Archive for Aprile, 2022

Per Draghi non cambiano gli impegni con gli alleati: a Kiev con altri leader Ue

mercoledì, Aprile 27th, 2022

di Tommaso Ciriaco

ROMA – Non entrerà per adesso in polemica pubblica con Giuseppe Conte, che lo reclama in Parlamento per discutere dell’invio di armi. Mario Draghi non intende accapigliarsi su un problema che non esiste. Le Camere, è la linea, hanno già votato una risoluzione che costituisce l’ombrello per garantire sostegno militare all’Ucraina. Non accetterà neanche l’idea di una mozione che pretende di rendere pubblico ciò che per ragioni di sicurezza è (e resterà) secretato: l’elenco delle armi, appunto. E infine, l’ex banchiere non ribatterà a mezzo stampa al leader 5S neanche quando lo richiama al rispetto dell’articolo 51 della Carta dell’Onu: si può rispondere a chi ipotizza che l’Italia vada oltre le regole del diritto internazionale?
Questo è quello che non farà. Ciò per cui si spenderà, invece, sono gli aiuti all’Ucraina, come promesso agli alleati. Non verrà meno alla parola data. E assicurerà il materiale militare a Volodymyr  Zelensky. Lo farà con il secondo decreto interministeriale già firmato da Lorenzo Guerini, che finirà oggi in Gazzetta Ufficiale. E con un terzo nuovo provvedimento in tempi brevi – probabilmente prima della missione alla Casa Bianca – che garantisca materiale bellico più “pesante”.

Non sono ore semplici, per Draghi. L’agenda ballerina è legata ai tempi di negativizzazione dal coronavirus. La speranza è che siano rapidi, anche perché da ieri si lavora a un’opzione: la missione a Kiev potrebbe non essere “solitaria”. A livello diplomatico si punta a un coordinamento europeo, ipotizzando un evento simbolico con alcuni leader continentali nella capitale ucraina. L’opzione preferita è quella di unirsi al tandem Macron-Scholz (ammesso che Zelensky voglia incontrare il Cancelliere, dopo le ultime tensioni). Tre Paesi, un unico messaggio. L’organizzazione richiederebbe sforzi di intelligence e sicurezza giganteschi, ma il ritorno di immagine sarebbe altrettanto imponente.
Tutto si muove rapidamente, ma la sostanza non muta. Guerini illustra ai partner Nato riuniti nella base Usa di Ramstein le opzioni possibili per rispondere all’unica richiesta del giorno: armi pesanti, in tempi stretti. Nulla di nuovo: è quello che hanno già chiesto Zelensky a Draghi e Kuleba a Luigi Di Maio. Il premier ne discuterà anche in sede Nato e con i partner continentali, ma la direzione sembra scontata: arriverà molto presto un altro provvedimento con artiglieria pesante, missili anti-nave, obici, diverse decine di veicoli blindati su ruota.

Resta la polemica politica. È alimentata da Conte attorno a un principio: la legittima difesa degli Stati. Il concetto si lega all’uso – e dunque anche alla fornitura – di armi per difendersi. Sul punto, Draghi si è espresso in Parlamento: “Non aiutare gli ucraini equivarrebbe a dire loro: arrendetevi, accettate schiavitù e sottomissione. Il tema delle armi coinvolge scelte etiche personali. La decisione non può essere presa con leggerezza, ma i termini sono quelli appena descritti”.

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Le arti si liberino dalla politica

mercoledì, Aprile 27th, 2022

di Luca Ricolfi

Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, la reazione del mondo occidentale non si è limitata a colpire oligarchi e interessi economici russi ma ha coinvolto anche ambiti che siamo abituati a pensare come spazi di libertà e di cooperazione. L’arte e la cultura, ad esempio, con la cancellazione più o meno totale dei russi dalle fiere del libro, dai festival del cinema, dai teatri. Lo sport, con l’esclusione dei russi da calcio, basket, ciclismo, sci, tiro a volo, automobilismo, fino alla (per me) incredibile esclusione degli atleti russi e bielorussi dalle paralimpiadi. Solo un ambito, quello della cooperazione spaziale, si è finora salvato dalla furia anti-russa: chi le ha viste, non può non essersi commosso di fronte alle immagini del cosmonauta russo Denis Matveev che abbraccia l’americana Kayla Barron sulla Stazione spaziale internazionale, o alle immagini dei tre cosmonauti, due russi e uno americano, che scendono insieme dalla navicella Soyuz atterrata in Kazakistan. Lì per lì la mia anima liberale ha provato un senso di angoscia, e incredulità, di fronte alla prontezza e compattezza della reazione punitiva scatenata dai governi e dalle istituzioni internazionali contro tutto ciò che è russo. Sono abituato a pensare che le colpe degli avi non possono ricadere sui discendenti, e che le colpe dei governi non possono ricadere sui singoli cittadini.

