Archive for Marzo, 2022

Guerra Russia-Ucraina, l’esercito dei legionari, fra ideali di libertà e orgoglio nazionalista

mercoledì, Marzo 23rd, 2022

Francesca Mannocchi

Pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione russa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato l’istituzione di una legione internazionale di volontari, ha stilato una procedura per agevolare l’ingresso dei combattenti stranieri attraverso le ambasciate ucraine nel mondo e inviato un messaggio chiaro: armarsi al nostro fianco sarà la prova del sostegno all’Ucraina sotto attacco, «chi combatte oggi per l’Ucraina – è stato il messaggio di Kiev – difende la libertà di un popolo e del suo governo democraticamente eletto da un esercito invasore». La chiamata alle armi in una Legione straniera per la difesa della libertà ha evocato in molti l’entusiasmo di chi si recò a combattere il fascismo durante la guerra civile spagnola. In poche settimane, stando ai dati diffusi dal Ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba, avrebbero fatto richiesta di unirsi alle forze armate ventimila volontari in arrivo da 52 Paesi. Sono cittadini di ritorno, ucraini della diaspora, ma soprattutto volontari in arrivo da Stati Uniti, Canada, Georgia, Svezia, Francia, Belgio, Bielorussia. Un’adesione massiccia, rafforzata dall’approvazione di alcuni leader di governo che hanno apertamente sostenuto i loro cittadini nella decisione di combattere contro le truppe di Putin in Ucraina. Politici come la ministra degli Esteri britannica Liz Truss che ha espresso sostegno a chi deciderà di combattere «per la libertà e la democrazia non solo per l’Ucraina ma per l’intera Europa», come Chrystia Freeland, la ministra delle finanze canadese, che ha definito la lotta per l’Ucraina una lotta tra libertà e tirannia, paragonandola alla battaglia di Gettysburg nella guerra civile degli Stati Uniti, e alle battaglie contro il nazismo nella seconda guerra mondiale, e come il primo ministro danese Mette Frederiksen, che ha detto: «È una scelta che chiunque può fare, vale per gli ucraini che vivono in Danimarca e vogliono tornare a difendere il loro Paese, ma anche per altri che pensano di poter contribuire direttamente al conflitto». Tanti i leader a sostegno della Legione internazionale, che hanno visto nelle richieste di Zelensky una disperata richiesta di supporto, ma anche alcuni dubbi, preoccupazioni su cosa può significare per la sicurezza globale una rinnovata ondata di combattenti stranieri in movimento.

Timori come quelli espressi dal Primo ministro australiano Scott Morrison che ha sottolineato «l’incerta legalità delle azioni di chi combatte nella legione internazionale». Morrison centra un punto, perché la storia recente insegna che, per quanto possa apparire nobile il sostegno all’esercito di un Paese invaso e sotto attacco, la definizione giuridica e le conseguenze della presenza di combattenti stranieri in un conflitto, rischiano di complicare la guerra anziché contribuire a risolverla velocemente. Questi timori hanno prove storiche e le hanno in Ucraina, dove la guerra nel Donbass ha già registrato il più grande afflusso di combattenti stranieri di qualsiasi conflitto nella sfera post-sovietica.

Dal 2014, sarebbero oltre 17.000 i combattenti provenienti da 55 Paesi che hanno combattuto lì sia dalla parte ucraina che da quella russa.

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Guerra Russia-Ucraina, Mosca attacca dal mare. Kiev accusa: “Sequestrato un convoglio umanitario a Mariupol”. Il Cremlino: armi nucleari? “Se viene minacciata l’esistenza della Russia”

