Archive for Marzo 19th, 2022

L’equilibrismo di Dheli tra il petrolio russo e le relazioni militari con Washington

sabato, Marzo 19th, 2022

di Carlo Pizzati

CHENNAI – Gli equilibrismi dell’India nei confronti della guerra di Putin contro l’Ucraina stanno dando i loro frutti. Da un lato c’è il vice primo ministro russo, Alexander Novak, che offre al ministro del petrolio indiano Hardeep Puri il greggio sanzionato in Europa. Un affare che le compagnie pubbliche indiane non si sono lasciate sfuggire: hanno infatti prenotato 5 milioni di barili di petrolio a un prezzo imbattibile di circa 25 dollari l’uno. Dall’altro, l’ammiraglio John Aquilino, Comandante delle forze americane nell’Indo-Pacifico, promette che il sostegno militare all’India nelle schermaglie sull’Himalaya continuerà: “Le nostre relazioni militari sono al punto più alto nella storia”, ha dichiarato al Congresso.

Per ora, Delhi esce indenne dai suoi funambolismi geopolitici. Il premier Narendra Modi ha telefonato sia a Vladimir Putin che a Volodymyr Zelensky. Si è astenuta dal condannare l’invasione russa presso il Consiglio di Sicurezza Onu, ma ha promesso aiuti umanitari per l’Ucraina. Non ha criticato l’invasione, ma ha chiesto un’ambigua “cessazione delle violenze”. Cercando di far contente Russia e Stati Uniti, si è ritrovata ad astenersi all’Onu in compagnia di due nemici storici, la Cina e il Pakistan. “L’India sottolinea che l’azione umanitaria deve essere guidata dai principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza e non deve essere politicizzata. Ripetiamo i nostri appelli per un’immediata cessazione delle ostilità”, ha ribadito giovedì il Rappresentante permanente all’Onu T. S. Tirumurti. Questa guerra sta già causando bradisismi nelle regioni eurasiatiche più lontane, smuovendo stratificazioni, stimolando possibilità di ricomposizioni strategiche creative. Il lavoro di pianificazione fatto da Putin è lampante. A dicembre ha rinsaldato la storica relazione indo-russa con un sostanzioso pacchetto di accordi di forniture militari e commerciali, condito da un impegno di cooperazione militare e tecnologica per dieci anni. Il tutto sugellato dalla produzione di mezzo milione di kalashnikov in India e dalla collaborazione di Mosca nella costruzione della più grande centrale nucleare indiana.

Ma gli Stati Uniti lanciano segnali chiari di non volersi lasciar sfilare via un avvicinamento con l’India che continua a crescere da dieci anni e che si è consolidato nella collaborazione del Quadrilatero, fronte di contenimento all’espansionismo cinese, assieme Giappone e Australia. Però l’India fa anche parte del movimento multilaterale dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) e della Shanghai Organization Cooperation (Russia, India e Cina).

Che sia quindi l’occasione per un avvicinamento tra Pechino e Delhi? In Asia le cose sono più complicate. Non è detto che le tensioni sul confine himalayano, dove gli scontri all’arma bianca nel giugno 2020 hanno causato 20 morti indiani e 38 cinesi, si possano allentare. Quando alle Olimpiadi di Pechino la Cina ha fatto sfilare come tedoforo un veterano della battaglia della valle di Galwan del 2020, l’India ha subito annunciato il boicottaggio ai Giochi. Ma il ministro degli esteri cinese Wang Yi sta facendo delle aperture: “Pechino e Delhi dovrebbero essere partner nell’interesse di un successo reciproco, non avversari. La sfida ai confini non deve disturbare la cooperazione bilaterale”.

Il timore che l’India possa essere risucchiata nel piano sino-russo delineato dal documento per la “ridistribuzione del potere” nel mondo, sugellato ai margini delle Olimpiadi il 4 febbraio scorso da Mosca e Pechino, spinge l’amministrazione Biden ad essere molto paziente con Delhi. C’è una chiara alleanza antioccidentale per una “nuova era del multipolarismo” che reclama democrazia nei rapporti internazionali (contro l’egemonia americana), ma vuole meno vera democrazia all’interno dei confini nazionali (cioè ognuno applica la sua interpretazione di cosa vuol dire democrazia, ovvero autocrazia a malapena camuffata).

