Archive for Giugno, 2022

Covid, contagiarsi di nuovo con Omicron 5 aumenta i rischi per la salute

sabato, Giugno 25th, 2022

Rimanere contagiati più di una volta aumenta il rischio per la propria salute. Il Covid non dà tregua al mondo e preoccupano  le reinfezioni da variante Omicron 5. Lo dicono i risultati delle ultime ricerche effettuate in tutto il mondo. E mentre in Italia il numero delle persone al secondo o terzo “giro” di Covid aumenta, preoccupano le conseguenze. 

Nancy Baxter dell’Università di Melbourne ha affermato che le prime ricerche, basate sul database del Dipartimento per gli affari dei veterani degli Stati Uniti, hanno dimostrato che contagiarsi di nuovo comporta rischi maggiori. La ricerca, che deve ancora essere sottoposta a revisione paritaria, mostra che mentre con il primo contagio ci sono alcuni benefici per l’immunità, la possibilità di effetti negativi sulla salute aumenta dopo ogni infezione successiva. 

I possibili rischi sono problemi di respirazione, affanno, disturbi di natura cardiaca, long covid e avere un rischio di morte più elevato di quello che ci si aspetterebbe. “Il che significa – spiega il professor Baxter – che più volte lo ottieni, più sarà aggiunto alla possibilità che a un certo punto avrai subito una conseguenza davvero negativa di avere COVID-19”.

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Quanto ci costa la svolta di Di Maio

sabato, Giugno 25th, 2022

Veronica De Romanis

«Non ci sono soluzioni facili a problemi complessi». «Lo studio e la competenza in politica servono». «Bisogna dire la verità». Così il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in occasione della conferenza nella quale ha annunciato la scissione dal Movimento 5 Stelle. Queste frasi, ai limiti dell’ovvietà, devono essere accolte con favore. E, speranza. Suggellano la fine di un percorso che ha condotto a un mutamento. Radicale. La protesta ha lasciato spazio all’ascolto; la radicalizzazione al compromesso. L’ex capo politico dei grillini è cambiato. Lo ha fatto in modo graduale. Negli anni, ha applicato il learning by doing, il metodo che consente di imparare sul campo. Un privilegio che la maggior parte dei giovani non ha. Chi cerca lavoro deve dimostrare di avere seguito un percorso di studio e avere acquisito qualche competenza, seppur generica. In politica, invece, è diverso. Il curriculum non è indispensabile, purtroppo. Con l’ascesa dei pentastellati lo è diventato ancora meno. “Uno vale uno” è stato lo slogan che ha contribuito alla loro vittoria nel 2018. E, così nei palazzi romani è aumentata, se possibile, la quota di politici privi di esperienza e competenza. Eppure, il nostro Paese avrebbe un disperato bisogno di leader capaci di gestire la complessità e le sfide del mondo contemporaneo e di coglierne le opportunità. Di Maio lo ha capito. Si è adattato. In questi mesi al governo con Mario Draghi è diventato un politico (di professione) apprezzato in patria e all’estero. Meglio così. Resta, tuttavia, da chiedersi quale sia il prezzo di tutto ciò. Il suo learning by doing non è gratis. Almeno non lo è per i contribuenti. Gli errori compiuti (prima dell’applaudita conversione) hanno un costo in termini di spreco di risorse pubbliche e mancata crescita economica. Per provare a fare qualche calcolo si deve – inevitabilmente – partire dal reddito di cittadinanza. La misura fu introdotta poco prima delle elezioni europee del 2019 con l’obiettivo ambizioso di «eliminare la povertà». Lo sentenziò lo stesso Di Maio dal balcone di Palazzo Chigi. A oggi, i risultati raggiunti non sono stati quelli sperati. Il sussidio non ha eliminato la povertà. Il 70 per cento di chi lo ha ricevuto per la prima volta tra aprile e giugno del 2019 è ancora beneficiario a fine 2021. Non è andato a chi ne aveva più bisogno. Il 56 per cento di chi è in povertà assoluta non lo riceve. E, infine, non ha contribuito a ridurre la disoccupazione. Solo una piccola parte degli occupabili (ossia coloro che possono svolgere un lavoro) ha trovato un impiego.

