Archive for Marzo, 2022

Dov’è Angela Merkel? In Germania processo ai suoi anni: «Quanti errori, ora li paghiamo tutti»

sabato, Marzo 26th, 2022

di Paolo Valentino, corrispondente da Berlino

desc img

Dov’è Angela Merkel? Cosa fa? E soprattutto, cosa pensa della crisi in Ucraina? Un fantasma si aggira per la Germania. Mentre il governo federale, sull’onda della guerra di aggressione di Vladimir Putin, getta alle ortiche 70 anni di cautele, riluttanze e comode ambiguità in politica estera, un dubbio improvvisamente attanaglia il Paese. E se non fosse stato tutto oro quello che luccicava nei sedici anni dell’eterna cancelliera? Sono passati appena quattro messi dall’addio al potere di Merkel, quando fiumi di lodi e rimpianti accompagnarono la sua uscita di scena: «Ci mancherà», fu la parola d’ordine di quei giorni. Ma il 24 febbraio, il giorno in cui Putin ha cambiato il corso della Storia europea, ha segnato uno spartiacque anche per l’ex cancelliera e il suo lascito. D’un tratto, i tedeschi si guardano indietro, chiedendosi se f orse qualcosa non funzionasse nel dolce letargo in cui Angela Merkel li ha cullati così a lungo.

La crisi ucraina è stata per la Germania una sorta di mezzo di contrasto che sta evidenziando i lati oscuri di tutto quello che ha rappresentato l’era Merkel: la dipendenza energetica, l’uscita affrettata dall’energia atomica, lo scarno bilancio per la difesa, la sovranità europea, perfino la pandemia. Nell’arco di pochi giorni le scelte della cancelliera non hanno più retto la prova del tempo. «Come siamo arrivati a questa situazione?», si chiede sul settimanale Die Zeit Tina Hildebrandt, secondo cui la guerra «ha reso Merkel come prigioniera in una terra di nessuno politica, lost in transition per così dire». Le domande fioccano: perché sotto Merkel l’Ucraina non è stata agganciata in modo stabile all’Occidente? Perché la cancelliera ha permesso che la Germania diventasse così fortemente dipendente dalle importazioni di gas dalla Russia? Sin dall’inizio delle ostilità, Merkel si è appalesata soltanto con una dichiarazione di «netta condanna» dell’aggressione russa, definita «un taglio profondo nella storia dell’Europa», senza tuttavia pronunciare il nome di Putin. Il resto è stato silenzio e totale sparizione dalla scena pubblica.Ma di lei si parla molto.

Rating 3.00 out of 5

Draghi è tornato e il partito filo-russo gli presenterà il conto

venerdì, Marzo 25th, 2022

di Alessandro De Angelis

Istantanea dell’Italia, in quest’ennesimo collasso della storia: Draghi è tornato, o quantomeno ci prova, questa è la volontà, consapevole che il contesto internazionale lo investe, senza possibilità di scelta, di una missione storica, o di qua o di là. Il tema, però, è se nei prossimi giorni, settimane o mesi riuscirà a essere più forte dei difetti dell’Italia che, ancora una volta, si segnala come “caso speciale” (ventre molle, se preferite) in Europa.

Solo in Italia l’“alternativa”, intesa proprio come visione, collocazione politica, si è squadernata in quel terzo del Parlamento che ha disertato l’ascolto di Zelensky, nel gioco che è ripartito da un lato (Cinque stelle) e dall’altro (Lega) su spese militari e sanzioni, nell’umore complessivo e negli allarmi di una classe imprenditoriale, “no matter what”, che ci importa dell’Ucraina se paghiamo noi. E infatti solo in Italia Zelensky si è ritrovato costretto a “democristianizzarsi” nel suo discorso alle Camere, più emotivo che politico, da cui ha espunto ogni elemento potenzialmente divisivo. Liberté, egalité, fraternité, ha detto al Parlamento francese (gremito), riprendendo il filo dei paragoni storici con i valori, le lotte per la democrazia, gli aneliti libertari dei Parlamenti (e dei paesi) cui si è rivolto, il giorno dopo che da noi ha rinunciato a Bella Ciao, resistenza, valori fondanti della Repubblica, consapevole che, a differenza di altrove, c’è un problema di memoria e valori condivisi.

