Archive for Aprile, 2022

25 aprile, l’Italia torna in piazza per celebrare la sua Festa

lunedì, Aprile 25th, 2022

L’Italia torna in piazza per il 77° anniversario della Liberazione. Una festa dopo due anni di celebrazioni condizionate dal covid, con l’ombra della guerra in Ucraina.

A Milano la tradizionale manifestazione nazionale dell’Anpi e il presidente Gianfranco Pagliarulo – accusato di posizioni filo-russe e critico sull’invio di armi a Kiev – ha ribadito la “condanna senza se e senza ma dell’invasione da parte dell’esercito di Putin ed il riconoscimento della legittima resistenza ucraina”.

Nella Capitale l’Anpi sfilerà dalle 10 tra Largo Bompiani e Porta san Paolo, luogo simbolo della Resistenza romana. Altre associazioni di partigiani Fiap, Anpc, Fivl, Aned, Anfim e di Ucraini in Italia, con l’adesione di +Europa e Azione, hanno invece indetto alle 9.30 una manifestazione in Piazza di Torre Argentina per celebrare “la resistenza di allora e quella ucraina di oggi”. Ci sarà anche la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello. Alle 10.30, come da tradizione, i vertici della Comunità si recheranno poi in visita a Via Tasso. Come ogni anno, inoltre, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alle 9 deporrà una corona d’alloro sulla tomba del Milite ignoto e le Frecce tricolori sorvoleranno la Capitale. Forze dell’ordine allertate su tutto il territorio per evitare l’innesco di provocazioni e disordini.

A Torino 8 targhe che indicano corso Unione Sovietica sono state danneggiate nella notte, probabile atto dimostrativo contro l’invasione dell’Ucraina alla vigilia del 25 aprile.
A Genova i 71 componenti del Coro nazionale popolare ucraino ‘G. Veryovka’, arrivato in Italia a bordo di due autobus da Varsavia, si esibirà in un concerto al Teatro Lirico Carlo Felice.

09.20 Mattarella depone una corona all’Altare della Patria

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella rende omaggio al Milite Ignoto all’altare della Patria in occasione del 77/o anniversario della Liberazione. Alla cerimonia è presente la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, il vice-presidente della Camera, Ettore Rosato, il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato. Presenti anche il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri e il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Il capo dello Stato, dopo aver deposto una corona d’alloro ha poi osservato un minuto di raccoglimento. Mattarella è atteso più tardi, in tarda mattinata, ad Acerra. Assente alla cerimonia romana il presidente del Consiglio Mario Draghi, ancora in isolamento dopo essere risultato positivo al Covid-19. Mattarella si è fermato anche  salutare la delegazione delle Associazioni combattentistiche e d’arma, presenti con i propri stendardi. Ai bordi della piazza, tutta transennata, una piccola folla ha seguito da lontano la cerimonia.

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Nuove misure per l’energia. Caccia al gas con l’Eni

lunedì, Aprile 25th, 2022

Marcello Zacché

La centralità dell’Eni nella diversificazione degli approvvigionamenti energetici non è confermata solo nella politica delle recenti missioni governative in Africa. Ma anche quando la società gioca in casa. Lo si vedrà giovedì prossimo, quando Mario Draghi dovrebbe riunire il consiglio dei ministri per varare un pacchetto energia di ampio respiro.

Tra le misure che il governo deve varare ci sono anche le norme che permettono all’Eni di procedere nei progetti Argo e Cassiopea, i giacimenti nel mare di Sicilia di fronte alla costa gelese, in fieri già dal 2014 e con l’impianto del trattamento del gas in costruzione dal settembre scorso, ma poi parzialmente interdetti dai perimetri fissati dal Pitesai (il «piano regolatore» nazionale delle estrazioni). Con i provvedimenti in arrivo (che secondo il Sole 24 Ore non comportano variazioni del Pitesai, ma solo «emendamenti di dettaglio»), entro il 2024 i giacimenti siciliani, insieme con quelli del medio Adriatico, porteranno due miliardi di metri cubi di gas nazionale aggiuntivi. Nei piani del governo e del ministro Roberto Cingolani in particolare, ci sono anche le centrali a carbone, per elevare al 100% la capacità produttiva oggi ridotta a 70-75% dei tre siti dell’Enel di Fusina, Torrevaldaliga, Brindisi e di quello di A2a a Monfalcone. Alimentando totalmente a carbone la produzione si stima un minor consumo di gas nell’ordine dei 3,5 miliardi di metri cubi l’anno.