Questi esiti non devono stupire. Che cosa ci si poteva aspettare da una misura introdotta senza aver riformato i centri per l’impiego e, ancor più grave, rafforzato i servizi sociali? La spesa complessiva ammonta a circa 22 miliardi. È in crescita e, difficilmente, potrà essere ridotta. Non ci è riuscito neanche Draghi. Oltre a un uso inefficiente e iniquo delle risorse pubbliche, il metodo dell’apprendimento sul campo ha un costo anche in termini di instabilità. E, quindi, di un minore tasso di sviluppo del Paese. Sotto questo aspetto, l’esempio migliore riguarda il posizionamento di Di Maio sull’appartenenza dell’Italia all’Unione monetaria europea. Quando era vicepremier del governo Conte 1 sosteneva che l’euro era il motivo per cui «l’Italia ha perso il 25 per cento di ricchezza nazionale». Di conseguenza, in un eventuale referendum consultivo, avrebbe votato a favore dell’uscita dalla moneta unica. Una volta a capo della Farnesina, si è ricreduto. Purtroppo per noi, però, la sua convinzione ha avuto un costo: circa 20 miliardi di maggiore spesa per interessi da sostenere nei prossimi anni. La stima è stata elaborata dall’Osservatorio dei Conti pubblici della Cattolica di Milano. Come si è arrivati a questa cifra monstre? È sufficiente calcolare l’impatto che l’impennata dello spread durante i mesi del Conte 1 (oltre 330 punti base) ha avuto sulle finanze pubbliche. In particolare, nell’autunno del 2018, quando fu presentata una manovra che non rispettava – praticamente – nessuna delle regole di bilancio europee. A cominciare da quella (il cosiddetto Fiscal Compact) sul disavanzo strutturale, ossia il disavanzo depurato dagli effetti del ciclo economico. Senza entrare in tecnicismi inutili, ciò che è opportuno ricordare in questa sede è la reazione di chi compra il debito – forte tensione – e quella dei leader a Bruxelles – forte preoccupazione. I fatti sono noti. A fronte di turbolenze crescenti sui mercati finanziari che minavano i risparmi delle famiglie, il governo dovette ridurre il deficit: dal 2,4 al 2,04 per cento del Pil. Cifre scelte non a caso: l’obiettivo era quello di dare l’impressione che nulla fosse cambiato. Del resto, agli italiani più distratti 2,4 e 2,04 potevano sembrare molto simili. E, invece c’erano oltre 7 miliardi di differenza.

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Superbonus 110, facciamo chiarezza sul blocco dei crediti: ecco perché la data di metà luglio può cambiare le cose

sabato, Giugno 25th, 2022

Giampiero Maggio

Tra nuove direttive dell’Agenzia delle Entrate che, proprio in questi giorni ha pubblicato la nuova guida integrale sulle regole da seguire, questione blocco dei crediti e la richiesta di chiarezza al governo da parte di banche, imprese, associazioni di categorie, lotta alle truffe, il caso Superbonus 110 sta diventando sempre più un ginepraio. Bisogna, allora, fare un po’ di chiarezza.
La questione dei fondi esauriti
È una questione nota. I fondi prenotati sono 33,7 miliardi di euro a fronte dei 33,3 miliardi messi a disposizione dallo Stato. Ad oggi, perché con la proroga già stabilità dall’Esecutivo del Superbonus non solo per condomini e plurifamiliari ma anche unifamiliari e dunque il governo si è di fatto impegnato a proseguire sulla strada dei bonus edilizi, si tratta di fondi utilizzati e prenotati. Quelli finora utilizzati sono –fonte sito dell’Enea – all’incirca 20 miliardi. Ne restano ancora più di 10. In ogni caso, una volta accertati i requisiti, i cittadini hanno senza dubbio diritto a fruire dell’agevolazione spettante, che matura come un vero e proprio credito d’imposta.
Il Senato approva i provvedimenti e chiede al governo di intervenire
La Commissione Industria Commercio Turismo del Senato ha approvato la risoluzione n. 1205 che impegna il Governo: «ad adottare, in tempi estremamente celeri, ogni opportuna iniziativa, anche di carattere legislativo, volta a garantire le più ampie possibilità per le imprese del settore di operare nell’ambito degli interventi previsti dal Superbonus 110 per cento, in particolare rendendo funzionale e pienamente utilizzabile il meccanismo della cessione del credito, consentendo così lo sblocco dei crediti d’imposta presenti nei cassetti fiscali delle medesime imprese, ad ampliare la platea dei cessionari, prevedendo, tra l’altro, la possibilità per le banche e le società appartenenti a un gruppo bancario di cedere i crediti d’imposta derivanti ai propri correntisti corporate rientranti nella definizione europea di piccole e medie imprese, di cui al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 18 aprile 2005, e anche valutando l’opportunità di coinvolgere Poste Italiane S.p.A. e Cassa depositi e prestiti». Anche la conversione del Decreto Aiuti in legge, che dovrebbe avvenire il 15 luglio, potrà sbloccare tutta la partita dei crediti.
Interviene l’Abi: chi ha responsabilità sui crediti tra fornitore e cessionario?
Nelfrattempo l’Abi ha diffuso alle banche associate la circolare emanata dall’Agenzia delle Entrate con i chiarimenti in materia di superbonus e le novità sull’operatività delle banche che acquistano i crediti d’imposta.