mercoledì, Marzo 23rd, 2022

AGGIORNAMENTI DALL’UCRAINA DI FRANCESCO SEMPRINI E NICCOLÒ ZANCAN. DIRETTA A CURA DI MARINA PALUMBO

Ventottesimo giorno di guerra. Mariupol, da cui ieri sono stati evacuati quasi seimila residenti, «è ridotta in cenere, ma la città sopravviverà», dice il presidente Zelensky. L’Ucraina rivendica la liberazione di Makariv, 60 chilometri a ovest di Kiev, mentre accusa i russi di aver aperto il fuoco su un ospedale pediatrico a Severodonetsk, dove pazienti e personale sono stati tempestivamente evacuati. Il Pentagono sostiene che i russi hanno rifornimenti solo per tre giorni. I rapporti tra Washington e Mosca sono ormai vicinissimi alla rottura. Per Biden, Putin sta valutando l’uso di armi biologiche e chimiche. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, parla di uso di armi nucleari «solo se la nostra esistenza è minacciata». La Casa Bianca annuncia una stretta alle sanzioni in arrivo con il viaggio di Biden in Europa dei prossimi giorni. Intanto Montecitorio ieri ha ospitato per la prima volta, sebbene in collegamento video, il discorso di un presidente straniero: è successo per l’intervento di Volodymyr Zelensky.

7,10: Fonti della Difesa allla Cnn: attacchi dal mar di Azov a Mariupol

Secondo un alto funzionario della difesa degli Stati Uniti, attacchi alla città costiera di Mariupol sono in arrivo da navi russe nel Mar d’Azov. I russi hanno circa 21 navi nel Mar Nero, ha riferito il funzionario. Un video che mostra il lancio di missili da crociera da una nave situata al largo della costa della Crimea, appena a ovest della città di Sebastopoli, è stato geolocalizzato dalla CNN, e mostra i missili diretti verso l’Ucraina.

05.55 Ue: la guerra ha conseguenze ben oltre l’Europa
L’«aggressione contro l’Ucraina» del presidente russo Vladimir Putin ha conseguenze ben oltre l’Europa: lo ha detto ieri la presidente dell’Unione europea, Ursula von der Leyen, parlando al Forum umanitario europeo. Lo riporta la Cnn. Von der Leyen ha ricordato che «i bisogni umanitari sono già ai massimi storici», sottolineando che la guerra in Ucraina «minaccia la sicurezza alimentare in tutto il mondo». L’Ue, ha proseguito, contribuirà con 2,5 miliardi di euro fino al 2024 «per aiutare le regioni più colpite dall’insicurezza alimentare e adottare misure speciali per aumentare la produzione alimentare europea».

05.42 Allarme antiaereo per la città di Izium, nella regione di Kharkiv

05.12 Zelensky: 100.000 persone intrappolate a Mariupol
Quasi 100.000 persone sono intrappolate tra le rovine della città ucraina di Mariupol sotto l’inesorabile bombardamento russo. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Decine di migliaia di residenti sono già fuggiti dalla città portuale meridionale assediata, portando testimonianze strazianti di un «paesaggio infernale gelido crivellato di cadaveri ed edifici distrutti», secondo quanto riporta Human Rights Watch. In un discorso video, Zelensky ha detto che più di 7.000 persone sono fuggite solo nelle ultime 24 ore. Le agenzie di soccorso delle Nazioni Unite stimano che ci siano state circa 20.000 vittime civili in città e forse 3.000 uccisi, ma sottolineano che «la cifra effettiva rimane sconosciuta».

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I partiti e il puzzle delle Comunali da Palermo a Verona, destra spaccata

martedì, Marzo 22nd, 2022

di Giovanna Casadio

ROMA – Per cercare di sbrogliare qualche nodo in vista delle amministrative di primavera e ricucire la lacerazione profonda nel centrodestra, Matteo Salvini oggi riunisce il consiglio federale della Lega. C’è da trovare una difficile quadra a Palermo dove la destra è divisa in tre candidati (più un centrista). A Catanzaro i tre litiganti — leghisti, forzisti e Fratelli d’Italia — potrebbero a sorpresa confluire su Valerio Donato, che dieci giorni fa ha restituito la tessera del Pd e ora si propone come calamita dei moderati. A Verona, Flavio Tosi, ex Lega, è nelle corde di FI e il sindaco uscente e ricandidato Federico Sboarina è appoggiato da Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Il puzzle delle amministrative — probabili a fine maggio — è complicato anche per il centrosinistra. Ma a fare i conti con le lacerazioni è soprattutto la destra che non si è mai ripresa dallo scontro sul Mattarella bis. E quindi le amministrative sono cartina di tornasole delle fratture. Dei 970 Comuni che andranno al voto, sono 21 i capoluoghi di provincia e 4 quelli di Regione: Genova, Palermo, L’Aquila e Catanzaro.


