Il Movimento 5 Stelle è dilaniato dalla lite tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte ed è crollato alle ultime amministrative ma Paolo Mieli, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo su La7, nella puntata del 17 giugno, avverte: “Non ho dubbi. Nella stagione tra il 2013 e il 2018 i grillini persero una marea di elezioni locali ma poi nel 2018 ci fu la sorpresa. Escludo che alle prossime elezioni politiche possano arrivare ai livelli del 2018 ma non escludo affatto che sarà sopra il 10 per cento“.
Sulla possibilità di una scissione del M5s, osserva Mieli, “non ci sarà se Giuseppe Conte farà quello che sarebbe giusto fare, cioè togliere il Movimento 5 stelle dal governo, lasciandolo in maggioranza, così Draghi non cade”. Quindi il giornalista e storico ricorda che “lo fece anche Silvio Berlusconi nel 2013 che uscì dal governo di Enrico Letta e Letta non cadde”. Considerata la guerra in Ucraina, sottolinea Paolo Mieli, “lascerebbe nel governo solo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio”. E conclude: “Se Conte seguisse la strada di una semi opposizione può ottenere ancora dei risultati consistenti”.
Venerdì 27 maggio, nel momento in cui lo sforzo di Matteo
Salvini per organizzare il suo viaggio “di pace” Mosca si stava facendo
operativo, il leader della Lega avrebbe incontrato non solo il cardinale
segretario di Stato Pietro Parolin, ma anche – due volte – un
importante funzionario del ministero degli Esteri russo, di stanza a
Roma. Si chiama Oleg Kostyukov, e sarebbe stato lui ad aiutare
materialmente Salvini a comprare il biglietto aereo per Mosca (che il
leader della Lega ha chiarito di aver poi rimborsato). Ma chi è Oleg
Kostuykov?
Sabato 11 giugno, essendo uscita la notizia sul quotidiano La Verità,
l’ambasciata russa ha emesso un comunicato in cui spiegava la storia
senza smentirla: «A causa delle sanzioni in vigore nei confronti di
questa compagnia aerea, è difficoltoso acquistare i biglietti per i suoi
voli dal territorio dell’Unione Europea. L’Ambasciata ha assistito
Matteo Salvini e le persone che lo accompagnavano nell’acquisto dei
biglietti aerei di cui avevano bisogno in rubli tramite un’agenzia di
viaggi russa». L’ambasciata aggiungeva: «Quanto alle speculazioni sui
nomi di specifici dipendenti dell’Ambasciata, le riteniamo assolutamente
inadeguate». Non c’era scritto che fossero false.
Secondo il collettivo di reporter indipendenti russi The Insider – guidati da Roman Dobrokhtov e coautori di diversi scoop tra cui l’individuazione, assieme a Bellingcat,
del team del Fsb accusato dell’avvelenamento di Alexey Navalny – il
funzionario del ministero degli Esteri russo di nome Oleg Kostuykov è il
figlio di Igor Kostyukov, ammiraglio e comandante del Gru, i servizi
segreti militari di Mosca. Kostyukov padre è sotto sanzioni occidentali
con diverse accuse: interferenza nelle elezioni americane, avvelenamento
a Salisbury (Regno Unito) dell’ex spia russa, passata al MI6,
Sergey Skripal, e per gli attacchi informatici al Bundestag e
all’ufficio dell’allora cancelliera Angela Merkel (guidati da un hacker
poi rivelatosi uomo del Gru, Dmitry Badin). Secondo The Insider, «il
capo dell’intelligence è stato nominato capo della direzione principale
di stato maggiore generale alla fine del 2018, e l’anno successivo i
suoi figli adulti sono diventati proprietari di immobili costosi». Si
tratterebbe, stando a documenti catastali e a fonti di polizia
finanziaria russa citate da The Insider, di un terreno a Lipka e
un altro di 12 ettari nella comunità residenziale esclusiva di Beliye
Rosy 1. Ci sarebbero poi un appartamento di Oleg in 2a Chernogryazskaya
Street, Mosca, la sua Mercedes-Benz GLE 350 d 4MATIC e la Mercedes-Benz
C200 della sorella Alena. The Insider «stima che il costo della
proprietà dei figli del capo del GRU sia di almeno 200 milioni di
rubli», che sarebbe incompatibile con un reddito di un milione e mezzo
annui di rubli (lo stipendio da funzionario ministeriale).