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Cingolani: “L’Italia è quasi fuori pericolo, avremo le scorte per l’inverno”

sabato, Giugno 25th, 2022

Annalisa Cuzzocrea

Come spesso gli capita, Roberto Cingolani è un fiume in piena. Ha finito da poco una riunione sull’automotive, ha incassato il plauso del ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti, non proprio un suo sponsor all’inizio dell’avventura al Ministero per la Transizione ecologica. Ed è ottimista: sul tetto al prezzo del gas «prima o poi a qualcosa del genere bisognerà arrivare, sono molto fiducioso nel lavoro che sta facendo Mario Draghi a Bruxelles». Quanto alla situazione italiana: «Siamo quasi fuori pericolo».

Cingolani spiega che «gli stoccaggi italiani sono al 55% e nel week end dovremmo ricevere altri 100 milioni di metri cubi di gas». La road map preparata al ministero mercoledì, nella riunione con i fornitori, prevede che entro fine anno gli stoccaggi arrivino al 90%. Ed è per raggiungere quest’obiettivo che il governo ha deciso di aiutare le società che comprano gas: «Bisogna considerare che l’anno scorso acquistavano a 20 centesimi al metro cubo, adesso a un euro. Ci siamo messi d’accordo, ma è un sistema di prestiti e crediti che verranno di certo restituiti perché poi quel gas sarà venduto». Si tratta di sostenerle adesso, per riempire le riserve. «Dall’anno prossimo potremo tirare il fiato perché ci arriveranno 18 miliardi di metri cubi dalle nuove forniture, quest’anno ce ne arrivano già 5-6. Andiamo meglio di qualsiasi altro Paese europeo, ma non bisogna dirsi tranquilli prima del tempo. Ci possono fare ancora male se chiudono all’improvviso».

Non siamo però nelle stesse condizioni di Austria e Germania, molto più dipendenti di noi dal flusso del gas russo. Con meno possibilità di diversificare. E sul carbone, «io ho fatto un’altra scelta – racconta – di far produrre al 100% le centrali che erano ancora attive, ma di non riaprire le altre. Si tratta di un regime transitorio che può durare al massimo fino all’inizio del 2024, quando saremo al 100% di gas sostituito. Il danno ecologico è piccolo e sarà compensato dalla crescita delle rinnovabili, che ci faranno risparmiare un paio di miliardi di metri cubi di gas».

Cingolani non sembra preoccupato del fatto che tra pace e condizionatori, gli italiani sembrano aver scelto i secondi: «C’è stato un picco di caldo insolito per questo periodo dell’anno, bisogna aspettare un mese per valutare quali siano davvero i consumi». Quello di cui va fiero, però, sono i numeri delle rinnovabili ora pubblicati sul sito del ministero: «Abbiamo 5,3 gigawatt di nuove rinnovabili nei primi sei mesi del 2022, altri 4 arriveranno nei prossimi due anni. Per capire la differenza, nel 2021 eravamo a 1,3 gigawatt. Nel 2020 a 1.

Se come spero arriveremo alla fine dell’inverno con lo stoccaggio di gas pieno, scavalcheremo il periodo nero». È vero che di embargo del gas russo in Europa non si parla più. Per le difficoltà tedesche più che per le nostre. Ma il problema fondamentale è che «se anche la Russia diminuisce il flusso di gas all’Europa, continua a guadagnare praticamente le stesse cifre per via dei mercati speculativi che alzano il prezzo. E quello stesso mercato che noi seguiamo per il gas decide il prezzo dell’elettrico e delle rinnovabili, un meccanismo che va spezzato altrimenti è chiaro che il rublo non va giù». Per il caro bollette, il governo ha già sterilizzato i prezzi nonostante un incremento del gas e dell’elettricità. Ma l’unica soluzione strutturale sarebbe il price cap europeo che Draghi è andato a trattare a Bruxelles. Farlo nazionale non serve a nulla e sarebbe solo controproducente. A livello Ue, invece, sarebbe tutta un’altra storia: «Dovranno arrivarci in un modo o nell’altro, non credo ci sia alternativa».

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Zelensky vince la guerra delle emozioni, ma per l’Occidente è un boomerang

sabato, Giugno 25th, 2022

DOMENICO QUIRICO

 Dove sta la genialità dell’omaggiatissimo Zelensky? Che cosa ci ha stregato tanto da affidargli una delega in bianco: decida lui quale deve essere la pace che lo accontenta? È forse un condottiero impavido? Un politico implacabile? Un democratico senza macchia e senza paura? Niente affatto. Il suo colpo di genio è nell’aver compreso che nel ventunesimo secolo i popoli, e i loro leader a rimorchio, seguono più le passioni che gli interessi.

