Archive for Maggio, 2022

Ucraina Russia, news sulla guerra di oggi | Kiev, distrutto oltre il 30% dei carri armati russi. Mosca: «Non useremo le armi nucleari»

domenica, Maggio 29th, 2022

di Francesco Battistini, Andrea Marinelli, Guido Olimpio, Marta Serafini

Le notizie di domenica 29 maggio sulla guerra, in diretta. Attacco alla periferia della città nell’oblast di Dnipropetrovsk, sede di diverse industrie. Mosca: «A Kherson referendum solo dopo la fine combattimenti»

desc img
Un soldato ucraino cammina tra le macerie di Bachmut, Ucraina orientale (Ap)

• La guerra in Ucraina è arrivata al 95esimo giorno: la Russia continua la sua avanzata, lenta ma costante, nel Donbass.
• Mosca ha comunicato di aver conquistato la città di Lyman, di importanza strategica. Le truppe di Mosca sono entrate a Severodonetsk, dove gli ucraini potrebbero compiere una ritirata strategica.
• Nella giornata di sabato, i leader di Francia e Germania, Macron e Scholz, hanno chiamato Putin per 90 minuti: gli hanno chiesto di avviare negoziati «seri» con Zelensky, di cessare il fuoco e di permettere al grano ucraino di lasciare i porti. Putin ha risposto di essere pronto a sbloccare il grano per evitare una crisi umanitaria globale, ma a fronte della revoca delle sanzioni occidentali.
• Continua la bufera politica, in Italia, sull’ipotesi che il leader della Lega Matteo Salvini possa compiere una visita a Mosca. Tra le critiche c’è anche quella di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia: «Non bisogna rompere il fronte occidentale, sull’Ucraina non si può fare cassa elettorale».
• Il leader ceceno, Ramzan Kadyrov: «Severonetsk è in nostro completo controllo».

Ore 08:40 – 007 Gb, «Mosca chiede meno sanzioni perché pesano»

«Il tentativo della Russia di ottenere una riduzione della severità delle sanzioni internazionali evidenzia il peso imposte dalle sanzioni stesse sul regime»: è questa l’osservazione dell’intelligence militare britannica sulle ultime mosse di Mosca a livello diplomatico, ovvero la richiesta di un alleggerimento delle sanzioni in cambio di un corridoio umanitario attraverso il quale lasciar passare le navi cariche del grano ucraino. L’intelligence militare britannica ha pubblicato su Twitter il suo ultimo aggiornamento della situazione sul campo.

La Russia — si legge ancora nel report — è «pronta a sfruttare la sicurezza alimentare globale», ovvero il grano bloccato nei silos dei porti ucraini, «per i propri obiettivi politici» e «poi addossa all’Occidente qualsiasi fallimento». Non solo: la richiesta russa di sminare i porti ucraini punta a «creare narrazioni alternative per confondere la comprensione altrui».

Il viceministro degli esteri russo, Andrei Rudenko, ha dichiarato che la Russia «è pronta a fornire un corridoio umanitario per le navi che trasportano cibo attraverso il Mar Nero in cambio della revoca delle sanzioni. Il ministro ha anche chiesto all’Ucraina di sminare l’area intorno al porto di Odessa per consentire il passaggio delle navi». In questo caso – osserva ancora l’intelligence militare britannica – l’Ucraina ha dispiegato mine marittime solo a causa della continua e credibile minaccia di attacchi anfibi russi dal Mar Nero».

Ore 08:22 – Mosca premia soldati che hanno liberato Kransnyi Lyman

Il governo di Mosca ha premiato i soldati che si sono distinti nella liberazione della città di Kransnyi Lyman nella Repubblica Popolare di Donetsk, ora sotto il controllo delle Forze Armate russe. Lo riferiscono le agenzie russe. I militari, ha fatto sapere il ministero della Difesa russo, sono stati premiati per il coraggio e l’eroismo mostrati durante la battaglia. «Ho l’onore di glorificare voi migliori figli della Patria. L’intero popolo russo è orgoglioso di voi, sarete ispirazione per i più giovani. Il nemico sarà sconfitto, la vittoria sarà nostra», ha detto il comandante del distretto militare centrale, il colonnello generale Alexander Lapin.

Ore 08:07 – Kiev, distrutto oltre il 30% dei carri armati russi

Le forze ucraine hanno distrutto oltre il 30% dei moderni carri armati russi dall’inizio dell’invasione il 24 febbraio scorso: lo ha detto il consigliere del ministro dell’interno ucraino, Viktor Andrusiv, nel corso di un’intervista a Canale 24. «Prima della guerra contro l’Ucraina, la Russia aveva circa 3mila carri armati moderni e oltre il 30% di essi è stato distrutto dai nostri difensori in tre mesi di guerra. Tra sei mesi questa cifra potrà solo aumentare», ha detto Andrusiv confermando che Mosca è stata costretta a rimettere in servizio i vecchi carri armati di progettazione sovietica T-62, risalenti agli anni ‘70.

Ore 07:59 – La Russia, il test del missile ipersonico e l’arsenale (che non c’è)

(Fabrizio Dragosei) La Russia continua a mostrare i muscoli con lanci sperimentali di nuovi missili «prodigiosi» anche per rispondere all’annuncio che Washington fornirà agli ucraini razzi a media gittata. Ma non riesce a nascondere le sue difficoltà, compresa quella di reperire nuove reclute per sostituire gli effettivi persi nella guerra che non è guerra.

Nell’armata russa si potranno arruolare per la prima volta ora anche i cinquantenni: il numero dei caduti, dei «soldatini» che tornano a casa nelle bare di zinco cresce e la leva obbligatoria non è sufficiente. Servono più militari e c’è bisogno, se possibile, di uomini esperti.