Eppure, il portavoce del dipartimento di Stato Ned Price ha reagito così alla “neutralità” indiana: “Condividiamo interessi e valori importanti con l’India. Sappiamo che ha una relazione con la Russia diversa dalla nostra. E, ovviamente, ci sta bene”. Washington non può rischiare di lasciar andare l’India verso la deriva del multipolarismo eurasiatico in salsa autocratica. E chiude un occhio. Gli ultimi affari con il petrolio russo glielo faranno riaprire? La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki ha dichiarato che la transazione “non viola le sanzioni americane”, ma Washington ha avvertito che “la storia si ricorderà quale parte l’India avrà scelto di sostenere in questa guerra e rimarrà iscritto negli annali”.

REP.IT

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Decreto energia, Andrea Orlando: “Abbiamo preso decisioni coraggiose”

sabato, Marzo 19th, 2022

“Oggi sono state fatte scelte coraggiose intervenendo sui costi dell’energia. Si è deciso di tassare chi ha avuto profitti ingiustificati per gli aumenti del costo del gas e del petrolio, per dare sollievo alle famiglie più in difficoltà, alle imprese più esposte, insieme alla riduzione delle accise, all’aumento della platea dei cittadini che avranno accesso al bonus per ridurre il costo della bolletta e ad altri contributi per i settori più colpiti. Siamo andati nella direzione dell’equità e della difesa della produzione nazionale. Abbiamo costruito inoltre le condizioni per dare piena accoglienza a tutti i cittadini dell’Ucraina che fuggono da quella tragedia, facendo quello che compete all’Italia, essere giusta e umana”, così il ministro del Lavoro Andrea Orlando commenta l’approvazione del decreto energia in Consiglio dei Ministri. 
Fonte: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

LIBERO.IT

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Guerra in Ucraina, tre italiani su quattro riducono i consumi

sabato, Marzo 19th, 2022

di Nando Pagnoncelli

Per il 42% la propria situazione è destinata a peggiorare e il dato sale al 57% tra i meno abbienti. La prima scelta: limitare gli spostamenti in auto

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Dopo un 2021 caratterizzato da un complessivo miglioramento del clima economico, a seguito della significativa crescita del Pil, il mese di gennaio aveva fatto segnare un’inversione di tendenza causata dall’aumento dei costi per l’energia e dal ritorno dell’inflazione, un fenomeno dimenticato che aveva rappresentato un vero e proprio incubo negli anni scorsi. Con la guerra in Ucraina le preoccupazioni per le ripercussioni economiche (46%) sono più diffuse rispetto a quelle connesse al rischio di un coinvolgimento dell’Italia nel conflitto (35%) e ciò si è tradotto in un’impennata del pessimismo: il 42% si aspetta un peggioramento della situazione personale, laddove a dicembre i pessimisti rappresentavano meno di uno su quattro (23%). Come era lecito attendersi, si rileva una consistente maggiore inquietudine tra le persone di condizione medio bassa (48%) o bassa (57%). È molto concreto il timore che, dopo quanto avvenuto con la pandemia, si acuiscano ulteriormente le disparità tra i ceti più abbienti e quelli meno abbienti.

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Le scelte degli italiani al pensiero della guerra in Ucraina

Da sempre gli italiani mostrano una straordinaria capacità di adattamento alle situazioni critiche e anche in questa drammatica circostanza non si smentiscono: tre su quattro (75%) hanno già messo in atto (o intendono farlo a breve), cambiamenti nel loro stile di vita e di consumo. In particolare, il 30% intende limitare gli spostamenti in auto, il 19% farà scorte alimentari superiori a quelle abituali temendo che possano mancare prodotti di prima necessità, il 19% ridurrà il riscaldamento domestico di 2 o più gradi, il 15% rinvierà acquisti importanti che erano stati programmati, e il 10% farà la stessa cosa riguardo ad investimenti finanziari e un altro 10% posporrà i programmi di vacanza.