Insomma: se contassero davvero gli interessi l’Occidente, e soprattutto l’Europa, dovrebbe a tutti i costi cercare, anche in questo caso come ha fatto per venti anni, di avere eccellenti rapporti con Putin. Perché ne derivano evidenti e immediati vantaggi, ad esempio sul piano dei vitali rifornimenti energetici, e soprattutto dell’evitare una nuova guerra fredda senza assicurazioni sufficienti contro irrimediabili sviluppi atomici. Ma ci sono le passioni, fattore non preventivamente valutabile negli schemi e su cui si può agire più efficacemente e facilmente che con i dati economici, militari o delle alleanze. Attenzione a non confondere: le passioni nulla hanno a che fare con l’etica, tanto è vero che vengono eccitate, create, indirizzate. E questo riesce benissimo soprattutto ad arruffapopoli e dittatori.

Passioni: la parola è usurata tanto che resta aperto il problema se il disordine attuale del mondo, di cui la guerra in Ucraina è un capitolo, sia la conseguenza di questo scatenamento emotivo o sia proprio il caos ad aver incendiato le emozioni collettive. Insomma: qual è la gerarchia e l’equilibrio tra lo sfondo politico e la crescita furente delle passioni?

Zelensky ha intelligentemente riflettuto che durante le crisi sembra che il tempo cambi aspetto, la durata non è più percepita come nel normale stato delle cose. Invece di misurare la permanenza essa misura le variazioni. Operano nuove «cause» che turbano l’equilibrio che esisteva prima. Qualcosa che assomiglia molto alla magia del meccanismo teatrale. E lui, in fondo, non è un attore?

Ha colto il fatto che soprattutto nei Paesi democratici è proprio la debolezza delle ideologie e delle istituzioni a ridar forza alle passioni. Bisogna dunque approfittare, soprattutto nei rapporti con alcuni Paesi da cui dipende la sopravvivenza dell’Ucraina sottoposta all’urto dell’invasore russo, della usura delle dottrine occidentali. Il moltiplicarsi confuso degli obiettivi talora porta all’immobilismo che sarebbe letale per Kiev. Ma talvolta, se ben indirizzato, determina le fughe in avanti. E proprio questo lo ha reso in questi quattro mesi di guerra padrone della situazione.

È accaduto che una guerricciola locale per una ammuffita provincia dell’Ucraina è diventata addirittura un confronto per procura di enorme pericolosità tra la Nato e la Russia. Di più: una guerra mondiale in cui (per ora) ci si batte con furore sui terreni della economia, dell’energia e del cibo coinvolgendo ormai milioni e milioni di uomini.

Come è successo? Si badi contro la volontà stessa di molti di coloro, come gli europei, che non avrebbero mai accettato alcuni mesi fa di compiere un percorso così duro e pericoloso se avessero seguito le orme della prudenza e dell’interesse. Che spingevano semmai sulla via del ridurre lo scontro alla dimensione locale, gettando acqua sulla sanguinaria provocazione putiniana. La colpa, o il merito, è di Zelensky che imponendo la sua immagine e il suo talento di comunicatore ossessivo, martellante, onnipresente ha creato una guerra, non soltanto di cannoni e mosse diplomatiche, ma di emozioni. Il suo grimaldello è stata la colpevolizzazione sistematica e seduttiva dell’Occidente.

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L’aborto è una scelta che spetta solo alle donne, facciamo politica per vigilare sui diritti”

sabato, Giugno 25th, 2022

Concita De Gregorio

Grazie, America, per questa nuova grande lezione di democrazia: grazie per aver mostrato al mondo che la differenza fra destra e sinistra esiste, e chi dice di no è sempre di destra. Grazie di aver mostrato a quelli che non vanno a votare perché «la politica si occupa di giochi di potere e di poltrone, mai di problemi reali della gente» che sono quelli che occupano le poltrone – a volte ne bastano sei – a cambiare la vita della gente, milioni di persone: sono loro, quelli che la politica ha scelto senza il vostro contributo, a decidere anche per voi. Peccato. Peccato per il tempo che ci vorrà a risarcire questa ferita colossale, un salto indietro di cinquant’anni, ma si sa che la destra demolisce con un calcio castelli costruiti in decenni, sulle rovine festeggia.