La responsabilità è individuale, e discriminare qualcuno solo perché appartiene a una certa etnia o confessione religiosa ai miei occhi sa di razzismo. Poi però ho cominciato ad ascoltare l’altra campana, quella dei falchi che vorrebbero cancellare atleti, artisti, scrittori, musicisti russi da ogni consesso civile. Non posso dire che mi abbiano convinto, ma devo ammettere che il loro ragionamento ha una sua logica: se abbiamo deciso di sanzionare le imprese e le banche russe, non si vede perché non si debbano sanzionare anche le organizzazioni economico-politiche, spesso enormi apparati burocratici, che gestiscono lo sport e la cultura della Russia, come peraltro di ogni altro Stato. Un ragionamento rafforzato dal fatto che arte, cultura e sport sono da sempre armi di propaganda politica, e di conseguenza esclusioni e boicottaggi — specie nello sport — sono entrati a far parte della fisiologia del sistema, almeno dalla Prima guerra mondiale in poi.
Detto più crudamente: non è in quanto singoli artisti, scrittori o atleti che si viene esclusi, discriminati o sanzionati, ma in quanto ingranaggi delle rispettive industrie. Potrei obiettare che questo modo di vedere le cose omette di spiegarci perché, avendo deciso di sanzionare la Russia, preferiamo colpire i suoi innocenti atleti paralimpici (misura a impatto zero) piuttosto che rinunciare al petrolio e al gas con cui la Russia sostiene i costi dell’aggressione all’Ucraina (misura a impatto massimo). Invece preferisco prendere sul serio la tesi secondo cui scienza, arte, cultura e sport non sono innocenti, in quanto governati dall’economia e dalla politica. Perché è vero, ma è solo una faccia del problema. L’altra faccia è il modo in cui lo sono. Un conto è il fatto che, per funzionare, questi ambiti abbiano bisogno di enormi risorse finanziarie e organizzative, dunque dell’economia e della politica. Un altro è che la politica entri pesantemente nella logica con cui si svolge la competizione nei vari ambiti, distorcendo e inquinando i giochi. Penso, ad esempio, ai criteri politici che, con tutta evidenza, spesso influenzano l’assegnazione dei premi più prestigiosi. O all’invasione del politicamente corretto nella vita delle università (specie americane), con conseguenze non solo sul reclutamento, ma anche sulla pianificazione dei corsi e la valutazione dei risultati della ricerca. O ai palchi dei festival e dei premi usati per lanciare appelli e scomuniche. Per non parlare dell’abitudine, invalsa fra le celebrities, di assegnare a sé stesse un indebito vantaggio intestandosi buone cause.

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Minacciare Putin e trattare la pace

mercoledì, Aprile 27th, 2022

Nathalie Tocci

Il vertice straordinario convocato dal segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin nella base aerea di Ramstein, in Germania, e la missione del segretario generale dell’Onu António Guterres a Mosca, a cui seguirà una seconda tappa a Kiev, sembrano raccontare due storie contrastanti. La prima è una realtà fatta di armi e di guerra, la seconda una promessa di rinnovata diplomazia e di pace. La prima desta paura, preoccupazione e, tra alcuni, dubbi e opposizione. La seconda accende la speranza a cui né possiamo né vogliamo rinunciare. Eppure, a ben vedere, le due storie sono profondamente intrecciate, se non nel presente perlomeno nel futuro. A Ramstein, Austin, riunitosi con i ministri della Difesa di oltre 40 Paesi, inclusi quelli dell’Alleanza Atlantica, ma anche l’omologo ucraino Oleksiy Reznikov, ha dichiarato senza mezzi termini che l’Occidente mobiliterà “cielo e terra” per la difesa dell’Ucraina. Già a Kiev due giorni prima, Austin e il segretario di Stato Antony Blinken, pur fermi sul fatto che gli Stati Uniti non sono entrati né entreranno in guerra, avevano ingranato una marcia decisamente più alta, annunciando un nuovo pacchetto di aiuti militari, inclusi armamenti pesanti. Gli Stati Uniti, così come il Regno Unito e i Paesi est europei avevano già rotto gli indugi che nei primi due mesi di guerra avevano reso soprattutto Washington estremamente prudente nel sostegno militare a Kiev, evitando di inviare armi che potessero essere interpretate come non puramente difensive e, in quanto tali, essere lette dal Cremlino come una provocazione. La stella polare sia di Washington sia degli europei è quella di evitare ad ogni costo un’escalation e, dunque, una terza guerra mondiale.

