Archive for Giugno, 2022

Guerra senza vincitori: gli Stati Uniti non vogliono una Russia disfatta e instabile ma non possono permettere che si prenda mezza Ucraina

sabato, Giugno 4th, 2022

Lucio Caracciolo

Nessuno vince. Né al grado strategico, che vede Russia e Stati Uniti duellare per procura contro e per l’Ucraina, né su scala continentale, dove si tratta solo di stabilire quanto più instabili, impoveriti e insicuri diventeremo noi tutti. Sarà interessante constatare quanto dell’impegno morale che abbiamo assunto verso il Paese aggredito resterà dopo il silenzio delle armi.

Quanto allo scontro strategico Usa-Russia, premessa d’obbligo. Come definitivamente dimostrato quasi settant’anni fa dal presidente Dwight “Ike” Eisenhower nell’esercitazione strategica segreta Solarium Exercise, peggio della sconfitta nella guerra contro Mosca c’è solo la vittoria. Perché gli americani rifiuterebbero di accollarsi il colosso atterrato. Cos’altro significherebbe assumersi la responsabilità della Russia se non gravame geopolitico, economico, identitario, che volgerebbe gli Stati Uniti in caserma del mondo? “Ike” verbatim: «Che cosa ne faremmo della Russia, se vincessimo in una guerra globale?». Svolgimento: la «vittoria» totale produrrebbe «una grande area devastata e distrutta dall’Elba a Vladivostok e giù attraverso l’Asia del Sud-Est, senza governo, senza comunicazioni, solo uno spazio di fame e disastro. Io vi chiedo, che ne farebbe il mondo civile?». Domanda oggi meno astratta di ieri.

Di qui le voci che nell’establishment a stelle e strisce avvertono dei rischi derivanti dalla tentazione di farla finita con la Russia. Nella sintesi di Richard Haass, presidente del Council on Foreign Relations: «Gli Stati Uniti e i loro partner devono definire e anzi limitare i loro obiettivi in Ucraina. Ciò significa smettere la chiacchiera sul cambio di regime a Mosca. Dobbiamo occuparci della Russia che abbiamo, non di quella che preferiremmo». Nella volgarizzazione del neotrumpiano J. D. Vance, autore della memorabile Hillbilly Elegy, oggi candidato al Senato: «Penso sia ridicolo fissarsi sul confine dell’Ucraina. Devo essere onesto con voi: non me ne importa proprio nulla di quel succede in Ucraina, in un senso o nell’altro».

Per il Numero Uno impegnato in vitale competizione con la Cina, il conflitto ucraino viene dopo. La recente tournée asiatica di Biden, con quel “sì” lasciato cadere alla domanda se Taiwan sia sotto protezione militare americana, ha accelerato la dinamica della collisione. Sicché gli strateghi americani vedono nel prolungamento della guerra in Ucraina più problemi che vantaggi. Li preoccupa la prospettiva di doversi impegnare nuovamente nella stabilizzazione dell’Europa che dopo la vittoria nella guerra fredda presumevano «fixed», compattamente inquadrata nel sistema americano. Nei laboratori d’intelligence si cominciano a temere le conseguenze impreviste quanto prevedibili degli allargamenti a gogò, nella nobile gara fra braccio militare (Nato) e geoeconomico (Ue) dell’informale impero europeo dell’America a chi pianta prima la sua bandiera nelle terre adiacenti al Cremlino.

Più ampio il fronte, più impegnativo proteggerlo, più facile l’infiltrazione nemica, sia russa o cinese. E meno credibile il favoloso ombrello cantato nell’interpretazione demotica dell’articolo 5 del Trattato di Washington, che non garantisce un bel nulla. Nel prossimo vertice Nato di Madrid Biden vorrà assegnare a britannici, polacchi e baltici la vigilanza avanzata sul fronte russo, senza impegnare troppi mezzi e truppe a ridosso della cortina d’acciaio – versione aggiornata della classica linea rossa Stettino-Trieste, solo molto più a Est e a Nord. Così Washington si espone al rischio che la provetta sezione antirussa del suo impero europeo lo costringa allo scontro diretto con Mosca.

I confini fra Ucraina e Federazione Russa non valgono per Washington la terza guerra mondiale. E la scomparsa della Russia metterebbe in questione il senso della Nato, inventata per contenerne la minaccia. Allo stesso tempo, lasciar troppo spazio ai russi e tradire gli ucraini sarebbe macchia incancellabile sul marchio America. Ognuno ha le sue alternative del diavolo.