Sia il capo del GRU sia i suoi figli non hanno risposto alle chiamate o ai messaggi Telegram di The Insider. Martedì 14 giugno alle 12,48, La Stampa
ha domandato per mail, all’indirizzo ufficiale online dell’ambasciata
russa, conferma o smentita del legame familiare tra Oleg Kostuykov
(primo segretario dell’ambasciata russa) e Igor (il capo del Gru). La
mail è stata correttamente recapitata ma non abbiamo ricevuto da quel
giorno alcuna risposta né smentita.
Un legame così stretto tra un così importante funzionario russo a
Roma e i servizi militari di Mosca riproporrebbe ancora una volta il
problema del rischio di penetrazione russo in Italia. Il giovane
Kostuykov, 35 anni, era da tempo in Italia (all’inizio assegnato alla
sede consolare), e numerosi sono i suoi incontri sul territorio che sono
stati rilevati, spesso al fianco dell’ambasciatore della Federazione.
Altre volte Kostyukov era accanto a un’altra faccia ormai nota alle
cronache dell’interferenza russa in Italia: quella dell’allora console
generale Alexey Paramonov, il diplomatico russo (capo del dipartimento
Europa del ministero degli esteri russo) che a marzo finì al centro di
un caso diplomatico perché alcune sue minacce all’Italia («non vorrei
che la totale guerra finanziaria ed economica alla Russia trovasse
seguaci in Italia e provocasse una serie di corrispondenti conseguenze
irreversibili»). Nonostante questo “incidente”, Paramonov nel frattempo
sarebbe in procinto di diventare ambasciatore della Russia presso la
Santa Sede, a Kostyukov sarebbe un suo pupillo.
Fiumi asciutti, ghiacciai in ritirata, caldo e secco ad oltranza. Che effetto fa vedere un fiume come il Po in condizioni che, probabilmente, non si vedevano da secoli (il parametro dei 70 anni c’è solo perché le misurazioni sono iniziate 70 anni fa, appunto)? Chi dice che «è solo estate e che è normale che faccia caldo» vive fuori dalla realtà. E non si rende conto di cosa ha di fronte. Le nevi perenni di Ciardoney e Valsoera, fra la Cima Occidentale di Valeille a nord-ovest e la Piccola Uia a sud-est, non esistono quasi più, i fiumi sono in secca e non da ora, perché basta ricordare, lo scorso inverno, il bacino del lago artificiale di Ceresole Reale trasformato in un deserto per rendersi conto che la situazione è drammatica. E siccome le notizie cattive non arrivano mai sole, ecco che secondo gli scienziati questa mancanza di pioggia durerà a lungo. Ad annunciarlo è l’allineamento – raro – di tutti i modelli matematici che analizzano miliardi di dati al minuto e tracciare una linea di tendenza delle condizioni meteoclimatiche a grande scala che va anche a due o tre mesi. Tutti, da Ecmwf a Gfs a MeteoSwisse per citare i due più importanti e quello che maggiormente si osserva per chi vuole capire il tempo sulle Alpi e nelle aree immediatamente a ridosso, ci rimandano una sentenza per niente tranquilla: almeno tutto giugno e poi luglio e agosto e addirittura fino a settembre non lasciano intravedere lunghi periodi di pioggia e temperature almeno gradevoli e che diano una tregua ai tropici piombati nel mediterraneo e in Italia in particolare. Usa parole apocalittiche Daniele Cat Berro, meteorologo, della Società meteorologica italiana: «Le conseguenze di tutto questo? Presto i Comuni in emergenza idrica aumenteranno e milioni di persone si troveranno rubinetti asciutti, perderemo intere coltivazioni, i ghiacciai continueranno a ritirarsi ancora di più facendoci perdere le riserve per la prossima stagione invernale». Secondo la Cia è a rischio il 50% circa dell’intera produzione agricola nel Nord. Il problema dell’irrigazione è però ormai un’emergenza anche nelle regioni del centro. Non soffre solo l’agricoltura, ma anche gli allevamenti ittici: la siccità, la temperatura dell’acqua superiore anche di 5 gradi rispetto alla media sta mettendo a rischio le coltivazioni di vongole, cozze e ostriche. Ad aggravare la situazione non c’è