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Il discorso di Putin alla nazione, adunata allo stadio di Mosca

sabato, Marzo 19th, 2022

di Marco Imarisio

Il presidente allo stadio «Luzniki»: «Kiev stava organizzando da tempo spedizioni punitive e attacchi militari contro il Donbass. Questo è un genocidio. Fermare tutto ciò era l’unico obiettivo dell’operazione. Attueremo i nostri piani». Poi cita la Bibbia

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«Per puro caso, l’inizio dell’operazione speciale in Ucraina è stato il giorno del compleanno di…». L’unica novità è stata l’improvvisa interruzione del discorso di Vladimir Putin, tagliato dalla Tv di Stato russa mentre stava pronunciando questa frase, con stacco immediato su due cantanti che hanno ripreso a intonare inni patriottici per celebrare gli otto anni dell’annessione della Crimea, avvenuta nel 2014. Qualcosa di strano è accaduto. Lo dimostra anche l’intervento immediato di Dmitrij Peskov, il portavoce del presidente, che ha parlato di una “guasto tecnico”, ipotesi che non ha certo allontanato i sospetti su un possibile attacco hacker.

Quello andato in scena allo stadio Luzniki di Mosca, che tre anni fa ospitò la finale dei Mondiali di calcio, è stato il classico esempio di Puting, neologismo che fonde il nome del presidente alla parola meeting, inventato nel 2017 dai sostenitori di Alexis Navalny per definire gli eventi a favore del Cremlino. L’utilizzo di un’arena così ampia e di una scenografia così sfarzosa sembra già un segnale preciso dell’intenzione di andare avanti con la guerra. E nonostante sui canali Telegram della propaganda di governo fosse stato annunciato che Putin avrebbe fatto dichiarazioni importanti, l’attesa occidentale per eventuali novità è andata delusa.

Avanti così che va tutto bene, potrebbe essere il riassunto del discorso del presidente, che dal 2019 non appariva di persona a una manifestazione di tale portata. Putin è sembrato in buona forma. Al centro del palco con un look `made in Italy´, maglione a collo alto color crema e parka di colore blu di Loro Piana da un milione e mezzo di rubli ( circa 12 mila euro). Ha parlato a braccio. Per dire le solite cose e tessere l’elogio dei soldati russi impegnati in Ucraina, anche con annessa citazione delle parole di Gesù, forse l’unico inedito di giornata. «Non c’è amore più grande che dare la propria anima per gli amici» ha esordito, parafrasando un passo del Vangelo di Giovanni per parlare del sacrificio dei soldati al fronte. «I nostri ragazzi si proteggono l’un altro in battaglia, offrendo il loro corpo a protezione del compagno. Loro sono il simbolo del fatto che non siamo mai stati uniti come lo siamo oggi». Due giorni fa, nel discorso sui traditori della patria da schiacciare come moscerini.

Ma poi ha proseguito seguendo un canovaccio ormai abituale, quasi un riassunto delle puntate precedenti. «Kiev stava organizzando da tempo spedizioni punitive e attacchi militari contro il Donbass. Questo è davvero un genocidio. Fermare tutto ciò era l’unico obiettivo dell’operazione speciale. Abbiamo fatto risorgere la Crimea, che era un territorio abbandonato dagli ucraini. L’abbiamo fatto grazie ai suoi abitanti, che venivano umiliati di continuo e fanno parte del nostro popolo. Sono loro che hanno fatto la scelta giusta, ponendo un ostacolo al nazionalismo e al nazismo che invece continua ad essere presente nel Donbass, con operazioni punitive contro la popolazione. I nostri fratelli russi sono stati vittime anche di attacchi aerei. Questo è l’esempio di quello che noi chiamiamo genocidio. Evitarlo è l’obiettivo della nostra operazione militare, e vi assicuro che attueremo tutti i piani».