Quanto al teatro bellico. Il risorgimento ucraino scrive le sue pagine di gloria. Zelensky superstar in Occidente. La Storia riconoscerà ai suoi combattenti di aver violato il dogma d’invincibilità del soldato russo. Di aver esposto al mondo la facciata di cartapesta della presunta superpotenza, maschera di abissali fragilità, come nei leggendari villaggi Potëmkin. Ma la liberazione del Donbas, se mai possibile, è lontanissima. Forti concentramenti di truppe ucraine sono accerchiati dai russi. In Ucraina orientale e meridionale lo scontro è aperto. Spetterà poi a Zelensky e a Putin vestirlo di gloria in simmetria indifferente ai fatti. Comunque finisca.

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Stangata d’estate, quanto si spenderà per lettino e ombrellone? Ecco le spiagge più costose e quelle più a buon prezzo

sabato, Giugno 4th, 2022

Giacomo Galeazzi

ROMA. Estate 2022: si resta prevalentemente in Italia, prevalgono nelle scelte le spiagge a pagamento ma preoccupa il caro tariffe. Altroconsumo, l’associazione per la tutela e difesa dei consumatori più diffusa in Italia, verifica le tariffe praticate dagli stabilimenti balneari nelle mete turistiche tradizionali. Le località sono Lignano, Rimini, Senigallia, Viareggio, Palinuro. Alassio, Gallipoli, Alghero. Taormina e Giardini Naxos e Anzio. La località più cara è Alassio. Facendo una media delle prime quattro file di lettini, si spendono 323 euro. Contro i 129 di Senigallia, località meno cara. Seguono Gallipoli (282), Alghero (194) e Viareggio (184). Le località meno care sono, dopo Senigallia, Rimini (131), Lignano (142) e Anzio (159). Sono state inoltre messe a confronto le tariffe di quest’anno con quelle dello scorso anno. Prendendo a riferimento il costo medio, in spiaggia, delle prime quattro file. In tutte le località sono stati riscontrati aumenti. Complessivamente pari al 10%. Ma molto differenziati in relazione alla località. A Palinuro l’aumento è stato del 18%. L’anno scorso la spesa media era di 143 euro. Contro i 169 di quest’anno. Seguono Rimini, Alassio e Alghero. Rispettivamente con il 14%, 13% e 12%. Nelle altre località l’aumento si attesta tra il 5% di Lignano e il 7% di Taormina e Giardini Naxos.

Stangata in arrivo
La scure del caro tariffe incombe sulle vacanze degli italiani. Spiega: Federico Cavallo (Altroconsumo): «Nel suo insieme il ddl concorrenza è una misura fondamentale per il rilancio e l’innovazione. Ma, riguardo alle concessioni balneari, le misure per i consumatori rischiano di rimanere sul bagnasciuga». E aggiunge: «l’articolo 2 del provvedimento mette al centro la varietà e qualità dei servizi ai consumatori. Premiando l’attenzione all’ambiente. Alla disabilità. All’inclusione. però ci sono forti rischi nella formula uscita dall’accordo tra le forze politiche sui contenziosi. Con un testo vago che offre, di fatto, una scappatoia. In grado di sospendere la liberalizzazione almeno per un altro anno».

Concessioni
Le aspettative degli italiani riguardo i risultati della riforma sono piuttosto negative. Più della metà (il 52%) pensa che le tariffe degli stabilimenti aumenteranno. Solo il 4% che diminuiranno. Allo stesso tempo i cittadini non prevedono un miglioramento della qualità dei servizi offerti. Secondo la maggioranza (65%), questi rimarranno sugli standard attuali. Per quanto riguarda il ricambio dei gestori, il 43% degli italiani ritiene che verrà stimolato un maggiore rinnovamento. Ma una quota simile (il 36%) non prevede particolari cambiamenti.

Servizi
«La concorrenza è fondamentale in questo settore. Sia per portare il miglioramento dei servizi. Sia per affrontare il tema dei prezzi- puntualizza Cavallo-. Ma ora serve una riforma vera per favorire, finalmente, un’offerta di servizi maggiormente variegata. E per dare alle persone più possibilità di scelta». Un quadro diverso, secondo Cavallo, «da quello attuale». Dove, «a fronte di scarso o nessun miglioramento del servizio, i prezzi sono comunque in aumento. A scapito dei diritti degli utenti dei servizi balneari». Insomma vacanze 2022 tra inflazione e tariffe rialzate. La stagione estiva è alle porte. In piena crisi (effetto Covid e guerra in Ucraina) quest’anno più che mai gli italiani ponderano le loro scelte. Programmando con oculatezza le vacanze, che in molti passeranno sulle spiagge della penisola. Nel frattempo il Parlamento si occupa del ddl delega sulla concorrenza. Che ha nelle concessioni balneari uno dei punti cardine.