solo la carenza di pioggia, ma anche il caldo che in questi giorni sta interessando praticamente tutta l’Italia. E le previsioni dicono che continuerà, soprattutto da domenica e fino a mercoledì. Le temperature raggiungeranno i 40 gradi in molte città della pianura padana, come Bologna e Ferrara e inizierà a fare caldo anche al sud. Le stagionali e le analisi dei principali modelli matematici Ma è al lungo termine che dobbiamo guardare con forte preoccupazione. Oggi i modelli matematici, anche sulla lunga tendenza, danno una affidabilità che è migliorata rispetto a qualche anno fa. La scienza, in questo senso, ha fatto passi da gigante. E quello che oggi i modelli intravedono non è positivo: temperature in forte sopra media (e questo favorisce l’evaporazione di fiumi e laghi) e precipitazioni nel migliore dei casi in media (ma soltanto nel mese di luglio). «Il problema è che dovrebbe piovere continuativamente da qui all’autunno per ripristinare questo deficit mostruoso – dice Cat Berro –, la gente non si rende conto di quello che stiamo vivendo e che potremo vivere da qui alle prossime settimane e mesi. Purtroppo ci si è abituati ad estati sempre più calde e siccitose, anche se livelli di questo genere non sono mai stati raggiunti». Nemmeno nella fantomatica estate del 2003, quando l’Europa fu colpita da una massiccia ondata di caldo. Un fenomeno eccezionale sia per la durata che per l’intensità, rese particolarmente insopportabili dall’alto tasso d’umidità dell’aria con record di caldo battuti in diverse aree del Continente. «Questa rischia di essere peggio, perché partiamo da un inverno molto secco e, dunque, da diversi mesi di totale scarsità di precipitazioni».
Due mandati devono bastare. Nel pieno dello scontro tra
Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, Beppe Grillo tende la mano all’ex
premier e prova a blindare la regola che agita i sonni dei parlamentari 5
stelle. In un articolo sul suo blog, intitolato “Il Supremo mi ha
parlato”, il fondatore del Movimento torna su uno dei principi storici
della sua creatura politica: «Appare sempre più opportuno estendere
l’applicazione delle regole che pongono un limite alla durata dei
mandati», scrive Grillo in vista della consultazione online degli
iscritti, prevista entro fine mese. Ancora non è chiaro come verrà
formulato il quesito, se ci saranno più risposte tra cui scegliere e
quali soluzioni saranno proposte.
È noto, però, che il presidente M5s vorrebbe confermare il tetto dei
due mandati, che gli consentirebbe di avere più margini di manovra nella
compilazione delle prossime liste elettorali. Mentre, secondo Conte,
tra coloro che vorrebbero archiviare questa regola c’è Luigi Di Maio:
non a caso, il duro botta e risposta tra i due dell’altro ieri è stato
letto dall’ex premier come il frutto di «fibrillazioni prevedibili,
perché ci sono in campo questioni che riguardano le sorti personali di
tanti nel M5s». E il vicepresidente 5 stelle, Riccardo Ricciardi, ha
calcato ulteriormente il concetto: «Probabilmente Luigi è entrato nella
psicosi dei due mandati».
Ecco perché tra i parlamentari “contiani”, l’intervento di Grillo
viene interpretato come un stilettata a Di Maio, in particolare nel
passaggio in cui il fondatore spiega che «il dilemma può essere superato
in altri modi, senza privarsi di una regola la cui funzione è di
prevenire il rischio di sclerosi del sistema di potere, se non di una
sua deriva autoritaria, che è ben maggiore del sacrificio di qualche
(vero o sedicente) Grande Uomo». Il riferimento al ministro degli Esteri
non è esplicito, ma plausibile. Tanto che lo stesso Di Maio, capita
l’antifona, si è affrettato a smarcarsi: «Che senso ha cambiare la
regola del secondo mandato? Io invito gli iscritti a votare secondo i
principi fondamentali del Movimento – ha detto – perché questa è una
forza politica che non sta guardando al 2050, ma si sta radicalizzando
all’indietro».
