ucraina: «I bambini e le donne ucraine hanno paura per le bombe e i missili che arrivano dal cielo. Stiamo chiedendo disperatamente alle nazione dell’Occidente di proteggere i nostri cieli. Abbiamo chiesto una No Fly Zone e ci avete risposto che questo potrebbe portare alla Terza Guerra Mondiale. Ma qual è l’alternativa, signor Presidente? Osservare? Qual è l’alternativa per una No Fly Zone? Come possono fare le donne ad attraversare il confine con dei bambini in braccio? Il Regno Unito ha garantito per la nostra protezione al Memorandum di Budapest».

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Russia, non solo la Cina: quel mondo che tifa per Putin (e odia l’America)

giovedì, Marzo 3rd, 2022

di Federico Rampini

I Paesi che si sono astenuti al voto sulla risoluzione Onu sono 35: tra loro ci sono Cina, ma anche India, Eritrea e Pakistan. Ma chi sono, davvero, gli alleati della Russia di Putin? Pechino incassa un «regalo» strategico: stravolte le priorità Usa dall’Indo-Pacifico all’Europa

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P er avere un punto di vista diverso dal nostro sulla tragedia ucraina , si può leggere Ma Xue, ricercatore al China Institute of Contemporary International Relations, think tank legato all’intelligence di Pechino. «La Russia — scrive l’esperto cinese di geopolitica — si è adattata dal 2014 per sopravvivere a dure sanzioni finanziarie. L’America e i suoi alleati europei finiranno per subire i danni dal loro sostegno all’Ucraina. La Russia seminerà odio e sabotaggio della Nato. L’emergenza profughi metterà in crisi l’unità degli europei».

Più Vladimir Putin ci appare in difficoltà in Ucraina, più si addensano gli interrogativi sui piani della Cina nei retroscena di questa aggressione. Quando i due leader s’incontrarono il 4 febbraio alle Olimpiadi di Pechino, Xi Jinping diede il suo via libera all’invasione? Se è così, bisogna capire qual è il tornaconto di Pechino. Quale ruolo si sceglierà nel nuovo mondo economico-finanziario disegnato dalle durissime sanzioni occidentali contro Mosca? È possibile che decida di prendere le distanze dall’aggressione, come spera il presidente Zelensky quando invoca una mediazione cinese nel conflitto? O invece siamo di fronte alla realtà di un vero e proprio Asse, con cui l’Occidente dovrà fare i conti a lungo?

Solo la Cina ha forza economica e influenza politica tali da poter offrire una via d’uscita al leader russo. Che Xi abbia deciso di abbracciare la teoria dell’accerchiamento di Putin, è chiaro dal comunicato congiunto che i due firmarono ai Giochi invernali un mese fa. Spiccava la condanna dei «cinque consecutivi allargamenti della Nato», e l’insistenza sulle «legittime richieste per la sicurezza russa». Con un summit così visibile, seguito dall’aggressione all’Ucraina non appena la tregua olimpica si è chiusa, Xi si è legato all’immagine di Putin. Ha sbagliato i calcoli?

Nell’immediato la Cina incassa un danno economico. Ha interessi importanti in Ucraina, di cui era diventata il principale partner commerciale lungo quelle Vie della Seta che si espandono nei Balcani e puntano su Trieste. Il governo di Pechino ha dovuto evacuare 2.300 concittadini. Sulle sanzioni, nel breve termine la Repubblica Popolare è attenta a non diventare una vittima collaterale: ha sospeso per cautela gli acquisti di carbone russo, per evitare che le banche cinesi intermediarie possano finire nel mirino degli americani. Seconda economia mondiale, con un attivo della bilancia commerciale pari a 676 miliardi di dollari, la Cina non vuole guastare i proficui rapporti che ancora intrattiene con noi. Però approfitta di questa crisi per collaudare un ordine finanziario alternativo al nostro.