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Il dolore altrui, i nostri dilemmi

sabato, Marzo 19th, 2022

di Ferruccio de Bortoli

Il dolore degli altri, reso acuto e straziante da una guerra alle porte dell’Europa, scuote le coscienze individuali e solleva antiche paure che credevamo ormai sepolte nelle memorie familiari. Siamo solidali e generosi con il popolo ucraino, aggredito da Putin, ed è encomiabile lo slancio dell’accoglienza di fronte all’esodo di profughi più massiccio dalla fine della Seconda guerra mondiale. Anche da parte di chi, specie nell’Est Europa, aveva eretto, vantandosene, barriere di filo spinato per respingere disperati in fuga da altre tragedie o, in casa nostra, invocava blocchi navali, voltando lo sguardo altrove. Il dolore non ha latitudine né colore della pelle. E non esiste una graduatoria del valore delle vite. Anche se a perderle è qualcuno più vicino a noi, più simile a noi, parte irrinunciabile della nostra storia europea. Come ci comporteremo, d’ora in poi, con chi fugge da guerre e carestie (indotte anche dall’attuale conflitto) e approda lungo le nostre coste?

Ma c’è un’altra domanda che dobbiamo fare a noi stessi, confidando in un sussulto di sincerità. Quanto saremmo disposti a pagare, in termini di sacrifici, per difendere le libertà e i diritti di altri che mai come in questo momento, scopriamo essere fragili come i nostri? E basta il timore di rimanere al freddo, di rinunciare anche a un briciolo del nostro benessere, delle nostre comodità, per mettere in discussione la sacralità di quei principi e giustificare sempre il «sano realismo» delle convenienze? L’appeasament 2.0. Non avendole conquistate noi, quelle libertà, ma altre generazioni, non è fuori luogo avanzare il dubbio sul loro valore di scambio. Considerandole acquisite per sempre le abbiamo svalutate.

Essere consapevoli dei nostri limiti, e delle relative ambiguità, ci aiuta a capire meglio quanto quelle libertà siano essenziali e a difenderle da debolezze e paure. A proteggerci di fronte alle svolte improvvise, a choc inattesi. Ma anche a comprendere — ed è questo il punto — che i buoni sentimenti hanno un costo. Una solidarietà gratuita è solo apparente. Non ci si può illudere — come è avvenuto per esempio con le tante assenze al voto alla Camera sugli aiuti all’Ucraina — che si possa essere concretamente solidali senza mettere in discussione qualche posizione acquisita e accettare delle rinunce. Se per esempio si decide di investire di più per la difesa (leggi armi) è inevitabile che si tolga qualcosa ad altre attività civili, la sanità per esempio. A meno che non si sia intimamente convinti — e ne abbiamo il sospetto — che ci si possa indebitare spendendo senza limiti. Il vecchio dilemma (burro o cannoni) torna d’attualità. Far finta di niente è un modo di ingannare, oltre gli altri, molti dei quali sotto le bombe, anche noi stessi. E ancora: ogni pericolo più grande (la guerra) ne scaccia un altro (il Covid) ma non lo elimina d’incanto, anche se nella percezione collettiva è esattamente quello che sta accadendo. Così come un grave stato di necessità, come la dipendenza dal gas russo e l’esplosione dei costi dell’energia, non toglie drammaticità all’emergenza ambientale che pare di colpo dimenticata. E c’è da dubitare sulla nostra reale volontà di difendere l’ambiente se basta uno scossone ai mercati per rendere indispensabile ciò che avremmo voluto bandire per sempre (esempio il carbone). Senza alcuna discussione. La transizione energetica è più complessa e costosa di quanto non si pensi.

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Facciamo schifo

sabato, Marzo 19th, 2022

di Massimo Gramellini

Ogni giovedì sera mi sintonizzo con la piazza del bravissimo Formigli per assumere la mia dose settimanale di professor Orsini. Spiace per gli altri aspiranti al titolo, ma la vera star del Pacinarcisismo è lui, grazie alla faccia sofferta e a quel tono di voce tra l’assertivo e il piagnucoloso con cui ricostruisce le cause della guerra ucraina dai tempi di Gengis Khan. Stavolta il sociologo che ha smesso di collaborare con un giornale chiedendo scusa ai lettori che si erano abbonati solo per leggere lui (non gli fa certo difetto l’umiltà) ci ha spiegato che tra l’Occidente e Putin non c’è differenza.