Dal viaggio di ritorno da Kiev sono passate poche ore. A colazione,
sul treno arrivato al confine polacco, aveva appena salutato Olaf Scholz
ed Emmanuel Macron, dandogli appuntamento a Bruxelles la prossima
settimana. Rimesso piede a Roma, Mario Draghi ha trovato sul tavolo una
nuova grana. Entro l’inizio della settimana, probabilmente lunedì, dovrà
incontrare vari ministri per mettere a punto un piano di emergenza
energetica causato dal taglio delle forniture russe di gas. Più che un
sospetto, per Draghi la coincidenza fra la visita a Kiev e lo stop
imposto da Mosca è una certezza. La stagione estiva eviterà il peggio,
il flusso di gas in entrata è ancora ampiamente superiore a quello
consumato, ma la decisione di Mosca è un modo per mettere sotto
pressione l’Europa a poche ore da un viaggio dal forte significato
simbolico. Significa preparare il Paese a parole che sembravano
consegnate al passato: razionamento dei consumi, massimo utilizzo delle
centrali a carbone, trivellazioni in Adriatico in tempi rapidi. I
Comuni, alcuni dei quali già impegnati in distacchi temporanei delle
illuminazioni stradali, saranno indotti sempre di più a risparmiare.
Nella decisione di Mosca c’è però anche l’altra faccia della medaglia,
un’opportunità che Draghi cercherà di sfruttare al vertice dei leader
europei di giovedì e venerdì prossimo: spingere perché l’Unione accetti
la proposta italiana di introdurre un tetto al prezzo del gas. La
diplomazia italiana è rinvigorita da quello che definiscono «il successo
di Kiev», parlano di «fattore D», sperano di superare le resistenze
nordiche alla proposta italiana.
L’obiettivo, ancora non dichiarato ufficialmente ma che trapela dai
lavori degli sherpa, è ottenere una data, almeno approssimativa, in cui
battezzare il cosiddetto «price cap». Nell’ultimo Consiglio europeo il
governo era riuscito a strappare ai falchi del rigore la citazione del
taglio al prezzo nel comunicato finale, cosa che non era prevista nelle
prime versioni. Una conquista che poi era stata annacquata, per volontà
di Berlino, tra mille vincoli. Ora però Draghi è convinto si possa fare
di più, perché in meno di un mese sono cambiate radicalmente le
condizioni. Come spiega una fonte di Palazzo Chigi, ci sono almeno tre
aspetti da valutare. Il primo, il più decisivo: il taglio deciso da
Mosca ha fatto schizzare i prezzi del gas al mercato di Amsterdam,
facendoli risalire ben oltre i cento euro a megawatt ora. I secondo:
l’inflazione, che non accenna a scendere e spaventa il fronte dei Paesi
nordici, costretti a discutere di interventi della Banca centrale
europea. E infine una ragione più squisitamente diplomatica: la vittoria
incassata a Kiev sulla domanda di adesione dell’Ucraina nell’Unione.
L’astensione ai referendum si può
spiegare come una sorta di sollecitazione a forze politiche largamente
rappresentate in Parlamento a provvedere per via legislativa
Un elettore su due non è andato a
votare alle comunali, e ai referendum quattro quinti dei cittadini non
si sono presentati alle urne. Andiamo verso una democrazia meno democratica, governata da una minoranza, invece che dalla maggioranza?
Questo distacco dalla politica deriva dalla sfiducia nella possibilità
di influire sui corpi politici ai diversi livelli, oppure dalla
insoddisfazione per le proposte dei partiti, quando sono formulate, o,
invece, da una più generale anomia dell’elettorato, che viola il «dovere
civico» (così la Costituzione) di votare?