Nel Paese in cui da oggi non si può più abortire ma si può entrare in un asilo con la pistola da puntare alla tempia dei bambini abbiamo appena assistito allo spettacolo: le conseguenze delle cose. Quando Trump nominò il suo terzo giudice della Corte Suprema cambiando così la maggioranza politica del massimo organo di giurisdizione americano se ne occuparono le cosiddette élite: i giornali, qualche dibattito per amatori in tv ma certo non le moltitudini, nessuna rivolta di popolo perché, appunto, cosa vuoi che sia: parliamo di tasse e di salari, di lotterie e di orari dei locali notturni, piuttosto, le cose che importano al popolo. Poi però di quelle nove persone che – nominate dai Presidenti eletti, incaricate a vita – scriveranno la legge anche per chi di questa roba non si occupa risentirai parlare, dopo. Sarà quando decideranno che la Costituzione non tutela la libertà delle donne di abortire, come una storica sentenza aveva stabilito nel 1973. E saranno le donne più povere, meno istruite e consapevoli, al solito, a non poterlo fare: chi ha i mezzi trova sempre la strada.

La sentenza è passata sei contro tre, perché questo oggi è l’equilibrio politico della Corte: sei giudici nominati dai repubblicani (tre dai Bush, padre e figlio, tre da Trump) e tre dai democratici (Clinton uno, Obama due). Quando i tre giudici democratici che hanno votato «No» – si chiamano Sonia Sotomayor, Elena Kagen e Stephen Breyer – hanno detto, nella loro dichiarazione ufficiale e congiunta, «Noi dissentiamo» a chi si occupa di legge e conosce la storia sono salite le lacrime. Perché «Io dissento» era la frase simbolo, il motto identitario di Ruth Bader Ginsburg: la leggendaria giudice della Corte, ebrea di Brooklyn, paladina dei diritti degli ultimi e delle donne, l’unica donna di legge al mondo a essere conosciuta con le sole iniziali – con «Rbg» si vendono le tazze per la colazione, le magliette e gli adesivi da attaccare sul cruscotto. Una rockstar con il colletto di pizzo e gli occhiali, sepolta nel cimitero dei presidenti e degli eroi, ad Arlington: quando è morta, a 87 anni, nel 2020, gli uffici pubblici hanno abbassato le bandiere a mezz’asta come si fa con gli eroi. È bella, questa storia, e molto eloquente. Portate pazienza e ascoltatela. Quando nel 1972 fu presentata alla Corte la causa Roe vs Wade, quella che avrebbe dato vita al riconoscimento costituzionale del diritto all’aborto, «Rbg» fu molto cauta: non era convinta. Ancor più prudente fu quando l’anno dopo quando, 7 voti contro 2, la Corte decise che sì, la donna aveva ragione e da quel momento l’aborto sarebbe stato tutelato dalla Costituzione. Disse, Bader Ginsburg, che quella decisione era «vulnerabile» perché si appellava al principio sbagliato. Era incentrata, difatti, sul diritto alla privacy inteso come «diritto alla libera scelta nella sfera intima», in base al quattordicesimo emendamento. Avrebbe dovuto secondo lei, invece, incardinarsi sull’Equal protection cause: sull’uguaglianza di genere, attraverso la clausola della parità di protezione. In quello stesso periodo «Rbg» stava seguendo un’altra vertenza, quella di un’infermiera dell’Esercito rimasta incinta in Vietnam, il capitano Struck. La scelta che le fu data era abortire o lasciare l’esercito (prima della sentenza Roe vs Wade l’aborto era proibito nella maggior parte degli Stati ma consentito nelle basi militari). L’Air Force, resasi conto che il capitano Struck aveva possibilità di vincere, con l’ausilio di «Rbg», lasciò che avesse il figlio e mantenesse il lavoro – cambiando le sue regole – pur di non far esprimere la Corte sul caso. Poco dopo arrivò la sentenza che avrebbe cambiato la storia, ma aveva piedi d’argilla. «È troppo, e troppo in fretta», disse la giudice col colletto di pizzo. Aveva ragione. Ieri Samuel Alito, un giudice (conservatore) dei nove, ha detto questo: le motivazioni di Roe vs Wade erano deboli.