La nuova arma segreta di Putin, testata varie volte dal 2020, è stata lanciata da una nave nel Mare di Barents. L’obiettivo dello «Zircon» era stato posizionato a mille chilometri di distanza e, probabilmente non a caso, nel Mar Bianco, lo specchio d’acqua che si trova di fronte alla costa russa che dista un centinaio di chilometri dalla Finlandia.

(L’articolo completo sul nuovo missile – e sulle difficoltà dell’esercito russo – è qui).

Ore 07:35 – In Italia il tesoro degli oligarchi

(Federico Fubini e Fiorenza Sarzanini) Parallela alla guerra combattuta in Ucraina, c’è una guerra economica fra Russia e Occidente che si sta rivelando ogni giorno più ambigua e asimmetrica.

Vladimir Putin e i Paesi europei non stanno lottando con le stesse armi. Mentre ogni mossa di Bruxelles contro aziende o personalità russe deve fondarsi su una base giuridica solida, il Cremlino non si preoccupa di mostrare neppure una parvenza di legalità.

Basta vedere quanto sta accadendo in questi giorni a largo di Mariupol: Metinvest, il gruppo ucraino degli impianti di Azovstal, denuncerà nelle prossime ore quello che definisce un atto di pirateria – l’«alto rischio» che sei mercantili ormeggiati nelle acque di Mariupol siano oggetto di un colossale furto di guerra da parte dell’esercito di Mosca. A bordo delle navi si trovano 28 mila tonnellate d’acciaio — per un valore di circa 20 milioni di dollari — che erano destinate all’export in Italia e altri cinque Paesi europei. Ora potrebbero essere contrabbandate verso i porti russi

È anche per indennizzare da questo tipo di danni all’Ucraina che la Commissione Ue propone ora di lavorare alla confisca dei beni sequestrati dall’inizio della guerra.

Rating 3.00 out of 5

Mosca vede la svolta: “Liberato il Donbass l’Ucraina crollerà”

sabato, Maggio 28th, 2022

dal nostro corrispondente Enrico Franceschini

LONDRA – “Tutti gli obiettivi saranno realizzati”, ha detto questa settimana Sergej Shoigu, ministro della Difesa russo. Ma quali siano questi obiettivi non è chiaro. Nella prima fase della guerra, Vladimir Putin aveva parlato di “demilitarizzare e denazificare l’Ucraina”: poiché in passato il capo del Cremlino ha affermato che “l’Ucraina non esiste, ha sempre fatto parte della Russia”, le sue parole sono state intese come l’intenzione di abbattere il governo del presidente Volodymyr Zelensky, conquistare l’intero Paese e annetterlo. Alle parole sono seguiti i fatti, perché l’invasione è cominciata il 24 febbraio con un massiccio attacco contro la capitale Kiev e svariati tentativi di assassinare il presidente ucraino. Dopo che l’attacco è stato respinto, tuttavia, a inizio aprile lo stato maggiore russo ha reso noto che il “vero obiettivo è liberare il Donbass”, la regione abitata in prevalenza da ucraini di lingua e origine russa già parzialmente occupata da forze fedeli a Mosca dal 2014. Ed è sul Donbass che infuria la grande offensiva ora in corso, con graduali progressi per Mosca dopo settimane di intensi bombardamenti. Il dubbio è cosa voglia davvero Putin e come la situazione sul terreno può condizionare lui e la sua cerchia ristretta. Pur essendo un’autocrazia, anche all’interno dello Stato russo esiste un dibattito tra “falchi” e “colombe”: del resto esisteva perfino tra i membri del Politbjuro sovietico, anche se Putin ha accentrato il potere nelle proprie mani perfino più di Breznev. Le indiscrezioni e gli analisti individuano due correnti di pensiero. I falchi sono tradizionalmente i militari: il ministro della Difesa Shoigu, il capo di stato maggiore Valerij Gerasimov, i loro generali. Le colombe sono il ministro degli Esteri Sergej Lavrov e i suoi collaboratori. L’intelligence, che stava nel mezzo, è stata screditata da Putin, che ha scaricato sullo spionaggio civile le sconfitte nella prima fase della guerra, tanto da affidare l’Ucraina al Gru, lo spionaggio militare. La corrente dei duri vorrebbe conquistare tutto il Donbass e poi riprendere l’offensiva nel resto dell’Ucraina: i missili di due giorni fa su Kharkiv, seconda maggiore città ucraina, da dove le truppe russe si erano ritirate, sono un segnale. “Siamo a una svolta”, afferma Voenny Osvedomitel, canale pro-Putin con mezzo milione di abbonati, “dopo avere perso il Donbass l’esercito ucraino crollerà”. Le colombe mirano a dichiarare vittoria dopo avere preso tutto o quasi tutto il Donbass, compreso il corridoio fino alla Crimea lungo il mare di Azov dove sorge la martoriata città portuale di Mariupol, e concludere così “l’operazione militare speciale”, come il Cremlino chiama la guerra. La cattura del Battaglione Azov, accusato da Mosca di essere un nido di neonazisti, può dare a Putin lo spunto per proclamare che l’Ucraina è stata “denazificata”. E c’è anche chi chiede di mettere fine alla guerra subito, come Leonid Vasyukevich, un deputato comunista della Siberia: “Dobbiamo fermare l’azione militare e ritirarci o subiremo perdite ancora peggiori”. Su questi differenti obiettivi influiscono tre fattori.