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Ucraina-Russia, le ultime notizie sulla guerra: oggi i negoziati, l’Aia indaga per crimini di guerra russi

giovedì, Marzo 3rd, 2022

di Lorenzo Cremonesi, Francesco Battistini, Andrea Nicastro, Marta Serafini, Marco Imarisio, Paolo Foschi

Le ultime notizie sulla guerra, in diretta: Russia e Ucraina oggi si incontrano per negoziati in Bielorussia; ieri tensione per sorvolo di aerei russi sulla Svezia

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La guerra è all’ottavo giorno. Dopo i pesanti bombardamenti delle ultime 24 ore su Kiev e sulle principali città, oggi in Bielorussia le delegazioni di Kiev e Mosca riprendono i negoziati: i russi sarebbero disponibili a mettere il cessate il fuoco, anche se non è chiaro a quali condizioni.
• La Corte penale internazionale ha intanto annunciato l’apertura di un’inchiesta per presunti crimini di guerra, mentre l’assemblea generale dell’Onu, con soli cinque voti contrari e 35 astenuti, ha approvato una risoluzione contro la Russia.
•Dopo la caduta della città di Kherson, adesso la grande paura è arrivata anche a Kiev, che si prepara a resistere all’attacco delle truppe russe di terra. Situazione drammatica anche a Mariupol, ormai circondata all’esercito di Mosca e rimasta senza luce e acqua. Mosca invece sembra tornata indietro agli anni della cortina di ferro: ci sono code alle farmacie, lasciare il Paese è sempre più difficile e il clima si fa sempre più cupo.
Il Corriere ha avviato una newsletter speciale e una serie di podcast sulla guerra in Ucraina. Qui le foto del giorno. Qui tutti i video dal fronte. Qui sotto, le notizie in diretta.

***

Ore 7.50 – Il sequestro dello yacht più grande del mondo
Le autorità tedesche, secondo quanto riporta il Guardian, avrebbero sequestrato lo yacht di Alisher Usmanov, miliardario russo. Il sequestro sarebbe avvenuto ad Amburgo.

Usmanov è nella lista dei soggetti colpiti dalle sanzioni dell’Unione europea.

Lo yacht, secondo Forbes, si chiama Dilbar, è lungo 156 metri, ha un valore di 600 milioni di dollari, e potrebbe essere il più grande al mondo per tonnellaggio.

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Ore 7.15 – Un milione di profughi: il primo
(Marta Serafini, inviata a Leopoli, Ucraina) Il primo milione. «In soli sette giorni abbiamo assistito all’esodo di un milione di sfollati dall’Ucraina verso i paesi vicini», scrive su Twitter l’Alto commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi. «Per molti altri milioni di persone, all’interno dell’Ucraina, è tempo che le armi tacciano, in modo che possa essere fornita assistenza umanitaria salvavita». Il tema sarà anche al centro della visita del segretario di Stato Antony Blinken nei Paesi limitrofi all’Ucraina, in testa Polonia dove si concentra il maggiore flusso di ingresso.

Ore 7.00 – Ma dov’è il convoglio militare russo che sta andando a Kiev?
Da giorni si ha notizia di un convoglio militare dell’esercito russo, lungo oltre 60 chilometri, diretto verso Kiev.

Il convoglio non avrebbe compiuto alcun progresso significativo nell’arco delle ultime 48 ore, avanzando soltanto di una manciata di chilometri, secondo quanto afferma il portavoce del Pentagono, John Kirby.

Come mai? E cosa significa?

Il portavoce del Pentagono ipotizza che le forze russe si siano raggruppate per valutare i progressi compiuti sino ad ora.

Di certo, la presenza di un colonna di mezzi alle porte di Kiev avrà un peso nei negoziati che riprendono oggi, in Bielorussia.

E il fatto che giorni se ne conosca l’ubicazione, senza che la colonna sia messa sotto attacco, potrebbe indicare che Mosca ha la certezza di poter controllare i cieli.

Ore 6.56 – Bombardamenti a Sumy, colpita l’università militare
Le forze russe hanno bombardato nella mattinata un edificio della facoltà militare dell’università statale di Sumy, città nord-orientale dell’Ucraina. Lo riferisce il capo dell’amministrazione militare regionale di Sumy, Dmytro Zhyvytsky, ripreso su Twitter da Kyiv Independent.

Ore 6.32 – Ambulanze militari russe portano i soldati feriti in Bielorussia
Una fila di sette ambulanze militari russe, grandi come un autobus, i cui finestrini sono oscurati da tende grigie, si è fermata all’ingresso posteriore dell’ospedale principale di Mazyr, in Bielorussia, a 48 chilometri dal confine con l’Ucraina, trasportando i feriti dal fronte. Residenti e medici hanno raccontato che c’è un flusso costante di soldati russi feriti nei feroci combattimenti intorno a Kiev.