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Ritorno al 1973

sabato, Giugno 25th, 2022

di Massimo Gaggi

La decisione della Corte Suprema sull’aborto non è grave sollo per le donne ma per lo stesso futuro dell’America

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Una marcia contro l’aborto negli Usa (Afp)

Impossibile non considerare gravissima non solo per le donne americane ma per lo stesso futuro dell’America la decisione presa ieri dalla Corte Suprema. Il rovesciamento della sentenza Roe vs Wade di mezzo secolo fa sull’aborto è la più vasta cancellazione di diritti costituzionali (riconosciuti dalla stessa Corte) della storia: una sentenza che spacca anche fisicamente un Paese estremamente polarizzato. In Missouri la messa al bando è già attiva e altrettanto faranno gli altri 25 Stati a guida repubblicana. Chi vorrà abortire dovrà cercare aiuto negli altri Stati che continueranno ad ammettere l’interruzione della gravidanza. Avremo caos, emergenze sanitarie ed economiche, proteste di massa, rischio di violenze. E Clarence Thomas, uno dei giudici arciconservatori che controllano la Corte, già dice che è ora di intervenire anche sui matrimoni gay e sul diritto alla contraccezione.

In termini politici generali la cosa è anche più grave. Un Paese che ha un disperato bisogno di ritrovare il senso della politica che è dialogo, ricerca di soluzioni comuni facendo prevalere i valori condivisi sulle controversie, sprofonda sempre più nelle guerre culturali: conflitti basati su convincimenti ideologici che rendono pressoché impossibile ricucire i fili di un dialogo democratico.

Appena 24 ore dopo la sentenza che ha cancellato i limiti all’acquisto di armi che sono stati in vigore per 111 anni nello Stato di New York — una decisione che peserà anche su altri Stati Usa e che fa somigliare sempre più l’America a un gigantesco poligono di tiro al bersaglio, con molte più armi da fuoco che abitanti (neonati compresi) — la Corte Suprema ha preso un’altra decisione dagli effetti devastanti: una scelta temuta e anche attesa dopo le fughe di notizie di qualche tempo fa, ma non per questo meno grave.

La cancellazione del diritto ad abortire unisce gli Stati a guida repubblicana alla pattuglia di nazioni, non esattamente le più progredite, che vietano totalmente l’aborto: Honduras, Nicaragua e Suriname nel continente americano, Laos, Filippine e Iraq in Asia, Andorra e Malta in Europa, Egitto, Senegal e Madagascar in Africa.

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Ucraina Russia, news sulla guerra di oggi | Gli 007 di Londra: «Putin ha rimosso diversi generali, ora si affida a Surovikin»

sabato, Giugno 25th, 2022

di Lorenzo Cremonesi, Andrea Nicastro, Paolo Foschi e Redazione Online

Le notizie di sabato 25 giugno sulla guerra, in diretta: le città di Severodonetsk e Lysychansk sono ormai nelle mani delle truppe russe

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Una donna ucraina indica la sua casa distrutta a Bakhmut (Ap)

La guerra in Ucraina è arrivata al 122esimo giorno.
• L’Ucraina ha annunciato il ritiro dalla città di Severodonetsk: qual è il significato di questo gesto?
• Giovedì 23 giugno l’Ucraina ha ricevuto lo status di Paese candidato all’Unione Europea, insieme con la Moldavia. Zelensky: «Momento storico». Von der Leyen: «Questa candidatura è il miglior segnale di speranza».
• Draghi: «Putin ha già tagliato forniture di gas, l’Ue è in difficoltà».
• L’Ucraina processa un soldato russo: torturò 9 civili a Irpin.
• Sindaco Melitopol: «Quasi tutto il grano del territorio è stato portato via».
• Von der Leyen: «Accolti 7,5 milioni rifugiati».

Ore 07:59 – La Russia ha cambiato diversi generali (e l’Ucraina si sta riorganizzando)

Il consueto bollettino quotidiano dell’intelligence militare britannica è — oggi — non solo una chiave di lettura al solito interessante (ancorché dichiaratamente di parte), ma anche una fonte di dettagli potenzialmente decisivi per la guerra in Ucraina.

Due i punti da segnare:

La sconfitta a Severodonetsk e a Lysychansk potrebbe non essere quella che «leggiamo» dall’esterno: «L’Ucraina sta riconfigurando le sue difese» in quel settore», scrivono gli 007 britannici.

La Russia sta cambiando le sue prime linee: «Sin dall’inizio di giugno, gli alti comandi russi hanno con ogni probabilità rimosso diversi generali da ruoli di comando operativo nella guerra», scrive il ministero della Difesa di Londra. «Tra loro, il comandante delle forze aviotrasportate, Andrei Serdyukov, e il comandante Alexandr Dvornikov, che per un certo periodo è stato probabilmente il comandante generale di tutte le operazioni. Il suo ruolo di comandante delle Forze del Sud dovrebbe essere stato trasferito al generale Sergei Surovikin, la cui carriera, per oltre 30 anni, è stata costellata di accuse di corruzione e brutalità».