Rating 3.00 out of 5

La strage dei migranti e la guerra in Ucraina: quei due nemici dei nostri valori

sabato, Maggio 28th, 2022

di Furio Colombo

È stato papa Bergoglio a definire il Mediterraneo come un cimitero, dopo il doppio naufragio di due barconi stracarichi travolti dal mare grosso, a una decina di miglia da coste e da porti sicuri, da cui nessuno ha risposto alle richieste di salvataggio. Solo una Ong, le navi pirata che salvano i naufraghi (ma quando è possibile vengono subito incriminate), ha fatto rotta, ma invano. Le due barche in pericolo erano troppo lontane e centinaia sono affogati. Ecco le due guerre, non lontane e molto simili, che si scatenano quando credevamo di avere raggiunto un punto alto, esemplare, della civiltà nella nostra parte di mondo. Chi non sa nuotare o non ha la barca adatta affoghi (del resto troverebbe muri e fili spinati quasi dovunque nel mondo civile). E chi non è in grado di fermare una invasione dello strapotente Stato vicino la smetta di lagnarsi e accetti le inevitabili condizioni dell’invasore.

Può interessare il fatto che chi si oppone all’arrivo di persone disperate da altre parti del mondo (di solito in fuga da guerre come l’invasione subita da Kiev) sia dello stesso tipo politico e umano di chi prepara e realizza (non importa quanti morti costa) l’invasione di un Paese libero e indipendente per ragioni che non starà a discutere al momento di abbattere la frontiera.

Forse il personaggio di riferimento più utile per vedere con chiarezza il legame tra due stragi che avvengono contemporaneamente in luoghi diversi, con ragioni che sembrano diverse, è il primo ministro ungherese Orbán.
Non ha ipocrisie, Orbán. Gli interessano le ragioni di Putin e non fa finta di non condividerle. Gli sembra ragionevole l’invasione dell’Ucraina, perché vede l’interesse della Russia, e non fa finta di girare intorno alla questione per dire che la Russia sta facendo la cosa giusta. Il suo rapporto di fedeltà con Mosca è chiaro e non ha bisogno di montare la storia che “l’America fa molto peggio” e di citare come tutti il bombardamento della torre tv di Belgrado (mai la strage di Srebrenica).

Orbán ci serve perché è tra coloro che hanno creato l’esistenza di un intrico di affari, coordinato dal suo arcinemico George Soros (ebreo come Zelensky, naturalmente) che ha in corso un’operazione di sostituzione delle popolazioni (i neri al posto dei bianchi) realizzata con i barconi e i “mercanti di uomini” da un lato e dalle barche di salvataggio dei naufraghi come Medici senza Frontiere e Sea Watch dall’altro, in modo da aggirare confini e marine militari.

Si assomigliano come due gocce d’acqua i guerrieri del mare e dell’affogamento, visto come modo di tenere in ordine il mondo, e coloro che si impegnano a distruggere metro per metro l’Ucraina. Non sarebbe sbagliato dire che mentre Putin sta denazificando l’immensa pianura ucraina affinché non produca più niente e non esporti più niente e non ci sia più pane per l’Africa, i battitori dei mari, dopo avere arrestato la comandante Rackete per aver portato in salvo i suoi scampati al mare dopo due settimane di abbandono, dopo avere condannato a 13 anni di reclusione il sindaco di Riace, colpevole di accoglienza dei profughi, dopo avere sequestrato Medici senza Frontiere per l’ostinazione a restare in mare, quei battitori liberi, autori, come i russi invasori, di storie radicalmente false, stanno denazificando il Mediterraneo.

Rating 3.00 out of 5

Grano, Draghi sente Zelensky: “Sblocchiamo insieme i porti dell’Ucraina”

sabato, Maggio 28th, 2022

di Giovanna Vitale

ROMA – Passo dopo passo, telefonata dopo telefonata, “il tentativo che potrebbe finire nel nulla, ma che mi sento di fare” perché “la gravità della situazione ci impone di rischiare e provare cose che possono anche non riuscire”, procede secondo la road map tracciata da Mario Draghi per liberare le enormi quantità di cereali bloccate a bordo dei cargo in Ucraina ed evitare una crisi alimentare globale. “Un progetto umanitario” mirato a scongiurare che l’Africa soprattutto resti senza cibo. Con tutti i pericoli che ne deriverebbero.


È una mediazione al limite del possibile quella tra Kiev e Mosca promossa da Roma con l’obiettivo di organizzare lo sminamento dei porti fortificati dagli ucraini senza che questo comporti l’apertura di un’autostrada marittima alla controffensiva russa su Odessa. A meno di 24 ore dal colloquio con Vladimir Putin, concluso con un via libera di massima, il presidente del Consiglio ha di nuovo sentito Volodimyr Zelensky per informarlo sui termini del dialogo avviato con il presidente russo e cominciare a ragionare sui dettagli pratici di un’eventuale bonifica che consentirebbe ai bastimenti carichi di grano di prendere finalmente il largo.

Un segnale indubbiamente positivo, anche se è ancora troppo presto per cantare vittoria: il fatto che non ci siano state chiusure pregiudiziali e, anzi, entrambi i contendenti abbiano manifestato — pur con tutte le cautele e le insidie del caso — la disponibilità ad andare avanti, è stato interpretato dal premier come uno spiraglio sul quale continuare a lavorare. Tanto più importante perché, dopo il sostanziale fallimento dei negoziati intrapresi dalla Turchia, si tratta della prima vera triangolazione fra i due Paesi in guerra, innescata stavolta dall’Italia.