A Genova, il fronte progressista — che va dal Pd a Leu e ai 5Stelle — ha scelto come candidato Ariel Dello Strologo che sfiderà il sindaco uscente e ricandidato Marco Bucci, appoggiato dal centrodestra. I renziani però non ci stanno. A seguire le trattative per Iv, è Raffaella Paita, presidente della commissione Trasporti della Camera. Ex piddì poi uscita con Renzi, Paita non è convinta degli impegni dei giallorossi proprio sulle infrastrutture, a cominciare dalla Gronda. I renziani sono tentati dal seguire le orme di Carlo Calenda che appoggia Bucci, ma non mette il simbolo di Azione, il suo partito, accanto a quelli della destra. Nonostante i venti di tempesta in Regione Liguria, guidata dal centrista Giovanni Toti, il patto su Bucci non è in discussione.

Il caos è a Palermo. Nella Lega parlano di “questione Sicilia”, perché il voto per il sindaco e l’elezione che si terrà in autunno per il successore del governatore Nello Musumeci si tengono. Se i giallorossi, dopo tante fibrillazioni, sembrano arrivati a un accordo sull’architetto Franco Miceli, la destra per ora gareggia con Carolina Varchi (voluta da Meloni), con Francesco Scoma (appoggiato da Lega e parte dei forzisti), con Francesco Cascio, candidato di Forza Italia tendenza Micciché. Si presenta anche il centrista ed ex rettore Francesco Lagalla. Da solo corre poi il renziano Davide Faraone. Al nastro di partenza, e per la terza volta, Fabrizio Ferrandelli candidato di Azione e di +Europa.

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Kiev, adesso scatta la guerra dei viveri

martedì, Marzo 22nd, 2022

Francesco Semprini

Dall’inviato a Kiev. Riorganizzare le forze in campo in vista di una nuova offensiva sulla capitale, intensificando i bombardamenti su punti nevralgici al fine di sottrarre linfa vitale alla resistenza di Kiev. Così Mosca tenta di chiudere la partita con l’Ucraina, alla luce dello stallo che vede, dopo venticinque giorni di conflitto, le forze di Vladimir Putin arginate fuori dal perimetro urbano. Ed è per questo che nella notte tra domenica e lunedì l’armata russa ha preso di mira il centro commerciale di Retroville, nella zona di Podil e alle spalle del quartiere dormitorio di Vinogradar, causando la distruzione della parte dedicata alle attività ricreative, ovvero piscina, palestra e campi da gioco. Il bilancio è di almeno sei morti sebbene alcune fonti parlino di dieci vittime e di diversi feriti. Si tratta, sembra, di personale messo a guardia del centro commerciale.

L’attacco sarebbe stato sferrato con due missili, il secondo però è stato intercettato dalla contraerea ucraina. Podil non è nuova a raid letali, se ne sono succeduti almeno tre negli ultimi cinque giorni, tutti con conseguenze devastanti per condomini, scuole e strutture ricreative. Si tratta di un’area residenziale che, a occhio, non sembra ospitare nessuna postazione strategica.

Secondo fonti militari ucraine, l’interesse dell’armata di Putin per il centro commerciale sarebbe nato dal suo utilizzo come hub di smistamento di materiale di sussistenza e generi di prima necessità destinati non solo agli sfollati, ma anche ai militari al fronte, in particolare quello Ovest e Nord, i più combattuti del conflitto di Kiev. Per il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov, nei seminterrati di Retroville ci sarebbe stato invece molto di più, ovvero una batteria di sistemi multipli di lanciamissili e un deposito di munizioni. «Nascondendosi dietro i quartieri di abitazione nel sobborgo di Kiev di Vinogradar, le unità nazionaliste ucraine hanno condotto per diversi giorni il fuoco di missili lanciatori multipli contro i militari russi», afferma Konashenkov. L’affermazione appare tuttavia da verificare, perché se corrispondesse al vero gli effetti della deflagrazione sarebbero stati ben più devastanti di quelli già molto gravi procurati dal missile russo.

