Archive for Marzo, 2022

La Lega e gli altri, cosa resta del partito russo

martedì, Marzo 1st, 2022

di Stefano Folli

La tragedia ucraina cambia i termini della politica europea e italiana più in fretta di ogni previsione. Sulla nuova linea dell’Unione – che tuttavia ha preso tempo circa l’adesione di Kiev – sono esaurienti le corrispondenze pubblicate in queste pagine.

Per quanto riguarda l’Italia, il dato che colpisce è la nebbia in cui sembra diluirsi il “partito russo”, peraltro non scomparso. Di tale “partito” Salvini è stato fino a ieri il punto di riferimento, ma ora egli garantisce di appoggiare senza riserve Draghi e le sue misure di sostegno a Zelensky.

Ciò non elimina le ambiguità della sua posizione che cambia di ora in ora. Domenica 27 febbraio in televisione il capo leghista era tornato a opporsi alle sanzioni: “Non in mio nome” aveva detto riprendendo un celebre slogan del movimento pacifista internazionale. Con il dettaglio che di solito la frase serve a rifiutare ogni collaborazione con gli aggressori e non si applica all’aiuto fornito agli aggrediti. In ogni caso Salvini in serata aveva già corretto il senso delle sue parole per non entrare in urto con il governo di cui fa parte. Lunedì 28 febbraio, dopo aver approvato l’invio di armi e mezzi a Kiev, è tornato a esaltare un generico impegno di Putin (in una telefonata con Macron) a far cessare gli attacchi contro obiettivi civili. Salvini ne parla quasi come fosse la fine della guerra, sempre presentandosi come l’interprete laico di papa Francesco.

Nel concreto la Lega non può che appoggiare la linea Draghi: europea, anzi euro-americana. Ma è evidente lo sforzo: non esiste una politica estera coerente del Carroccio, mentre i legami con la Russia sono stati solidi. Ne deriva che la svolta imposta dalle circostanze è precaria e intrisa di tatticismo. È chiaro, d’altra parte, che un ritorno in campo del “partito russo” sarebbe incompatibile con l’unità nazionale, cioè lo spirito che ha reso più forte Draghi e che è destinato a non venir meno fin quando durerà il conflitto a Est.

Una frattura sull’Ucraina, tema cruciale per l’Occidente, obbligherebbe la Lega a uscire dal governo. E questo vale anche per quella parte dei Cinque Stelle, la corrente di Conte, che ha condiviso con Salvini la spinta “putiniana” e oggi è costretta a fare i conti con la realtà. Anche qui stessa prudenza tattica, qui e là contraddetta da voci isolate. Come il presidente della commissione Esteri del Senato, Petrocelli, che si è schierato contro le scelte del governo.

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Le idee, i valori e il coraggio della popolazione ucraina

martedì, Marzo 1st, 2022

di Ernesto Galli della Loggia

Emerge un patriottismo che non è orgoglio e ricerca della potenza della propria nazione, ma innanzi tutto amore per il proprio Paese

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Carri armati russi in Ucraina

E poi c’è il coraggio. C’è quella cosa di origine la più varia e di forme molteplici che si manifesta improvvisamente quando meno te lo aspetti e in chi meno te lo aspetti che è il coraggio. Sta nel coraggio la vera lezione e certamente la più preziosa, che l’Ucraina oggi dà al mondo. Non è solo l’impavida fermezza del suo presidente. È il coraggio di chi senza aver mai imbracciato un fucile va ad arruolarsi pur sapendo di fare un passo forse decisivo verso la morte ( e sono decine di migliaia); è il coraggio dei ragazzi e delle ragazze che nei parchi cittadini preparano le bottiglie molotov con cui qualcuno di loro correrà domani incontro a un carro armato nelle vie di Kiev o di Odessa; è il coraggio delle madri che da sole si rifugiano oltre confine cariche di figli accettando senza fiatare che i loro mariti e compagni le abbandonino per andare a combattere. È il coraggio dell’anziana signora che affronta un soldato russo armato fino ai denti dicendogli «che ci fai qui, che non è casa tua?». È il coraggio del gruppetto di marinai indifesi i quali, di stanza su un insignificante isolotto del Mar Nero, alla nave russa che gli intima la resa rispondono «fottetevi!» senza sapere la fine che avrebbero fatto.

Da dove viene il coraggio? Da molte parti certamente. Alla fine però, come quasi tutto, da una parte sola: dalle idee e dai valori. Dall’idea che abbiamo di noi stessi e della vita, dal valore che attribuiamo al Paese che ci sta intorno e in cui siamo nati, dall’idea che abbiamo della sua storia, di quanto è accaduto prima di noi a coloro di cui siamo i figli e i nipoti. Dal peso e dal significato che diamo a ognuna di queste cose.