A certificarlo, la nota con cui Palazzo Chigi riferisce i contenuti della telefonata, incentrata in particolare sulle “prospettive di sblocco delle esportazioni di grano dall’Ucraina per far fronte alla crisi alimentare che minaccia i Paesi più poveri del mondo”. Zelensky “ha espresso apprezzamento per l’impegno da parte del governo italiano e ha concordato con il presidente Draghi di continuare a confrontarsi sulle possibili soluzioni”. Linea che il primo ministro ucraino ha poi condiviso su Twitter: “Dobbiamo sbloccare i porti insieme», ha esortato. Ricordando di aver informato l’interlocutore anche “della situazione sulla linea del fronte» e di avergli ribadito che “ci aspettiamo ulteriori aiuti militari dai nostri partner”. Pressioni alle quali l’ex capo della Bce ha risposto assicurando “il sostegno del governo italiano in coordinamento con il resto della Ue”.

Una questione, la crisi alimentare, al centro del Consiglio europeo in programma dopodomani. Dove Zelensky tornerà a lanciare l’allarme sulle “22 milioni tonnellate di grano custodite nei silos e bloccate dalla Russia”, invitando l’Europa a darsi da fare per convincere Putin a liberare le rotte attraverso il Mar Nero e il Mar d’Azov perché “la carestia non viene da sol” ha avvertito ieri il premier ucraino, “è sempre accompagnata dal caos politico che rovina la vita delle persone e crea insicurezza. A luglio, quando molti Paesi esauriranno le scorte del raccolto dell’anno scorso, diventerà evidente che la catastrofe sta davvero arrivando”. Aggravando il rischio di un’ondata migratoria senza precedenti, che avrà l’Italia come primo approdo.


Esattamente lo scenario che Draghi intende scongiurare. D’accordo con Biden, pure lui preoccupatissimo per le conseguenze di una crisi devastante per il mondo, Occidente compreso. Lo ha detto chiaro al Washington Post il generale Christopher Cavoli, comandante delle forze Usa in Europa e Africa e prossimo comandante della Nato in Europa: il blocco del grano potrebbe favorire i gruppi terroristici come l’Is e Boko Haram che sfruttano “governance deboli e insicurezza alimentare, corruzione e povertà”. Perciò bisogna muoversi, e in fretta. Proprio quel che dirà Draghi lunedì a Bruxelles.

REP.IT

Rating 3.00 out of 5

Strappo del Leone rischi per il Paese

sabato, Maggio 28th, 2022

Giuseppe Bottero

Il termometro è la Borsa. E Piazza Affari ha accolto male l’annuncio di Francesco Gaetano Caltagirone: il primo socio privato, l’imprenditore che ha sfidato Mediobanca e il board uscente nella più importante battaglia finanziaria degli ultimi anni, lascia il consiglio di amministrazione delle Generali. Non è un disimpegno da Trieste, assicura chi gli sta vicino, e nemmeno una mossa che sposta l’obiettivo verso una avventurosa scalata a Piazzetta Cuccia assieme a Leonardo Del Vecchio, il fondatore di Luxottica con cui ha marciato nella durissima contesa sul Leone a colpi di acquisti di azioni ed esposti legali. Anzi, c’è chi lo legge come un segnale per trattare la pace. Eppure il titolo del gruppo delle assicurazioni va giù, perde quasi il 2 per cento e non è un buon segno. Perché il mercato è convinto: all’interno del colosso delle polizze, che ha un attivo patrimoniale pari a un terzo del Prodotto interno lordo italiano, continueranno le fibrillazioni. Mesi fa il Financial Times aveva definito la campagna di Trieste «un test per il capitalismo italiano». E l’esito dell’assise sembrava aver chiarito la traiettoria. I grandi fondi internazionali con il consiglio e Piazzetta Cuccia, i soci industriali – a partire dalla famiglia Benetton – con Caltagirone e Del Vecchio, “self made man” e alfieri di una certa visione del Paese, che tra Trieste e Milano hanno investito 10 miliardi: chi pesa di più comanda e ha tutto il diritto di decidere le mosse dell’azienda. Ha vinto il mercato, con la conferma dell’amministratore delegato Philippe Donnet ma la calma è durata un attimo. E la «maturità del capitalismo» è tornata a essere un tema chiave.

Le Generali di oggi sono spaccate, quasi a metà: rispetto all’assemblea, il primo azionista Mediobanca ha restituito il 4 per cento dei titoli presi in prestito e De Agostini, che l’ha sostenuta, ha praticamente azzerato la sua quota. Dai primi fuochi dello scorso anno, quando Caltagirone ha sfidato Alberto Nagel non presentando le azioni in assemblea, sembra passata un’era geologica: non c’era la guerra, e i prezzi parevano sotto controllo. Adesso la situazione macro-economica è delicatissima, l’inflazione vola oltre il 6% e con lo spread che avanza e i tassi destinati a salire i 70 miliardi di titoli di Stato detenuti da Trieste scottano un po’ di più. Chi invocava una tregua per ora è rimasto deluso, chi sperava che le tensioni non frenassero un cambio di passo, anche. La partita dei comitati endoconsiliari, quasi un dettaglio a livello di governance, non è ancora stata chiusa e dopo tre riunioni del cda è riesploso uno scontro deflagrato ieri.

Rating 3.00 out of 5

Il Cremlino e la strategia del macigno così l’armata russa stritola gli ucraini

sabato, Maggio 28th, 2022

Domenico Quirico

È la guerra, quella primitiva, lineare, elementare, annientatrice, polverizzatrice, che paralizza il cervello, istupidisce, spezza la certezza fisica del penso e quindi sono. Invece non sei più, muori prima di morire. La novecentesca tempesta di acciaio, distruzione e morte allo stato puro. Non la guerra elegante, ingegnosa, high tech, fantasiosa, eroica, creativa, futurista con cui gli ucraini ci hanno illuso per novanta giorni. Questa è la guerra dei russi, non la guerra putiniana: dei russi, la loro guerra da sempre. E infatti la stanno vincendo.