Ma proprio perché la stella polare è la stessa, nel terzo mese di guerra il calcolo è cambiato. Siamo entrati in una fase molto più complessa e pericolosa. La battaglia a Donetsk e Luhansk è iniziata, fatta di artiglieria pesante e di ampi spazi piani: sarà una lenta battaglia di attrito. Al contempo, nonostante o forse proprio in rappresaglia all’affondamento dell’incrociatore Moskva e con la caduta di Mariupol prossima – ma incredibilmente ancora non avvenuta -, il mirino di Mosca si è rispostato su Odessa, con gli attacchi missilistici degli ultimi giorni. Infine, le misteriose esplosioni “false flag” in Transnistria, il territorio separatista in Moldavia in cui sono stazionate circa mille truppe russe, che sia Kiev sia Chisinau leggono come il tentativo di Mosca di trascinare la Moldavia nel vortice di guerra, e quindi di espandere la violenza oltre i confini dell’Ucraina. A fronte di tutto ciò, l’unico modo per fermare un’escalation della guerra – sia verticale in Ucraina sia orizzontale oltre i suoi confini – è quello di fermare Putin. E verrà fermato solo se questa fase della guerra non la vincerà, perché se dovesse vincerla, a seguire non ci sarà una pace, ma una terza fase ancora più violenta e pericolosa dell’aggressione. È per questo che anche Berlino, portavoce dei dubbi e dell’opposizione all’invio di armi pesanti, ha cambiato registro a Ramstein, annunciando l’invio di carri armati Gepard a Kiev. Mentre a Ramstein si parlava di armi, a Mosca Guterres tentava di parlare di pace al presidente russo Putin. L’esito a Mosca è stato pressoché nullo. Una visita di Guterres a Mosca e Kiev sarebbe stata auspicabile prima del 24 febbraio. Le Nazioni Unite avrebbero potuto fare molto di più per prevenire questa guerra. Molto probabilmente non avrebbero ottenuto granché, ma rimane un fatto che il tentativo non è stato realmente fatto. Sono state invece le diplomazie europee, in primo luogo Parigi, a tentare il tutto per tutto per scongiurare la guerra. Dal Palazzo di Vetro è arrivato un sostanziale silenzio. Ora la guerra è in corso, e Putin non mostra alcun segnale di volersi fermare. Anche la mediazione turca in questa fase appare tragicamente arenata.

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La Camera vota la riforma Cartabia: “È il testo migliore possibile”. Nasce il nuovo Csm

mercoledì, Aprile 27th, 2022

FRANCESCO GRIGNETTI

È una storica riforma, quella dell’ordinamento giudiziario, che oggi ha fatto un passo avanti. Con l’approvazione della Camera, e ora il passaggio al Senato, si avvicina una trasformazione del Consiglio superiore della magistratura e la fine virtuale del fenomeno dei magistrati «prestati» alla politica. Le norme sulle porte girevoli sono talmente rigorose, infatti, che sarà praticamente impossibile che in futuro un magistrato sia tentato dal salto in un organo elettivo, a meno che la sua carriera sia agli sgoccioli.

«Credo che in questo passaggio abbiamo proposto la riforma migliore possibile, ben consapevoli che ogni riforma sempre tutto è perfettibile», commenta cautamente la ministra della Giustizia, Marta Cartabia. Sa bene, la Guardasigilli, che la strada per il voto finale non è ancora in discesa. Al Senato, i renziani, che fin qui hanno bombardato sulla sua riforma, hanno infatti un peso specifico maggiore. Ma è soprattutto il gruppo dei senatori leghisti che potrebbero rimettere in discussione le cose, specie sul sistema elettorale. Non è affatto conciliante, infatti, il messaggio della senatrice Giulia Bongiorno: «Il testo della riforma del Csm – scandisce – presenta solo alcune novità apprezzabili, ma non centra l’obiettivo di frenare le degenerazioni del correntismo né affronta i veri temi cruciali. Come abbiamo già anticipato durante i lavori, la Lega al Senato proporrà correzioni idonee a rendere il testo più incisivo». Non è escluso, a questo punto, che per chiudere la partita, in una logica più complessiva di tenuta del governo, si arrivi a un voto di fiducia sul testo appena licenziato dalla Camera.

«È un primo passo, un passo importante», dice intanto il vicepresidente del Csm David Ermini. «Era una riforma sicuramente necessaria e urgente, non solo per segnare il cambio di passo rispetto al passato, ma soprattutto per dare compiutezza all’ampio percorso riformatore della giustizia avviato in questi anni», conclude.