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Perché siamo tutti ucraini

giovedì, Marzo 3rd, 2022

di Luciano Fontana

«La bandiera dell’Ucraina, disegnata per il Corriere della Sera da Mimmo Paladino, è la nostra bandiera. A Zelensky e ogni donna e uomo dell’Ucraina vogliamo solo dire che no, non li abbandoneremo»: l’editoriale del direttore, Luciano Fontana

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«Abbiamo dimostrato che siamo come voi. Mostrateci che siete al nostro fianco, che non ci abbandonate».

Le parole di Volodymyr Zelensky sono state un richiamo fortissimo a chi vuole ancora illudersi che si può restare indifferenti.

«Siamo come voi», ci ha gridato. Perché il presidente e il popolo ucraino credono negli stessi valori, amano le stesse libertà, pretendono gli stessi diritti del nostro mondo, italiano, europeo, occidentale. Con il coraggio di chi può affermare che per la libertà e per il proprio Paese si può anche morire.

Gli ucraini vogliono vivere in pace come l’Europa ha saputo fare per tantissimi anni dopo la seconda guerra mondiale. Le armate di Putin, l’invasione di uno Stato indipendente e sovrano, i bombardamenti, i morti, le distruzioni vogliono invece cancellare tutto questo. In nome di un disegno di potenza che la storia ha sepolto e utilizzando falsità inconcepibili sulla sicurezza della Russia.

Nessuno minacciava la Russia, nessuno voleva metterla nell’angolo. Molti Stati dell’Unione, tra cui l’Italia, si erano addirittura improvvidamente consegnati alla dipendenza energetica da Mosca.

Ora dobbiamo chiedere tutti ad alta voce che le armi si fermino, che le armate si ritirino, che la vita e la libertà degli ucraini siano difesi. Sappiamo che non sarà facile, che dovremo utilizzare tutti i mezzi salvo quelli che possono portare a una terza guerra mondiale.

Ognuno di noi dovrà mettere nel conto che il lungo confronto con la Russia comporterà sacrifici. Che tutto sarà incerto. Ma pace, libertà, indipendenza, diritti sono valori assoluti e non negoziabili. Lo abbiamo imparato in passato sulla nostra pelle.

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La svolta di Draghi: dalla prudenza alla linea del rigore. L’allusione a Hitler

mercoledì, Marzo 2nd, 2022

Adalberto Signore

Anche per Draghi è finito il tempo della diplomazia a tutti i costi. Una linea per certi versi imposta in questi ultimi giorni anche dalla particolare situazione in cui versa l’Italia, uno degli Stati europei che più dipendono dal gas russo. Il nostro fabbisogno energetico, infatti, è coperto per circa il 43% dal metano di Gazprom. Siamo, dunque, uno dei Paesi che più sentirà il riflesso delle sanzioni decise contro Mosca, certamente più di Francia o Spagna. Non è un caso, quindi, che sul tema Palazzo Chigi si sia mosso con molta prudenza, in particolare sul via libera all’esclusione della Russia dal sistema Swift (la piattaforma di messaggistica che mette in comunicazione banche e istituzioni finanziarie di tutto il mondo). Con il sistema bancario russo in isolamento, infatti, per l’Italia diventerà infatti impossibile pagare le forniture di gas alla Russia. Una prudenza che ci è valsa lo scetticismo di alcuni Paesi del Nord Europa, qualche articolo critico sulla stampa anglosassone e pure un passaggio polemico – ormai acqua passata – con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj.

Il cambio di passo c’è stato sabato mattina, quando dopo un venerdì di ampie riflessioni sul tema delle sanzioni e di ripetuti confronti con i leader europei, l’Italia si è allineata sul fronte del rigore. L’interesse nazionale – fonte di legittima preoccupazione per Palazzo Chigi – ha infatti inevitabilmente dovuto cedere il passo alle ragioni della tenuta democratica dell’Occidente, messa evidentemente a rischio dall’invasione russa dell’Ucraina. E anche Draghi ha abbandonato la linea del confronto a tutti i costi. Lo ha messo nero su bianco ieri, durante le comunicazioni alle Camere. In particolare nei suoi quasi dieci minuti di replica al Senato, a braccio e con un piglio da politico navigato. In cui è stato duro, netto, in alcuni passaggi persino definitivo. La diplomazia «è fatta di dialogo» ma «anche di forza», dice il premier. Perché «per cercare la pace bisogna volerla» e «chi in questo momento ha più di 60 chilometri di carri armati alle porte di Kiev non vuole la pace».