È la guerra fatta con «il Garofano», «l’Acacia», «il Giacinto». Purtroppo non sono fiori o alberi ma il beffardo soprannome che i russi hanno dato ai loro cannoni semoventi, il loro dio della guerra: il Gvozdika da 122 millimetri di calibro, gli Akatsiya, i Giatsint-S da 152 millimetri. E poi i lanciarazzi multipli, i vecchi Grad degli Anni Sessanta da 122 millimetri, anticaglie per i buongustai della guerra alla moda, ma che uccidono, oh! come uccidono. Con a fianco quelli nuovi, gli Uragan da 220 millimetri e i mostruosi Smerch, turbine, da 300.

L’arte di vincere, da sempre, consiste nel trascinare con l’astuzia o con la forza l’avversario a combattere la tua guerra, quella per cui hai talento, sei più preparato nei mezzi e nelle tattiche o quella che si adatta al terreno che hai scelto. Settimana dopo settimana i russi, nel Donbass, hanno attirato gli ucraini nella loro guerra, quella in cui sono maestri, la guerra-macina. Bisogna immaginare quelle antiche, gigantesche macine di pietra che si vedono ancora nei vecchi mulini dell’Ottocento. Un enorme macigno ruota su un’altra lastra di ardesia e a poco a poco, chicco dopo chicco, il grano, l’avena, tutto viene ridotto in polvere.

Ecco: questa è la guerra russa che purtroppo sta polverizzando il Donbass. Il tambureggiare dell’artiglieria russa cresce come se in alto fluttuasse una tempesta che ammassa gigantesche onde sonore mandandole a infrangersi contro le cittadine, i villaggi, le linee ucraine. Quando non c’è vento l’aria immobile rende quella musica infernale ancora più spaventosa. Davanti agli uomini rannicchiati nelle cantine o curvi nelle trincee, che tremano e bestemmiano, le esplosioni lanciano in ogni direzione frammenti metallici, gli uomini e le cose, i muri, le strade, i pali della luce, i ponti, volano in aria, si disintegrano. I proiettili via via che il tiro si allunga volano gemendo e sibilando, assetati di sangue. L’uragano dei colpi aumenta, sembra che il nemico disponga di proiettili infiniti e poi il fragore dei lanciarazzi che varia di tanto in tanto soltanto perché sembra arrivare da direzioni opposte, sommerge ogni altro rumore.

Come la macina l’artiglieria tritura uomini, case, strade, campi, vite, sogni, speranze, illusioni, paure e viltà, lascia solo briciole, farina di vite e luoghi. La fanteria allora avanza guardinga, lei stessa resa incerta dalla totalità minuziosa di quella distruzione, calpesta ciò che era e non sarà più.

Rating 3.00 out of 5

Il rublo forte è una trappola. Guerra più cara per Putin

sabato, Maggio 28th, 2022

Giorgio Arfaras

Giudicare l’economia russa è già difficile in tempi normali, figurarsi con la crisi in corso. Il Pil russo non è diverso da quello italiano, pur avendo la Russia una popolazione oltre due volte maggiore. Si può correggere il Pil russo per tener conto della volatilità dei cambi – si ha un Pil basso con il rublo debole e un Pil alto con il rublo forte – e del livello inferiore dei prezzi del suo settore dei servizi. Anche facendo così, l’economia russa, soprattutto se misurata pro capite, resta modesta.

Come si è visto in seguito all’invasione dell’Ucraina, la Russia, a fronte di un’economia, come misurata dal Pil, modesta, ha un gran punto di forza e uno di debolezza. Punti che ne alterano il peso nell’arena mondiale. Quello di forza è il gran peso delle esportazioni russe di energie non rinnovabili verso l’Europa. Il punto di debolezza è la ricchezza che i russi hanno depositato nei paesi occidentali. Nel primo caso si vede come sia difficile per l’Europa emanciparsi dall’energia russa. Nel secondo si vede quanto sia vulnerabile, perché congelabile, la ricchezza dei russi stipata all’estero.

La conoscenza di quel che succede all’economia russa si articola su tre livelli. Quello delle dichiarazioni degli esponenti del Cremlino, che non possono che asserire che nulla di drammatico è accaduto. Quello delle dichiarazioni degli organismi tecnici russi, come la Banca Centrale e dei vari ministeri, che asseriscono il contrario, che il paese è messo molto male, soprattutto in prospettiva. Quello degli organismi internazionali, come il Fondo Monetario, che asseriscono le stesse cose degli organismi tecnici russi.

Abbiamo però un quarto livello, non meno importante. Il sistema mediatico italiano: i programmi televisivi di dibattito fra personaggi ad alto impatto e gli scambi di opinioni privati in rete. Dove si racconta la Russia denunciando la faziosità del punto di vista maggioritario, quello che difende, senza se e senza ma, l’Ucraina e le sanzioni, non appena qualcosa va nella direzione di una Russia “resiliente”.

Il cambio del rublo è fra i maggiori protagonisti dei giudizi economici di chi è scettico sulle ragioni dell’Occidente. Il rublo dopo essere caduto – da 80 a 150 rubli per dollaro – nei giorni successivi all’invasione dell’Ucraina si è ripreso – fino a 60 rubli per dollaro, quindi oltre il livello precedente l’invasione. Molti hanno visto in questo ritorno un punto di forza russo e di debolezza delle sanzioni.

