Archive for Marzo, 2022

Il generale Petraeus: «L’Ucraina può battere la Russia se armata adeguatamente. Ma la presa di Mariupol può cambiare le cose»

martedì, Marzo 29th, 2022

di Viviana Mazza

Il generale, ex capo della Cia: «Servono aerei senza grossi annunci, e rinforzi. Non escludo che i russi cambino passo: la presa di Mariupol potrebbe dare morale»

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La guerra ucraina — dice al Corriere il generale, ex capo della Cia, David Petraeus — è entrata in una fase altamente imprevedibile. «Ci sono molti scenari possibili, a seconda di quale dei due campi sarà in grado di rifornirsi, riarmarsi, rimpiazzare le perdite e incorporare nuove competenze. Una gamma di scenari che va dallo stallo lungo, sanguinoso, da incubo (con avanzamenti lenti e faticosi dei russi nel Sud-Est mentre gli ucraini continuano limitati contrattacchi intorno a Kiev, a Kharkiv a Est, Mykolaiv a Sud-Ovest e altrove) a uno scenario in cui gli uni o gli altri prendano il sopravvento e respingano i nemici. È un po’ più probabile che l’Ucraina sviluppi un vantaggio, date la determinazione, l’intraprendenza, la creatività dimostrate, oltre al fatto che “gioca in casa”. Ma è imprudente escludere la possibilità che la Russia impari dagli innumerevoli errori commessi e, pur con altre terribili perdite di vite e di mezzi, possa logorare col tempo le difese aeree e le risorse ucraine».

È possibile vincere la guerra sul terreno?
«Non penso sia saggio escludere la possibilità che l’Ucraina respinga i russi e li “sconfigga”, almeno in parte del Paese; comunque al momento non prevedo questo esito. Detto ciò, se ricevono sufficienti risorse critiche dai Paesi Nato, gli ucraini potrebbero essere in grado di lanciare contrattacchi multipli, respingere i russi e limitare i danni provocati da missili, razzi e bombardamenti. Particolarmente importanti per l’Ucraina sono ulteriori sistemi di difesa aerea (specialmente S-300 e Buk) efficaci ad altitudini superiori rispetto ai sistemi “portatili” Stinger; ulteriori droni americani tipo Switchblade (migliaia), anche con capacità di bombe e missili anti-tank più potenti; ulteriori droni turchi (migliaia); munizioni; aiuti umanitari, economici; e aerei in sostituzione; il tutto senza grandi annunci. Queste risorse possono inclinare la bilancia a favore dell’Ucraina e avvantaggiarla al tavolo dei negoziati. Ma non si può neppure escludere che la Russia si rimetta in sesto, riacquisti impulso nel Sud-Est e possibilmente nel Nord-Est. Quando Mariupol cadrà, come sembra tragicamente destinato ad accadere nonostante la sua eroica difesa, la Russia avrà un porto eccellente per rifornire le truppe nel Sud-Est. Un successo tattico che risolleverà il morale dei russi e renderà disponibili alcuni battaglioni impegnati in quella durissima battaglia. Ciò favorirà la faticosa avanzata russa nella provincia di Lugansk e forse a Donetsk. Insomma, non si può escludere nulla per ora, nonostante la straordinaria prova degli ucraini e le carenze dei russi».

Se Kiev rinuncia a Donbass e Crimea, si può arrivare a una soluzione duratura?
«È possibile che il presidente Zelensky sottoponga a referendum una proposta simile, con alcune precisazioni (ad esempio, un affitto per 99 anni della Crimea alla Russia, anziché una rinuncia totale, e possibilmente uno status speciale per l’area del Donbass controllata dai russi all’inizio dell’invasione) ed è possibile che riscuota consensi se le città ucraine continuano a essere bombardate, mentre il presidente Putin si rende conto che non otterrà sul campo gran parte di ciò che sperava e assiste ai crescenti danni inflitti alla sua economia, alla sua cerchia, alle aziende, agli standard di vita russi».