Draghi, dunque, rivendica la scelta di opporsi a Mosca, di entrare in campo direttamente e fornire armi – prima volta nella storia dell’Europa – a uno Stato sotto attacco. «Ho sperato fino alla fine che si potesse evitare questa mostruosità, ma – spiega – non ci siamo riusciti perché era stato tutto premeditato da tanto tempo». Un affondo diretto a Vladimir Putin, accusato esplicitamente di aver macchinato per anni l’aggressione all’Ucraina. «Dalla guerra di Crimea a oggi – dice l’ex numero uno della Bce – le riserve della Banca centrale russa sono state aumentate sei volte, alcune sono state lasciate in deposito presso altre Banche centrali in giro per il mondo, altre presso banche normali. Non c’è quasi più nulla, è stato portato via tutto. E queste cose non si fanno in giorno, ma in mesi, mesi e mesi».

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Il mondo cambiato in 6 punti

mercoledì, Marzo 2nd, 2022

Paolo Guzzanti

È stata la settimana che ha sconvolto il mondo. Ci credevamo invulnerabili alle guerre più barbare con armi nucleari e invece no. Contrordine, gente comune e politici pigri: dobbiamo rivedere le nostre certezze. Perché il mondo è cambiato. In almeno sei modi.

1. Quello che nell’iconografia di guerra veniva chiamato l’Orso russo e che credevamo relegato nei libri delle favole, ha scardinato la rilegatura ed è tornato a spaventarci, non si sa se per aver perso la logica, la nostra logica occidentale figlia della filosofia greca e ci prende a scrolloni e ci destabilizza. E quindi di colpo scopriamo che non ci aspettano anni di folgorante ripresa e di Pil alle stelle, ma anni di instabilità. Il nostro grande vicino che occupa uno spazio sul pianeta lungo dalla Germania al Giappone passando per la Cina, dopo una prima brezza ed ebbrezza democratica è tornato prigioniero di una genetica imperiale, da stivali chiodati, e nessun rispetto per il mondo circostante. Esige come un diritto all’intrusione dentro e fuori i suoi confini e ragiona con decrepite categorie mentali imperiali come le «sfere di influenza», «stati cuscinetto» e sovranità limitata, minacciando e praticando l’uso discrezionale di bombe e cannoni, anche con testate nucleari.

2. Però, sorpresa. Due entità, la Nato e l’Ue, che sembravano sepolte nelle loro sigle prive di significato e con l’elettroencefalogramma piatto (lo disse un anno fa il presidente francese Manuel Macron) si sono dimostrate ben vive e con gli strumenti e la voglia di costituire un’unica guida. A farli rinascere è stato proprio Putin. Avranno tutti i difetti del mondo, ma finalmente ne abbiamo avuto la prova: Unione Europea ed alleanza Atlantica esistono, reagiscono e senza di loro rischieremmo di consegnarci alla mercé di un autocrate. Infine, il risultato più inatteso: l’Europa ora è anche armata, il che vuol dire pronta a spendere denaro in sicurezza, pronta a fare sacrifici per avere e proteggere una sua politica estera ispirata ai suoi principi.

3. La guerra ci ha messo davanti a una scelta: sopravvivere significa cambiare la politica della sostenibilità perché dovremo sia stringere la cinghia, sia procedere verso una riconversione usando un mix di fonti diverse whatever it takes – e smettere e non essere più dipendenti da un fornitore incontrollabile, e anche alla svelta perché dobbiamo scaldarci per il prossimo inverno

4. Forti dell’esperienza che stiamo affrontando, possiamo forse guardare in modo nuovo alla Cina che costituisce una minaccia sia demografica che tecnologia, con una evidente propensione egemone ma anche un realismo più solido perché la Cina ha i suoi problemi e non sarà la Russia a risolverli visto che può offrire soltanto gas e petrolio, certamente utili benché la Cina abbia già fatto ricorso ad altre fonti e riaprendo le miniere di carbone ovunque si trovino. Se la Russia metterà in discussione il mondo globalizzato su cui la Cina ha costruito le sue fortune saranno guai anche per Mosca. Un nuovo terreno d’intesa è possibile, ma facendo patti chiari sui temi dell’indipendenza e della libertà di navigazione.