Ermini dà voce all’ansia di riforma che viene dal Quirinale, dove si rimarca da sempre che sarebbe stato «impensabile» far votare i magistrati al rinnovo del Csm, che si terrà in estate, con le vecchie regole, quelle che avevano permesso il correntismo più sfrenato. Tra qualche giorno, però, l’associazione nazionale magistrati ne discuterà nella sua assemblea generale e non è escluso che vada a uno sciopero di protesta. 

La composizione
Trenta membri, dieci laici, “quote rosa” tra i candidati

Il futuro Consiglio superiore della magistratura sarà composto di 30 membri. Tre quelli di diritto: il Presidente della Repubblica; il Primo Presidente di Cassazione; il procuratore generale presso la Cassazione. Dieci i laici eletti dal Parlamento. Venti i togati: 2 in rappresentanza della Cassazione, 5 delle procure; 13 per la magistratura giudicante. I magistrati voteranno in 7 collegi (uno per la Cassazione, due per la magistratura inquirente; quattro per la giudicante). In ciascun collegio si eleggeranno due componenti. Si prevede inoltre per i giudicanti una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale e per i requirenti il recupero di 1 miglior terzo. Per candidarsi non sono previste le liste; ciascun candidato presenta liberamente la propria candidatura individuale. Devono esserci un minimo di 6 candidati. Se non arrivano candidature spontanee o non si garantisce la parità di genere, si integra con sorteggio.

Gli incarichi
Addio nomine a pacchetto, al voto anche gli avvocati
Per gli incarichi direttivi e semidirettivi, si decide in base all’ordine cronologico delle scoperture. Si prevedono corsi di formazione per tutti, a cura della Scuola Superiore della Magistratura, sia prima di aver accesso alla funzione che dopo. Si rendono trasparenti le procedure di selezione, con pubblicazione sul sito Intranet del Csm di tutti i dati del procedimento e dei vari curricula, dando modo di partecipare alle scelte su direttivi e semidirettivi anche ai magistrati dell’ufficio del candidato. Si prevede l’obbligo di audizione di non meno di 3 candidati per quel posto.

Nell’ambito del Csm, si dovrà individuare un contenuto minimo di criteri di valutazione, per verificare tra l’altro anche le capacità organizzative. Quanto alle valutazioni di professionalità, nei Consigli giudiziari locali ci sarà anche il voto degli avvocati, ma esclusivamente a seguito di un deliberato del consiglio dell’ordine degli avvocati. 

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La Russia stacca il gas a Polonia e Bulgaria. Gazprom: “Dovevate pagare tutto in rubli”

mercoledì, Aprile 27th, 2022

Da oggi l’intera Polonia resterà senza gas russo. La conferma, dopo un giornata di annunci e smentite, è arrivata in serata ieri: la compagnia energetica PGNIG polacca ha reso noto di aver ricevuto una notifica da Gazprom secondo cui le forniture di gas saranno completamente sospese a partire dal 27 aprile. «Il 26 aprile, Gazprom ha informato PGNiG della sua intenzione di sospendere completamente le consegne ai sensi del contratto Yamal a partire il 27 aprile», si legge nella nota rilanciata dall’agenzia russa Ria Novosti.

Da Gazprom hanno replicato che «la Polonia doveva pagare entro oggi le forniture di gas russo rispettando la nuova procedura, che prevede l’uso del rublo». Una richiesta che il governo polacco ha respinto al mittente. Attualmente, il 55% delle importazioni di gas della Polonia proviene dalla Russia, ma la Polonia ha già adottato diverse misure per ridurre la propria dipendenza, tra cui l’espansione di un terminal a Swinoujscie, nel nord-ovest della Polonia, e la costruzione di un nuovo gasdotto dalla Norvegia. 
Oltre alla Polonia, Putin ha imposto lo stop anche alla Bulgaria. A renderlo noto è stato il ministero dell’Energia della Bulgaria, affermando che «Gazprom ha informato Bulgargaz che interromperà la fornitura di gas dal 27 aprile». Anche in questo caso, la decisione segue il rifiuto della Bulgaria di pagare il gas in rubli.

Il giallo della Polonia, tra un rimpallo e l’altro
Nel pomeriggio di ieri erano stati i media polacchi ad anticipare la notizia: il sito polacco Onet ripreso poi dalla Tass, aveva infatti scritto che «la Russia ha sospeso le forniture di gas alla Polonia in base al contratto Yamal. Le fonti, per il sito, erano governative e arrivavano anche dal settore energetico di Varsavia, secondo cui una squadra di crisi si era riunita presso il ministero del Clima polacco per affrontare il caso.