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Ucraina, la guerra in diretta: Medeved, “uso delle armi nucleari in 4 casi”. La Russia allarga il rischio

sabato, Marzo 26th, 2022

Attesa per il discorso del presidente americano Joe Biden a Varsavia, un intervento che la Casa Bianca non esita a definire come “decisivo” per le sorti della guerra in Ucraina arrivata ormai al giorno numero 31. Sul campo, l’esercito russo arranca e batte in ritirata a Kiev, concentrando i maggiori sforzi sulle regioni orientali di Donbass e Donetsk. Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato una operazione umanitaria congiunta di Francia, Grecia e Turchia per evacuare i civili rimasti nella disastrata Mariupol, nel Sud del Paese. Secondo il Pentagono, intanto, il presidente russo Vladimir Putin starebbe già mobilitando rinforzi da inviare in Ucraina dalla Georgia, a conferma delle difficoltà militari dell’Armata rossa. Stando a stime Nato riferite a inizio settimana, sarebbero circa 15.000 i soldati russi morti in quattro settimane di conflitto.


Ore 8.17: Medvedev, “uso delle armi nucleari in 4 casi” 
Il vice segretario del Consiglio di sicurezza ed ex presidente russo Dmitry Medvedev ha detto che la Russia potrebbe usare armi nucleari in quattro casi. Li elenca la Pravda Ucriana, citando l’Agenzia di propaganda russa Rbc. Secondo Medvedev, la Russia potrebbe usare armi nucleari non solo se il suo territorio venisse direttamente colpito da armi analoghe, ma anche se queste fossero usate contro i suoi alleati. Il terzo caso in cui sarebbe possibile per Mosca ricorrere alla potenza atomica sussisterebbe di fronte a un’invasione delle infrastrutture critiche, a seguito della quale le forze di deterrenza nucleare russe sarebbero paralizzate. Il quarto caso sarebbe infine quello di un atto di aggressione contro la Russia o i suoi alleati, a seguito del quale l’esistenza del paese fosse minacciata.

Ore 7.57: “70 attacchi contro ospedali, ambulanze e medici” 
In Ucraina ci sono stati più di 70 attacchi separati contro ospedali, ambulanze e medici e il numero di questi episodi aumenta “quotidianamente”. A riportare l’allarme è la Bbc: dal 24 febbraio, l’Oms ha esaminato e verificato 72 attacchi separati contro strutture sanitarie che hanno causato almeno 71 morti e 37 feriti. La maggior parte di questi ha danneggiato ospedali, trasporti sanitari e negozi di forniture, ma l’Oms ha registrato anche casi di “probabile” sequestro o detenzione di personale sanitario e pazienti. “Siamo preoccupati che questo numero aumenti ogni giorno”, ha detto alla Bbc il rappresentante Oms per l’Ucraina Jarno Habicht. “Le strutture sanitarie dovrebbero essere luoghi sicuri sia per i medici sia per gli infermieri, ma anche per i pazienti che devono rivolgersi a quei centri per le cure”.


Ore 7.42: “Fermati attacchi su Kiev, Mosca fatica” 
Le forze di difesa ucraine continuano a respingere gli attacchi sulla capitale Kiev: lo sottolinea lo stato maggiore ucraino osservando che i russi hanno difficoltà a reintegrare personale di valore e a sostenere le perdite subite, in parte a causa dell’impatto delle sanzioni internazionali. Secondo la nota della difesa Ucraina, le apparecchiature russe sono in “scarse condizioni tecniche” per via dell’utilizzo “negligente” e “il prolungato stoccaggio”, tutti fattori che stanno influenzando la capacita’ della Russia di “mantenere il ritmo di combattimento necessario e raggiungere l’obiettivo finale della guerra”.

Ore 7.19: “Pesanti perdite russe a costo delle vite dei civili” 
“E’ probabile che la Russia continuerà a utilizzare la sua pesante potenza di fuoco nelle aree urbane perché cerca di limitare le perdite dei suoi uomini, perdite gia’ considerevoli, ma questo a costo di ulteriori vittime tra i civili”: questa la valutazione dell’intelligence britannica nel suo ultimo aggiornamento della situazione sul campo, in Ucraina. 