Gestori
Altroconsumo ha indagato sui lidi balneari. Per guidare gli italiani nella scelta delle proprie mete estive. Analizzando al contempo la loro opinione intorno al tema delle concessioni. Che dovranno essere soggette a revisione entro la fine del 2023. A suscitare preoccupazione sono le tariffe applicate dai gestori degli stabilimenti. Con un marcato aumento dei prezzi rispetto all’anno scorso. L’obiettivo è capire che estate sarà dal punto di vista di un comparto chiave per l’Italia. Occorre, quindi, partire dalle abitudini di scelta. Individuando le preferenze di coloro che trascorrono le vacanze in località balneari italiane. E la propensione alla spesa. La riforma delle concessioni balneari non suscita particolari speranze. E ciò influenza le aspettative degli italiani su prezzi e qualità dei servizi. Tendenzialmente i vacanzieri preferiscono spiagge a pagamento come meta per le proprie ferie estive.

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Il “malessere” e i forfat della Regina alle celebrazioni del Giubileo di Platino. Come sta davvero Elisabetta?

sabato, Giugno 4th, 2022

Daniela Lanni

Mentre in Inghilterra proseguono i festeggiamenti per il Giubileo di Platino che celebrano i leggendari 70 anni di regno della Regina Elisabetta II, si susseguono dubbi e domande sullo stato di salute della sovrana. In due giorni ha saltato due importanti appuntamenti: ieri la messa di ringraziamento alla cattedrale di Saint Paul di Londra, oggi il Derby di cavalli di Epsom. Lo guarderà in tv da Windsor, ha detto Buckingham Palace.

I forfait a questi impegni, che rappresentano parte integrante delle celebrazioni, hanno rilanciato voci, speculazioni e complottismi. Ma non bisogna dimenticare che la monarca ha ben 96 anni, nonostante agli occhi del mondo sembri invincibile. Sulle spalle ha 70 anni di regno, un traguardo unico che mai nessuno oltremanica ha raggiunto. Non solo. Ora è a meno di due anni dal record di longevità sul trono nella Storia, quello di Luigi XIV (72 anni e 110 giorni). Ma l’età c’è, quindi, la domanda più ricorrente degli ultimi mesi è sempre la stessa: come sta davvero la sovrana? 

Secondo Buckingham Palace, giovedì Elisabetta ha accusato un «certo malessere» dopo aver assistito dal balcone della sua residenza ufficiale nel Regno Unito, alla parata di Trooping the Colour che ha aperto le celebrazioni del Giubileo di Platino. «Tenuto conto del viaggio e delle attività richieste per partecipare» ha spiegato il portavoce «con grande riluttanza» la Regina ha rinunciato alla messa nella cattedrale di St. Paul. La sovrana ha comunque partecipato in serata, a Windsor, alla simbolica accensione di uno dei quasi 4mila falò in suo onore nel Regno Unito e negli altri Paesi del Commonwealth. Oggi, però, non potrà presenziare anche alla corsa di cavalli di Epsom. Perché? Per una scelta conservativa e non dettata da un malore improvviso, pare.

Di ufficiale si sa che Elisabetta accusa «occasionali problemi di mobilità», tanto che ormai quando appare in pubblico si appoggia sempre a un bastone, e l’agenda per questi festeggiamenti è molto impegnativa. Quindi gli spostamenti degli ultimi giorni non le hanno giovato. Anzi. Basti pensare che Elisabetta è arrivata l’altro giorno nella sua residenza di Windsor in aereo dall’altra tenuta scozzese di Balmoral; ieri mattina ha viaggiato da Windsor a Londra, poi sempre ieri, in serata, è tornata a Windsor. Oggi avrebbe dovuto fare di nuovo il tragitto opposto verso la capitale per poi ritornare nel suo castello fuori città, dove risiede dall’inizio della pandemia. 

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Ruffini (Agenzia Entrate): “In 19 milioni hanno debiti con il Fisco”. Evasori: “Non serve il carcere, meglio lavorino”

sabato, Giugno 4th, 2022

MILANO – In Italia ci sono 19 milioni di persone che in un modo o nell’altro rientrano nella categoria degli “evasori”, perché hanno almeno una cartella esattoriale. Non si può pensare di rinchiuderli tutti in carcere, meglio che lavorino per ripagare la collettività. E’ il concetto espresso dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, che non crede che la pena detentiva sia la soluzione: “La pena detentiva per chi non paga le tasse non mi ha mai convinto. Preferisco mettere in carcere l’evasore così poi fallisce l’attività o farlo lavorare finché non ripaga la collettività?”.