E infatti dietro l’esempio di coraggio che oggi stanno dando l’Ucraina e la sua gente è facile indovinare un senso fortissimo di dignità personale e di appartenenza collettiva, si sente risuonare di un suono chiarissimo l’idea che vi sono cause per cui la vita può essere sacrificata nonché la convinzione che non deve essere tollerata la prepotenza di chi vuole imporci la sua volontà. Tutto questo, infine, amalgamato, per così dire temprato e portato a una temperatura altissima, dalla fiamma del patriottismo. Che non è l’orgoglio e la ricerca della potenza della propria nazione. È innanzi tutto l’amore per il proprio Paese, per la sua storia e i suoi costumi, e insieme il desiderio di vivervi da liberi, liberi di deciderne le sorti condividendole con gli altri che parlano la nostra stessa lingua ma con i quali siamo capaci d’intenderci senza bisogno di parole bensì con uno sguardo, con un semplice cenno del capo. È dal patriottismo, da questo alto e pur elementare sentimento del vivere e delle virtù civili, da questo legame che tiene insieme le società umane, che nasce il coraggio odierno degli ucraini.

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Ucraina, la Svizzera abbandona la storica neutralità e si schiera contro Putin

martedì, Marzo 1st, 2022

Bruno Mariaschi

Segnate la data perché non era mai successo. Di fronte all’attacco russo all’Ucraina, considerato «senza precedenti», e- e sotto la pressione congiunta di Unione europea e Stati Uniti, la Svizzera ha rotto gli indugi e abbandonato la sua tradizionale neutralità, cosa che non aveva fatto nemmeno allo scoppio della Seconda guerra mondiale provocata dai nazisti. Putin è riuscito dove nessuno era riuscito prima: a convincere gli svizzeri a sostenere una guerra, cosa dalla quale si sono astenuti dopo a battaglia di Marignano (oggi Melegnano) combattuta nel settembre del 1515.

Confederazione elvetica ha annunciato di essersi allineata «integralmente» alle sanzioni imposte dall’Ue alla Russia, comprese quelle contro Vladimir Putin e il congelamento dei beni. «Un provvedimento importante», ha concesso il presidente Ignazio Cassis, sottolineando che il Consiglio federale «compie questo passo con convinzione, in modo ponderato e inequivocabile».

«Neutralità non significa indifferenza», aveva del resto spiegato lo stesso Cassis in un messaggio alla nazione nel primo giorno dell’invasione russa, alzando i toni e annunciando misure più dure rispetto a quelle messe in atto nel 2014 dopo le crisi in Crimea e Donbass, quando Berna voleva innanzitutto evitare di diventare un escamotage dei russi per aggirare le sanzioni europee.

Il ministro delle Finanze Ueli Maurer – il cui partito di destra Udc puntava a misure meno drastiche – ha spiegato che i beni delle persone che si trovano sulla lista nera dell’Ue «sono congelate con effetto immediato». E la ministra della Giustizia, Karin Keller-Sutter, ha annunciato il divieto di ingresso per 5 oligarchi russi e ucraini – di cui non sono stati resi i nomi – vicini al capo del Cremlino e con importanti «legami economici soprattutto nella finanza e nel commercio di materie prime» con la Svizzera.

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La delibera del Cdm: stato di emergenza

martedì, Marzo 1st, 2022

Ilario Lombardo

ROMA. Mario Draghi porta incisa sul volto la gravità del momento. I ministri che lo osservano mentre parla a Palazzo Chigi lo descrivono emotivamente provato. La storia che irrompe nel Consiglio dei ministri è anche questo. È il peso della responsabilità enorme delle decisioni che fino a ieri sembravano irreversibili. Armare un popolo che si difende dalle bombe, riaprire le centrali a carbone per garantirsi una sopravvivenza energetica. Draghi cerca però di non aggiungere ulteriori tonalità drammatiche quando espone i fatti ai ministri convocati per votare un decreto di emergenza a soli tre giorni dall’ultimo. Nessuna volontà bellicosa, spiega, dietro la decisione di inviare missili e mezzi agli ucraini: «L’obiettivo che abbiamo tutti come Europa è trovare una via d’uscita e di farlo il prima possibile». La storia ha avuto una sua svolta improvvisa, dice Draghi, «siamo di fronte a qualcosa di inedito» che costringe tutti a fare i conti con una nuova era e con nuovi paradigmi. Tenere aperto il più possibile il dialogo con Vladimir Putin non ha portato a nulla: «Purtroppo non ci sono condizioni per trattare e fare progressi in altro modo».