«C’è stata un’esplosione assordante e ho visto un bagliore rosso. Il nostro appartamento tremava sembrava un terremoto, mi sono messa sotto al tavolo della cucina con mio marito, poi siamo scesi di corsa nel bunker», racconta Alina che a Podil vive da cinque anni. Anna invece vive a Vinogradar ed è venuta a controllare i danni riportati dall’alloggio della cugina Olga: «Anche da noi il boato è stato spaventoso, la mia bimba si è svegliata nel cuore della notte piangendo».

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Se Putin rimanda ancora la tregua

martedì, Marzo 22nd, 2022

Stefano Stefanini

Guardando gli alberi si perde la foresta. Nell’incrociarsi di segnali, «negoziato vicino», «no, negoziato ancora lontano», magari dalla stessa fonte turca, sfugge quello decisivo: il «sono pronto a incontrare Volodymir Zelensky» di Vladimir Putin. Sei parole con le quali i pezzi del negoziato cadrebbero subito al loro posto. Non la soluzione certo ma almeno il tentativo di cercarla. Zelensky vuol farlo – l’ha detto più volte. Putin no. O non ancora. Come minimo vuol prima prendersi un altro pezzo di Ucraina. Intanto, imperterrito, colpisce metodicamente i centri abitati.

L’invasione ha stallato. È pertanto naturale domandarsi quali siano le prospettive di un negoziato, quali le concessioni richieste alle parti, quale il ruolo di altri attori internazionali, la Turchia, la Cina, l’Ue, per facilitare un accordo. Purtroppo, il presidente russo si pone altre domande. Ha invece due ben diverse preoccupazioni: come tener desto un nazionalismo interno pro-guerra; come intimidire e terrorizzare gli ucraini per piegarne la resistenza. Sabato, col discorso di “Grande Dittatore” da operetta allo stadio di Mosca, ha rivelato la prima. La seconda si legge nell’ultimatum a Mariupol di domenica notte. Fa intuire cosa voglia il presidente russo prima di arrivare a un’eventuale trattativa e quali mezzi sia pronto a usare pur di ottenerla.

Prima di parlare di pace, Putin vuole un altro pezzo di Ucraina: almeno la striscia di Mar Nero che congiunge la Crimea col Donbas. Per prenderla tutti i mezzi sono buoni. In mezzo c’è Mariupol. Bombardata dal mare e dal cielo, si ostina a resistere. Va presa a tutti i costi. Circa 300mila civili sono intrappolati. Hanno ascoltato un generale russo intimare loro la resa con agghiacciante freddezza – altrimenti si renderebbero colpevoli di essersi difesi. Avevano tempo fino alle 5.00 del mattino di lunedì, con la prospettiva di deportazione. Non si sono arresi. Quindi non resta che continuare a martellare la città. Come in Cecenia, come in Siria, le operazioni russe non fanno distinzione fra militari e civili.

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Ucraina, Zelensky parla a Montecitorio: scontro aperto sugli assenti

martedì, Marzo 22nd, 2022

Federico Capurso

Chissà se questa mattina il presidente ucraino Volodymir Zelensky, che alle 11 interverrà in collegamento video alla Camera dei deputati, verrà anche informato di quanti parlamentari italiani hanno deciso di disertare l’Aula e delle mille sfumature che può assumere un rifiuto. C’è chi parteggia apertamente per i russi, come la senatrice Bianca Laura Granato, e chi invece ha altri impegni. In molti sollevano «perplessità» del più vario genere, ma sempre per dire di no, mentre altri si dicono ancora indecisi. E ci sono poi quelli che nel Palazzo sono stati ribattezzati «i nenné» (con un evidente riferimento al bambinesco lamento «gnè-gnè»), perché non vogliono schierarsi né con la Nato, né con Putin. Ma in questo modo – pungono dal Pd – non fanno altro che dare una mano a Mosca, isolando la posizione di chi è stato invaso.