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Formigli: “Ecco perché ospito Orsini in tv deve poter dire ciò che pensa”

sabato, Marzo 26th, 2022

Alessandro di Matteo

Far parlare Alessandro Orsini non significa condividere tutto quello che dice, ma i talk-show servono proprio a mettere le opinioni a confronto. Corrado Formigli – che giovedì sera ha ospitato di nuovo il professore finito al centro delle polemiche – è netto sulla vicenda del contratto stracciato: «È una cosa abbastanza ridicola».

Abbiamo un problema di censura in Italia?

«Fortunatamente non c’è una censura “alla russa”, ovviamente. C’è grande libertà di espressione sui giornali, in tv. Però sicuramente c’è la tentazione di mettere sotto tiro i non allineati, con vari pretesti. Io giovedì sera ho fatto un editoriale in difesa del professor Orsini: non per difendere le sue idee, quello lo fa da solo e – comunque – io alcune le condivido mentre altre non le condivido affatto. Il punto è che un accademico col suo curriculum, che ha insegnato in università pubbliche e private, ha tutto il diritto di esprimere le sue opinioni».

Va ricordato che la Rai non ha detto no alla presenza di Orsini, ma ha cancellato il contratto che prevedeva un compenso per le sue apparizioni.

«Quello che mi ha colpito è stata la gazzarra sul contratto. Perché altri possono essere pagati e Orsini no? Questa differenza mi pare che abbia a che fare con le sue idee. Questo è discriminatorio, è anticostituzionale. Certo, capisco se uno fa apologia di reato o negazionismo sull’Olocausto. Ma in questo caso lui esprime le sue opinioni, che ci piacciano o no. Questo pensiero deve poter essere espresso».

Ma c’è il problema degli ospiti pagati con i soldi pubblici, come dicono alcuni partiti?

«In Italia – come in tutto il mondo – si è creato un mercato degli ospiti dei talk-show, è una cosa normale. Da quando i leader politici non si confrontano più in tv, li abbiamo sostituiti con analisti, giornalisti, professori. L’anomalia è il fatto che a un certo punto intervenga a gamba tesa un politico e dica: tu non puoi essere pagato perché dici cose che non coincidono col comune sentire. Chi decide il comune sentire? E poi: tra i cittadini che pagano il canone ci sono anche quelli che vogliono sentire Orsini. Io penso che la commissione di Vigilanza sia un obbrobrio, andrebbe abolita, è un’anomalia italiana».

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Super Green Pass, quarantene e mascherine: ecco cosa cambia dall’1 aprile con la fine dello stato di emergenza

sabato, Marzo 26th, 2022

Paolo Russo

Dopo oltre due anni il 31 marzo terminerà lo stato di emergenza. Sarà il primo passo per il rientro alla normalità. Dall’1 aprile, infatti, cambierà l’uso del Super Green Pass, così come la gestione delle quarantene, dell’obbligo vaccinale, dell’uso delle mascherine. E questo citando solo alcuni aspetti dell’allentamento della stretta che diventerà definitiva e più ampia a partire dall’1 maggio. Vediamo nel dettaglio, voce per voce, cosa cambia.

CERTIFICATO BASE
Dai bar agli stadi stop all’aperto resta su treni e aerei

Il Green Pass base, rilasciato anche con il solo tampone o dopo la guarigione, all’aperto dal 1° aprile non servirà più. Si potrà così tornare a sedersi nei dehors di bar e ristoranti. Il certificato base dovrà però essere esibito quando si sale a bordo di aerei, treni a lunga percorrenza, navi e pullman che si spostano da una regione all’altra. L’obbligo resta anche per i magistrati. Non serve invece per salire su tram, bus e metro. Dal 1° maggio niente Green Pass anche per mense, concorsi pubblici, corsi di formazione, colloqui con i detenuti, stadi (dal 1° aprile a piena capienza) o per assistere ad altri eventi sportivi all’aperto.  