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Ore 07:53 – Le minacce del fedelissimo di Putin: «Non scherzate con chi ha l’atomica»

(Marco Imarisio) «Alcuni nostri vicini tendono a dimenticare che siamo una potenza nucleare». A ricordarglielo ci pensa Andrey Klimov, settantenne decano dei senatori di Russia Unita, da un decennio vicecapo della Commissione Esteri del Consiglio di federazione, la Camera alta del Parlamento.

Autore della legge che nel 2014 ha permesso la ratifica dell’annessione della Crimea , estensore di molte risoluzioni internazionali del suo Paese.

Ma anche un politico di lungo corso che in tempi normali univa la propensione alla diplomazia con l’amore per questa parte del mondo. Purtroppo, questi non sono tempi normali. Infatti, è stato lui ad ammonire per primo la Lituania, rea di aver proibito il passaggio di ogni merce verso l’exclave russa di Kaliningrad, dicendo che «ora abbiamo le mani libere».

Con quella frase faceva davvero riferimento al nucleare?
«Non si tratta certo del nostro desiderio di distruggere il mondo, cosa che non faremo mai. Era un modo per sottolineare che abbiamo molti strumenti a cui attingere. In politica, esistono i rapporti di forza» (…) «La questione è semplice. Quel che ci manca, lo avremo. Davvero pensate che se qualcuno a Mosca desidera comprare un capo di Louis Vuitton non riuscirà ad averlo? Lo si porta qui e lo si vende. Lo stesso vale per l’exclave di Kaliningrad. Voglio vedere i doganieri lungo i confini come si comporteranno. Come ha detto di recente un esponente dell’amministrazione Usa per niente stupido, non conviene minacciare un paese che ha seimila testate nucleari».

(L’intervista integrale è qui )

Ore 07:41 – La questione del gas, punto per punto

(Gianluca Mercuri)
Rinvio a ottobre
Sarà il prossimo Consiglio europeo straordinario, in programma a ottobre, a esaminare una proposta della Commissione europea che comprenda quella italiana sul tetto al prezzo del gas. «Restano i timori di ritorsioni da parte di Mosca insieme al rischio di un’alterazione del mercato», spiega Francesca Basso. Soprattutto, «a Bruxelles il timore che Mosca tagli completamente le forniture di gas ai Paesi Ue è elevato».

Perché c’è questo timore?
Perché «ci sono 12 Stati membri che sono stati tagliati fuori completamente o parzialmente dal gas russo. Quindi, la cosa migliore è prepararsi per il peggio, sperando per il meglio», ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. «Abbiamo esaminato tutti i piani di emergenza nazionali per assicurarci che tutti siano pronti per ulteriori interruzioni».

• E Draghi come ha preso il rinvio?
Pragmaticamente, as usual: «Non sono deluso, tutt’altro, le cose non arrivano subito quando si chiedono, non mi aspettavo di fissare una data precisa per discutere un rapporto completo sulla situazione. Immaginavo che saremmo finiti in un solito rinvio con un linguaggio vago. È tutt’altro che delusione quella che provo ora». Ma il presidente del Consiglio aggiunge che «se la situazione peggiora non potremo aspettare due mesi e mezzo e allora ci vorrebbe un Consiglio subito».

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Aborto, negli Usa la Corte Suprema ha annullato la sentenza «Roe vs. Wade»

sabato, Giugno 25th, 2022

di Giuseppe Sarcina e Alice Scaglioni

I giudici Usa hanno annullato la storica sentenza «Roe vs. Wade» che ha garantito il diritto all’interruzione di gravidanza nei vari Stati

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON — La Corte suprema cancella un pezzo di storia americana: oggi venerdì 24 giugno ha cancellato la sentenza Roe vs. Wade che da cinquant’anni garantiva il diritto di aborto a tutte le donne del Paese.

La Corte ha deciso con una maggioranza netta: 6 giudici contro tre. Ha prevalso il blocco conservatore formato da Samuel Alito, che ha scritto il parere vincente, e poi Thomas Clarence, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett. Le ultime tre toghe sono state nominate da Donald Trump. Ha votato a favore anche il presidente John G. Roberts, che ha aggiunto: «Avrei adottato un approccio più moderato». Si sono schierati contro i tre componenti di estrazione liberal: Sonia Sotomayor, Elena Kagan, Stephen Breyer (che uscirà a breve).

L’esame della Corte era partito lo scorso autunno dalla causa costituzionale intentata dalla Jackson Women’s Health Organization contro la legge varata nel 2018 dal parlamento del Mississippi, controllato dai repubblicani. La norma vieta il ricorso all’aborto dopo la quindicesima settimana di gravidanza. La sentenza Planned Parenthood v. Casey del 1972 stabilisce, invece, che l’aborto è praticabile fino a quando il feto non sia autosufficiente, cioè fino a circa sette mesi di gravidanza. Il parere di Alito, poi condiviso da altri cinque togati, è molto secco: «La sentenza Roe vs. Wade è nata sbagliata».