I parlamentari assenti o indecisi vengono soprattutto dal calderone del gruppo Misto e Giuseppe Conte, scorrendo i loro nomi, può tirare un sospiro di sollievo perché gran parte di loro sono ex Cinque stelle espulsi o usciti per protesta negli anni. Per Carlo Calenda è come se non se ne fossero mai andati: «Lo spettacolo che sta dando il M5S è indecoroso – twitta –. Noi di Azione restiamo alla larga dai sostenitori dell’equidistanza». Ma anche nel Pd, tra i Dem renziani, si punta il dito contro il «gruppo di parlamentari, tra Lega e M5S», che non parteciperà: «La stessa cosa farà mercoledì in Francia Marine Le Pen – li sferza il senatore Andrea Marcucci -. Ogni commento sulla matrice politica di tali assenze sarebbe superfluo».

Il passato grillino, in effetti, accomuna molti di loro. Quasi tutti. Il maggiore imbarazzo l’avrebbe però provocato la senatrice Bianca Laura Granato, cacciata un anno fa, che ieri si è detta convinta: «Putin sta conducendo una battaglia per tutti noi. A Putin dico: “Uniamo le forze per sconfiggere insieme l’agenda globalista”». Granato vorrebbe che venisse invitato a parlare alla Camera anche il presidente russo, come sosteneva giorni fa il deputato Garbiele Lorenzoni, lui sì, ancora M5S. Lorenzoni però non è sicuro di disertare l’Aula. Forse ci sarà, forse no, ma è il motivo della sua possibile assenza ad assumere i contorni del grottesco: è iscritto all’università Luiss, dove sta prendendo un master in materie economico finanziarie, e non vorrebbe togliere tempo allo studio perché – viene spiegato a La Stampa – a breve dovrà sostenere un esame. L’altra Cinque stele assente sarà la deputata Enrica Segneri, che a La Stampa aveva detto di non essere d’accordo con la «sovraesposizione del Parlamento italiano». La pensa allo stesso modo un altro ex M5S, Emanuele Dessì, transitato nel Partito comunista, che invoca «la necessità di essere neutrali. Se si vuole la pace, non ci si può schierare». Assicura però – di fronte alle critiche piovute sui «nenné» – di non parteggiare per Putin. Anzi, ne ha per tutti: «Gli ucraini hanno Zelensky, noi Draghi, i russi Putin. Facciamo a gara a chi sta peggio».

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Guerra Russia-Ucraina, Amelia e il canto infinito

martedì, Marzo 22nd, 2022

Annalisa Cuzzocrea

Amelia Anisovych ha sette anni e incredibilmente nessuna paura. Avanza a piccoli passi, nelle sue scarpe d’argento, su un palco buio ed enorme. Vede il segno bianco disegnato per terra, lì dove le hanno detto di stare. Fa un salto per andarci sopra. Davanti a lei un mare di luci, tenute su dalle decine di migliaia di persone che riempiono l’Atlas Arena di Łódź, in Polonia. Dietro di lei, un’orchestra muta. In ascolto.

Amelia prende fiato come due settimane fa, quando era in un rifugio antiaereo di Kiev. Prende fiato, e canta. Stavolta non è la canzone di Frozen, quella che ricordava tutta a memoria e che per questo le dava sicurezza. «Perché una volta all’asilo volevo cantare e non ricordavo le parole, mi sono fermata e ho detto mai più, non succederà mai più».

Stavolta Amelia Anisovych canta l’inno nazionale del suo Paese e in uno stadio strapieno non si sente un respiro che non sia il suo. Così come in quel bunker, pieno di terrore e disperazione, tutto si era fermato per ascoltare la sua voce di cristallo ripetere un motivo che conoscono i bambini e i genitori di tutto il mondo. Per poi esplodere in un «bravo!», mentre lei portava le mani alla bocca per l’emozione e la gioia di essere arrivata, stavolta, fino in fondo.