Draghi è tornato, dicevamo, perché, nulla è casuale in questi casi, neanche questa sorta di discorso della mela, in cui si è assunto su di sé l’onere dello spicchio politica che avrebbe voluto dire Zelensky (armi e ingresso nell’Ue), lasciando a lui lo spicchio umanitario. Ed evocando, il giorno dopo, per la prima volta la similitudine con Hitler, perché a quello ci riporta l’immotivata invasione di uno stato sovrano, rispondendo ai parlamentari della maggioranza che, dopo aver votato l’invio delle armi, si sono posizionati, nella guerra di logoramento interno, nella trincea del non aumento alle spese militari.

È un cambio di postura, quello del premier, rispetto alla timidezza inziale, da alleato riluttante, che, nel suo primo discorso in Aula, appena partita l’invasione, parlò di semplice “allineamento” alle scelte europee, nell’ambito di uno speech più sulla politica energetica che sul senso di una rottura epocale. Diciamo le cose come stanno: sarebbe troppo generoso definire l’Italia un protagonista europeo di questa storia, politico e diplomatico, crocevia della storia, delle diplomazie, dei negoziati possibili, anche le foto odierne  raccontano altro ma, nelle condizioni date, interne, già la tenuta dell’“allineamento” con un certo calore, cuore, sana drammatizzazione rivela che il premier si sente investito di un dovere storico che è altresì una linea politica non banale, rispetto agli assenti dell’Aula, ma anche ai presenti. Per informazioni: rivolgersi a Enrico Letta per misurare la pressione neutralista, dalla consigliera espressa dal suo partito nel cda Rai all’opinione pubblica del né né.

Rating 3.00 out of 5

PiazzaPulita, Alexey Komov: “Putin difende la nostra civiltà, a cosa si deve arrendere l’Occidente”, parla il falco dello zar

venerdì, Marzo 25th, 2022

Come vede e vive la Russia la guerra in Ucraina? Qual è il loro punto di vista sul conflitto? Alexey Komov, ospite di Corrado Formigli a Piazzapulita, su La7, nella puntata del 24 marzo, spiega che “in Russia la popolarità di Vladimir Putin è cresciuta proprio da quando sono state annunciate le sanzioni, oggi circa il 70 – 80 per cento dei russi, secondo ultimi sondaggi, è pro Putin. Ecco perché secondo me, le sanzioni non indeboliranno la sua popolarità in Russia”. Quindi, continua, “c’è pressione sugli amici di Putin in tutto il mondo, ci sono forze globali di destra che ormai non riescono nemmeno a dire qualcosa pro Putin, perché se ne parli bene ormai non se di moda, sei fuori da quello che pensano tutti gli altri”.

Il video in cui Alexey Komov spiega il punto di vista dei russi sulla guerra in Ucraina

“Ma quando si fermerà Putin? Fino a che punto si spingerà?”, chiede il conduttore. E Komov ribatte: “Putin difende la civiltà russa, il diritto della Russia di rimanere Russia. Perché l’Occidente globale non vuole capire che la Russia vuole essere indipendente, come la Cina”.