Draghi insiste sulla «compattezza», come valore dell’Europa, della Nato, del G7, ringrazia i ministri per la solidarietà mostrata da tutti, e i partiti per la disponibilità che hanno dato in queste ore. Dopo aver sentito il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, chiama al telefono anche il segretario del Pd Enrico Letta, il presidente del M5S Giuseppe Conte, il leader della Lega Matteo Salvini. Il decreto viene votato all’unanimità e prevede tre punti: sull’invio delle armi, sugli approvvigionamenti energetici, per rendersi più indipendenti dal gas russo, sulla dichiarazione dello stato di emergenza fino al 31 dicembre. Quest’ultimo non va confuso con quello per la pandemia in scadenza il 31 marzo: servirà a predisporre tutto il necessario per la Protezione civile che ha il compito di gestire l’arrivo dei profughi e la rete dell’accoglienza. Secondo i calcoli del governo in Italia ne dovrebbero arrivare 500 mila, su 7-8 milioni previsti nell’Ue.

Oggi Draghi sarà in Parlamento e spiegherà con ancora più convinzione i motivi delle scelte. La risoluzione che verrà messa ai voti darà mandato al governo di procedere con le misure adottate. All’Ucraina verranno forniti missili antiaerei, Spike anticarro, mitragliatrici, munizioni. Sarà la Nato a occuparsi del ponte aereo e della logistica per trasferire tutto il materiale al confine, dove saranno ritirati dalle autorità di Kiev. Sulla fornitura di armi «non c’è alcuna contraddizione con la Costituzione», ha spiegato ieri Draghi e spiegherà oggi in Aula: perché l’articolo 11 ripudia la guerra come «strumento di offesa». Qui si tratta di aiutare un intero popolo a difendersi dal massacro ordinato da Putin, alla frontiera Est dell’Europa.

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Ecco perché Putin perderà la guerra

martedì, Marzo 1st, 2022

YUVAL NOAH HARARI

A meno di una settimana dall’inizio della guerra, è sempre più plausibile che Vladimir Putin si stia avviando verso una sconfitta storica. Potrà anche vincere tutte le battaglie, ma perderà la guerra. Il suo sogno di ricostruire l’impero russo si è sempre basato sulla menzogna secondo cui l’Ucraina non è una vera nazione, gli ucraini non sono un vero popolo e gli abitanti di Kiev, Kharkiv e Leopoli anelano a essere governati da Mosca. Le sue, però, erano soltanto spudorate falsità: l’Ucraina è una nazione con più di mille anni di storia e Kiev era già una metropoli importante quando Mosca non era neppure un villaggio. Il dittatore russo, tuttavia, racconta questa menzogna da talmente tanto tempo che, a quanto sembra, ci crede lui stesso. Quando ha pianificato l’invasione dell’Ucraina, Putin poteva contare su molti dati certi. Sapeva che dal punto di vista militare la Russia surclassa l’Ucraina. Sapeva che la Nato non avrebbe mandato truppe ad aiutare l’Ucraina. Sapeva che la dipendenza dell’Europa dal petrolio e dal gas russi avrebbe fatto tentennare Paesi come la Germania all’idea di imporre rigide sanzioni. Sulla base di questi fatti certi, il suo piano consisteva nel colpire l’Ucraina in modo energico e rapido, decapitarne il governo, installare a Kiev un regime fantoccio e uscire indenne dall’impotente rabbia delle sanzioni occidentali. Nel suo piano, però, c’era un’incognita molto importante. Come hanno appreso gli americani in Iraq e i sovietici in Afghanistan, è molto più facile conquistare un Paese che tenerselo. Putin sapeva di avere la forza necessaria a conquistare l’Ucraina. Ma il popolo ucraino accetterà senza discutere un regime fantoccio imposto da Mosca? Putin ha scommesso che l’avrebbe fatto. Dopo tutto, come ha spiegato ripetutamente a chiunque fosse disposto ad ascoltarlo, l’Ucraina non è una vera nazione e gli ucraini non sono un vero popolo. Nel 2014, in Crimea la popolazione non oppose quasi resistenza agli invasori russi. Perché nel 2022 le cose avrebbero dovuto andare diversamente?