SUPER GREEN PASS
Serve in palestra e dentro i ristoranti ancora per un mese

Il certificato rafforzato, rilasciato solo a chi è guarito da non più di sei mesi e a chi è in regola con le vaccinazioni, fino al 1° maggio rimane obbligatorio per sedersi al bar o al ristorante al chiuso, tolti quelli dentro gli alberghi, dove si alloggia senza alcun certificato verde. La versione Super per tutto aprile servirà anche per andare in palestra, piscina, centri benessere, per svolgere attività sportive al chiuso, partecipare a convegni e congressi, frequentare centri ricreativi. Obbligatorio anche per andare a feste di qualsiasi tipo o ballare in discoteca. Serve fino al 31 dicembre per entrare in ospedali e Rsa. 

QUARANTENE
Contatti stretti per tutti basta l’autosorveglianza

I non vaccinati che abbiano avuto un contatto stretto, dal 1° aprile non dovranno più mettersi in quarantena per 10 giorni. I positivi, anche se asintomatici, restano in isolamento domiciliare fino a test negativo o per 21 giorni. Senza più fare distinzioni tra chi ha fatto una, due, tre o nessuna dose, il decreto prevede che in caso di contatto stretto scatti l’autosorveglianza. Che consiste nel portare per 10 giorni la mascherina Ffp2 al chiuso o dove si verifichino assembramenti. Alla prima comparsa dei sintomi bisogna comunque fare il tampone e ripeterlo dopo 5 giorni se si è ancora sintomatici.

SCUOLA
Lezioni in presenza scompare la Dad e ritornano le gite

Dal 1° aprile e fino alla fine dell’anno scolastico la Dad scomparirà dalle scuole di ogni ordine e grado, perché a casa resterà soltanto chi è positivo al Covid e chi ha sintomi respiratori o una temperatura superiore a 37,5°. Positivi e sintomatici potranno però seguire le lezioni da remoto se un certificato medico attesterà che sono nelle condizioni di farlo. Tutti i contatti stretti di un positivo, anche se non vaccinati, continueranno in presenza, ma se i contagi in classe dovessero essere 4 o più, dalle mascherine chirurgiche si dovrà passare alle Ffp2. Tornano le gite. I docenti No Vax rientrano a scuola ma non possono insegnare.

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Rubli in cambio di gas: perché quella di Putin è una mossa disperata

sabato, Marzo 26th, 2022

di Giordano Stabile

In molti l’hanno definita come una mossa disperata, in realtà la decisione di Putin di farsi pagare il gas in rubli contribuirà a riportare ossigeno e liquidità nelle casse di Mosca. Tuttavia, il beneficio potrebbe comunque ridursi al breve periodo: i paesi europei stanno già lavorando ad una indipendenza (al momento ancora lontana) dal gas russo. Giordano Stabile, giornalista de La Stampa, prova a delineare i prossimi scenari alla luce della mossa dello zar.

LA STAMPA

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Putin e la mediocrità del tiranno

sabato, Marzo 26th, 2022

Domenico Quirico

Ma sì, forse è il momento di occuparci di lui, dell’egomane facinoroso e violento, di Vladimir Putin, sì del tiranno. Non certo perché si sia occupato perfino di noi attraverso un periferico manutengolo, l’ambasciatore in Italia, per di più mal servito da sgangherati traduttori all’altezza della mediocrità del regime che rappresenta. Con una querela, pensate un po’, strumento penalistico ormai così ammansito dall’abuso che non se ne servono più nemmeno i protagonisti delle liti di condominio. Bisogna occuparsene dunque perché sollecitati dalla rappresentazione che del responsabile di questa guerra feroce e sgangherata emerge in occidente in questo primo mese di conflitto. Che nella volontà di elencarne gli innegabili vizi in fondo gli rende un inavvertito omaggio facendone un Grande del Male, celandone le spicciole e banali lordure. Quelle che lo rendono pericolosissimo davvero e compongono la formula con cui progetta ora di aggiungere altre province tributarie alle sue assiderate pianure sarmatiche.

Putin è un mediocre. Un mediocre che non crede all’inferno nonostante si dia certe arie di scaccino ortodosso, non crede nemmeno a satanasso. Crede al nulla. Questo lo rende micidiale. Ecco il nostro errore. Per venti anni abbiamo cercato di decifrarne quelle che definivamo le astuzie sopraffine, il gelido realismo, il decisionismo plebeo, abbiamo scomodato Ivan il terribile e Rasputin, perfino Stalin. Insomma lo volevamo avvolto da una fosca grandezza di autocrate del nord. La sua forza invece non è nel suo carattere e nelle sue idee. È nella violenta mediocrità.