Rating 3.00 out of 5

La nuova accoglienza possibile: profughi senza veti in Europa

venerdì, Marzo 25th, 2022

di Goffredo Buccini

È necessario rivedere il regolamento di Dublino, che vincola il migrante al Paese d’arrivo. Oggi sono i Paesi del gruppo Visegrad i più esposti al flusso di fuggitivi

Se davvero ogni crisi ha in sé pericoli e opportunità, quella dei rifugiati ucraini ne contiene per noi dosi notevoli in egual misura. È impossibile, infatti, non considerare i rischi connessi a un’ondata di profughi senza precedenti nel nostro continente dalla Seconda guerra mondiale in poi. E, tuttavia, sarebbe miope non intravedere il cambio di passo che questo flusso può generare in un quadro paralizzato dai veti quale è, da anni, la politica europea sulle grandi migrazioni. Di fronte a una simile accelerazione della storia, il Consiglio europeo, che in queste ore ha affrontato lo scenario della guerra di Putin quasi in contemporanea con i vertici del G7 e della Nato, s’è ritrovato, enfatizzata nei dossier, una questione a lungo rimossa, che ha da tempo ricadute dirette sul tasso di coesione delle società occidentali e persino sulla tenuta delle nostre democrazie. Il massacro dei civili, coi bombardamenti su scuole e ospedali, ha portato a fuggire dall’Ucraina fra i tre e i quattro milioni di profughi, con proiezioni Ue che prevedono si giunga ai sette milioni, in stragrande maggioranza donne e bambini: in un mese solo da noi ne sono arrivati sessantamila, un numero pari a tutti gli sbarchi in Italia del 2021 che avevano fatto gridare taluni alla ripresa della «immigrazione incontrollata».

Ma la situazione adesso è assai mutata, la mobilitazione internazionale diffusa e la consapevolezza (forse infine raggiunta) che le prime vittime delle guerre sono i civili hanno fatto sì che le braccia restassero (per ora) spalancate all’accoglienza. La differenza più grande riguarda i Paesi del gruppo Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca), i più orientali dell’Unione, i più esposti al pericolo rappresentato da Putin: e i più soggetti all’immenso flusso di rifugiati. Sarebbero loro i primi a patire gli effetti del regolamento di Dublino, che vincola il migrante al Paese d’arrivo (e alla cui riforma si sono sempre opposti quando noi la invocavamo). Sarebbero loro a trovarsi in condizioni assai peggiori delle nostre durante le crisi generate dalle cosiddette primavere arabe degli anni Dieci, se l’Unione non avesse attivato, per la prima volta dalla sua emanazione, la direttiva 2001/55, creata proprio per affrontare afflussi massicci di cittadini stranieri che non possano rientrare nei loro Paesi, soprattutto a causa di guerre, violenze o violazioni dei diritti umani. Con essa si attribuisce agli ucraini una protezione temporanea (ora di un anno, ma si arriverà a tre) grazie alla quale è possibile muoversi, lavorare, ottenere servizi in tutto il territorio Ue: un provvedimento che di fatto sospende per loro gli effetti del regolamento di Dublino.

Rating 3.00 out of 5

Il generale Mizintsev, il «macellaio» russo che conduce il massacro di Mariupol

venerdì, Marzo 25th, 2022

di Andrea Nicastro

Mikhail Mizintsev è considerato il responsabile dell’attacco barbaro alla città di Mariupol: è stato coinvolto nelle guerre più violente, dal Caucaso alla Siria. Ad affrontarlo il maggiore ucraino Denis Projipenko, uno dei fondatori del Battaglione Azov

desc img

La battaglia per Mariupol è barbara. Si combatte tra morti insepolti, palazzi ridotti a teschi e civili che muoiono di fame, sete, freddo e paura. Ce ne sarebbero ancora centomila tra le macerie della città, in cerca di cibo e riparo tra bombe che esplodono senza pausa. Putin vuole quelle macerie a ogni costo . Potrà così riunificare lo storico Donbass e congiungere la Russia alla Crimea. Esattamente come ha fatto con la capitale cecena Grozny.

Per strappare la città di Maria agli ucraini ha incaricato due uomini: il secondo più alto in comando delle sue Forze Armate, il generale Mikhail Mizintsev, e il «ragazzo» che pacificò per suo conto la Cecenia a forza di stermini e ricatti, il presidente Ramzan Kadyrov.