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Berlino, sì alle armi pesanti a Kiev: “Addestreremo qui i soldati ucraini”

mercoledì, Aprile 27th, 2022

Marco Bresolin

Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina ci sono stati diversi momenti storici per l’Unione europea. La giornata di ieri è certamente uno di questi perché il governo tedesco – dopo settimane di tentennamenti – ha annunciato una svolta: anche la Germania fornirà armi pesanti a Kiev, nello specifico 50 carri armati dotati di un sistema anti-aereo. Berlino avvierà inoltre l’addestramento dei militari ucraini sul proprio territorio: servirà per consentire loro di maneggiare al meglio l’artiglieria che verrà fornita dagli alleati occidentali «per tutto il tempo che sarà necessario», come hanno deciso ieri i ministri della Difesa nel vertice di Ramstein. Ma non è tutto: il governo tedesco si è detto pronto a interrompere «nel giro di pochi giorni» gli acquisti di petrolio dalla Russia, dando così una spinta decisiva al sesto pacchetto di sanzioni che è in preparazione a Bruxelles. Una mossa che arriva proprio nel giorno in cui Mosca riapre la questione del gas, annunciando da oggi lo stop delle forniture a Polonia e Bulgaria dopo che si erano rifiutate (come tutti gli altri Paesi Ue) di pagare in rubli.

La decisione tedesca di rompere il tabù delle armi pesanti è stata presa dal governo lunedì e annunciata ieri dalla ministra alla Difesa, Christine Lambrecht. Il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz si è trovato costretto a cedere dopo le richieste insistenti degli alleati di governo, sia i verdi che i liberali, e in seguito alle pesanti critiche ricevute da Kiev. Berlino invierà 50 Gepard, carri armati lunghi 7 metri dotati di una torretta con due cannoni anti-aerei di fabbricazione svizzera da 35 millimetri che possono sparare fino a 1.100 colpi al minuto, raggiungendo bersagli anche a più di tre chilometri di distanza. Si tratta di mezzi progettati negli Anni ‘60 che l’esercito tedesco non utilizza più da una decina di anni. Il governo cerca di aggrapparsi a questo particolare per dimostrare che non si tratta di una consegna «diretta» da parte delle proprie forze armate, ma in realtà nella pratica poco cambia. Con un’interpretazione piuttosto opinabile, fonti tedesche sottolineano inoltre che, trattandosi di un mezzo con sistema anti-aereo, le sue caratteristiche sono principalmente «difensive». Anche per questo resta congelata la consegna di oltre 100 carri armati Leopard (1 e 2), dotati di cannoni molto più potenti, messi a disposizione dall’azienda tedesca Rheinmetall. Per Varsavia, però, i Gepard non bastano: servono i Leopard.

Ma il passo compiuto ieri dal governo di Olaf Scholz è comunque storico. Così come lo è l’annuncio che la Germania addestrerà sul suo territorio i militari ucraini. Sin qui gran parte dell’artiglieria pesante consegnata a Kiev proveniva dai Paesi dell’Europa dell’Est: si tratta di materiale di fabbricazione sovietica, che i soldati di Zelensky sono in grado di maneggiare senza problemi. Adesso però – per sostenere questa fase del conflitto – i governi occidentali hanno deciso di aumentare le consegne di armi in dotazione ai Paesi Nato e dunque è necessario addestrare gli ucraini al loro utilizzo. Finora se n’erano occupati i militari americani e quelli britannici, principalmente in Polonia. Ma ieri la ministra Lambrecht ha detto che il «training» avverrà anche sul territorio tedesco, in collaborazione con l’esercito olandese. Un’evoluzione significativa che rende sempre meno diretto il coinvolgimento di Berlino nel conflitto.

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La forza (a metà) di Macron: una lezione dalla Francia

mercoledì, Aprile 27th, 2022

di Angelo Panebianco

L’esito delle elezioni ci dice che, sfidato dall’esterno dalle potenze autoritarie e all’interno dai movimenti illiberali, l’Occidente resta in grave affanno

Il mondo occidentale, l’Unione Europea, la Nato. Tutti in queste ore brindano allo scampato pericolo. Tutti sono grati ai francesi per avere riconfermato Macron. Nell’immediato una presidenza Le Pen avrebbe compromesso la tenuta del fronte occidentale nella guerra. Nel più lungo termine, avrebbe bloccato l’integrazione europea e inferto colpi mortali all’Alleanza atlantica. Si pensi poi agli effetti di contagio. In Italia, ad esempio, i movimenti populisti, che sono forti quanto e forse più che in Francia, ne avrebbero tratto grande beneficio. Come minimo, dopo le prossime elezioni, ci saremmo ritrovati, come ai tempi di Trump, con una qualche riedizione del governo giallo-verde.