Parlando giovedì 2 giugno al Festival Internazionale dell’Economia – dove ha presentato il suo libro Uguali per Costituzione. Storia di un’utopia incompiuta dal 1948 a oggi, a cura di Feltrinelli, al Circolo dei lettori – ha ricordato la cifra di 19 milioni di soggetti con almeno una cartella esattoriale, e aggiunto: “Hanno fatto i maramaldi per tanti anni, usiamo strumenti che li facciano rientrare in carreggiata. Li abbiamo individuati”, spiega Ruffini. “Il mio sistema ideale è quello in cui i cittadini sanno che chi non paga viene intercettato e l’azione viene punita. Chi è poi così autolesionista da evadere?”

Ruffini è soddisfatto dell’andamento delle dichiarazioni dei redditi precompilate, “procedono bene, i cittadini acquisiscono familiarità con questo strumento”. Sulla riforma del Fisco, giudizio sospeso: “E’ una delega, aspettiamo di vedere la norma delegata per esprimere un giudizio. La cosa a cui tengo di più è la riorganizzazione delle norme”. “Prima bisogna fare ordine, poi si può vedere quali norme si possono cambiare. Altrimenti si fa altra confusione”, ha osservato.

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Ucraina-Russia, chi dimentica le vittime

sabato, Giugno 4th, 2022

di Furio Colombo

Putin non c’entra: intere marce pacifiste mostrano di non sapere neppure che esiste oppure che abbia un ruolo da discutere, in tutta questa enorme e tragica vicenda. La storia dell’aggressore e dell’aggredito è stata accantonata da un pezzo con un po’ di fastidio (sì, e allora?) oppure rimossa del tutto perché non serve a celebrare la pace, anzi porta umori aggressivi, di guerra. È una affermazione che scarica dannosi sentimenti di vendetta. Inoltre più ti interessi di guerra (chi spara, chi muore, chi scappa) più ti distacchi dal popolo, che respinge la guerra (ti dicono gli intenditori di popoli) e vuole la pace perché non gli interessa nulla di tutto quello che cercano di portarsi via a vicenda i contendenti. Trasformata in questo modo, la celebrazione della pace, quando qualcuno sta morendo sotto i colpi di un attacco violento, cambia di colpo il paesaggio: l’attaccante diventa parte della natura (le cose succedono e non puoi correre dietro a tutto e pretendere di controllare tutto) e l’aggredito, con il tentativo di difendersi, diventa – anche se perde – il vero agente di violenza in questa scena, specialmente se insiste e resiste. Fa male a se stesso e fa male agli altri, insomma è la guerra.


Il caso si complica se qualcuno corre in soccorso. Primo, prolunga i combattimenti e ci spinge verso il rischio che la mattanza non finisca più. Secondo, mentre i nuovi pacifisti non mostrano alcun interesse per chi ha iniziato la guerra (il loro pensiero è che, siccome la guerra c’è già, è alla pace che bisogna pensare, non alle possibili cause o ragioni di una guerra che non serve discutere) sono attentissimi verso chi corre in soccorso. Credono di sapere con certezza che quello è il punto in cui tutto comincia davvero, e dunque lo spazio che il pacifismo deve occupare per fare davvero la pace. Terzo, il soccorritore, è l’avversario da respingere in quanto produttore di guerra. In questo senso il nuovo pacifismo è implacabile. Se ti interessa la pace devi avere come avversario chi, invece della pace, vuole protezione di chi è sotto i colpi di una invasione.
Naturalmente il soccorritore si impegnerà a inviare strumenti di difesa. E a questo punto il nuovo pacifismo si sente il dovere di condannare la catena dei soccorsi in quanto mercato delle armi, ovviamente interessato e deliberatamente orientato agli affari e alla guerra, che diventa il male.


Siamo dunque rapidamente discesi, lungo una scala bene organizzata, dal livello dell’invasione armata di un Paese indifeso a quello della difesa deliberatamente messa in atto perché ci sia più guerra. Ovvio che questa incredibile situazione non è un progetto del pacifismo come valore e come speranza. È un trappolone nel quale una rete molto abile di personaggi, ancora ben radicati nell’antica guerra fredda, è riuscita a spingere e a trattenere una massa di giovani (molti cattolici) forse troppo giovani per riconoscere il linguaggio dei tempi in cui “il male assoluto” non era il regime sovietico ma erano gli Stati Uniti in quanto leader di un capitalismo antisovietico (l’America da Roosevelt a Kennedy a Carter per intenderci). Ma se uno dei protagonisti è l’America, entra in scena l’utile strumento del servilismo. Ogni obbedienza ai suggerimenti e gli strumenti americani per parare le botte del nuovo tipo di attacco, viene visto come servile sottomissione agli affari americani e alla volontà americana. L’obbedienza servile contagia rapidamente la Nato, alleanza di difesa nata durante la Guerra fredda quando nessuno si faceva illusioni sulle buone intenzioni della Russia. E coglie il bersaglio dei leader europei che non fingono di non sapere e di non vedere, come il leader italiano, ciò che effettivamente sta accadendo. Sta accadendo che la Russia, che ha attaccato e invaso all’improvviso un Paese vicino dedicandosi alla meticolosa distruzione di città, villaggi e persone, sia diventato il lato giusto della pace, quello a cui appoggiarsi per ottenere il sentimento di fare la cosa giusta. Che l’operazione sia artificiosa (certo lo è nelle mani di coloro che la guidano, non di tanti militanti) lo dimostrano le parole di alcuni discorsi chiave della nuova e triste epoca pacifista.