Schifoso lo zar, schifosi noi: e tra schifosi ci si intende.

A condizione di sbarazzarsi di quel Zelensky che ostacola il lieto fine con la sua insopportabile ossessione per la libertà, resa impossibile dalla geografia. Orsini sembra posseduto da una sorta di timor panico nei confronti di Putin: lo nomina il meno possibile e quasi mai per parlare delle sue malefatte, che comunque non considera peggiori delle nostre. La sconfitta dell’invasore, che rallegra i poveri di spirito, è ciò che egli più teme, perché a quel punto, dice, Putin potrebbe arrabbiarsi sul serio. Quanto alla caduta del satrapo slavo, non fa parte delle opzioni di Orsini e forse neppure delle sue speranze.

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I messaggi occulti lanciati dallo zar

sabato, Marzo 19th, 2022

Nona Mikhelidze

Nella politica di Putin è presente un forte simbolismo. Il leader del Cremlino non ha scelto a caso il 18 marzo per parlare alla nazione, allo Sport Center Luzhniki di Mosca. Ieri era l’ottavo anniversario dell’annessione della Crimea alla federazione russa. Il suo popolo stava festeggiando questo evento con un concerto. Molti si aspettavano che spendesse alcune parole sulle intenzioni della Russia nello svolgimento della guerra, anzi “operazione militare speciale”, come la chiama lui, che parlasse di ciò che sta accadendo sul campo e di quel che potrebbe accadere. Invece no. Putin si è limitato a nominare il genocidio che gli ucraini stavano commettendo contro il Donbass. E a ribadire che l’operazione militare è giustificata da questo genocidio. Nelle sue parole c’è stato spazio anche per una citazione dalla Bibbia, quando ha spiegato che l’aiuto militare portato dall’esercito russo è stato dettato anche da una prospettiva religiosa.

Ma mettiamo sotto i riflettori la sua ultima citazione: Putin ha dichiarato che l’inizio dell’operazione è coincisa quasi per caso con il compleanno di uno dei “nostri eccezionali comandanti militari”, canonizzato come santo, Fëdor Fëdorovič Ušakov, che “non ha perso una sola battaglia in tutta la sua brillante carriera militare”. Anche in questo caso non è casuale, secondo lui, che l’operazione speciale cada proprio in occasione di quel compleanno. Perciò conclude: “Neanche noi perderemo la battaglia”. Ecco che torna la simbologia. Tra l’altro, forse non tutti sanno che il personaggio santificato è stato dichiarato patrono della flotta di bombardieri nucleari strategici russi.

Ma facciamo un passo in più. Ripensiamo al suo discorso del 16 marzo, quando ha parlato di denazificazione, demilitarizzazione, neutralizzazione dell’Ucraina. Lì si vede chiaramente che Putin, dal 24 febbraio, a oggi non ha fatto neanche mezzo passo indietro. I negoziati che ad alcuni sembrano avanzare, sentendo lui, sono in stallo. Gli ultimatum rimangono gli stessi. Sempre quello speech di qualche giorno fa, però, ci fa capire che esiste il dissenso interno nel Paese. Lui stesso parla di “traditori” e denuncia che questa guerra ne ha portati tanti. Quelli abituati alla bella vita e a mangiare il foie gras in Occidente, che “noi sputeremo dalla bocca come le mosche”. È come se Putin volesse annunciare la nuova ondata di repressioni interne. Che molto probabilmente è diretta non tanto verso gli oligarchi, quanto verso la cosiddetta “intelligenzia”. Agli oligarchi ha già messo il bavaglio. In questi anni, invece, i rappresentanti della cultura sono stati in qualche modo suoi alleati. Magari non erano contenti del tipo di governance creata negli ultimi tempi dal potere verticale, ma il leader del Cremlino portava comunque con sé una stabilità economica che all’intelligenzia dava il modo di sentirsi realizzata professionalmente e apriva le porte all’Occidente. La situazione domestica non era certo sopportabile per loro.