I due leader dell’assedio hanno a disposizione circa 15 mila uomini e tutte le bombe e i cannoni che vogliono.

A difendere quel che resta della città ci sono invece 3 mila soldati, forse meno. Hanno ancora artiglieria e qualche mezzo corazzato. Sanno che difficilmente potranno arrendersi senza essere passati per le armi, cioè uccisi a sangue freddo. Perché i tremila di Mariupol sono il simbolo di quel pericolo nazista che sventola Putin davanti alla sua opinione pubblica. Li guida un maggiore di neanche 40 anni, Denis Projipenko, comandante della Brigata Azov.

Rating 3.00 out of 5

La svolta epocale della Nato

venerdì, Marzo 25th, 2022

di Giuseppe Sarcina

L’incontro del 24 marzo, guidato da Biden, segna una svolta per gli equilibri in Europa: si discute sull’«ambiguità costruttiva» (cioè una maggiore flessibilità sul non intervento), ovunque gli Stati investiranno nel riarmo

desc img

DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES – Per ora, come dice il presidente francese Emmanuel Macron, «la linea non cambia». La Nato, però, ha avviato una svolta epocale, o, forse addirittura una mutazione genetica. L’organizzazione prematuramente liquidata nel 2017 da Donald Trump («è inutile») e poi da Emmanuel Macron nel 2019 («morte cerebrale») diventa improvvisamente il modello di una nuova costruzione occidentale.

Il vertice di Bruxelles è stato molto diverso dagli altri. Certo, il risultato più concreto è la costituzione di quattro battaglioni (da 300 a 1000 soldati) da inviare in Romania, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria. Ma è un elemento di un approccio decisamente più largo. La guerra in Ucraina ha dato all’Alleanza un inedito ruolo politico, destinato a gonfiarsi fin tanto che la Russia sarà guidata da Vladimir Putin. La prova? Basta osservare la discussione che si è sviluppata sul messaggio da trasmettere al Cremlino. Un gruppo di Paesi, guidato da Regno Unito e Polonia, ha proposto di adottare una strategia di «ambiguità costruttiva». Vale a dire: l’Alleanza atlantica non interviene direttamente nel conflitto, ma potrebbe cambiare idea se Putin dovesse scatenare un attacco chimico, biologico o nucleare. Il piano La Nato rafforzerà l’assistenza militare dell’Ucraina con armi anti carro, difese anti missile e droni oltre all’invio di materiale di protezione in caso di attacchi chimici, nucleari e biologici

SistemI di difesa aerea: batterie a lungo raggio SA 8 (nella foto) e S300 di fabbricazione sovietica e russa: gli ucraini li sanno usare, permetterebbero a Kiev di imporre una no-fly zone di fatto per i russi Missile anti carro Javelin: di fabbricazione americana, a guida infrarossi, pensato per eliminare i carri armati nemici Drone switchblade:un drone kamikaze di produzione Usa, pesa sui 3 kg, trasportabile in uno zaino e composto da un tubo lanciatore dal quale «esce» il drone esplosivo. Il loro invio in Ucraina è al vaglio degli alleati. Finora l’esercito ucraino è riuscito a contrastare l’avanzata dei russi anche grazie ai Bayraktar turchi

La spinta è stata bloccata da un largo schieramento in cui si sono ritrovati Stati Uniti, Francia, Germania, Italia e molti altri. Come confida al Corriere, il primo ministro della Norvegia, Jonas Gahr Store, «avrei preferito che l’espressione “ambiguità costruttiva” entrasse nel comunicato, ma la discussione resta aperta». Come dire: Biden e gli altri hanno solo guadagnato tempo, forse giorni, forse settimane. Finora avevamo ascoltato ragionamenti del genere nei vertici del G7 o del G20, non in un summit della Nato.