Nel consiglio dei ministri previsto giovedì, oltre alle norme sul gas, calibrate sull’obiettivo finale di «trovare» 29 miliardi di metri cubi per sostituire l’import russo, sono previsti altri interventi legati all’emergenza energia. Si parla di politiche di riduzione dei consumi energetici, privati e pubblici, con lo studio di un piano di distacco di industriali che permetta di risparmiare altri tre miliardi di metri cubi di gas senza causare lockdown di sistema. C’è poi il capitolo «semplificazioni»: servono nuove norme per sbloccare gli iter autorizzativi delle sovrintendenze rispetto alle istallazioni di fonti rinnovabili (eolico, idro, solare). È atteso, in proposito, il contributo normativo del ministro della Cultura, Dario Franceschini.

Altro capitolo è quello del taglio delle accise sulla benzina, in scadenza il 2 maggio, che il governo vorrebbe rifinanziare per altri due mesi, fino alla fine di giugno. Per questo periodo, posto che il primo mese è costato quasi 600 milioni, il taglio delle accise e le minori entrate sull’Iva relativa costerebbero ben oltre un miliardo.

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Macron rieletto, Draghi esulta: “Splendida notizia”. Piroetta di Conte

lunedì, Aprile 25th, 2022

Pier Francesco Borgia

L’elezione di Macron chiude la snervante guerra di riposizionamento che i politici nostrani hanno portato avanti negli ultimi quindici giorni. Cioè per tutto il periodo della campagna elettorale del ballottaggio. Perché non tanti hanno mantenuto ferma la propria posizione lungo tutte queste presidenziali. Forza Italia da subito si era schierata con il presidente uscente, rassicurata dal suo atlantismo convinto. Mentre lo stesso Enrico Letta ha cambiato cavallo in corsa dopo il magro bottino ottenuto al primo turno dalla sindaca di Parigi, la socialista Anne Hildago (e ieri sera, a risultato confermato, scriveva sui social: «Grande giorno per la Ue. Siamo tutti più forti»).

I primi a festeggiare la riconferma all’Eliseo di Macron sono stati i rappresentanti di Italia viva. «Altri cinque anni di buon governo saldamente europeista. Buon lavoro Monsieur le Président» è il tweet pubblicato a urne ormai chiuse dal profilo del partito di Renzi. E la chiave europeista è un po’ il leit-motiv dei commenti sulla rielezione di Macron. «Una bella notizia per l’Europa, e anche per l’Italia – commenta la ministra azzurra Mariastella Gelmini -. Ora Ue determinata nel cercare una via d’uscita al conflitto in Ucraina, e nel costruire sempre più un’unità politica, economica e di difesa». Un risultato, quello dell’Eliseo, che «avrà un forte impatto anche in Italia» spiega l’altro ministro azzurro Renato Brunetta.