Quasi mai in democrazia è la politica estera a orientare il voto dei cittadini. La Francia non fa eccezione. Ma se, nella scelta fra Macron e Le Pen, hanno sicuramente pesato soprattutto motivazioni economiche — le proposte di Le Pen non sono apparse convincenti per molti francesi e il buon andamento dell’economia ha premiato il presidente uscente — un qualche peso deve averlo avuto anche la guerra e la minaccia della Russia all’Europa. Era chiaro a tanti che una vittoria di Marine Le Pen sarebbe risultata assai gradita al dittatore russo.

Tutto bene dunque? Ci sono due incognite. La prima riguarda le elezioni parlamentari di giugno. Forse, come ci si aspetta, la vittoria di Macron avrà un effetto di trascinamento su quel voto. Ma se, per ipotesi, i macronisti non ottenessero la maggioranza dei seggi, allora la presidenza Macron verrebbe subito azzoppata. Macron dovrebbe, come impone la logica dei semi-presidenzialismi, dare vita a un governo di coalizione, fortemente condizionato dalla estrema destra o, più facilmente, dall’estrema sinistra.

La seconda incognita ha a che fare con la politica che Macron vorrà o potrà fare in Europa. Come risulta dal breve discorso fatto dopo la vittoria, il presidente riconfermato è ben consapevole del fatto che il suo Paese è spaccato e polarizzato, che dovrà necessariamente tenere conto delle domande e delle aspettative dei tanti, soprattutto giovani, che hanno votato Mélenchon, il candidato di estrema sinistra, al primo turno delle presidenziali, nonché di tutti coloro che hanno consentito a Le Pen di raccogliere così tanti consensi al secondo turno.

Non dobbiamo dimenticare che in queste presidenziali si sono scontrati il nazionalismo/sovranismo duro e puro di Marine Le Pen e il nazionalismo/sovranismo soft di Macron. Il presidente, in questo erede della tradizione gollista, vuole una Europa forte ma anche un’Europa ove la Francia possa esercitare una egemonia. Qualcuno immagina che Macron, o un qualsiasi altro presidente (in nome di un europeismo che a quel punto risulterebbe per lui politicamente suicida) sia disposto a cedere all’Unione europea il seggio francese nel Consiglio di sicurezza dell’Onu? I risultati delle elezioni francesi, con i più che lusinghieri risultati ottenuti dai partiti estremisti, condizioneranno ancora di più le aspirazioni egemoniche della Francia. In ogni caso, Macron ha vinto ma non ha stravinto. Non solo la politica interna ma anche la politica estera della Francia ne saranno influenzate.

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I nuovi tank e i razzi possono bastare per fermare i russi?

mercoledì, Aprile 27th, 2022

di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

Indispensabile la copertura aerea. Dalla Nato missili Stinger, Mistral Starstreak per le basse quote e S300 slovacchi. Decine i velivoli abbattuti

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I vertici del Pentagono da Ramstein avvertono che il «tempo gioca in favore della Russia» e dunque l’aiuto in favore di Kiev deve essere rapido. A coordinarlo Eucom, il comando Usa in Europa, e l’International Donors Coordination Center, entrambi a Stoccarda, Germania.

L’Armata russa attacca a sud ed a oriente usando tutta la sua potenza di fuoco. Martella trincee e postazioni, un tiro pesante. Ammorbidisce e distrugge in vista di un assalto. Al tempo stesso prova a mantenere le «distanze» per subire meno perdite. La resistenza ha bisogno di rispondere. Da qui la fornitura, solo nelle ultime settimane, di «pezzi» analoghi. I cannoni trainati o semoventi, lanciarazzi multipli con proiettili guidati capaci di ingaggiare l’invasore sul lungo raggio. Usa, Canada, Olanda sono stati tra i primi a impegnarsi. Poi francesi e Paesi dell’Est. Per essere efficace l’artiglieria richiede una buona ricognizione: i radar da scoperta (garantiti ancora da americani e olandesi). I droni-kamikaze (Switchblade, Phoenix Ghost) e d’attacco (TB 2 turchi) hanno accresciuto le capacità.