Viene contestato il radicamento giuridico del diritto di scelta nel 14° Emendamento della Costituzione, che assicura ai cittadini le libertà politiche e civili. Quelle norma è stata introdotta in un’epoca (1868 ndr) <in cui neanche si discuteva di aborto». Non c’è, quindi, alcuna ragione per garantire su tutto il territorio federale il diritto di scelta in tema di gravidanza. La conseguenza immediata è che la materia «dovrà tornare ai singoli stati». Oggi sono già 22 gli Stati che hanno adottato legislazioni molto restrittive, come il Texas e più di recente l’Oklahoma . Altri quattro Stati sono pronti a seguire l’esempio. Le donne avrebbero ancora libertà di scelta negli Stati liberal delle due coste, dalla California a New York. Lo scenario più probabile, quindi, è quello di un Paese ancora più diviso.

Appena si è diffusa la notizia, centinaia di persone si sono radunate davanti all’edificio della Corte. Inizia una giornata di accese proteste. Da oggi il Paese è ancora più lacerato e come ha appena dichiarato la Speaker democratica Nancy Pelosi, il «tema dell’aborto diventerà centrale nelle elezioni di midterm a novembre».

Le reazioni

Il presidente Usa Joe Biden ha parlato qualche ora dopo l’annuncio della decisione, che lui stesso ha definito «un tragico errore»: «Oggi è un giorno triste per l’America». Ha addossato la responsabilità della decisione che annulla la sentenza del 1973 ai tre giudici nominati dal suo predecessore alla Casa Bianca, Donald Trump: «Sono stati tre giudici nominati da un presidente, Donald Trump, quelli al centro della decisione odierna (della Corte Suprema) di eliminare un diritto fondamentale delle donne in questo Paese», ha detto. «Questa decisione è la realizzazione di tentativi che vanno avanti da decenni per rovesciare le leggi, la realizzazione di un’ideologia estrema: la Corte ha fatto una cosa mai fatta prima, togliere un diritto costituzionale fondamentale per milioni di americani. Non lo ha limitato, lo ha semplicemente eliminato». Per Biden ora la salute delle donne è «rischio».

«Molte donne hanno perso una tutela costituzionale fondamentale. Noi dissentiamo», affermano i giudici liberal Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Stephen Breyer, che hanno votato contro la decisione di capovolgere la storica sentenza.

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Il presidente Usa Joe Biden

Il Dipartimento di Giustizia americano ha detto che userà «tutti gli strumenti a sua disposizione per proteggere i diritti e la libertà alla riproduzione».

«La Corte Suprema non solo ha annullato quasi 50 anni di precedenti, ma ha relegato la decisione più intensamente personale che qualcuno può prendere ai capricci di politici e ideologi: (sono state) attaccate le libertà fondamentali di milioni di americani»: ha twittato l’ex presidente Usa, Barack Obama. Anche l’ex first lady, Michelle Obama, è intervenuta sulla decisione della Corte Suprema: «Ho il cuore spezzato per gli americani che hanno perso il diritto fondamentale di assumere decisioni informate. Avrà delle conseguenze devastanti».

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Otto e Mezzo, Franco Bernabé e la profezia sul gas: “Razionamento come nel ’73”

venerdì, Giugno 24th, 2022

Il futuro dell’Italia fa paura a Franco Bernabé. Ospite di Otto e Mezzo nella puntata in onda giovedì 23 giugno su La7, il presidente Acciaierie Italia si dice preoccupato per l’emergenza energetica. “Per prepararsi – avverte Lilli Gruber – bisogna preparare tempestivamente un piano di razionamento e il governo deve spiegarlo. Se continua così e con quello che sta facendo la Russia sul gas, sicuramente in autunno avremo un problema serio”. 
Neanche gli stoccaggi spesso citati da Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, riusciranno a soddisfare le domande. E questo – esorta il governo – “va spiegato in modo da far preparare i cittadini per tempo”. Una situazione che riporta alla mente la crisi energetica del 1973: “Abbiamo avuto il blocco totale della circolazione, viaggiavano solo i camion militari per il servizio di trasporto pubblico”. “Torneremo agli anni ’70?!”, chiede a quel punto la conduttrice. “Sì – dice senza mezzi termini -, la Russia utilizzerà lo strumento del gas e saremo costretti a limitare i consumi. Senza contare che alcune industrie, come quella del vetro, del cemento, dell’acciaio, della carta, non possono avere un razionamento del gas”.

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