La sintesi degli effetti del voto francese è tutta nelle parole del premier Mario Draghi. «La vittoria da parte di Emmanuel Macron nelle elezioni presidenziali francesi è una splendida notizia per tutta l’Europa – commenta il nostro presidente del Consiglio -. Italia e Francia sono impegnate fianco a fianco, insieme a tutti gli altri partner, per la costruzione di un’Unione europea più forte, più coesa, più giusta, capace di essere protagonista nel superare le grandi sfide dei nostri tempi, a partire dalla guerra in Ucraina». Anche chi come Luigi Di Maio aveva in passato assunto posizioni dialettiche nei confronti del governo francese ora si ritrova convintamente tra coloro che esultano per la conferma dell’inquilino dell’Eliseo. «È solo con una forte spinta europeista che potremo continuare a portare avanti, tutti insieme, importanti battaglie a sostegno dei cittadini, anche in Europa», scrive su Twitter il ministro degli Esteri. E il leader grillino, Giuseppe Conte, che fino alla vigilia del voto aveva evitato di mostrare preferenze, ora esulta per la sconfitta della «destra di ispirazione xenofoba». Nei commenti alla vittoria di Macron si possono evidenziare altri temi. Come quello che riguarda la crisi tra Russia e Ucraina. Lo stesso segretario dem vede in Putin uno degli sconfitti delle presidenziali francesi, visto che il leader russo non ha nascosto simpatie per la Le Pen. E una lettura politica del voto la offre anche l’azzurro Antonio Tajani: «Il voto conferma che la destra sovranista non vince». «La rielezione di Macron – gli fa eco Licia Ronzulli – racconta una verità: la destra da sola non vince e non governa. È una lezione che vale anche per l’Italia». Tema, questo, ripreso anche da Carlo Calenda. «Un risultato decisivo per la Ue – dichiara il leader di Azione -, nel momento in cui abbiamo la guerra ai confini. Bravo Macron. Adesso occorre costruire anche in Italia un’alternativa a populisti e sovranisti».

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La “Z” oscena che offende il Parlamento

lunedì, Aprile 25th, 2022

Annalisa Cuzzocrea

C’è qualcosa di osceno, nel tweet che il presidente del Senato Vito Petrocelli ha scritto per festeggiare la liberazione italiana dal nazifascismo. Qualcosa che nessuno avrebbe mai pensato di leggere sulla pagina social di un rappresentante delle istituzioni. Non un semplice senatore, ma il presidente della commissione Esteri del Senato. E in quanto tale, garante di una serie di rapporti internazionali che passano non solo dal governo, ma dal Parlamento. L’esponente del Movimento 5 stelle, da sempre filorusso, vicino al Venezuela di Maduro e in generale a tutto quel che non è occidente democratico, ha scritto la Z di “festa della liberaZione” con la maiuscola, emulando il simbolo della sopraffazione russa in Ucraina. Questo va al di là di ogni confine politicamente accettabile. Al di là di quel “né né” che abbiamo visto fiorire fin dalle prime settimane della guerra: né con la Russia né con la Nato, accettando la narrazione – di Mosca – per cui le ragioni dell’aggressione dell’esercito di Putin in Ucraina sono da ricercarsi in quel che ha fatto Nato negli ultimi trent’anni.

Fin qui Petrocelli si era già spinto. Aveva già mostrato la sua comprensione delle ragioni russe ed è in fondo quel che fa da quando entrò in Parlamento, nove anni fa, allora allineato con i principali esponenti del Movimento, da Beppe Grillo ad Alessandro Di Battista. Il senatore è coerente: difendeva Putin quando faceva incarcerare gli oppositori politici. Lo difendeva quando invadeva la Crimea. Avvisava su quanto le sanzioni verso Mosca fossero ingiuste. Tra un viaggio in Venezuela e un ammiccamento alla Cina, le sue convinzioni sono rimaste incrollabili. Adesso, però, è diverso: Vito Petrocelli sta esaltando una guerra – che lui chiamerà operazione speciale – in cui sono morte migliaia di persone, tra cui centinaia di bambini. Un conflitto che ha prodotto migliaia di profughi e non ha fermato il suo portato di orrore e morte neanche durante la Pasqua ortodossa. Una guerra oscura, visibile e spietata come la Z che la rivendica.

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M5S, la Z negli auguri del senatore Petrocelli per il 25 aprile. Conte lo espelle

lunedì, Aprile 25th, 2022

“Buona festa della LiberaZione”. Così Vito Pretocelli, senatore del Movimento 5 Stelle, ha deciso di celebrare il 25 aprile: con la Z maiuscolo simbolo della guerra in Ucraina della Russia.

Una lettera verniciata sui carri armati e sui mezzi blindati che stanno occupando l’Ucraina. Petrocelli, presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, è noto da tempo per le sue posizioni apertamente filorusse. E anche per questo c’è chi al tweet del senatore non ha tardato a rispondere: “buona festa di Liberazione denazificata”, riportando quella “z” alla sua originaria versione minuscola. Altri, più sinteticamente gli hanno lo hanno definito “mercante di Z”.