Occorre dire che nonostante i vertiginosi progressi del mondo nel descrivere gli autocrati, i despoti siamo ancora fermi, banalmente, alla prosa di Svetonio. Ci sono ovviamente serie analisi della autocrazia putiniana, delle ragioni della sua permanenza al potere, perché in venti anni è ovvio che un personaggio come lui abbia modellato una Russia diversa da quella che aveva ereditato all’inizio del millennio. Ma quelle che hanno maggior presa nella rappresentazione popolare sono svelte biografie che lo descrivono come un dittatore titanico protagonista dell’eccesso, in fondo l’immagine antica del tiranno ben oliata da Tarquinio a Tiberio e Commodo. I satrapi sarebbero personaggi al disopra del normale, nella ferocia, nella avidità, nella lussuria.

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Putin non può darci lezioni

sabato, Marzo 26th, 2022

MASSIMO GIANNINI

Solo nel mondo alla rovescia di Vladimir Putin può accadere che un suo ambasciatore denunci per istigazione a delinquere un giornale italiano, responsabile solo di raccontare la guerra che Santa Madre Russia sta conducendo in Ucraina. Una guerra sporca, che il Cremlino chiama “operazione militare speciale”, e che invece sta mietendo migliaia di vittime, sta distruggendo città, sta bombardando ospedali, scuole, teatri, palazzi. Com’era accaduto a Grozny e ad Aleppo. Sergey Razov accusa pubblicamente La Stampa, in una pseudo conferenza stampa improvvisa davanti alla Procura di Roma. Di cosa siamo colpevoli? Ricostruiamo i fatti.

Nei giorni scorsi siamo stati attaccati perché abbiamo pubblicato in prima pagina una foto che ritraeva una strage nel Donbass. Titolo: “La carneficina”. Senza ulteriori specifiche, né sul luogo esatto della strage né sui responsabili della medesima (ne avevamo scritto in una pagina intera il giorno prima, raccontando che russi e ucraini si rinfacciavano l’eccidio). Quell’immagine-simbolo aveva un solo scopo: descrivere gli orrori della guerra. Chiunque li avesse perpetrati. Già in quell’occasione l’ambasciata russa, col supporto della solita ondata di fango digitale cavalcata dai putinisti da tastiera, ci aveva accusato di disinformazione. In modo del tutto falso e strumentale.

Martedì scorso abbiamo invece pubblicato uno splendido articolo del nostro grande inviato di guerra, Domenico Quirico, che ha smontato un’idea molto diffusa nelle cancellerie occidentali: ormai l’unico modo per fermare la guerra sarebbe uccidere Putin. Quirico articolava la “teoria”, inquadrandola nei precedenti storici. La conclusione dell’articolo era chiarissima: chi segue questa corrente di pensiero si sbaglia e si illude. L’assassinio del Tiranno, oltre a essere immorale, sarebbe ancora più pericoloso. Potrebbe innescare processi incontrollabili in Russia. E addirittura peggiorare ulteriormente le cose. Bastava leggere l’articolo, per rendersi conto che la tesi di Quirico è che questo apparente “rimedio” sarebbe peggiore del male. Ma l’ambasciatore Razov, con tutta evidenza, finge di non averlo letto. E per questo denuncia La Stampa per apologia di reato e istigazione a delinquere. Come se noi esortassimo non si sa bene chi ad assassinare il presidente della Federazione Russa. Cioè l’esatto contrario di quello che abbiamo scritto.