Con il passare dei giorni, diventa sempre più evidente che la scommessa di Putin è destinata al fallimento. Il popolo ucraino sta resistendo con tutto sé stesso, attirandosi l’ammirazione del mondo intero e vincendo la guerra. Molti altri giorni cupi ci aspettano. I russi potrebbero anche riuscire a conquistare l’Ucraina intera. Ma, per vincere la guerra, i russi dovranno riuscire a tenersela, e potranno farlo soltanto se il popolo ucraino glielo permetterà. Tuttavia, sembra sempre più inverosimile che una cosa del genere possa accadere. Ogni carro armato russo distrutto e ogni soldato russo ucciso incrementano il coraggio degli ucraini a opporre resistenza. Parimenti, ogni ucraino ucciso aumenta l’odio degli ucraini. L’odio è il peggiore dei sentimenti. Ma, per le nazioni oppresse, l’odio è come un tesoro nascosto: è sepolto in fondo al cuore e può alimentare la resistenza per generazioni. Per ricostruire l’impero russo, Putin ha assolutamente bisogno di una vittoria che sia relativamente senza spargimento di sangue e porti a una pace relativamente senza odio. Versando sempre più sangue ucraino, Putin può star certo che il suo sogno non si realizzerà mai. Non ci sarà scritto il nome di Mikhail Gorbaciov sul certificato di morte dell’impero russo: a figurare sarà quello di Putin.

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Guerra in Ucraina, bombe a grappolo su Kharkiv. Missili russi e colonna di 60 km di mezzi su Kiev, il sindaco: “Siamo sotto attacco non-stop”. Dall’Ue 70 caccia

martedì, Marzo 1st, 2022

Putin detta le condizioni: «Ucraina neutrale e Crimea russa». Il Consiglio dei ministri approva il decreto legge sull’invio di mezzi, aiuti e armi. Zelensky firma la richiesta di adesione all’Ue. Usa espelle 12 diplomatici russi all’Onu: «Erano spie»

AGGIORNAMENTI DALL’UCRAINA DA FRANCESCA MANNOCCHI, MONICA PEROSINO E ROBERTO TRAVAN. DIRETTA A CURA DI MARINA PALUMBO, CHIARA BALDI

La situazione in Ucraina si fa sempre più drammatica, con ripetuti attacchi sui civili testimoniati ormai da più fonti. A Kiev e in molte altre città si fa fatica a trovare cibo e acqua. Migliaia di persone cercano di fuggire dalla capitale salendo sui treni o dirigendosi in auto verso la Polonia, con code e affollamenti al confine. Zelensky chiede che l’Ucraina possa essere in fretta considerata per l’adesione all’Ue, mentre gli Usa firmano l’espulsione di 12 diplomatici russi all’Onu, accusati di spionaggio. I colloqui di ieri non sono riusciti a ottenere una tregua, ma continueranno: le delegazioni dicono di avere trovato delle possibili basi comuni. Ma intanto piovono bombe sul distretto di Kiev e su Kharkiv. Secondo Human Rights Watch, su quest’ultima città sarebbero state usate bombe a grappolo e i vertici ucraini non esitano a parlare di «crimini di guerra». Il Consiglio dei ministri italiano intanto ha approvato il decreto legge sull’invio di mezzi, aiuti e armi a sostegno del paese.

Ucraina, missile colpisce base militare a Brovary dopo la chiusura dei negoziati

Gli aggiornamenti

07,27 – Kiev: Avviata procedura formale per ingresso in Ue
La candidatura dell’Ucraina all’adesione all’Ue è stata registrata. Lo ha annunciato il rappresentante ucraino presso l’Unione europea, Vsevolod Chentsov. «La domanda di adesione dell’Ucraina all’Ue firmata dal presidente Zelensky è stata consegnata al rappresentante permanente della Francia (attuale presidente di turno) presso l’Ue, Philippe Leglise-Costa. La domanda è registrata. Il processo è stato avviato», ha twittato Chentsov.

07,24 – Proseguiti nella notte gli attacchi su Kharkiv
Gli attacchi su Kharkhiv sono proseguiti in nottata: i russi hanno fatto saltare le sottostazioni elettriche, ha denunciato il sindaco Ihor Techerov – citato dall’agenzia di stampa Ukrinform – causando problemi per i rifornimenti di acqua ed elettricità. L’agenzia di stampa Unian ha riferito della distruzione dei piani superiori di due grattacieli. Gli attacchi di ieri hanno causato la morte di almeno 11 persone e decine di feriti, oltre alla distruzione di almeno 87 edifici residenziali.

07,23 – Johnson atteso in Polonia ed Estonia
Il primo ministro britannico, Boris Johnson, è atteso oggi in Polonia ed Estonia per incontri istituzionali sulla crisi ucraina e una visita alle truppe britanniche. Alla vigilia del viaggio, ha esortato gli alleati a «parlare con una sola voce». Il Regno Unito, insieme ai suoi partner, ha assicurato, continuerà ad esercitare la massima pressione su Mosca.

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