Invece, sono successe due cose. La Russia ha esportato di più – come valore, perché i prezzi delle materie prime sono saliti, mentre le quantità vendute non sono variate – e quindi la sua bilancia commerciale è decisamente migliorata. La Russia ha incassato così più valuta pregiata, che è stata cambiata d’autorità quasi tutta in rubli. Ossia, i russi non possono detenere tutta la valuta che hanno incassato dall’estero. Inoltre, i russi, quelli che non incassano valuta dalle esportazioni, non hanno potuto vendere i loro rubli per comprare dollari e euro. Dunque il rublo è salito perché il mercato dei cambi è diventato unidirezionale a favore del rublo. In breve, la forza del rublo è fittizia.

Rating 3.00 out of 5

Guerra Russia-Ucraina, telefonata Zelensky-Draghi sulla crisi alimentare: “Riaprire i porti insieme”. Stop degli ortodossi ucraini al patriarcato di Mosca. S&P taglia rating di Kiev

sabato, Maggio 28th, 2022

AGGIORNAMENTI DALL’UCRAINA DI FRANCESCA MANNOCCHI, MONICA PEROSINO, NICCOLÒ ZANCAN. DIRETTA A CURA DI MARCO ACCOSSATO, GIACOMO GALEAZZI, PASQUALE QUARANTA

È il 94° giorno di guerra. Le forze russe avanzano nel Donbass, sul fronte Est dell’Ucraina: Severodonetsk e Lyschansk sono accerchiate. Zelensky denuncia: «Vogliono ridurlo in cenere» e accusa Mosca di genocidio. Un rapporto di 30 esperti internazionali di diritto documenta «uccisioni di massa di civili, deportazioni forzate e retorica disumanizzante». Biden si prepara ad inviare a Kiev armi pesanti, in particolare di sistemi di missili a lungo raggio. L’ex presidente Usa Trump lo attacca alla convention della lobby delle armi a Houston: «Inviamo miliardi in Ucraina e non mettiamo in sicurezza le nostre scuole».
Il presidente ucraino parla al telefono con Draghi, con il quale discute dei «modi per prevenire la crisi alimentare che minaccia i Paesi più poveri del mondo». «Dobbiamo sbloccare i porti insieme», ha scritto su Twitter Zelensky.  
Putin invita gli ucraini a sminare i loro porti. Il Cremlino accusa Kiev di aver sospeso i negoziati di pace, ma il presidente ucraino rispedisce l’accusa al mittente e insiste su un incontro con l’omologo russo.
La Banca Centrale di Mosca limita l’operatività dei conti dei clienti italiani di Intesa e Unicredit. I dati Istat sul commercio extra Ue dell’Italia ad aprile mostrano un’esplosione delle importazioni di prodotti energetici cioè il 193,8% su base annua: cresce la Russia, che raddoppia le sue vendite in Italia (+118,8%) mentre l’export italiano verso Mosca cala invece del 48,4%.
Il leader della Lega Matteo Salvini potrebbe recarsi a Mosca nei prossimi giorni. Un’iniziativa che, malgrado non sia stata ancora formalizzata, sarebbe stata accolta con una certa freddezza in ambienti di governo. Non a caso fonti della Lega hanno fatto sapere che «qualora l’eventualità diventasse più concreta, Salvini informerà il presidente Draghi».

L’analisi / 1 – Il Cremlino e la strategia del macigno: così l’armata russa stritola gli ucraini
L’analisi / 2 – Il rublo forte è una trappola. Guerra più cara per Putin
L’intervista – Salvini: «Io a Mosca? Andrei anche a Kiev»
Il commento –  Affamati da finanza e bombe torniamo a occuparci di cibo
Il caso – Scuole e tivù modello Urss, Mosca si isola dall’Occidente
Come donareFondazione Specchio dei Tempi

Segui gli aggiornamenti ora per ora

9,07 – Salvini: “2 giugno data per Mosca? Non dipende da me”
«Potrei più comodamente come altri miei colleghi parlamentari o altri parlamentari passarmi il ponte del 2 giugno con i figli. Magari sarà così». Così il leader della Lega, Matteo Salvini, a Rai Radio 1, e alla domanda se il 2 giugno possa essere una data risponde aggiunge: «Non dipende da me. Ognuno deve mettere il suo mattoncino, non ho certezze che andrò. Ci è stato prospettato, ci stiamo lavorando, non è un weekend a Forte dei Marmi, è qualcosa di più complicato da tutti i punti di vista e soprattutto si fa se serve. Certezze non ce ne sono. Ci sono buone relazioni. Le richieste che andiamo a fare le andiamo a fare a tutti, rappresentiamo milioni di italiani, rappresentiamo la voglia di pace, abbiamo votato come Lega l’invio di tutti gli aiuti possibili e immaginabili all’Ucraina, economici, umanitari, l’Italia sta accogliendo, sta abbracciando, sono terrorizzato dall’idea di un espandersi del conflitto».

8.41– Mosca chiude confini di Kherson con aree di Kiev
La Russia ha chiuso i confini della regione di Kherson con le aree dell’Ucraina controllate dal regime di Kiev «per motivi di sicurezza». Lo riferisce Kirill Stremousov, vice capo dell’amministrazione militare-civile della regione. «Attraversare il confine dalle regioni di Mykolaiv e Dnipropetrovsk è molto pericoloso, visti i bombardamenti sistematici dei militanti ucraini. Dopo l’ultimo bombardamento, i civili finiti nella zona cuscinetto sono morti. Pertanto, non consigliamo di recarsi in Ucraina, ci sono molte testimonianze secondo cui uomini scompaiono e vengono immediatamente portati nell’esercito li’ come carne da cannone», afferma. Durante l’operazione speciale, l’esercito russo ha preso il controllo delle regioni di Kherson Oblast e la parte di Azov della regione di di Zaporozhye.