L’attacco

Si è a lungo discusso sulla possibilità di consegnare carri armati, c’erano dei dubbi (solo iniziali). Gli alleati si sono rivolti di nuovo agli Stati confinanti, come Polonia e Slovacchia, che hanno messo a disposizione tank identici a quelli già impiegati dall’esercito di Zelensky. Scelta logistica e «conveniente», per non sprecare altri giorni nel training. Ora però si parla di mezzi di concezione occidentale. La compagnia tedesca Rheinmetall ha offerto a Berlino decine di Leopard attualmente nei depositi (Italia e Svizzera). Modelli 1 e 2. Si ripropone in questo caso il tema training, per quanto veloce richiede settimane. Vedremo. Londra ha invece proposto la soluzione «scambio circolare»: passa i suoi Challenger 2 ai polacchi e loro aumentano il lotto di T-72 a Kiev. Quindi sono stati schierati o promessi blindati di vario tipo. I Bushmaster australiani, vecchi M113, Mastiff britannici. I corazzati sono «scudo» e «lancia»: contrastano l’avanzata, servono per il contrattacco. La Nato ritiene che l’aggredito non solo è in grado di «non perdere» ma potrebbe anche vincere . Valutazione che tuttavia non trova tutti d’accordo.

La copertura

La copertura anti-aerea è indispensabile. L’alleanza ha consegnato missili Stinger, Mistral, Starstreak e Strela (quest’ultimi acquistati nell’Est Europa) per le basse quote e S300 slovacchi. Decine i velivoli abbattuti. Servirebbe molto di più. La Germania — è la novità di queste ore — ha dato luce verde per un certo numero di blindati Gepard (due mitragliatrici con radar). Nelle scorse settimane è stato invece massiccio l’invio alleato degli anti-tank portatili (Javelin, NLAW, AT 4) e di alcuni anti-nave. Quanto alla componente aerea il supporto è stato meno intenso: pezzi di ricambio, forse qualche vecchio Mig polacco, una pattuglia di elicotteri Mi-17.

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La navicella SpaceX pronta al lancio nello spazio, a bordo c’è Samantha Cristoforetti

mercoledì, Aprile 27th, 2022
La partenza della missione Crew-4 della Nasa è prevista per le 9:52 ora italiana

LaPresse/Ap / CorriereTv

Un nuovo volo della società di Elon Musk è pronto a partire, questa volta in una missione della Nasa verso la Stazione Spaziale Internazionale. Sono saliti a bordo della capsula spaziale Dragon su un razzo Falcon 9, in vista del lancio, i tre astronauti della NASA Kjell Lindgren, Jessica Watson e Robert Hines più l’astronauta dell’Agenzia spaziale europea, l’italiana Samantha Cristoforetti. Il lancio da Cape Canaveral, in Florida, è previsto per le 9:52 (ora italiana), con l’attracco della Dragon Capsule con la Stazione Spaziale Internazionale 16 ore dopo.

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Ucraina Russia, news di oggi sulla guerra | Esplode deposito in Russia. «Putin vuole smembrare l’Europa»

mercoledì, Aprile 27th, 2022

di Lorenzo Cremonesi, Giusi Fasano, Marta Serafini, Viviana Mazza, Giuseppe Sarcina, Paolo Foschi

Le notizie di mercoledì 27 aprile sulla guerra in Ucraina, in diretta: in fiamme un deposito di munizioni a Belgorod, in Russia. Oggi Mosca chiuderà la fornitura di gas a Polonia e Bulgaria

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Il deposito di munizioni in fiamme a Belgorod, in Russia

• La guerra in Ucraina è arrivata al 63esimo giorno: la strada per un accordo sembra sempre più complicata. Ieri, parlando al segretario generale dell’Onu, Putin ha detto che non ci saranno accordi senza che venga chiarita la situazione di Donbass e Crimea, che la Russia intende occupare per intero.
• Da oggi Mosca interrompe le forniture di gas alla Polonia e alla Bulgaria: il colosso russo del gas Gazprom ha avvertito le società energetiche Pnig e Bulgargaz che dalle 8 del mattino del 27 aprile interromperà le forniture perché non hanno accettato di pagare in rubli, come chiesto da Mosca.
• Secondo Londra Kiev ha il diritto di attaccare centri militari e logistici sul suolo russo con le armi fornite dall’Occidente. Mosca ha replicato di essere «pronta alla rappresaglia» — cioè a colpire «centri decisionali a Kiev» dove potrebbero trovarsi «consiglieri di un certo Paese occidentale».
• La Moldavia ha messo in allerta le sue forze di sicurezza dopo una serie di esplosioni in Transnistria, la regione separatista filorussa dove sono stazionati 1.500 soldati di Mosca.

Ore 09:25 – I numeri dei bambini feriti e uccisi da quando è iniziato il conflitto

Secondo i numeri ufficiali resi noti dalla Procura generale su Telegram, il numero di bambini rimasti feriti in Ucraina dall’inizio dell’invasione russa è salito ad almeno 393. I bambini che hanno perso la vita sono 217.

Ore 09:19 – Pesanti bombardamenti nella notte a Dnipropetrovsk

Nel corso della notte ci sono stati pesanti bombardamenti nella regione di Dnipropetrovsk, nell’Ucraina orientale: le esplosioni hanno provocato un grande incendio in un sito di infrastrutture energetiche, secondo quanto scrive il Kyiv Independent.