Missile anti aereo Stinger: può colpire elicotteri e aerei che volano a bassa quota

Basi russe in grado di lanciare armi atomiche Paesi Nato Missili anti nave: gli Usa stanno consultando gli alleati per l’invio di armi che consentanodi respingere gli attacchi dell’artiglieria navale russa Missile «9m729»Gittata di circa 2.500 Km Kaliningrad(enclave russia) San Pietroburgo Rostov UCRAINA

Le conseguenze di tutto ciò saranno di grande impatto. Innanzitutto c’è una questione di leadership. Ieri Joe Biden si è comportato come il leader di fatto . Il comunicato finale del vertice sembra una fotocopia della dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca qualche ora prima: «Se la Russia usa le armi di distruzione di massa, ci saranno severe conseguenze».


La Nato sarà la piattaforma che coordinerà gli aiuti militari all’Ucraina. Insieme a un altro massiccio flusso di missili anti-tank , anti-aerei, droni e, forse di batterie anti-navali, a Kiev arriveranno anche le indicazioni messe a punto a Washington. Vero, le altre capitali potranno sempre dire «sì» o «no». L’iniziativa, però, toccherà agli americani: è l’eredità che la «vecchia» Nato passerà alla «nuova». Potrebbero sorgere, presto, anche delle complicazioni. Sono nette, per esempio, le differenze di opinione sul ruolo della Cina. Biden diffida di Xi Jinping. Macron, invece, confida nella mediazione di Pechino.

desc img
Rating 3.00 out of 5

L’Europa perdente, la ferocia putiniana mette fine alle illusioni: rimarrà schiacciata fra Cina e America

venerdì, Marzo 25th, 2022

Domenico Quirico

Questa guerra in Europa ci sconvolge per l’impotenza dell’uomo davanti al destino, per quell’ammazzarsi meccanico e tecnologico con il suo gigantesco arsenale di missili artiglieria carri armati, a cui nessuno sembra poter porre rimedio. Questo potere del destino apparenta questo conflitto alla Prima guerra mondiale. La fragilità del corpo umano di fronte al metallo e alla tecnologia, la morte meccanica e l’alto numero di vittime nelle città che assomigliano sempre più alle trincee delle Fiandre legano l’oggi alle atrocità dell’avvio del Novecento. Questa guerra che è insieme ipermoderna e antica scopre le sue carte e porrà fine, per la seconda volta, alle illusioni progressiste e umanitarie. Nel 1914 andarono in pezzi i sogni ottocenteschi che il destino dell’uomo sarebbe stato obbligatoriamente migliore, oggi uscirà in briciole la propaganda di un mondo aperto e globale, dove merci idee e uomini avrebbero camminato e progredito insieme. Sappiamo per averlo provato nel Novecento su di noi europei che le civiltà possiedono la stessa fragilità di una vita. Colano a picco con i loro uomini e le loro macchine, con gli dèi e le leggi, le accademie e le scienze. L’abisso della irrilevanza storica è abbastanza grande per tutti.

Fino a un mese fa l’Europa era ancora piena di cose, personaggi, progetti, utopie. Adesso è diventata, al di là di una sgonfia retorica consolatoria, qualcosa di astratto, nebbioso, ha solo problemi, paure, dipendenze, sospetti, vive ogni giorno nell’angoscia di diventare un grande campo di battaglia. Il problema diventa di nuovo: quale ragione ha l’Europa di farsi? Con quale contenuto e diritto? Che cosa rappresenta? È un personaggio con qualcosa che la distingue dagli altri che si fanno così brutalmente sentire sulla scena del mondo? O solo un “collage”, fatto di attaccamento e disamore, come si dice in francese, di iscritti all’Alleanza militare atlantica? Prima ancora di unità, che la necessità di sopravvivenza all’istinto di preda putiniano sembra aver frettolosamente abborracciato, un problema di identità.