8.25 –  Kiev: “242 bambini uccisi e 440 feriti dall’ inizio della guerra”
Sono 242 i bambini uccisi in Ucraina dal giorno dell’invasione russa del Paese. 440 i feriti. Lo rende noto l’ufficio del Procuratore generale ucraino, precisando che il maggior numero delle vittime si registra nelle regioni di Donetsk, Kiev, Kharkiv e Chernihiv. I bombardamenti di città e villaggi ucraini da parte delle forze armate russe  hanno danneggiato 1.888 istituzioni educative, 180 delle quali sono andate completamente distrutte.

8.16 – Governatore Luhansk: “10 mila truppe russe nella regione” 
«Diecimila truppe russe»  sono presenti nella regione di Luhansk, nell’Ucraina orientale. Lo ha detto il governatore di Luhansk Serhiy Haidai alla televisione ucraina. «Ci sono unità stanziate permanentemente nella regione di Luhansk, stanno cercando di assaltare e stanno cercando di conquistare terreno in qualsiasi direzione», ha aggiunto.

8.03 – Lukashenko: “Ai confini situazione non facile, ma la Bielorussia si difenderà” 
La situazione politico-militare ai confini della Bielorussia non è facile, ma i bielorussi sono in grado di proteggere la loro indipendenza e integrità territoriale. Lo ha affermato il presidente bielorusso Alexander Lukashenko in occasione della Giornata della guardia di frontiera. «Stiamo vivendo un momento difficile, proprio come ottanta anni fa, si sta sviluppando una situazione politico-militare tesa vicino ai confini della Patria. Senza dubbio, ognuno di voi è ben consapevole delle sfide e delle minacce che dobbiamo affrontare oggi e che tipo di confronto si sta verificando nel nostro stato. In prima linea voi siete la linea di difesa», ha detto Lukashenko rivolgendosi alle guardie «con i berretti verdi». Il presidente bielorusso ha sottolineato che «le guardie di frontiera faranno tutto il possibile per mantenere intatti i sacri confini della Patria». E si è detto «convinto che difenderemo la nostra indipendenza e integrità territoriale».

7.49 – S&P taglia rating Ucraina, con guerra outlook negativo
L’agenzia S&P taglia il rating del debito di lungo termine in valuta estera dell’Ucraina a CCC+. L’outlook è negativo. «Il rating riflette la nostra attesa di un periodo prolungato di instabilità macroeconomica nel paese a causa dell’intervento militare russo», spiega S&P.

07.00 – Addestramenti riservisti russi a Voronezh
Continua, secondo lo stato maggiore dell’esercito ucraino, la mobilitazione dei riservisti russi. Secondo quanto riferiscono le forze armate di Kiev nell’ultimo aggiornamento sulla situazione 3 mesi e 4 giorni dopo l’inizio della guerra, «i riservisti vengono addestrati nella regione di Voronezh», che si trova a 300 km dal confine orientale dell’Ucraina. Inoltre, i russi stanno portando via dai «centri di mobilitazione» le armi e le altre attrezzature militari «obsolete».

06.45 – Zelensky: “La Russia sta aggirando la maggior parte delle sanzioni”
La Russia sta aggirando la maggior parte delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale in seguito all’invasione dell’Ucraina in quando manca una posizione globale condivisa. Lo ha detto in un discorso video il presidente ucraino Volodymyr Zelensky affermando che «sfortunatamente non stiamo vedendo che le sanzioni hanno esercitato molta pressione sulla Russia». In un videomessaggio rivolto studenti della Stanford University in California, il presidente ucraino ha esortato i leader mondiali a imporre sanzioni a Mosca dicendo che è «l’arma giusta contro la Russia».

Rating 3.00 out of 5

Ucraina, dagli Usa lanciarazzi a lungo raggio: un aiuto militare, ma anche un messaggio politico

sabato, Maggio 28th, 2022

di Andrea Marinelli e Guido Olimpio

La prossima settimana Washington dovrebbe approvare un nuovo pacchetto di aiuti che comprende anche i sistemi lanciarazzi multipli Mlrs, che permetterebbero di colpire obiettivi da lunga distanza e con precisione

desc img
Un Mlrs dell’esercito americano

Gli alleati occidentali allungano il braccio militare di Zelensky e, al tempo stesso, mandano un messaggio politico a Putin. L’amministrazione Biden si prepara a inviare all’Ucraina sistemi lanciarazzi a lungo raggio, gli Mlrs (Multiple Launch Rocket System) che il leader di Kiev chiedeva da tempo e con insistenza, ma che Washington aveva resistito a fornire per paura di irritare il Cremlino: il Consiglio per la sicurezza nazionale temeva che potessero essere usati per colpire obiettivi in Russia, come successo in particolare nella regione di Belgorod. La Casa Bianca aveva fatto la stessa valutazione sui caccia, i Mig-29 di progettazione sovietica che dovevano essere forniti dalla Polonia in cambio di nuovi jet americani, un giro che alla fine è saltato proprio per evitare che gli ucraini potessero portare la guerra in Russia.

Secondo le indiscrezioni pubblicate da Cnn, invece, la prossima settimana gli Stati Uniti dovrebbero approvare un nuovo pacchetto di aiuti che comprenderebbe anche gli Mlrs, con i quali la resistenza può ingaggiare obiettivi da lunga distanza e con precisione. Sono sistemi composti da 12 tubi che sparano razzi da 300 chilogrammi. La gittata massima — dipende dalle munizioni — può arrivare a 300 chilometri, ben più ampia di qualunque mezzo attualmente in dotazione agli ucraini. Il governo di Kiev chiede però anche i sistemi Himars (High Mobility Artillery Rocket System), che sparano razzi simili ma sono più leggeri e manovrabili. È un’arma devastante contro concentrazioni di truppe e mezzi: essendo mobile, spara e si sposta rapidamente sottraendosi al fuoco nemico.