Se fosse una favola, se in questo tempo impazzito esistesse ancora qualcosa di giusto, quella voce fermerebbe la guerra, le bombe, i missili supersonici, la distruzione, le fosse comuni nelle trincee, le irruzioni casa per casa, la ricerca dei tatuaggi sui corpi, delle foto di soldati sui telefonini. Fermerebbe i carri armati e i colpi di mortaio e le schegge che hanno colpito bambini come Amelia. Uccidendoli, ferendoli, menomandoli.

Ci sono troppi bambini in questa guerra. Vediamo troppi bambini con i loro peluche e gli animali domestici e gli unicorni colorati. Ci sono troppi bambini e troppa innocenza tradita in ogni guerra. Quando abbiamo visto Aylan Kurdi riconsegnato dal mare sulle rive di Bodrum, abbiamo pensato: «Mai più». Perché con la sua maglietta rossa e le sue scarpe allacciate assomigliava ai figli che vediamo dormire nelle nostre case. E il pensiero che ci siano figli come i nostri in Siria, che soffrono, scappano, muoiono in un naufragio, gelano nel bosco che li separa da un posto che chiamiamo Europa, ci era d’un tratto diventato insopportabile.

Ma la foto di Aylan è sbiadita e con lei le nostre buone intenzioni. I video di Amelia che canta nel rifugio e poi su un palco, proprio come aveva detto di sognare, sono l’incantesimo che mostra al mondo cos’è giusto e cos’è sbagliato. Cosa ha senso e cosa non ne ha. Per dirla con un linguaggio forse lontano dalle ragioni dalla geopolitica, ma vicino al pensiero dei bambini – e dei filosofi – mostrano dov’è il bene e dov’è il male. E sì, se fosse una favola fermerebbero tutto.

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Gas russo, perché l’Italia e l’Europa non ne possono fare a meno

martedì, Marzo 22nd, 2022

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Gas russo, perché l'Italia e l'Europa non ne possono fare a meno

Al momento «è impossibile» per l’Europa fare a meno del gas e del petrolio della Russia. A dirlo è il vicepremier russo Aleksandr Novak, nel giorno in cui ha incontrato il gruppo parlamentare di Russia Unita, il partito del Cremlino. Se il greggio proveniente dalla Siberia settentrionale e dall’Artico russo venisse rifiutato dall’Occidente, i prezzi del petrolio potrebbero arrivare a 300 dollari al barile: un pericolo che, secondo Novak, rende «improbabile» che l’Europa tagli nell’immediato la sua dipendenza energetica da Mosca. E se il vice premier ha poi rassicurato l’Occidente spiegando che la Russia non ha intenzione di tagliare la produzione di petrolio, al contempo non nasconde che proverà a diversificare le proprie rotte di fornitura.

La Russia sposta i flussi di greggio verso Est

E, così, mentre le compagnie petrolifere russe hanno già iniziato a reindirizzare i flussi verso Est, Mosca e il Kazakistan hanno deciso di creare un gruppo di lavoro per aumentare il transito di petrolio verso la Cina attraverso il Paese dell’Asia centrale. Come riporta la Tass, Novak ha ricordato che il contratto di transito per il petrolio russo verso Pechino attraverso il Kazakistan è stato recentemente esteso; e dinanzi ai deputati di Russia Unita, ha fatto presente che la questione della diversificazione delle esportazioni di idrocarburi verso la regione Asia-Pacifico «è davvero attuale, poiché si avvertono preparativi per un nuovo pacchetto di misure» da parte dell’Occidente, il quinto. Stati Uniti e Regno Unito, infatti, hanno già annunciato il veto sulle importazioni di petrolio dalla Russia, il cui effetto però Novak ha minimizzato, osservando che «in Gran Bretagna in generale non abbiamo export e, rispetto agli Stati Uniti, abbiamo fornito solo il 3% del nostro export di petrolio greggio e il 7% delle esportazioni di idrocarburi».