A questa clamorosa manipolazione della realtà, che rivela una visione del mondo e un’insidia che ci riguarda tutti, rispondiamo in modo fermo e sereno. Non accettiamo critiche di “disinformazione” da un Paese che fa strage della verità e della civiltà. Non prendiamo lezioni da un Paese nel quale viene assassinata una giornalista scomoda come Anna Politkovskaja, vengono chiusi giornali e radio sgraditi al Cremlino, vengono silenziati social network. Nel quale vengono arrestati e condannati senza alcun motivo plausibile ex oligarchi come Khodorkovsky e dissidenti politici come Navalny. Nel quale vengono fatti avvelenare all’estero ex agenti dei servizi segreti come Livtinenko e Skrypall. Nel quale si viene arrestati e imprigionati solo per aver pronunciato la parola guerra, e viene repressa in modo violento qualunque forma di resistenza al regime.

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Ucraina, difendersi è un diritto

sabato, Marzo 26th, 2022

di Aldo Cazzullo

Sostenere, anche con le armi, il popolo ucraino, non significa alimentare la guerra, lo ha spiegato anche il cardinale Parolin

«Il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e il proprio Paese comporta talvolta anche il triste ricorso alle armi». Non sono parole di un guerrafondaio, ma del segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin. Non si potrebbe dire meglio. Sostenere, anche con le armi, il popolo ucraino, non significa alimentare la guerra. Al contrario, è l’unico modo per indurre Putin al compromesso che può fermare la guerra.

A meno che non si voglia costringere l’Ucraina a capitolare, incoraggiando Putin ad aggredire altri popoli. Non a caso Parolin — uomo che ha passato la vita in diplomazia, ha trattato lo storico accordo con la Cina, e ora guida la rete mondiale delle nunziature — si è espresso in quel modo. E il Papa non l’ha contraddetto. Certo, Francesco ha gridato la propria contrarietà all’aumento delle spese militari di Paesi in pace. Ma non è affatto equidistante tra aggrediti e aggressori, tra gli ucraini e l’esercito di Putin.

Ha aggiunto il teologo morale monsignor Mauro Cozzoli, docente alla Pontificia Università Lateranense: «Una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa», che «può indurre anche altre nazioni a sostenere e aiutare la resistenza del popolo aggredito».

Compromesso non è sinonimo di soluzione, tanto meno di soluzione giusta. Se, per ipotesi, Putin si fermasse — o fosse costretto a fermarsi dalle armi ucraine, comprese quelle fornite dalla Nato — e si accontentasse del terreno di fatto già conquistato, cioè il Donbass e la striscia costiera che lo congiunge alla Crimea, violerebbe comunque il diritto internazionale. Ma per il satrapo di Mosca sarebbe una via per uscire dalla trappola in cui si è cacciato, commettendo nello stesso tempo un crimine e un errore. Allo stesso modo, pur vedendo il proprio territorio ingiustamente amputato, Zelensky potrebbe rivendicare di aver salvato la dignità, la vita, il posto; oltre a quello che più conta, l’indipendenza del proprio Paese. Un’indipendenza non magnanimamente concessa da Putin, ma conquistata con la resistenza delle proprie forze armate e con l’appoggio dell’Occidente.

In sintesi: sostenere in ogni modo il popolo ucraino, anche con le armi e con le sanzioni finanziarie contro Putin e il suo entourage, è la sola strada per costringere i russi a negoziare sul serio — quindi accettando prima il cessate il fuoco: qualsiasi patto stipulato sotto le bombe è un patto leonino — e a trovare un compromesso che interrompa la strage. Più forti saranno gli ucraini, più il compromesso sarà credibile e duraturo.

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Il Consiglio Ue e l’accordo sul tetto al prezzo del gas: l’avvertimento di Draghi sull’energia

sabato, Marzo 26th, 2022

di Marco Galluzzo

Il premier italiano chiede l’unità dei 27 e spinge per un’intesa oggi e una proposta concreta da sottoscrivere entro due mesi

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BRUXELLES – Includere il tema del price cap, del tetto ai prezzi del gas, nelle conclusioni del Consiglio europeo: Mario Draghi difende la proposta che per prima è stata formulata dall’Italia, che in questo momento sta dividendo i membri del summit europeo. Quando da oltre tre ore si discute della risposta comune alle sfide attuali del mercato dell’energia, il presidente del Consiglio nel suo intervento è molto netto: un punto di equilibrio sul tema va trovato oggi, anche per lanciare un messaggio ai mercati e ai fornitori russi. «Siamo soddisfatti, sono stati fatti passi avanti» annuncia a fine giornata. «La Commissione esplorerà l’ipotesi di un tetto al prezzo del gas e alla possibilità di acquisti comuni». E poi annuncia: «Vogliamo pace, avrò un colloquio con Putin».