L’esercito russo ha preso di mira la città di Zelenodolsk e i villaggi di Maryanske e Velyka Kostromka, danneggiando le infrastrutture energetiche e causando perdite di petrolio. I soccorritori hanno impiegato ore per spegnere l’incendio e una persona è stata ricoverata in ospedale, stando a quanto ha scritto il governatore di Dnipropetrovsk Valentyn Reznichenko su Telegram.

Ore 09:09 – Intanto, alla Azovstal

L’acciaieria Azovstal di Mariupol – dove si trovano un migliaio di soldati dell’esercito ucraino e di miliziani del battaglione Azov — è da settimane devastata dai colpi dell’esercito russo: eppure, finora, continua a resistere.

Mosca ha comunicato però, questa mattina, che «l’artiglieria russa ha colpito le posizioni di tiro sul terreno dell’acciaieria»: e il canale televisivo Zvezda del ministero della Difesa russo precisa che il battaglione Azov «continua a lanciare attacchi con colpi di mortaio, ma sempre più rari».

Ieri il presidente russo Vladimir Putin — che la scorsa settimana aveva chiesto al suo esercito di blindare l’acciaieria «per non farne uscire una mosca» — aveva detto in un colloquio telefonico con il presidente turco Erdogan che Mariupol è stata liberata e non ci sono ostilità in corso.

Ore 09:02 – Putin «è un bullo, e non possiamo permettergli di avere successo»

Dominic Raab, vicepremier della Gran Bretagna, ha esplicitato una delle ragioni per cui l’Occidente non può permettersi una vittoria di Vladimir Putin — il segnale che questo invierebbe non solo al leader del Cremlino, ma anche ad altri autocrati.

Parlando a Sky News, Raab ha assicurato che la Gran Bretagna rimarrà al fianco della Polonia per affrontare il ricatto energetico di Mosca.

«La Russia sta diventando, sempre più, uno stato-paria: non solo a livello politico, ma anche economico. E questo aumenterà la pressione su Putin. C’è una cosa che deve essere molto chiara: non possiamo permettere che questo comportamento da bullo – in campo economico, o militare — possa avere successo».

Ore 08:34 – La guerra potrebbe durare fino al prossimo anno: «L’Ucraina si sta rafforzando»

Due dei consiglieri del presidente ucraino Volodymyr Zelensky hanno rilasciato — nel giro di pochi minuti — dichiarazioni che lasciano presagire un allungamento indefinito del conflitto con la Russia.

L’assalto al Donbass non segnerà, in ogni caso, la fine del conflitto: «Ci saranno ancora azioni tattiche, raid aerei, guerra… È una lunga storia e potrebbe essere molto lunga, potrebbe durare fino al nuovo anno. Tutto dipende da una serie di circostanze», ha detto all’agenzia di stampa ucraina Ukrinform Oleksiy Arestovych.

«Una delle bizzarre richieste della Russia, all’inizio della guerra, era quella di una completa demilitarizzazione dell’Ucraina. Dopo l’epocale incontro di ieri alla base di Ramstein, ho cattive notizie per Mosca. A livello di capacità, di velocità, di logistica, di tipologie di armi, l’Ucraina si sta rafforzando», ha scritto su Twitter Mykhailo Podolyak.

Ore 08:20 – Gazprom ha sospeso le forniture di gas a Polonia e Bulgaria

Gazprom ha annunciato di aver completamente sospeso le forniture di gas a Polonia e Bulgaria. La ragione – secondo il fornitore russo – è il mancato pagamento, alla fine della giornata di ieri, del gas in rubli.

«Il pagamento del gas fornito a partire dall’1 aprile deve essere effettuato in rubli», si legge nel comunicato di Gazprom, «usando il nuovo schema di pagamento di cui le parti erano state rese edotte per tempo».

Lo schema ideato dal Cremlino prevede che gli importatori di gas aprano due conti — uno in rubli, l’altro in valuta straniera — presso Gazprombank; paghino in valuta; vedano poi Gazprombank convertire la valuta in rubli (nel secondo conto) e perfezionare il pagamento in rubli. Secondo la Commissione europea, questo schema infrange le sanzioni contro Mosca varate dall’Ue.

Andriy Yermak, capo dello staff del presidente ucraino Zelensky, ha detto che la Russia sta iniziando «il ricatto all’Europa».

Subito dopo il blocco, il prezzo del gas sulla piazza di Amsterdam è salito del 16%.

Qui l’articolo completo, firmato da Marco Imarisio
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