Nel secolo scorso, dal 1974, ai
referendum abrogativi si è recato a votare da un minimo del 43 a un
massimo dell’87 per cento dell’elettorato. La forbice si è attestata
nell’ultimo ventennio sul 23-54 per cento. Si è ora giunti al 21 per
cento. Ma poteva andare peggio, perché, nei comuni dove si votava per le
elezioni locali, circa il 51 per cento degli elettori ha ritirato le
schede per i referendum; se non ci fosse stato questo contributo, i
votanti per i referendum sarebbero stati circa il 15 per cento. Questa
ulteriore diminuzione dei votanti non si spiega con fantasiosi
complotti antireferendari, o con la scarsa pubblicizzazione, o con la
difficoltà dei quesiti. Si può spiegare piuttosto con altre
ragioni: diminuzione del numero dei votanti, in parallelo, nelle
votazioni politiche e in quelle referendarie; consapevolezza della
complessità della crisi della giustizia, che non può essere risolta con
un sì o con un no.
Oppure si può spiegare con la finalità
sollecitatoria dei quesiti, presentati o appoggiati da forze politiche
largamente rappresentate in Parlamento e persino partecipi della
maggioranza di governo; o con l’alta propensione all’astensione
del movimento che aveva maggiormente appoggiato la democrazia diretta,
da cui ci si poteva aspettare una forte spinta al voto (e che ha,
invece, così contribuito alla crisi dei referendum).
Peraltro, se si passa ad esaminare
i voti referendari, si può notare che vi è uno scarto di 20 punti tra i
tre ultimi quesiti (separazione delle carriere, valutazione dei
magistrati e candidature per il Consiglio superiore della magistratura),
che hanno molto in comune con la riforma Cartabia e i primi due
quesiti. Quindi, tra i votanti c’è un
largo appoggio alle proposte del governo, quasi un invito del tipo: fate
parte della maggioranza di governo, provvedete per la via legislativa.
Questo messaggio è stato recepito dal Senato che ha sollecitamente
approvato la riforma Cartabia. In questo senso, i risultati referendari
non sono stati inutili, perché hanno avuto un seguito parlamentare.
Perché il governo sta valutando l’ipotesi di alzare il livello di crisi del sistema di gas nazionale, da preallarme ad allarme? Si tratta di una misura precauzionale in risposta al taglio delle forniture di gas russo in arrivo al punto di Tarvisio. È il secondo stadio del piano di emergenza nazionale sul gas.
Chi lo decide? Potrebbe
essere deciso direttamente dal ministro della Transizione ecologica,
Roberto Cingolani, come prevede una recente norma approvata dal
Consiglio dei ministri. Oppure stabilito collegialmente dal Comitato di
emergenza sul gas che si riunirà martedì. In caso di passaggio alla
soglia di allerta superiore cambia poco: i flussi di gas saranno sottoposti a monitoraggio più stretto
e sarà attivato uno scambio di informazioni continuo. Non è ancora
chiaro se la riduzione dei flussi dai gasdotti russi sia provvisoria o
strutturale. I volumi sono in linea con l’anno passato. Si osserva solo
un disallineamento tra le richieste del principale operatore, l’Eni, e
la materia prima che arriva dal fornitore russo Gazprom. Anche in
considerazione del fatto che siamo al di sotto della quota di
riempimento degli stoccaggi rispetto all’anno scorso e dunque l’Eni sta
«tirando» su la richiesta per accelerare sugli stoccaggi. Siamo al 54%,
entro settembre dobbiamo raggiungere il 90% per garantirci un inverno
tranquillo quando la domanda di gas sale per effetto dell’uso del metano
per i riscaldamenti.
La strategia
Perché siamo di fronte a uno scenario che implica maggiore attenzione? Ogni Paese europeo ha l’obbligo di dotarsi di un dettagliato piano di emergenza per quanto riguarda le forniture di gas, che prevede tre livelli: quando si verificano riduzioni di flussi o aumenti significativi della domanda, al preallarme segue l’allarme e se la situazione si aggrava si arriva alla dichiarazione di emergenza. Nei primi due livelli le contromisure sono sempre «di mercato», nel terzo si può arrivare a disposizioni più radicali. Al livello di allarme Eni e altri operatori possono «aumentare le importazioni, utilizzando la flessibilità dei contratti in essere»; «ridurre la domanda di gas derivante da contratti interrompibili di natura commerciale»; «impiegare combustibili di sostituzione alternativi negli impianti industriali». Il ministero della Transizione può chiedere a Snam di «attivare i contratti eventualmente stipulati per la riduzione della domanda gas, basati sulle misure di contenimento volontario della domanda da parte dei clienti finali industriali».