Il tema del tetto al prezzo del gas vede al momento contrarie sia Germania che Olanda e Austria. Ma per Draghi solo citare il tema delle Conclusioni del vertice significa molto dal punto di vista politico. Bisogna mettere nero su bianco che l’Europa è pronta a reagire di fronte alle speculazioni che arricchiscono i fornitori russi. Una posizione, aggiunge Draghi, che dovrebbe essere accompagnata da una «proposta dettagliata» della Commissione entro maggio. Insomma due mesi di tempo per arrivare a una proposta concreta, pronta per essere adottata. E poche ore per mettere una prima pietra che avrebbe un grande significato politico e strategico.

Nel corso delle discussione in seno al Consiglio il capo del governo italiano si schiera con la proposta di Macron di creare un Fondo per l’energia per sostenere le politiche nazionali di mitigazione dei prezzi dell’energia, ma soprattutto lancia un avvertimento che considera realistico, di fronte all’urgenza di una risposta massiccia della Ue alla crisi in atto. Senza di questa, avverte Draghi, gli Stati membri cominceranno ad andare ognuno per la sua strada, riducendo ulteriormente la connettività europea in tema di politiche sull’energia.

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Ora la strategia russa si limita al Donbass (e rinuncia a Kiev): così Putin potrà dichiarare «vittoria»

sabato, Marzo 26th, 2022

di Fabrizio Dragosei

Le truppe che arrivano dalla zona di Kharkiv cercherebbero di congiungersi con quelle risalite dalla Crimea per chiudere in una sacca gli ucraini. Ma la manovra non sembra fattibile

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Perdite molto più basse di quanto annunciato dai nemici e un cambio di strategia, forse per dare a Putin quella «vittoria» che potrebbe convincerlo a intavolare finalmente serie trattative di pace. È stato il vicecapo di Stato maggiore Sergej Rudskoi ad annunciare che ora l’Operazione militare speciale in Ucraina si concentrerà nella «liberazione» del Donbass. Le truppe che sono avanzate dalla zona di Kharkiv cercherebbero di congiungersi con quelle risalite dalla Crimea per chiudere in una sacca tutte le forze ucraine che fronteggiano i separatisti filorussi di Donetsk e Lugansk appoggiati dall’esercito russo. Rimarrebbe intrappolato il 40 per cento delle truppe speciali di Kiev.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina

È una manovra della quale si parla da tempo ma che per il momento, secondo esperti occidentali, non sarebbe fattibile, vista la resistenza dei combattenti ucraini. Finora, ha spiegato ancora il generale, le altre unità hanno tenuto bloccate attorno alle città del Nord e del Sud-Ovest ingenti forze che avrebbero potuto altrimenti soccorrere gli ucraini nell’Est. E questi contingenti non sono entrati nelle città solo «per minimizzare le perdite tra i civili». Ma una simile eventualità «non viene esclusa». È anche possibile che una volta conquistato tutto il Donbass, l’esercito riprenda l’offensiva verso Kiev e Odessa.

La versione russa degli eventi dà un quadro completamente capovolto della situazione che conosciamo. Altro che enormi perdite dell’armata di Putin. I caduti sono stati solo 1.351 e non dieci o quindicimila come dice la Nato. Il totale dei feriti è di 3.825.

E l’Operazione sta andando esattamente secondo i piani, con 276 località catturate e 14 mila nemici uccisi. Il quadro tracciato da Rudskoi è trionfale: «Abbiamo praticamente distrutto l’aeronautica ucraina e i sistemi di difesa antiaerea, 112 aerei su 152 e 75 elicotteri su 149; inutilizzabili 16 aeroporti; annientati 1.587 tank e blindati su 2.416, 636 cannoni e lanciarazzi su 1.509». Dei 36 droni forniti dalla Turchia a Kiev, ne sarebbe rimasto intatto uno solo.

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