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Grano ucraino, le condizioni di Putin: “Dai miei porti o dalla Bielorussia”

sabato, Giugno 4th, 2022

dalla nostra inviata Rosalba Castelletti

MOSCA – Rimanda le accuse al mittente, gioca sui numeri, prospetta scenari. Ancora una volta il presidente Vladimir Putin rimesta le carte sul tavolo. Stavolta la partita è quella del grano, legata a doppio filo con quella che Mosca chiama “operazione militare speciale” e con le sanzioni varate in risposta dall’Occidente. I prezzi dei cereali e degli oli vegetali sono schizzati alle stelle dopo tre mesi di offensiva in Ucraina. La Fao prevede da otto a 13 milioni di persone denutrite in più se la crisi dura. E l’Onu teme “un uragano di carestia”, soprattutto nei Paesi africani che importano più della metà del loro grano da Kiev e Mosca. Ma i semafori sono rossi. Le navi non partono più dall’Ucraina che era il quinto esportatore di grano al mondo e da solo forniva il 46% del commercio mondiale di olio di semi e di girasole prima che la Russia lanciasse la sua offensiva. Tanto che Macky Sall, il presidente senegalese a capo dell’Unione Africana, ieri è volato a Sochi per perorare i timori del continente dell’impatto della paventata crisi alimentare mondiale tornando a casa “molto rasserenato e molto felice” dopo il vertice di tre ore con il presidente russo.
Putin non ci sta a diventare il capro espiatorio. Un po’ pokerista, un po’ judoka, intervistato dalla tv di Stato Rossija 1 a margine del suo incontro con Sall, prima attacca l’Occidente – usando un modo di dire russo – di tentare “di spostare i problemi da uno malato di mente a uno sano”. Perché, se è vero che c’è “una situazione sfavorevole del mercato alimentare mondiale” – la chiama così – è iniziata con l’esplosione della pandemia di coronavirus nel febbraio 2020. E le sanzioni, compreso il sesto pacchetto varato dalla Ue in risposta all’intervento russo in Ucraina, sostiene, non fanno che “peggiorare la situazione sui mercati globali”. Parla di “bluff” e inizia a snocciolare cifre: dal momento che il mondo produce 800 milioni di tonnellate di grano, se l’Ucraina era pronta a esportarne 20 milioni tonnellate, parliamo – dice – “del 2,5 per cento”. Ma in realtà, sostiene lui, Kiev potrebbe esportare solo cinque, sei, al massimo sette milioni di tonnellate di mais. Poi sventaglia un poker di opzioni per sbloccare le esportazioni di grano. In primo luogo, attraverso i porti ancora sotto il controllo ucraino, come Odessa, purché le acque vengano “sgomberate” da Kiev: sminati i fondali e rimosse le “navi deliberatamente affondate”. In cambio, la Russia consentirebbe “il passaggio sicuro delle navi nelle acque internazionali”. “Siamo pronti a farlo, non sfrutteremo la situazione di sminamento per lanciare attacchi dal mare”, assicura Putin. Seconda possibilità, attraverso i porti ucraini di Mariupol e Berdjansk che si affacciano sul Mar d’Azov che sbocca nel Mar Nero, conquistati da Mosca nei primi cento giorni di “operazione militare speciale”. Oppure grazie al trasporto sul Danubio “via Romania”, ma anche “via Ungheria” o “via Polonia”.
Infine, cala l’asso. “Ma la cosa più semplice, facile ed economica, sarebbe l’esportazione attraverso il territorio della Bielorussia”, sottolinea rilanciando la disponibilità espressa già in mattinata dal leader alleato Aleksandr Lukashenko in quella che sembra una manovra a tenaglia. “Da lì puoi andare nei porti baltici, poi nel Mar Baltico e poi in qualsiasi parte del mondo”. Ma per questo, insiste, “è necessario rimuovere le sanzioni dalla Bielorussia”.