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Alternativa al gas russo, ecco le nuove rotte di Eni

sabato, Marzo 19th, 2022

Gabriele De Stefani

Accelerazione verso la transizione, obiettivi di riduzione delle emissioni da subito più ambiziosi, cifre e fornitori della via alternativa al gas russo. La guerra di Vladimir Putin irrompe nel piano strategico 2022-2025 di Eni e mette la garanzia degli approvvigionamenti in cima all’agenda: «Il conflitto ci costringe a vedere il mondo in modo diverso – dice l’ad Claudio Descalzi – è una tragedia umanitaria che ha generato nuove minacce alla sicurezza energetica. Dobbiamo dare una risposta senza abbandonare le nostre ambizioni per una transizione equa e la nostra strategia, che ci consente di essere pronti alla sfida». Mercati freddi (il titolo cede il 2,9% ), ma secondo gli analisti a deludere Piazza Affari non sono i progetti del gruppo, quanto la decisione di ritoccare solo di due centesimi (da 86 a 88) il dividendo per il 2022, pur affiancandolo ad un impegno finanziario cospicuo per un acquisto di azioni proprie da 1,1 miliardi di euro.

Il gas senza Putin

Tra i nove e gli undici miliardi di metri cubi di gas da Algeria e Libia al più presto, cinque dal Congo l’anno prossimo, due dai giacimenti italiani in un paio d’anni, forniture più robuste da Angola e Mozambico: l’agenda degli approvvigionamenti alternativi a Mosca da qui al 2024 è pronta. Ed Eni conterà sui progetti precedenti il conflitto, che consentono di offrire all’Europa, nel breve-medio periodo, circa 400 miliardi di metri cubi di gas. Cresce la quota di gas naturale liquido (15 milioni di tonnellate annue entro il 2025), con buona pace della carenza di rigassificatori in Italia che spingerà le forniture altrove. Per accelerare l’allentamento dei rapporti commerciali con Mosca, e prepararsi a un’eventuale chiusura dei rubinetti, corsia preferenziale per i progetti con tecnologie capaci di velocizzare gli approvvigionamenti. Specie negli anni in cui, da qui al 2025, Eni toccherà il picco nel ricorso agli idrocarburi (con il petrolio destinato alla progressiva marginalizzazione).

Meno emissioni e spinta green

Non cambia l’obiettivo finale (emissioni zero nel 2050), ma Eni accelera il ritmo del taglio alla CO2: i traguardi intermedi alzano la soglia di 10-15 punti percentuali, con il picco delle cosiddette emissioni dirette e indirette “Scope 1 e 2” azzerate già nel 2035, cinque anni prima del previsto. Alle porte c’è una crescita verticale degli investimenti per nuove soluzioni energetiche: il 30% entro il 2025, il 60% al 2030, fino all’80% nel 2040. La corsa si farà anche sulle gambe della neonata Plenitude (che offrirà elettricità verde ai clienti power e arriverà a una capacità rinnovabile di 15 gigawatt entro il 2030), della bioraffinazione (aumento a 6 milioni di tonnellate annue entro il 2050) e dell’idrogeno (4 milioni di tonnellate entro il 2050).

I clienti decarbonizzati

Dopo il decollo di Plenitude – la società del gruppo che integra rinnovabili, clientela retail e veicoli elettrici – ora tocca a un nuovo soggetto dedicato alla mobilità sostenibile: bioraffinazione, stazioni di servizio e car sharing in un unico business, per accompagnare i clienti in un’offerta tutta carbon-free. Per ora non è prevista la quotazione in Borsa, ma la linea è chiara: valorizzare ogni segmento e migliorare l’accesso ai capitali che servono al piano di investimenti.

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Guerra Ucraina-Russia, Zelensky a Putin: “È tempo di colloqui di pace”. Mosca ha utilizzato missili ipersonici Kinzkhal. Ucciso il quinto generale russo

sabato, Marzo 19th, 2022

AGGIORNAMENTI DA FRANCESCA MANNOCCHI, FRANCESCO SEMPRINI E NICCOLÒ ZANCAN. DIRETTA A CURA DI MARCO ACCOSSATO, MARINA PALUMBO