di Francesco Battistini, Lorenzo Cremonesi, Andrea Nicastro
Le notizie di sabato 18 giugno sulla
guerra, in diretta. Von der Leyen sente Zelensky dopo sì a candidatura
Ue. La famiglia dell’ex sergente Usa Drueke in mani russe: «È vivo»
• La guerra in Ucraina è arrivata al 115esimo giorno. • Missione storica dei tre leader europei — Draghi, Scholz e Macron — che giovedì 16 giugno hanno incontrato a Kiev il presidente ucraino Zelensky. • Kiev informa che «la lotta feroce per il Lugansk continua» e i russi stanno attaccando da nove direzioni. • Sì di Bruxelles allo status di «paese candidato» per Ucraina e Moldavia • La Russia ha tentato di infiltrarsi con una spia nella Corte internazionale dell’Aja. • Enel cede la partecipazione del 56,4% in Russia per 137 milioni di euro • Boris Johnson: «Addestreremo migliaia di ucraini in pochi mesi». • Il discorso di Putin al Forum di San Pietroburgo: «Finito il mondo dominato dagli Usa». • Johnson sfida Putin: «Addestreremo migliaia di ucraini». • Mosca: «L’Ucraina con i confini di prima non c’è più»
Ore 09:35 – Kiev: negoziati a fine agosto dopo nostra controffensiva
Il capo della squadra negoziale con la Russia sulla guerra, David Arahamiya,
ha affermato che l’Ucraina potrebbe riprendere «a fine agosto» i
colloqui con i russi, sospesi di fatto dopo i colloqui a Istanbul il 29
marzo, dopo una serie di controffensive in alcuni posti. «Fine agosto –
ha risposto sulla ripresa dei colloqui il capo negoziatore a Voice of America, ripresa da Ukrainska Pravda -. Non vogliamo condividere i nostri piani con i russi ma penso che condurremo una controffensiva in alcuni luoghi».
Ore 09:34 – Gazprom: forniture gas a Europa via Ucraina ridotte
Gazprom ha annunciato che le forniture di gas verso l’Europa attraverso
il punto di ingresso di Sudzha in Ucraina hanno registrato una
riduzione e si attestano a 41,4 milioni di metri cubi rispetto ai 41,9
milioni di metri cubi di venerdì. Secondo quanto scrive Reuters, Gazprom
ha fatto richiesta di fornire gas da un altro punto di ingresso, quello
di Sokhranovka, ma la richiesta è stata rigettata dall’Ucraina.
Ammonterebbero a 33.350
le perdite fra le fila russe dal giorno dell’attacco di Mosca
all’Ucraina, lo scorso 24 febbraio. Lo rende noto il bollettino quotidiano dello Stato Maggiore delle Forze Armate ucraine,
diffuso su Facebook, che riporta cifre che non è possibile verificare
in modo indipendente. Secondo il resoconto dei militari ucraini, a oggi
le perdite russe sarebbero di circa 33.350 uomini, 1.465 carri armati,
3.573 mezzi corazzati, 739 sistemi d’artiglieria, 233 lanciarazzi
multipli, 98 sistemi di difesa antiaerea. Stando al bollettino, che
specifica che i dati sono in aggiornamento a causa degli intensi
combattimenti, le forze russe avrebbero perso anche 216 aerei, 180
elicotteri, 2.513 autoveicoli, 14 unità navali e 594 droni.
Ore 09:13 – Difesa Gb: Russia riprende avanzata da Sud su Izium
La Russia nelle ultime
48 ore sta riprendendo i suoi sforzi per avanzare da sud, sulla città di
Izium con l’obiettivo di penetrare più in profondità nella regione di
Donetsk e avvolgere l’area attorno alla città assediata di Severdonetsk,
anche da nord, ha affermato su Twitter il ministero della Difesa
britannico. Il ministero ha aggiunto che la Russia offre ai civili
ucraini intrappolati nella città di usare i corridoi unilaterali diretti
verso le aree occupate ma per chi non accetterà l’offerta di andarsene
attraverso questa via la Russia potrebbe decidere di non fare
distinzione tra loro e qualsiasi obiettivo militare ucraino nell’area.