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Salvini: niente al viaggio a Mosca «Ho deciso con i vertici della Lega»

sabato, Giugno 4th, 2022

Il leader della Lega: Le sanzioni fanno più male all’Italia che alla Russia

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Matteo Salvini non andrà a Mosca. Dopo le polemiche seguite alle indiscrezioni su un suo possibile viaggio in Russia il leader della Lega fa marcia indietro. «Avevo annunciato che ci sarebbe stata la possibilità di un viaggio in Turchia e in Russia per confrontarmi con soggetti istituzionali — spiega Salvini a Il Piccolo e al Messaggero Veneto, in occasione del tour elettorale in Fvg – — due gli obiettivi: distensione e difesa dell’interesse nazionale italiano. Preso atto delle reazioni scomposte dei colleghi di governo, mi sono confrontato con i vertici della Lega e abbiamo convenuto di imboccare altre strade. Il piano di pace proposto a Mosca dall’Italia è stato cestinato dopo dieci minuti e la Russia preferisce parlare con Parigi e Berlino anziché con Roma: questa è la fotografia attuale e sono preoccupato. Con lo spread ai massimi dal 2018, con la benzina ben sopra i 2 euro al litro, bollette di luce e gas alle stelle, inflazione al 7% e rischio chiusura di molte fabbriche, fare di tutto per fermare la guerra e tornare alla pace per l’Italia è questione di vita o di morte».

Salvini sostiene anche che «le sanzioni contro Mosca stanno facendo più male all’Italia che alla Russia: sembra paradossale, ma è così». «Trovo incredibile – conclude Salvini – che, in questo scenario, per la sinistra il problema sia la Lega che lavora per la pace». Il leader del Carroccio non preoccupato per i sondaggi che danno la Lega in calo: “Non ho mai dato troppo peso ai sondaggi, nemmeno quando davano la Lega in forte crescita, e ai freddi numeri preferisco la reazione della gente che nelle piazze e nei mercati mostra sempre interesse e attenzione per le nostre battaglie. Entrando nel Governo Draghi abbiamo scelto di mettere l’interesse dell’Italia prima di quello del partito. Non ne sono pentito”.

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Ucraina Russia, news sulla guerra di oggi | Controffensiva ucraina a Severodonetsk. Salvini rinuncia al viaggio a Mosca

sabato, Giugno 4th, 2022

di Francesco Battistini, Marta Serafini

Le notizie di sabato 4 giugno sulla guerra, in diretta. Il governatore Gaidai alla tv: i russi avevano occupato il 70% della città

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• La guerra in Ucraina è arrivata al 101esimo giorno (qui le foto simbolo dei primi 100 giorni).
• Mistero sulla sorte di Aleksandr Dvornikov, a capo delle operazioni militari di Mosca, potrebbe essere stato sostituito.
• Allarme a Mariupol: il sindaco parla di catastrofe umanitaria, stimati 20mila morti e il 95% delle case distrutte.
• L’Ue ha formalizzato il sesto pacchetto di sanzioni antirusse: non solo il petrolio, colpiti anche la fidanzata di Putin, i «macellai di Bucha e la famiglia di Peskov.
• La Russia pronta a offrire i porti di Mariupol e Berdyansk per sbloccare l’export del grano in Ucraina.
Mosca ha chiesto il sostegno di Pechino, ma la leadership cinese vuole farlo senza incorrere nelle sanzioni occidentali: Xi teme infatti l’impatto sull’economia e fissa molti paletti.

Ore 09:31 – Zelensky: «3.620 centri abitati occupati dalla Russia»

«Dal 24 febbraio un totale di 3.620 centri abitati in Ucraina sono stati occupati dalla Russia: sia grandi città che piccoli paesi. Ognuno ha subito danni ingenti. Molti sono semplicemente inadatti alla vita civile. Questa realtà è stata portata dalla Russia». Lo ha detto il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky durante il suo discorso alla Conferenza annuale dei sindaci degli Stati Uniti d’America, aggiungendo che dall’inizio dell’invasione militare, la Federazione Russa ha utilizzato quasi 2.500 diversi missili contro l’Ucraina, la maggior parte dei quali ha colpito le infrastrutture della città.

Ore 09:19 – Minacce russe e viaggio di Salvini: così Gabrielli riferirà al Copasir

(Marco Galluzzo) Nel governo la giudicano come l’ennesima ritorsione di Mosca. Anche l’ennesima minaccia. Ma né a Palazzo Chigi né alla Farnesina hanno voglia di rispondere in modo ufficiale ad una nota del ministero degli Esteri russo che viene ritenuta comunque di stampo propagandistico.

Qui l’articolo completo.