Dopo l’invasione della Russia in Ucraina, due mesi fa, nel Movimento e nella maggioranza di governo sono esplose le polemiche sul parlamentare pentastellato amico del Cremlino: Petrocelli, infatti – in politica estera vicino alla Cina e con ottimi rapporti anche con Mosca – lo scorso 31 marzo ha votato no alla fiducia sul decreto Ucraina.

«Basta con queste continue provocazioni – afferma l’esponente del Pd e capogruppo dem in Commissione Alessandro Alfieri all’Agi -. Si è passati il segno. E’ ora che intervenga il presidente del Senato Casellati».

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25 Aprile Milano, il corteo della Liberazione: 50 mila in piazza e rischio contestazioni. «Appello all’unità»

lunedì, Aprile 25th, 2022

di Cesare Giuzzi e Fabrizio Guglielmini

Dalle 14.30 la sfilata da Porta Venezia a piazza Duomo: la sinistra spaccata sull’invio delle armi all’Ucraina. Dispositivo di sicurezza a protezione della Brigata ebraica, sotto osservazione centri sociali e aree antagoniste del comitato «Milano contro la guerra»

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Gli echi della guerra in Ucraina, le spaccature nelle varie anime della sinistra, il ricordo della Liberazione ma anche il ritorno del corteo in piazza senza le restrizioni di questi due anni di pandemia. Il 25 Aprile milanese non è mai una data qualsiasi, ma oggi lo sarà anche sul fronte dell’ordine pubblico. Non si temono incidenti, e sarebbe davvero paradossale in una data che simboleggia la fine del conflitto mondiale, ma la preoccupazione della questura è soprattutto per il rischio di contestazioni. Una, ormai purtroppo quasi scontata, è quella alla Brigata ebraica che si unirà al corteo poco prima di piazza San Babila. Con loro ci sarà la «scorta civica» dei City angels. Ma i timori più grandi sono per il riverbero delle polemiche sul conflitto ucraino, il ruolo degli invasori e degli aggrediti, l’opportunità o meno di invio da parte del governo italiano di armi e aiuti militari alle truppe di Zelensky.

Le presenze in piazza

In piazza ci sarà il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo che negli ultimi giorni ha cercato di spegnere le polemiche dopo le sue parole sul massacro di Bucha e contro l’invio di armi. Il primo a parlare dal palco del Duomo — alle ore 15.30 — sarà il sindaco Beppe Sala che aveva dissentito rispetto alle posizioni di Pagliaruolo: «Credo sia corretto fornire le armi per combattere all’Ucraina». Sul palco anche il presidente dell’Anpi milanese Roberto Cenati: «Facciamo un appello perché la manifestazione si svolga in tranquillità per la massima partecipazione popolare». Prenderanno la parola anche due cittadine ucraine Tetyana Bandelyuk (da tempo in Italia) e Iryna Yarmolenko, profuga e consigliera comunale di Bucha (qui l’intervista), cittadina dove ci sono state esecuzioni di massa e la cui presenza è stata annunciata ieri. «Abbiamo voluto dare un segnale di solidarietà contro la sanguinosa aggressione della Russia di Putin», ha aggiunto Cenati.

Gallery: Milano, da piazza Repubblica al quartiere Adriano: le cicatrici della guerra 80 anni dopo. Le foto

Aned, Cgil e Brigata ebraica

A seguire, gli interventi di Dario Venegoni, presidente nazionale Aned e di Maurizio Landini, segretario generale Cgil. Confermata sul palco anche la presenza del rieletto segretario di Articolo Uno Roberto Speranza, mentre Forza Italia ha annunciato «di sfilare a fianco della Brigata ebraica». In piazza anche il Pd — a rischio contestazioni per l’appoggio all’invio di armi — il M5S, i centri sociali e le realtà antagoniste riunite nel gruppo «Milano contro la guerra». Sui social è intervenuto Luca Bernardo, capogruppo Lista civica a Palazzo Marino: «Stop a polemiche fuori tempo massimo, il 25 Aprile è l’occasione per bandire ogni forma di violenza». Attesa infine un’importante partecipazione della comunità ucraina che in città conta 20mila persone.