Le ultime notizie sulla guerra

«L’Mlrs permetterebbe agli ucraini di difendersi contro la brutale artiglieria russa, ed è dove il mondo deve andare», ha affermato il premier britannico Boris Johnson in un’intervista a Bloomberg, paragonando Putin a un «coccodrillo che sta mangiando la gamba sinistra dell’Ucraina» e di cui non si può fidare. Dopo tre mesi di combattimenti intensi, la resistenza è in grande difficoltà nell’est del Paese, dove i russi — aggiustate tattiche e obiettivi — stanno avendo la meglio: procedono in modo lento ma costante, e martellano da lontano con l’artiglieria. Così hanno preso Lyman e circondato Severodonetsk. Proprio questi rovesci hanno convinto gli Stati Uniti a compiere un nuovo passo in avanti nell’invio di armi.

In sostanza si è ripetuto uno schema, con gli Usa che reagiscono in base alla realtà incombente. All’inizio dell’invasione la Casa Bianca pensava che Kiev sarebbe caduta in pochi giorni ed aveva persino offerto a Zelensky una fuga all’estero. Quando la resistenza ha tenuto testa al nemico sono passati al gradino superiore di assistenza: ecco le spedizioni di missili anti-carro e anti-aereo portatili, come i 5.500 Javelin e i 1.400 Stinger che si sparano da spalla e hanno bisogno di un addestramento breve. Numeri ai quali si aggiungono i pezzi garantiti dalla Nato.

Rating 3.00 out of 5

L’India aggira le sanzioni occidentali: il «doppio gioco» di Modi

sabato, Maggio 28th, 2022

di Federico Rampini

Delhi e Mosca stanno mettendo a punto un meccanismo finanziario per facilitare i pagamenti e gli scambi fra rublo e rupia: più acquisti di energia dalla Russia, a prezzi scontati.

desc img

I motori dell’Air Force One erano ancora caldi per la lunga trasferta di Joe Biden in Asia, dove il presidente americano aveva partecipato anche a un vertice del Quad, il quadrilatero strategico in funzione anti-Cina che include India, Giappone, Australia. Ed ecco che da Delhi è arrivato l’ennesimo tradimento. Altro che allinearsi con l’America sulla guerra in Ucraina. Il governo di Narendra Modi ha annunciato che l’India continuerà a comprare petrolio dalla Russia. Più di prima.

Delhi aggira le nostre sanzioni

Delhi e Mosca stanno mettendo a punto un meccanismo finanziario per facilitare i pagamenti e gli scambi fra rublo e rupia aggirando le sanzioni occidentali contro Vladimir Putin. L’India si sta comportando in modo perfino più «sfacciato» della Cina. Le aziende di Stato cinesi sono più circospette nelle loro transazioni con la Russia perché non vogliono finire a loro volta sulla lista nera delle sanzioni. Il governo Modi invece procede alla luce del sole, incrementa i propri acquisti di energia dalla Russia, e lo fa con grande abilità negoziale: ottiene sconti molto sostanziali rispetto ai prezzi di mercato. L’India compete con la Cina per diventare il più grosso sbocco per l’energia fossile russa.

Narendra Modi sfrutta la rendita strategica

Il fatto di essere parte del «club delle democrazie», corteggiatissimo da Washington, non impedisce che sulla Russia il governo Modi continui a dissociarsi dall’Occidente. Anzi, proprio perché l’America non può fare a meno dell’India nelle sue strategie di contenimento della Cina, Delhi ne approfitta per esercitare la massima libertà e autonomia in altri campi.
Il doppio gioco non sfugge agli americani, anzi li allarma. Tant’è che Biden ha spedito in missione speciale un viceministro, responsabile per la repressione dei finanziamenti al terrorismo, che conduce colloqui con gli omologhi indiani. Per adesso senza alcun frutto: un consorzio di aziende indiane si sta facendo avanti addirittura per rilevare gli interessi della Shell nel progetto energetico russo Sakhalin-2.

Le radici antiche dell’autonomia indiana

Come si spiega il «disallineamento» strategico dell’India dall’Occidente, nonostante le attenzioni di cui la mega-democrazia asiatica viene circondata dall’Amministrazione Biden? Anzitutto c’è la storia: l’India fu uno dei paesi-guida nel movimento dei non-allineati, ovvero del Terzo mondo, cioè quell’insieme di nazioni che durante la prima Guerra fredda non vollero fare una scelta di campo precisa fra il blocco occidentale e quello sovietico. Peraltro durante la prima Guerra fredda l’India era più vicina alla sfera sovietica che a quella americana, e risalgono a quei tempi dei legami economici tuttora solidi: oltre all’energia anche le armi. L’India, che con un miliardo e 400 milioni di abitanti ha ormai eguagliato la stazza demografica della Cina, ha sempre pensato che il suo avversario vero è Pechino; di conseguenza non vuole avere rapporti ostili con l’altro gigante asiatico che è la Russia. L’autonomia in politica estera è considerata un valore prezioso della tradizione indiana e ancora in questi giorni un alto esponente indiano a Davos ce lo ha ricordato: «Voi occidentali vedete il mondo in bianco e nero, noi vediamo molte sfumature di grigio».

Rating 3.00 out of 5
Marquee Powered By Know How Media.