Ventiquattresimo giorno di guerra in Ucraina. Ieri i missili dell’Armata di Putin hanno colpito l’aeroporto della città occidentale di Leopoli, vicinissimo al centro che ospita le poche delegazioni straniere che sono rimaste in Ucraina, fra cui quella italiana. Anche Kiev ha subito nuovi bombardamenti in zone residenziali e sul fronte sud le truppe di Mosca hanno sfondato a Mariupol, penetrando in città. Secondo il Pentagono, in oltre tre settimane di conflitto, Mosca avrebbe lanciato «più di mille missili». Giunge però una buona notizia: il famigerato attacco al teatro non ha provocato morti. A Chernihiv è stato ucciso un civile americano, James Whitney Hill, classe 1954, originario del Minnesota.

«E’ tempo di colloqui di pace tra l’Ucraina e la Russia», dice il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Colloqui che «potrebbero durare diverse settimane» dichiara il capo negoziatore di Kiev e consigliere del presidente, Mykhailo Podolyak, affermando che le posizioni di Mosca sono diventate più «adeguate». Allo stesso tempo, però, i negoziati su questioni chiave come le garanzie per la sicurezza, il ritiro delle truppe russe e il cessate il fuoco «potrebbero necessitare di più tempo».

Segui gli aggiornamenti ora per ora

08.53 – Il dramma nel dramma: “112 bimbi ucraini uccisi da inizio guerra”

Sono almeno 112 i bambini uccisi dall’inizio della guerra in Ucraina: lo riferiscono le autorità del governo ucraino. Alle 112 piccole vittime, vanno ad aggiungersi i 140 bambini rimasti feriti nei bombardamenti.

08.22 – L’Ucraina perde l’accesso al Mare di Azov
Le forze armate ucraine hanno perso l’accesso al mare di Azov. Lo rende noto lo Stato Maggiore dell’esercito ucraino, spiegando che si tratta di una conseguenza dell’assedio russo alla città di Mariupol. Intanto continuano gli scontri nella città portuale, collegata al Mar Nero dallo stretto di Azov. Le forze armate russe stanno continuando a cercare di irrompere a Mariupol, dove gli scontri continuano, hanno riferito i militari di Kiev.

08.21 – Mosca afferma di aver usato missili ipersonici

La Russia afferma di aver utilizzato missili ipersonici Kinzkhal in Ucraina. A riferirlo è il ministero della Difesa citato dalla Tass, che ha anche annunciato di aver distrutto nella notte tre sistemi missilistici di difesa aerea S-300 in dotazione alle truppe ucraine. Distrutti anche – attraverso l’utilizzo del sistema missilistico costiero Bastion – centri ucraini di radio e di intelligence della regione di Odessa. 

07.24 – Alle 8 (ora italiana) apre il corridoio umanitario per Luhansk
Un corridoio umanitario per l’evacuazione di civili verrà aperto a breve nella regione di Luhansk, in Ucraina sud-orientale. Lo ha annunciato il governatore Serhiy Gaiday, citato dalla Reuters. «Cercheremo di evacuare persone e portare cibo. Un “regime di silenzio” è stato concordato a cominciare dalle 9 di mattina (le 8 in Italia)». In un post su Telegram, il governatore Serhiy Gaiday ha scritto che le forze russe si sono dette d’accordo, anche se non ha precisato né la durata della tregua né dove il corridoio sarà diretto. «Aspettiamo le 9 (ore locali, ndr) perché tacciano le armi e si cominci l’evacuazione dei residenti della regione e per portare acqua, cibo e medicinali e coloro che restano», ha detto.

07.18 – A Mycolaiv uccisi 40 soldati in un raid aereo russo
Sono almeno 40 i soldati ucraini uccisi in un raid aereo russo sulla zona meridionale di Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina. Lo ha scritto il sindaco di Mykolaiv Oleksandr Senkevich su Facebook, denunciando diversi bombardamenti sulla città.