Ore 08:47 – Olena Zelenska: «Io bersaglio numero 2 Mosca? Capaci di tutto»
«Quando vedi i loro crimini, forse sono davvero capaci di tutto»: lo ha detto la first lady ucraina Olena Zelenska rispondendo a una domanda del Guardiansul fatto di essere l’obiettivo numero due della Russia. «Ho la sensazione di trovarmi in una realtà parallela», ha affermato.
«Onestamente? No. Non
potevo credere che sarebbe successo. Non avevo nemmeno il passaporto
pronto», ha aggiunto parlando della notte dell’inizio dell’invasione
russa. «Avevo la sensazione di essere dentro una realtà parallela, come
stessi sognando, una sensazione surreale… come se stessi giocando a un
gioco per computer e dovessi superare determinati livelli per
ritrovarmi a casa. Ma stavo anche tenendo tutto insieme, e ho avuto
questo strano sorriso sulla faccia tutto il giorno, perché stavo
cercando di non mostrare il panico ai bambini. Abbiamo solo seguito gli
ordini della sicurezza, siamo andati dove ci era stato detto», ha
spiegato a tre mesi dall’inizio dell’invasione.
Dopo aver ricevuto brevi istruzioni dal marito, il presidente Volodymyr Zelensky,
ha raccontato di essere rimasta sola e di essere andata a controllare i
due figli, Kyrylo di nove anni e Oleksandra di 17 anni. Erano già
svegli e vestiti, e sembravano capire cosa stesse succedendo, ha
spiegato al Guardian. Soltanto la sera di quel 24 febbraio ha potuto
rivedere suo marito, brevemente, ma la first lady ancora oggi non ha
svelato dove avvenne l’incontro. Zelenska venne trasferita in un luogo
sicuro e in quei giorni ha temuto di non rivedere più il marito.
Ore 08:22 – I missili russi su Odessa
Che la guerra scatenata
dalla Russia contro l’Ucraina vada ben oltre i confini del Donbass lo
testimonia ancora una volta — se ce ne fosse bisogno — quanto avvenuto
poche ore fa. Nella notte, la regione di Odessa è stata attaccata dall’esercito russo con
missili da crociera. I razzi sono stati abbattuti dalla contraerea
ucraina, secondo quanto riferito dal Comando operativo Sud di Kiev.
«Due missili Onyx lanciati dal complesso costiero nel territorio
della Crimea occupata sono stati distrutti in aria dall’unità di difesa
aerea», si legge nella nota del Comando. L’attacco potrebbe essere una
sorta di «rappresaglia» dopo che nella giornata di ieri l’Ucraina ha
abbattuto una nave della Marina russa, mentre stava portando armi e
rifornimenti nella strategica Isola dei Serpenti.
I primi conguagli arriveranno tra agosto e settembre ma solo per i titolari di pensioni che abbiano inviato il proprio modello 730 a ridosso dell’apertura della finestra delle dichiarazioni.
Per i titolari di assegno pensionistico, così come per i lavoratori dipendenti e collaboratori, è in arrivo il ricalcolo
delle imposte Irpef e dei contributi Inps in base al reddito percepito
nell’anno di imposta e, dunque, sino al mese di dicembre. Il conguaglio,
però, avverrà con tempi differenti tra le diverse categorie di
contribuenti.
Ma cosa è il conguaglio sulla pensione e come ottenerlo? Andiamo un po’ nel dettaglio…
Cosa è il conguaglio sulla pensione
In
base ai redditi effettivamente dichiarati con il modello 730 del 2022
(valevole, dunque, per il periodo di imposta dal 1 gennaio al 31
dicembre 2021) viene calcolato un conguaglio che può essere:
a credito,
nel caso in cui il contribuente, grazie alle detrazioni, abbia pagato
più tasse di quelle dovute ha diritto al rimborso delle cifre versata in
eccesso
a debito,
nel caso in cui il saldo sia negativo e, dunque, si siano pagate meno
tasse e in questo caso vengono applicate delle trattenute aggiuntive a
quelle già effettuate.
Nei fatti, i titolari di sole pensioni e di nessuna altra tipologia di reddito certamente non avranno conguaglio a debito.
