Andrea Muratore
Mario Draghi ha aperto al Consiglio Europeo la partita sul tetto ai prezzi del gas che
da diverse settimane rappresenta la proposta prioritaria dell’Italia in
campo energetico. Un piano volto a spostare gli equilibri nel mercato europeo dell’energia in un contesto che vede i prezzi dell’oro blu completamente consegnati a volatilità e incertezza dalla guerra in Ucraina.
Prima della guerra il prezzo del gas in Europa era intorno a 20 euro
per MWh, nei momenti più drammatici è arrivato a 350, infine si è
assetato attorno ai 100-120 euro, con picchi temporanei di rialzo e
scossoni, nell’indicatore principale europeo alla Borsa di Amsterdam.
Discusso a lungo come caso di studio, lo stratagemma di imporre un tetto ai prezzi del gas nel mercato interno europeo per ridurre le pressioni esercitate dalla guerra economica tra Occidente e Russia sul
mercato. Nella consapevolezza che i grandi perdenti di queste dinamiche
sono i cittadini europei che pagano la crescita esasperata di bollette e
incertezze e la grande vincente una Russia che continua a ricevere 530 milioni di euro al giorno (al 20 giugno) dall’Europa per le forniture energetiche.
Imporre uno stop alla corsa folle dei prezzi appare, secondo la
proposta di Draghi, necessario per ridurre la bolletta quotidiana pagata
giorno dopo giorno dal sistema europeo: di fronte a un tetto alla
negoziazione interna al mercato europeo, si spera che la mossa possa far
trasmettere sui mercati di provenienza del gas l’effetto riducendo
dunque le entrate per le forniture negoziate sui mercati che evolvono su
base giornaliera (spot).
Al tempo stesso, si vuole porre un freno a extraprofitti giudicati eccessivi da parte delle compagnie a scapito dei cittadini europei già sottoposti a inflazione e carovita. Infine, l’obiettivo politico è sistematizzare la risposta europea alla sfida energetica russa, stratificando su più livelli le mosse comunitarie: sostenibile l’embargo al carbone, possibile lo stop (da gennaio 2023) con alcuni distinguo al 90% del petrolio russo e infattibile l’embargo del gas, il tetto ai prezzi è visto come un volano chiave per la diversificazione delle fonti.
La proposta di Draghi
Qual è, detto
ciò, concretamente la proposta che Mario Draghi ha portato
all’attenzione dei leader del Consiglio Europeo? I prodomi vanno
ricercati nell’ultima riunione, conclusasi il 31 maggio, durante la
quale Draghi e Emmanuel Macron hanno ottenuto il risultato di far
inserire nelle conclusioni l’impegno per Commissione dir studiare la
fattibilità del price cap, il tetto al prezzo, aprendo una breccia sulle discussioni politiche tra i leader.
A inizio guerra, nota Il Riformista, “i 27
andarono in ordine sparso con un clamoroso nulla di fatto. I quattro
mesi di guerra, la consapevolezza che sull’approvvigionamento delle
fonti di energia l’Europa tutta non potrà mai più essere ostaggio dei
gasdotti e dell’oleodotti russi ha cambiato prospettiva, priorità e
strategie”. Largo dunque alla proposta Draghi sul tavolo, informalmente,
come traccia per le mosse della Commissione all’attuale Consiglio.
Due sono le linee guida della proposta italiana: tutela dei prezzi e intervento attivo per contenere le conseguenze del caro energia.
Sul primo fronte, Draghi propone un calmiere ai prezzi e di inserire
un tetto massimo fissato a 80 euro al MWh. Un valore quattro volte
superiore a quello a cui il gas era mediamente scambiato prima della
guerra, ma inferiore a un quarto del massimo prezzo toccato durante la
tempesta energetica primaverile. Per Draghi, e Macron con lui, quella
del tetto ai prezzi è una misura che non si ritiene capace di avere
senso se presa unilateralmente a livello nazionale, perché creerebbe una
distorsione asimmetrica del mercato. Ma al contempo scegliere di
seguira a livello comunitario non rappresenterebbe, come molti temono,
un freno alla concorrenza ma anzi un calmiere alla
frenesia di mercato, depotenziando la componente di speculazione
finanziaria implicitamente contenuta in fluttuazioni del genere.