Ore 09:15 – «Ha ucciso un comandante ceceno, si guardi le spalle»

(Marco Imarisio) «Dobbiamo muoverci o moriamo tutti». La presenza in Ucraina del veterano Ben Grant, ex Marine inglese, reduce dall’Afghanistan, nonché figlio della parlamentare conservatrice Helen Grant, consigliera speciale per l’Educazione femminile del governo guidato da Boris Johnson, è diventata di pubblico dominio la scorsa settimana. Era il 26 maggio.

Qui l’articolo completo.

Ore 09:10 – Salvini: stop viaggio a Mosca deciso con vertici Lega

Matteo Salvini, leader della Lega, rinuncia al viaggio a Mosca. «Avevo annunciato che ci sarebbe stata la possibilità di un viaggio in Turchia e in Russia per confrontarmi con soggetti istituzionali», racconta Salvini a Il Piccolo e al Messaggero Veneto, in occasione del tour elettorale. «Due obiettivi: distensione e difesa dell’interesse nazionale italiano. Preso atto delle reazioni scomposte dei colleghi di governo, mi sono confrontato con i vertici della Lega e abbiamo convenuto di imboccare altre strade. Il piano di pace proposto a Mosca dall’Italia è stato cestinato dopo dieci minuti, e la Russia preferisce parlare con Parigi e Berlino anziché con Roma: questa è la fotografia attuale e sono preoccupato. Con lo spread ai massimi dal 2018, con la benzina ben sopra i 2 euro al litro, bollette di luce e gas alle stelle, inflazione al 7% e rischio chiusura di molte fabbriche, fare di tutto per fermare la guerra e tornare alla pace per l’Italia è questione di vita o di morte».

Ore 08:46 – La catena alberghiera Marriott si ritira dalla Russia

La catena alberghiera internazionale Marriott ha annunciato il suo ritiro dal mercato russo. Lo riporta il sito dell’azienda. Il motivo della sospensione sono le sanzioni imposte da Unione Europea, Stati Uniti e Gran Bretagna contro la Russia a causa dell’invasione dell’Ucraina. L’azienda afferma che è diventato impossibile continuare a lavorare nel Paese. La rete Marriott opera in Russia da 25 anni. All’inizio di marzo, la società ha annunciato che avrebbe chiuso i suoi uffici di Mosca, oltre a sospendere gli investimenti e l’apertura di nuovi hotel in Russia. La stessa decisione è stata presa dalle catene alberghiere Hilton e Hyatt.

Ore 08:39 – La missione russa e il nuovo ricatto di Putin all’Italia

(Fiorenza Sarzanini) È il secondo avvertimento in due mesi. Dopo le dichiarazioni di Alexei Vladimorovic Paramonov, 60 anni, ex console russo a Milano, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri che il 21 marzo aveva minacciato «conseguenze irreversibili» se il nostro Paese avesse aderito al nuovo piano di sanzioni contro Mosca parlando di «ingratitudine» dopo gli aiuti per il Covid, interviene direttamente il ministero degli Esteri di Mosca.

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La missione russa e il nuovo ricatto di Putin all’Italia: «Relazioni danneggiate»

sabato, Giugno 4th, 2022

di Fiorenza Sarzanini

Il timore degli analisti è che la nuova minaccia possa riguardare il disvelamento di dati sensibili acquisiti nel marzo 2020

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È il secondo avvertimento in due mesi.

Dopo le dichiarazioni di Alexei Vladimorovic Paramonov, 60 anni, ex console russo a Milano, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri che il 21 marzo aveva minacciato «conseguenze irreversibili» se il nostro Paese avesse aderito al nuovo piano di sanzioni contro Mosca parlando di «ingratitudine» dopo gli aiuti per il Covid, interviene direttamente il ministero degli Esteri di Mosca.


La nota sottolinea che «il tentativo dei media italiani di dipingere la missione russa anti-Covid in Italia nel 2020 come un’operazione di spionaggio danneggia le relazioni tra Mosca e Roma» e accusa «le nostre controparti italiane abbiano la memoria corta. Una linea di comportamento così servile e miope non solo danneggia le nostre relazioni bilaterali, ma dimostra anche la moralità di alcuni rappresentanti delle autorità pubbliche e dei media italiani».

Una nota non firmata dal ministro e dunque riconducibile, secondo gli analisti, direttamente al presidente Vladimir Putin.

«Sanifichiamo gli uffici pubblici»

In realtà sono le carte ufficiali a dimostrare che l’intenzione dei russi, resa esplicita dal generale Sergey Kikot, il vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell’esercito russo, in un colloquio avvenuto subito dopo l’arrivo in Italia con il generale Luciano Portolano – all’epoca comandante del Coi, il Comando operativo interforze, e i vertici del Comitato tecnico Scientifico, Agostino Miozzo e Fabio Ciciliano — era di «sanificare l’intero territorio italiano entrando anche negli uffici pubblici e in tutte le sedi a rischio».