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La Liberazione lasciò in eredità la Costituzione

lunedì, Aprile 25th, 2022

Vladimiro Zagrebelsky

La Festa della Liberazione è festa della conquistata libertà e di omaggio alla Resistenza, che fu rivolta in armi contro l’oppressore. Questo ha sottolineato il presidente Mattarella in questo 25 Aprile, nuovamente di aggressione e di guerra in Europa. La celebrazione non è solo doveroso e utile ricordo, che guarda ad un momento del passato. Perché, come giustamente si usa dire, dalla Resistenza è nata la Repubblica, con la sua Costituzione. La quale Costituzione -patto di garanzia della pacifica e rispettosa convivenza- è un formidabile progetto politico e sociale. Un progetto che ancora attende di essere compiutamente realizzato e che, nel dibattito politico, è a tratti smentito, dimenticato, come per lasciarlo cadere nell’oblio. Si fa intendere che contenga belle parole, forse un ideale, ma non – come invece è – un insieme di obblighi permanenti che riguardano tutti, le istituzioni come ciascun individuo. Legare la Liberazione alla Costituzione toglie al 25 Aprile il carattere di celebrazione rituale, che con il tempo perde vitalità o, se ne dimostra ancora, è per le divisioni e i contrasti che puntualmente vengono alimentati, fino a farne un evento divisivo. Anziché un momento unitario, attorno alla nostra Costituzione.

La lealtà verso la Costituzione non impedisce naturalmente la varietà di opinioni su questo o quell’aspetto, soprattutto per quanto riguarda la sua seconda parte, che contiene l’architettura delle istituzioni costituzionali. Esse infatti nel tempo sono già state oggetto di riforme. E ancor meno restringe il dibattito su come quelle istituzioni agiscono. Ma nella prima parte della Costituzione sono affermati principi fondamentali, che ne disegnano il carattere, come è stato inteso e concordemente accettato dalle diverse forze politiche e movimenti culturali che, dopo la Liberazione, si ritrovarono nella Assemblea costituente.

Fondamentale è il rifiuto del nazionalismo, fonte di discriminazione, settarismo ed origine di guerra. Ne è espressione l’apertura alla cooperazione internazionale e la partecipazione alle istituzioni dell’Unione europea (articoli 11, 117).

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La vittoria di Macron, la marcia scortato dai ragazzi: “Da oggi sarà un’era nuova”

lunedì, Aprile 25th, 2022

Francesca Schianchi

La Tour Eiffel brilla maestosa sullo sfondo, Emmanuel Macron arriva quando è ormai buio, una lunga passeggiata fino al palco. Una marcia trionfale, come cinque anni fa nel cortile del Louvre sulle note dell’Inno alla gioia di Beethoven, l’inno europeo: ma stavolta, sul Champ de Mars, tra bandiere che sventolano e cori dei fan, non è più solo. Mano nella mano con la moglie Brigitte, avanza circondato da un gruppo di bambini e ragazzi. Come a voler significare che inizia una fase nuova, il messaggio che cerca di lanciare anche nel breve discorso della vittoria: una decina di minuti appena, per ringraziare e rassicurare, «non sarà la continuazione dei cinque anni trascorsi ma un’invenzione collettiva», promette un «metodo rifondato» il vecchio-nuovo presidente.

E’ rieletto con il 58,60 per cento dei voti: «So che ci sono cittadini che mi hanno votato oggi non per le mie idee ma per sbarrare la strada all’estrema destra. Voglio dire loro che questo voto m’impegna per i prossimi anni», garantisce. Ma sa di dover pensare anche a chi si è astenuto, «al loro silenzio vanno date risposte», e lui, ora che è «non più il candidato di un campo, ma il presidente di tutte e tutti», sa di doversene fare carico. Poche parole, l’invito a non fischiare Marine Le Pen, l’impegno a cercare soluzioni a «rabbia e disaccordi che hanno spinto molti connazionali a votare estrema destra», un vago accenno al progetto «umanista, ecologico e fondato sul lavoro» che vuole portare avanti, e il breve incontro con la sua folla si chiude insieme alla moglie sul palco sulle note della Marsigliese cantata dalla mezzosoprano egiziana dell’Opéra di Parigi Farrah El Dibany.