5. Questa guerra ci mette davanti alla prospettiva di un mondo diviso, fra muri reali o simbolici mentre siamo da tempo abituati a un mondo in cui tutto circola, perché adesso tutti i Paesi, Svizzera e Monaco compresi, hanno deciso di mettere al sicuro il denaro, mentre è in arrivo la cleptocrazia russa. Anche i canali tv, i siti e i social della disinformazione sono nel mirino e probabilmente ci si deve aspettare un mondo con qualche frontiera in più per la difesa collettiva dei Paesi avanza

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Guerra in Ucraina, perché l’Onu è un palazzo inutile

mercoledì, Marzo 2nd, 2022

Domenico Quirico

Lo confesso: sono un ingenuo. Da una settimana, da quando la coscienza rantola sotto le rovine dell’Ucraina mi ostino a cercare notizie dell’Onu. Sì. Nella ennesima quaresima del dispotismo, e questa venata di allarmanti cantilene atomiche, mi sforzo di trovare notizie di Antonio Guterres, il segretario generale. Il segretario generale: riempie la bocca, segretario generale, dà l’idea di un onnipotente.

Sono cresciuto e non sono certo il solo, nell’idea che ci sono delle istituzioni che per la loro natura, la vita che vi è raccolta e condensata, i ricordi e le speranze che ci si intrecciano alla loro fondazione, talvolta anche con il solo suono del nome o l’evocazione del palazzo che li ospita, diventano, nel bene e nel male, l’immagine obbiettiva di una situazione, di una vicenda, di una storia. E finiscono per identificarsi con quella come fossero la loro forma reale, la loro proiezione esterna, politica, umana.

Ecco: il Palazzo di vetro, le Nazioni unite per gli ingenui di tutto il mondo come me sono ancora la pace, la possibilità almeno della pace, il luogo fisico dove la pace può diventare forza e diritto. Dove esiste, comunque, anche quando le trame di violenti e concussori tentano e talora riescono a umiliarla e a guadagnare posizioni.

Ebbene nel corso dei decenni, mentre la Storia finiva e poi ricominciava e ricominciava ancora e forse l’Ucraina è quest’altro terribile inizio, le agenzie delle Nazioni unite sembrano aver soppiantato la casa madre impegnata in vaste capitolazioni. Perché funzionano abbastanza bene, li vedi nelle grandi crisi umanitarie, salvano e sfamano fuggiaschi, scavalcano a fatica una elefantiasi burocratica che spesso fa asciugare vanamente molte energie nella sabbia del superfluo. Lì ci sono ancora uomini di buona volontà che agiscono e non chiacchierano. Ma questo non basta. L’Onu non è nato forse per la pace, per impedire le guerre, per punire e frenare i prepotenti? Per questo non resiste da mezzo secolo nelle bufere della Storia?

Lo so che fa cilecca da almeno mezzo secolo, che da artificiere degli incendi dei conflitti si è trasformato nello squallido teatro della solita solfa. Opera come datore di lavoro di caschi blu arruolati in paesi poverissimi alla ricerca di una paga, che assistono impotenti ai massacri dei prepotenti, senza mezzi, senza ordini, senza forza.