La situazione dell’Italia

Novak quando parla va sul sicuro. La debolezza storica nell’energia dell’Europa e dell’Italia è un dato di fatto. Come ha scritto sul Corriere Stefano Agnoli, la prima dipende per il 55% circa dalle importazioni e nel decennio 2010-20 la quota è persino aumentata, mentre nello stesso periodo la seconda l’ha leggermente diminuita, lasciandola però intorno al 75%. Per quanto riguarda l’Italia, poi, il gas naturale, che copre il 40% del fabbisogno energetico italiano, arriva a sua volta per il 40% dalla Russia. Il petrolio, invece, ne copre un altro terzo, di cui il 10% di estrazione russa. C’è poi il carbone, che in Italia copre solo il 3,3% del fabbisogno nazionale, ma che per quasi il 60% arriva sempre da Mosca. Qui, l’infografica completa con la mappa delle dipendenze energetiche dell’Italia.

La dipendenza dalla Russia, un problema antico

Già nel 2014, con l’annessione della Crimea e l’innesco della guerra in Donbass, gli europei dovevano capire che Vladimir Putin non è un partner come gli altri. Lo ha spiegato bene Federico Fubini: il suo ruolo non è puramente quello di fornitore commerciale, perché ha un’agenda politica ostile e imprevedibile.

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Benzina giù di 25 cent al litro, il decreto in vigore da oggi

martedì, Marzo 22nd, 2022

Il decreto legge approvato dal Governo con le misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina ha previsto la riduzione delle accise sulla benzina e sul gasolio impiegato come carburante per autotrazione. L’effetto delle misure consistono tra l’altro nella riduzione del prezzo di benzina e gasolio di 25 centesimi di euro al litro per un periodo di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 21 marzo 2022 è stato pubblicato il decreto ministeriale 18 marzo 2022 e il decreto legge 21 marzo 2022, n. 21 con le «Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina» contenenti le norme che ne riducono il prezzo, che entrano in vigore da oggi, martedì 22 marzo. Lo sconto sarà applicato fino al 20 aprile.

Confindustria: «Provvedimento deludente»

A poche ore dal via libera dell’esecutivo al provvedimento, una nota di Confindustria aveva parlato di decreto «deludente perché non risolve strutturalmente il problema dei rincari dei prezzi energetici». L’associazione datoriale ha intravisto «rischi di incostituzionalità sugli extra profitti», e proprio con gli introiti del prelievo del 10% sugli extraprofitti delle società energetiche il Governo punterebbe a garantire la gran parte della copertura finanziaria del provvedimento (le misure adottate valgono nel complesso 4,4 miliardi), il tutto senza ricorrere a uno scostamento di bilancio.

Le società che distribuiscono e stoccano carburanti minacciano la mobilitazione

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Omicron 2, doccia gelata da Andrea Crisanti: “Perché le restrizioni sono inutili”

martedì, Marzo 22nd, 2022

“E’ inutile pensare a nuove misure restrittive, non servono assolutamente a nulla”: Andrea Crisanti frena sulla possibilità di introdurre ulteriori restrizioni contro Omicron 2, la variante che al momento spaventa più di tutte. Intervistato da La Stampa, il microbiologo dell’Università di Padova ha detto: “La verità è che dobbiamo metterci il cuore in pace: prima o poi ci contageremo quasi tutti. Ma basta non appartenere alla categoria dei fragili e il problema si risolve”.

L’esperto poi si è detto contrario anche alla quarta dose di vaccino: “È del tutto inutile. È necessaria solo per le persone fragili”. Poi ha specificato che nella categoria rientrano soprattutto anziani, immunodepressi, autoimmuni e pazienti oncologici. Crisanti ha addirittura detto che “paradossalmente è meglio prendersi il Covid che fare la quarta dose“. E poi ha spiegato che le restrizioni non servono più a nulla perché non siamo più nella prima fase della pandemia: “All’inizio, con la variante Wuhan e senza la campagna di vaccinazione, ero più che favorevole a un rigido regime restrittivo, ma adesso il contesto è cambiato e dobbiamo prenderne atto”.

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