07.13 – “La giornalista scomparsa è prigioniera dei russi”
La giornalista ucraina Viktoria Roshchyna risulta scomparsa dallo scorso 12 marzo. Lo denuncia l’emittente televisiva per la quale lavora, la Hromadske, che su Twitter riferisce che la reporter è stata tenuta prigioniera dai russi. «Non riusciamo a metterci in contatto con lei. Chiediamo alla comunità internazionale di aiutarci a trovare e a far rilasciare Viktoria Roshchyna», riferisce l’emittente. Citando testimoni, Hromadske scrive che l’ultima volta che la giornalista è stata vista si trovava a Berdiansk. «Il 16 marzo abbiamo saputo che il giorno precedente è stata arrestata dalle forze russe», spiega l’emittente, che posta una fotografia della reporter e spiega che, dall’inizio della guerra, stava lavorando dal sud e dall’est dell’Ucraina.

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Decreto energia: dal taglio delle accise alla rateizzazione delle bollette. Lo scudo anti rincari da 4,4 miliardi in 13 punti

sabato, Marzo 19th, 2022

Giampiero Maggio

«Aiuteremo le famiglie più bisognose e le filiere produttive più esposte. I provvedimenti approvati nel Cdm di oggi sono provvedimenti importanti, motivati dal fatto di dare una risposta alle conseguenze per il nostro Paese della guerra in Ucraina». Ha esordito così il premier Mario Draghi nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi che ha approvato, all’unanimità, il decreto da oltre 4 miliardi per aiutare famiglie (che salirebbero da 4 milioni a 5,2 milioni quelle protette) e imprese.
Gran parte degli interventi del decreto “taglia prezzi”, come ha spiegato lo stesso premier Mario Draghi, in conferenza stampa, non saranno finanziati con il bilancio pubblico, ma dalle aziende del comparto energetico. «Tassiamo – ha sottolineato – una parte dei profitti in eccesso che i produttori stanno facendo grazie all’aumento dei costi delle materie prime e redistribuiamo questi soldi alle imprese e alle famiglie in difficoltà». Questo intervento redistributivo «è equo – ha sottolineato Draghi  – da un punto di vista di giustizia sociale e ci permette di evitare scostamenti di bilancio mantenendo sotto controllo i conti pubblici». Lo Stato fa comunque la sua parte: «Destiniamo infatti ai provvedimenti il gettito Iva sui carburanti che lo Stato ha incassato in questi mesi a causa dell’aumento dei prezzi». La crisi è certamente mondiale, in particolar modo europea ed è strettamente legata a quanto sta accadendo in Ucraina. «Abbiamo preso provvedimenti importanti per dare risposte al paese per la guerra in Ucraina: aiutiamo cittadini e imprese a sostenere rincari energie con attenzione ai bisognosi e imprese esposte». Così il premier Mario Draghi in una conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri.

Tra gli interventi adottati ci sarà un aumento dei «crediti di imposta a favore delle aziende del comparto energetico» che consentirà una rateizzazione delle bollette per due anni. Il governo non si ferma qui: «Nelle prossime settimane adotteremo altri provvedimenti» sottolinea il presidente del Consiglio.
Il premier ha poi sottolineato che «verrà migliorato lo strumento del Golden Power» e saranno «rafforzati i poteri di Arera e del Garante per la Sorveglianza dei Prezzi, perché possano rispettivamente conoscere i dettagli dei contratti di fornitura dei produttori e sanzionare fenomeni di speculazione». Su Ilva saranno «estese la garanzia di Sace, per consentire all’azienda di aumentare la produzione e sopperire alle carenze di acciaio nel Paese». Poi il ministro dell’Economia Daniele Franco, seduto al fianco del premier: «Abbiamo spostato l’enfasi degli ultimi interventi in particolare sulle imprese». Tra le decisioni assunte, appunto, la questione delle accise che riguarda famiglie e imprese. E poi un ampliamento della platea dell’Isee: altre 1,2 milioni di famiglie potranno entrare nelle fasce protette. Gli aumenti in bolletta, infatti, saranno sterilizzate per quei nuclei famigliari «che hanno un tetto Isee al di sotto dei 12 mila euro».
Ma è a livello europeo che bisogna trovare una linea comune. Sempre il premier: «L’obiettivo minimo del prossimo Consiglio Ue? Quello che è necessario è avere una una risposta immediata e concreta sulla questione del meccanismo di formazione del prezzo europeo dell’elettricità».

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