Il 22 marzo 2020, mentre l’Italia era in piena emergenza pandemica, a Pratica di mare erano sbarcati 123 militari da undici velivoli. La missione era stata concordata il giorno precedente da Vladimir Putin e dal presidente del consiglio Giuseppe Conte.

Le ultime notizie sulla guerra in Ucraina

Spese per 3 milioni di euro

Le mail trasmesse in quei giorni rivelano che i russi ci hanno consegnato «521.800 mascherine, 30 ventilatori polmonari, 1.000 tute protettive, 2 macchine per analisi di tamponi, 10.000 tamponi veloci e 100.000 tamponi normali».

Materiale che non bastava a fare fronte nemmeno alle esigenze di mezza giornata. La missione tra vitto, alloggio, rimborso carburante e altre «voci» è costata all’Italia più di 3 milioni di euro.

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La linea Mattarella “L’Italia in prima fila per arrivare alla pace”. Draghi duro su Mosca “Bene le sanzioni”

venerdì, Giugno 3rd, 2022

Il capo dello Stato celebra la Repubblica: “Un ruolo centrale per favorire il dialogo ma dal 24 febbraio è cambiato il mondo”. Il premier soddisfatto per il gioco di squadra dell’Europa: “Noi allineati alla Ue e alla Nato” Massimiliano Scafi 6

La linea Mattarella "L'Italia in prima fila per arrivare alla pace". Draghi duro su Mosca "Bene le sanzioni"

Ecco i sindaci. Poi i blindati, le truppe speciali, i bersaglieri, i carabinieri a cavallo, le infermiere che hanno combattuto il Covid, le fanfare, la Protezione civile, le Frecce tricolori che squarciano il cielo di Roma. Dopo tre anni in cui, dice Sergio Mattarella «è cambiato il mondo», torna a sfilare l’Italia con tutte le sue mille belle facce, una «nazione moderna», un Paese, come ha spiegato Mario Draghi, «fortemente allineato alla Ue, al G7 e alla Nato». E ai Fori romani, in prima fila sotto i tendoni blu, presidente e premier rappresentano in maniera plastica lo sforzo di rinfrescare la coesione nazionale, nel quadro della solidarietà occidentale. C’è stata una pandemia, ora c’è una guerra. «L’Italia ha un ruolo centrale per favorire il dialogo e si muove per la pace», spiega il capo dello Stato. Non una qualunque, «La pace non si impone da sola, è frutto dell’impegno e della buona volontà». Soprattutto, sostiene Draghi, deve andare bene a Kiev. Dunque la linea è questa, nessun cedimento a Mosca.

Tra orgoglio e difficoltà il Due Giugno, con la sua parata e la sua simbologia, con la cerimonia al Milite ignoto e la riapertura contingentata dei giardini del Quirinale, coincide con uno snodo davvero delicato della nostra democrazia. Il virus ancora in circolo, l’invasione russa dell’Ucraina, la carenza energetica, il caro bollette, le riforme da completare, i miliardi del Pnrr a rischio, la maggioranza agitata, gli equilibri politici interni in movimento. Il presidente del Consiglio tira dritto e già da oggi riprenderà in mano i dossier principali, dallo snellimento della macchina amministrativa che ci chiede l’Europa alla ricerca di fonti alternative per il gas, dalla protezione di famiglie e imprese in crisi alla battaglia per sbloccare il grano ucraino. Poi, certo, il conflitto. Patriarca Kirill a parte, Draghi è «molto soddisfatto» per il varo del sesto pacchetto di sanzioni della Ue.

Insomma, fare squadra in Europa: ma intanto farla pure in Italia. La presenza attiva di Giancarlo Giorgetti ai Fori dimostra che, almeno per il momento, il caso Salvini con il viaggio a Mosca è messo da parte e che il governo resta solido. E le parole di Mattarella, nell’anniversario della Repubblica, sono un richiamo alla necessità della solidarietà nazionale in questo momento scabroso. «Sessantasei anni fa – scrive al capo di Stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone – il popolo italiano si incamminò sulla strada della pace archiviando le avventure belliciste proprie di un regime autoritario come quello fascista. Il nostro contributo alla cooperazione internazionale si è caratterizzato con l’adesione al trattato Nord Atlantico sottoscritto fra Paesi amanti della libertà, con la costruzione graduale dell’unita europea e la partecipazione all’Onu e alle sue iniziative». Il perimetro è chiaro e noi abbiamo vissuto abbastanza bene, tra boom, campagne spaziali e un po’ di Guerra Fredda. «Fu possibile realizzare un clima di fiducia, di confronto alle volte al confine del contrasto, senza tuttavia mai superare i limiti».

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