Come nel 1918 temo che stiamo per assistere, sgomenti, alla seconda morte d’Europa. È quello che ne uscirà, qualunque sia l’esito del conflitto, sia che la furia russa di ridefinire equilibri che non considera più definitivi e che sono eredità imperfetta dalla caduta del Muro abbia successo o sia che venga respinta o contenuta. Il mondo che ne uscirà vedrà consolidarsi gli Stati Uniti da una parte, rimasti al riparo del loro splendido isolamento transoceanico, abili nell’attizzare la guerra affidata alla pena di alleati e famigli che hanno trovato una occasione di mettere un po’ di belletto a una inevitabile decadenza imperiale.

Rating 3.00 out of 5

Caro-carburanti: la procura di Roma ascolta il ministro Cingolani

venerdì, Marzo 25th, 2022

Edoardo Izzo

Va avanti l’inchiesta della procura di Roma sul «caro carburante»: Roberto Cingolani, ministro della Transizione Ecologica del governo Draghi, è stato ascoltato a piazzale Clodio per circa 2 ore come persona informata sui fatti in relazione al fascicolo per manovre speculative su merci aperto dai magistrati dopo l’aumento improvviso del prezzo del gas, dell’energia elettrica e dei carburanti. L’inchiesta, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dal procuratore aggiunto Rodolfo Sabelli, è al momento senza indagati, e punta a verificare le ragioni dell’aumento. Il ministro, secondo quanto apprende La Stampa, avrebbe reso dichiarazioni considerate «dettagliate e molto utili alle indagini». Cingolani, il 12 marzo scorso su Sky TG 24, aveva affermato: «Stiamo assistendo ad un aumento del prezzo dei carburanti ingiustificato, non esiste motivazione tecnica di questi rialzi. La crescita non è correlata alla realtà dei fatti è una spirale speculativa, su cui guadagnano in pochi», «una colossale truffa a spese delle imprese e dei cittadini». Le indagini sono delegate ai militari della Guardia di Finanza che hanno avviato gli accertamenti. Ad ascoltare Cingolani sia il procuratore Lo Voi sia l’aggiunto Sabelli.

Il Codacons aveva presentato un esposto a 104 procure della Repubblica di tutta Italia e all’Autorità garante della concorrenza chiedendo di indagare sugli abnormi rincari dei prezzi di benzina e gasolio alla pompa e su possibili speculazioni in atto a danno di consumatori e imprese. «In questi giorni i listini dei carburanti venduti presso i distributori – sottolineava l’associazione consumeristica – sono letteralmente fuori controllo, con la benzina che in modalità self viaggia verso i 2,3 euro al litro e costa in media il 39,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2021, mentre il gasolio sale addirittura del +51,3%. In alcune zone del paese i carburanti hanno già sfondato la soglia dei 2,5 euro al litro, come Ischia (2,629 euro/litro), La Maddalena (2,589 euro/litro) e Ventotene (2,579 euro al litro)».