Non è il 66 per cento del primo mandato, quando, outsider della politica semisconosciuto, gli vennero consegnate sulla fiducia le chiavi dell’Eliseo. Ma anche questa volta il margine è ampio, nonostante sia la terza volta in vent’anni che un Le Pen arriva al ballottaggio e il “Fronte repubblicano” per sbarrargli la strada venga vissuto ormai da molti come una sorta di ricatto. È ampio nonostante una parte degli elettori abbia dovuto scegliere un presidente che vive come elitario e distante. “Tous sauf Macron”, tutti tranne Macron, lo slogan che girava nelle settimane scorse da destra a sinistra, gli adesivi nelle metropolitane; «non vogliamo scegliere tra peste e colera» urlavano i ragazzi nelle università in lotta e dichiarava una parte di quei 7,7 milioni di elettori che al primo turno avevano scelto il leader della sinistra Jean-Luc Mélenchon. Molti di loro, alla fine, hanno invece scelto: ma Macron dovrà ricordarsi dell’astensione record, la più alta da 53 anni a questa parte, e dei tanti voti arrivati solo per fermare Le Pen. Se ne dovrà ricordare anche in futuro.

È stato quando, al primo turno di due settimane fa, i sondaggi hanno registrato una quasi parità possibile – 51 a 49 – che Macron, fin lì praticamente assente dalla campagna elettorale, è diventato davvero il candidato. In maniche di camicia su e giù per la Francia, nella banlieu che ha plebiscitato Mélenchon come nel cuore della Francia rurale, per il 44enne mai eletto a nulla prima di essere presidente, fondatore di un movimento che dal niente ha sbaragliato le famiglie politiche tradizionali (in cinque anni non sono riuscite a rialzarsi: al primo turno le due candidate dei gaullisti e dei socialisti hanno cumulato meno del 7 per cento in due), è stato tutto un incontro, un bagno di folla, persino ieri a Touquet, nel Nord-Pas-de-Calais dove all’ora di pranzo ha votato, baci e strette di mano come se il Covid non fosse mai esistito. A tentare di spogliarsi di quell’immagine algida di presidente lontano e arrogante che, in cinque anni, gli si è pietrificata addosso.

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Giannini: “Il voto francese salva l’Europa, ma con 13 milioni di astenuti la rabbia sociale cova, sovranismi e populismi restano in agguato”

lunedì, Aprile 25th, 2022

L’intervento del direttore de La StampaMassimo Giannini durante la puntata del 24 aprile 2022 di Che Tempo Che Fa su Rai3.

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In fiamme deposito di carburante in Russia Gli Usa: Kiev può vincere, con le armi giuste Mosca «nasconde il numero dei suoi morti»

lunedì, Aprile 25th, 2022

di Lorenzo Cremonesi, Giusi Fasano, Andrea Nicastro, Marta Serafini

Le notizie di lunedì 25 aprile sulla guerra in Ucraina, in diretta: il segretario di Stato e della Difesa statunitensi a Kiev hanno promesso altri 700 milioni di dollari in aiuti militari. Zelensky critica il segretario generale dell’Onu per la visita a Mosca

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• La guerra in Ucraina è arrivata al 61esimo giorno: siamo nel terzo mese di conflitto.
• Nella giornata di ieri, si è svolto il colloquio tra il segretario di Stato americano Antony Blinken, quello alla Difesa Usa Austin, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
• Kiev ha proposto a Mosca di tenere un colloquio nei pressi dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, città assediata da settimane e simbolo della resistenza ucraina.
• Secondo l’analisi pubblicata dal Financial Times, il presidente russo Vladimir Putin avrebbe «perso interesse» nei negoziati – giunti a un «vicolo cieco» – e ora punterebbe a conquistare più territorio ucraino possibile.
• L’Unhcr ha stimato che, dall’inizio della guerra, sono quasi 5,2 milioni i profughi ucraini fuggiti dal Paese. Gli sfollati interni sono invece 7,7 milioni.

