Guerra Russia-Ucraina, l’esercito dei legionari, fra ideali di libertà e orgoglio nazionalista
mercoledì, Marzo 23rd, 2022Francesca Mannocchi
Pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione russa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato l’istituzione di una legione internazionale di volontari, ha stilato una procedura per agevolare l’ingresso dei combattenti stranieri attraverso le ambasciate ucraine nel mondo e inviato un messaggio chiaro: armarsi al nostro fianco sarà la prova del sostegno all’Ucraina sotto attacco, «chi combatte oggi per l’Ucraina – è stato il messaggio di Kiev – difende la libertà di un popolo e del suo governo democraticamente eletto da un esercito invasore». La chiamata alle armi in una Legione straniera per la difesa della libertà ha evocato in molti l’entusiasmo di chi si recò a combattere il fascismo durante la guerra civile spagnola. In poche settimane, stando ai dati diffusi dal Ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba, avrebbero fatto richiesta di unirsi alle forze armate ventimila volontari in arrivo da 52 Paesi. Sono cittadini di ritorno, ucraini della diaspora, ma soprattutto volontari in arrivo da Stati Uniti, Canada, Georgia, Svezia, Francia, Belgio, Bielorussia. Un’adesione massiccia, rafforzata dall’approvazione di alcuni leader di governo che hanno apertamente sostenuto i loro cittadini nella decisione di combattere contro le truppe di Putin in Ucraina. Politici come la ministra degli Esteri britannica Liz Truss che ha espresso sostegno a chi deciderà di combattere «per la libertà e la democrazia non solo per l’Ucraina ma per l’intera Europa», come Chrystia Freeland, la ministra delle finanze canadese, che ha definito la lotta per l’Ucraina una lotta tra libertà e tirannia, paragonandola alla battaglia di Gettysburg nella guerra civile degli Stati Uniti, e alle battaglie contro il nazismo nella seconda guerra mondiale, e come il primo ministro danese Mette Frederiksen, che ha detto: «È una scelta che chiunque può fare, vale per gli ucraini che vivono in Danimarca e vogliono tornare a difendere il loro Paese, ma anche per altri che pensano di poter contribuire direttamente al conflitto». Tanti i leader a sostegno della Legione internazionale, che hanno visto nelle richieste di Zelensky una disperata richiesta di supporto, ma anche alcuni dubbi, preoccupazioni su cosa può significare per la sicurezza globale una rinnovata ondata di combattenti stranieri in movimento.
Timori come quelli espressi dal Primo ministro australiano Scott Morrison che ha sottolineato «l’incerta legalità delle azioni di chi combatte nella legione internazionale». Morrison centra un punto, perché la storia recente insegna che, per quanto possa apparire nobile il sostegno all’esercito di un Paese invaso e sotto attacco, la definizione giuridica e le conseguenze della presenza di combattenti stranieri in un conflitto, rischiano di complicare la guerra anziché contribuire a risolverla velocemente. Questi timori hanno prove storiche e le hanno in Ucraina, dove la guerra nel Donbass ha già registrato il più grande afflusso di combattenti stranieri di qualsiasi conflitto nella sfera post-sovietica.
Dal 2014, sarebbero oltre 17.000 i combattenti provenienti da 55 Paesi che hanno combattuto lì sia dalla parte ucraina che da quella russa.