Rating 3.00 out of 5

Il grande azzardo del leader 5 Stelle

venerdì, Marzo 25th, 2022

MARCELLO SORGI

L’impatto non poteva essere più duro. Nella stessa giornata, dopo aver annunciato che i 5 stelle non voteranno al Senato l’aumento delle spese militari, Conte è andato a sbattere sui “no” pesanti di Mattarella e Draghi. Nessuno dei due lo ha nominato, ma i toni dei loro interventi sono stati inequivocabili. Con un messaggio niente affatto rituale all’Anpi, l’associazione dei partigiani a congresso nel giorno in cui a Bruxelles si riunivano Consiglio europeo e Nato alla presenza di Biden, il Capo dello Stato ha rivendicato l’ideale continuità, in difesa o alla riconquista della democrazia, tra la Resistenza italiana e europea alla fine della Seconda Guerra mondiale con quella degli ucraini dopo l’occupazione del loro Paese da parte dei russi. Come dire che in un momento come questo non è ammesso venir meno alla solidarietà politica e militare con Zelensky, ribadita del resto anche da Papa Francesco, che ha pienamente legittimato la difesa ucraina, allontanandosi da qualsiasi generico riferimento pacifista. Quanto a Draghi, se nella replica al dibattito parlamentare in cui Lega e 5 stelle avevano fatto balenare le loro riserve non aveva ritenuto di rispondere a Salvini e Conte, di fronte all’insistenza con cui il leader pentastellato ha detto che il Movimento 5 stelle non potrebbe continuare a sostenere il governo se la decisione già approvata dalla Camera fosse confermata, il premier ha tagliato corto: l’impegno nei confronti della Nato è “ribadito”, dal momento che così hanno deciso anche tutti gli altri partners europei. E per l’Italia “è un impegno storico”. Tocca adesso a Conte scegliere come comportarsi. Aprire una crisi di governo sul delicatissimo tema della Difesa, mentre l’Ucraina continua a essere colpita dalle bombe russe, sarebbe fuori dalla realtà. L’Europa ha reagito con forte unità agli appelli di Zelensky e alla richiesta di solidarietà e soprattutto di armi. Dividendosi e mostrando di non essere in grado di andare nella stessa direzione, l’Italia andrebbe incontro a un’insopportabile perdita di credibilità, oltre a precipitare nelle peggiori condizioni verso elezioni anticipate.

Rating 3.00 out of 5

Italia alla frutta: prestazione disastrosa della Nazionale castigata dalla Macedonia nel recupero

venerdì, Marzo 25th, 2022

Paolo Brusorio

DALL’INVIATO A PALERMO. Finisce peggio e prima del previsto: l’Italia è fuori dal Mondiale per la seconda volta di fila. Il nostro calcio sprofonda e questa volta proprio non ce l’aspettavamo. Comunque non qui a Palermo e contro la Macedonia. Puf. Evaporati come una bolla di sapone i campioni d’Europa, trafitti da un destro di Trajkovski (che già ci mandò allo spareggio con la Svezia) al 92’. La Macedonia a un passo dal paradiso, noi all’inferno. Come nel 2017. Ce la siamo andata a cercare, siamo finiti nell’angolo da soli, ma questa sconfitta è il punto più basso del nostro calcio. L’Italia vista qui a Palermo non è neanche una brutta copia di quella che ci ha esaltato, non la ricorda proprio per nulla. Non battere la squadra numero 67 del ranking è un’aggravante di una colpa già grande. Il nostro calcio scomparso in Champions butta giù un boccone ancora più amaro, ci sarà una generazione cresciuta senza mai aver visto un mondiale colorato di azzurro, il 2026 è un puntino lontano. Invisibile. Intangibile. Un’onta che non cancella la cavalcata di Wembley, ma azzera il futuro. Una secchiata di acqua ghiacciata sulle parole e sui proclami, sulla boria del nostro calcio. Il Mondiale in Qatar doveva essere il punto di arrivo della gestione Mancini, il trionfo Europeo ci aveva illuso di essere avanti con i piani. Invece siamo di nuovo precipitati. Alla Francia è capitato di saltare due Mondiali di fila (1990/1994), alla Spagna anche e per due volte (1954/1958 e 1970/1974), noi pensavano di aver dato. Ora ci aspetta un futuro da decifrare. Mancini, incerto il suo futuro, aveva promesso il Mondiale e per giocarselo non ha deragliato dalla riconoscenza per i suoi campioni quando invece il campionato stava dando altre risposte. Ha peccato il ct, un errore in cui sono caduti tanti dei suoi predecessori. Bearzot nell’86, Lippi nel 2010, Prandelli nella finale europea del 2012. La gratitudine è un sentimento nobile, ma spesso anche troppo pesante da onorare.

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.