Ore 08:33 – Gran Bretagna: scarsi progressi della Russia in Donbass

Secondo fonti della Gran Bretagna la Russia starebbe facendo scarsi progressi nell’avanzata in Donbass e non ci sarebbero svolte significative sul campo.

Ore 08:15 – Kiev «sta vincendo», e «un’Ucraina democratica vivrà più di Putin»

«La visita ci ha dato l’occasione per dimostrare direttamente il nostro supporto per il governo ucraino. Zelensky ha mostrato apprezzamento per la leadership di Biden, e per la generosità del supporto degli Stati Uniti al suo Paese. La Russia continua a brutalizzare parti dell’Ucraina: ma gli ucraini resistono, a Kiev i cittadini sono tornati sulle strade, la battaglia per la capitale è stata vinta. Mosca, insomma, sta fallendo i suoi obiettivi, in questa guerra. L’Ucraina sta vincendo».

A parlare — dopo essere tornato in Polonia, al termine della visita di ieri a Kiev — è il segretario di Stato americano, Antony Blinken.

E le sue sono parole rilevanti, anche perché tornano su un punto molto delicato — la durata del regime di Putin. Nessun ritorno sulle (discusse) parole di Biden – «Per l’amor di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere» — ma un confronto: «Un’Ucraina indipendente e sovrana vivrà ben più a lungo di quanto Putin rimarrà sulla scena».

«L’Ucraina», ha aggiunto il segretario alla Difesa, Austin, «può vincere la guerra, se ha le armi che le occorrono»: e Zelensky ha chiesto «artiglieria pesante, e anche carri armati».

Ore 08:05 – Le nuove armi in arrivo in Ucraina, e la fretta del Pentagono

«Il Pentagono ha appena diffuso una “nota” rivolta al mondo dell’industria, un invito attraverso i tradizionali canali di approvvigionamento per poter fornire» all’Ucraina «qualsiasi tipo di arma, comprese quelle ancora a livello di studio. Il meccanismo — illustrato da Military Times — rivela tutta l’urgenza da parte degli Stati Uniti nell’individuare ciò che serve a Kiev all’interno di una “finestra” estremamente ridotta. Possiamo dire che “non è per domani, ma per ieri”».

A scriverlo, nel loro imperdibile punto militare, sono Guido Olimpio e Andrea Marinelli. Che rivelano poi quali tipi di armamenti stiano giungendo in queste ore in Ucraina:

«Il Pentagono è alla ricerca di apparati anti-aerei, anti-tank, mine, per la difesa costiera o per neutralizzare l’artiglieria, equipaggiamenti radio. È lo stesso sentiero adottato per fornire i 120 droni-kamikaze Phoenix Ghost, sistema a livello di prototipo che è stato inviato sul campo di battaglia. Perfetto per piccoli team, richiede un training limitato, resta in volo per circa 6 ore, ha capacità di impiego «notturno» in virtù dei sensori all’infrarosso. Gli ucraini possono usarlo per centrare postazioni, cannoni (il nemico numero uno in questa fase), mezzi della logistica.

Molto attiva la Gran Bretagna. Indiscrezioni tornano su missili anti-nave che Londra intende dare (se non lo ha già fatto) all’Ucraina: è possibile che siano i Brimstone, che possono essere lanciati da aerei ma anche da terra. La Raf li ha impiegati anche nella campagna contro lo Stato Islamico per neutralizzare veicoli in movimento.

Sempre gli inglesi dovrebbero consegnare in questi giorni 20 cannoni semoventi AS90 insieme a 40 mila proiettili: prima tappa una base polacca dove saranno preparati gli equipaggi. Stesso percorso per mezzi donati da altri governi occidentali».

Il «punto» di Marinelli e Olimpio è qui.

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