Li ho osservati ieri nella riunione, ovviamente di urgenza, convocata per il precipitare della crisi ucraina. Gente che andava e veniva, scranni vuoti, i rappresentanti russo e ucraino che sventolavano fogli di carta con le prove della perversione diabolica dell’uno e dell’altro. Una tribuna periferica e neppure troppo importante per la propaganda. Il solito labirinto minotaurico delle buone intenzioni, una ritualità sgonfia di effetti ma stratificata e inestricabile come un palinsesto bizantino. Un accorto burocrate di scuola borbonica vi avrebbe riconosciuto, con cognizione di causa, la triste odissea della pratica «guerra in Ucraina». È lo stesso iter di quella della guerra siriana, del genocidio ruandese, della mattanza somala eccetera eccetera. Un cataclisma sulla scena internazionale è dapprima etichettato come “normale”, fase in cui è sacrosanto non fare nulla. Poi diventa “urgente”: non prestate attenzione ai toni isterici delle dichiarazioni, i navigatissimi argonauti del palazzo di vetro sanno che non val la pena di dar loro retta. Poi approda all’“urgentissimo’’ come nel caso dell’attacco russo a Kiev. E allora tutto si placa, a poco a poco si spegne e diventa superfluo.

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Davide Serra: “Lo Zar finirà in bancarotta, la guerra tassa i russi del 40%”

mercoledì, Marzo 2nd, 2022

Marco Zatterin

Davide Serra invita a leggere “Red Notice”, il libro che ha fatto diventare «il mio amico Bill Browder, l’uomo più odiato da Vladimir Putin». È stato il maggior investitore in Russia sino al 2005, racconta il fondatore di Algebris, «lo Zar lo ha sostenuto, poi lo ha derubato e gli ha ucciso il legale di fiducia: c’è tutto lì dentro, e tutto si capisce». Anche la follia che ha portato il Cremlino a seminare l’orrore in Ucraina e a spingere il pianeta sull’orlo della terza guerra mondiale. «Ho visto Putin a un forum, una volta – ricorda il finanziere genovese naturalizzato britannico –. E dodici anni fa, dopo trenta viaggi in Russia, ho deciso che non avrei più investito nel Paese. Ho capito che era l’impero del Male. Putin è uno che pensa che una persona si possa solo comprare o sottomettere».

Ora c’è la guerra. E le sanzioni. Come le sembrano?
«Durissime. Una versione nucleare delle ordinarie misure finanziarie. La banca centrale russa ha 650 miliardi di riserve ma, di queste, 400 sono in Germania. Bloccate. Vuol dire che non possono fermare la caduta del rublo, precipitato da 70 a 110 col dollaro. In altre parole, il russo medio s’è visto bruciare il 40 per cento del potere di acquisto di beni globali in una settimana. Mai visto».

Quali le conseguenze?
«Se 110 milioni di persone perdono quasi metà della ricchezza mangiano e comprano meno. È come una tassa. La tassa Kiev. La Russia non produce nulla a parte petrolio e gas. Non esiste manifattura domestica di beni di consumo. Oltretutto i russi ricordano bene quando fallirono nel 1998, e così hanno chiuso i mercati dei capitali. È vietato comprare dollari e li puoi rivendere solo allo Stato. Non c’è più conversione. Sei fregato. È una tassa sulla ricchezza del 40 per cento!».

Perdono pure gli oligarchi, quindi…
«È su di loro che Putin si è sempre appoggiato. Alcuni sono veri gangster che hanno rubato asset pubblici e anche ucciso. Hanno ottenuto il potere a condizione che obbedissero al presidente. Chi si lamenta o si oppone viene fatto fuori, metaforicamente e no, come capitato a Khodorkovsky o Litvinenko».

Li ha conosciuti?
«Il giorno che hanno fatto fuori Litvinenko ero nel sushi bar in cui era andato a mangiare. Mi ha chiamato il MI5 per farmi il test del polonio. Tutto bene, fortunatamente. Ma questa è Londongrad. È qui che gli oligarchi alimentano il loro potere di corruzione e riciclaggio».

La guerra blocca tutto. Perché lo ha fatto, Putin?
«Il tema chiaro è il risentimento germogliato perché il Kgb ha perso la sua guerra nel 1989 allo sgretolamento dell’Unione sovietica. Putin vuole vendicare l’Urss. Per questo ha finanziato, o cercato di finanziare, le forze che potevano indebolire l’Europa. Dalla Le Pen ai NoVax».

E poi?
«Poi è andato in panico perché, dopo che l’Ucraina ha cacciato i corrotti russi, lo stesso stava accadendo in Bielorussia e in Kazakhistan. Li stava perdendo. E allora ha attaccato Kiev».

È qui la causa dell’attacco?
«Non c’è dubbio. Temeva che la democrazia gli arrivasse in casa».

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