Inoltre, come ricordato in un precedente articolo de IlGiornale.It, a partire dal primo gennaio 2022 è ripartita la perequazione piena delle pensioni,
che, a causa di un’inflazione negativa dello 0,3% nel 2020, era stata
congelata. La perequazione viene applicata in maniera decrescente al
salire delle pensioni una rivalutazione del +1,7% e logicamente ciò
comporterà anche una diversità di importi sui cedolini.
Come ottenere il conguaglio e con quali tempistiche
I conguagli saranno accreditati direttamente
sulle pensioni e ciò è dovuto anche al fatto che l’Inps, cioè il
soggetto che eroga l’assegno previdenziale, funge da sostituto di
imposta nei loro confronti. Nei fatti, pertanto, non occorre fare nulla se non aspettare, ricordandosi (come scritto in un articolo di Money.It) che, solitamente, i titolari di pensione ottengono il conguaglio dopo che questo è stato versato ai lavoratori dipendenti.
C’è aria di recriminazioni dentro la Banca centrale europea,
in attesa della riunione di oggi dove si deve precisare la linea per
frenare la corsa dei prezzi. Sì, avevamo sottovalutato l’inflazione, ha
già ammesso giorni fa la presidente Christine Lagarde. Non era
“temporanea” come si era previsto, è persistente. Ma senza l’invasione
russa dell’Ucraina, come sarebbero andate le cose? I “falchi” del
consiglio Bce, fautori della linea dura, hanno implicitamente messo
sotto accusa il capo economista, l’irlandese Philip Lane, che è una
“colomba”.
Forse senza guerra i prezzi dell’energia sarebbero calati; e
ricordiamoci che in Occidente solo i servizi di informazione americani
erano certi dell’invasione; gli altri non ci credevano. D’altra parte i
“falchi” più accaniti di allarmi sull’inflazione ne avevano lanciati a
più riprese da sette anni, ovvero da quando Mario Draghi aveva dato il
via al “quantitative easing” (gli acquisti massicci di titoli per
sostenere l’economia). Sicché non c’è da stupirsi che, come nella nota
favola di Esopo “Al lupo, al lupo”, non siano stati più creduti quando
il lupo è comparso davvero.
Comunque la si pensi, il rischio di essere in ritardo c’è. Per una
banca centrale è un rischio serio perché prima ci si muove meno si fa
danno: un rialzo modesto, che non freni troppo l’economia, può essere
sufficiente solo se molto tempestivo. La Bce si è legata finora a un
calendario che prevede il primo ritocco ai tassi di interesse nella
successiva riunione di luglio, e probabilmente oggi lo confermerà. I
falchi premono per cominciare con mezzo punto; quasi di certo a
maggioranza il consiglio sceglierà 0,25. Due rate successive sempre di
un quarto di punto dovrebbero seguire fino alla fine dell’anno;
lasciando spazio per cambiare strada se per caso la guerra finisse e i
commerci mondiali ritornassero più sereni. Teniamo presente che anche
così, come ha sottolineato il governatore della Banca d’Italia Ignazio
Visco, «le condizioni di finanziamento dell’economia resteranno comunque
ampiamente favorevoli». Si tornerà a un livello di tassi di interesse
pressoché normale nel confronto storico: nell’area euro si ritiene che
basti questo per esercitare un effetto anti-inflazionistico sufficiente.
Diversa la situazione negli Stati Uniti, con un’economia assai più
dinamica che avrà bisogno di una stretta forte per scoraggiare altri
ritocchi ai prezzi: il pericolo di strafare dopo essersi mossi in
ritardo è più pesante.
Alzare il costo del denaro raffredda gli eccessi di euforia che fanno
salire i prezzi. In Europa, la Bce lo sa bene, l’inflazione viene
soprattutto dall’alto costo dell’energia, che è colpa della Russia e sul
quale i tassi di interesse non hanno effetto. “Soprattutto” quanto? La
discussione interna verte soprattutto su quanto altro ci sia oltre
all’effetto Putin. Nell’esecutivo Bce Isabel Schnabel, tedesca di idee
innovative, per prima ha sostenuto che anche in Europa si è mostrato un
eccessivo potere di mercato delle imprese, capace di ritoccare
facilmente all’insù i listini.