Archive for Giugno, 2022

Assalto all’Agenzia per la cybersicurezza. Hacker respinti dopo 10 ore di battaglia

mercoledì, Giugno 1st, 2022

di Giuliano Foschini

La premessa, non di maniera, è che tutto ancora è in corso. E dunque tutto potrebbe ancora accadere. Ma quello che è successo, è già abbastanza: l’Italia nelle ultime 24 ore è stata il teatro di un combattimento, come mai se n’erano visti nel nostro paese. La sua infrastruttura più strategica in materia di sicurezza informatica, l’Agenzia nazionale per la cybersicurezza, è finita sotto attacco da parte degli hacker russi del collettivo Killnet. Un attacco di Ddos, dunque in grado di bloccare la rete ma non di esfiltrare dati.
Un attacco dimostrativo più che offensivo ma che potenzialmente, in termine di immagine per lo meno, avrebbe potuto avere effetti disastrosi. Così, però, non è stato. I nostri tecnici per dieci ore hanno affrontato la mole di dati che i russi, in tre momenti diversi della giornata, hanno scaraventato loro contro. E sono riusciti a non mandare in blocco l’infrastruttura e a reggere il colpo. Tanto che in nottata, a metà tra il cavalleresco e lo scherno, gli stessi hacker di Killnet hanno offerto l’onore delle armi all’Agenzia guidata dal professor Roberto Baldoni, con al fianco Nunzia Ciardi, ex capo della Polizia postale: “Csirt (l’acronimo del Computer security incident respons team, il sito attraverso il quale l’Agenzia indica gli alert e i report sugli attacchi informatici, ndr): sono eccellenti gli specialisti che lavorano in questa organizzazione. Abbiamo effettuato migliaia di attacchi e al momento vediamo che questi ragazzi sono dei bravi professionisti! Governo italiano, ti consigliamo di aumentare lo stipendio di diverse migliaia di dollari a questa squadra. CSIRT Accettate i miei rispetti, signori!”. Ma che è successo? Come è stato raccontato, dopo una prima offensiva cominciata il 12 maggio i russi di Killnet – ufficialmente hacker autonomi ma che in realtà si muovono come terza gamba del Cremlino – hanno annunciato un nuovo attacco contro l’Italia. Fino a questo momento hanno attaccato i siti di aziende e istituzioni, cercando di paralizzarne i servizi. In almeno due casi hanno, però, provato anche a rubare dati: la Polizia è riuscita a evitare l’intrusione nei propri database mentre non è ancora chiaro se siano riusciti a entrare in quelli del Ministero degli Interni. Su questo sta indagando comunque la procura di Roma che ha aperto un fascicolo per terrorismo. Come si diceva, i russi sono tornati alla carica nei giorni scorsi annunciando un attacco tra il 29 e il 30 maggio. Che c’è stato.

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Gas, Snam compra la prima nave rigassificatrice per sganciarci dalla Russia

mercoledì, Giugno 1st, 2022

di Fausta Chiesa

Snam porta a casa la prima delle due navi rigassificatrici che permetterà al nostro Paese di utilizzare gas naturale liquefatto per sostituire le importazioni di metano dalla Russia e che contribuirà a sganciarci dalla dipendenza da Mosca. Il gruppo guidato da Stefano Venier ha annunciato di aver chiuso il contratto per l’acquisto della Fsru (Floating storage and regasification Unit) su cui stava lavorando da quando il governo italiano ha deciso la nuova politica energetica. «Snam e Golar Lng Limited – si legge nella nota inviata poco dopo le 7 e 30 del primo giugno – hanno firmato un contratto per l’acquisizione, da parte del gruppo Snam, del 100% del capitale sociale di Golar Lng NB 13 Corporation, che possiede come unico asset la nave di stoccaggio e rigassificazione (Fsru) “Golar Tundra”, per un corrispettivo di 350 milioni di dollari (circa 330 milioni di euro)».

Golar Tundra, 5 miliardi di metri cubi di gas

L’operazione è stata approvata dal consiglio di amministrazione di Snam il 30 maggio. La Golar Tundra può operare sia come nave metaniera per il trasporto del gas naturale liquefatto (Lng) sia come Fsru, cioè come per lo stoccaggio e la rigassificazione. Costruita nel 2015, Golar Tundra ha una capacità di stoccaggio di circa 170.000 metri cubi di gas naturale liquefatto e una capacità di rigassificazione continua di 5 miliardi di metri cubi l’anno. «Si prevede che la Fsru possa iniziare la propria attività nel corso della primavera del 2023, a valle della conclusione dell’iter autorizzativo e regolatorio e della realizzazione delle opere necessarie al collegamento alla rete di trasporto».

Venier: «Maggiore sicurezza e diversificazione»

«Con l’acquisto della Golar Tundra – ha commentato l’amministratore delegato Stefano Venier – Snam compie un passo decisivo per favorire una maggiore sicurezza e diversificazione degli approvvigionamenti energetici dell’Italia, in linea con la propria missione. Il ruolo della nuova Fsru a beneficio del Paese sarà essenziale: da sola potrà contribuire a circa il 6,5% del fabbisogno nazionale, portando la capacità di rigassificazione italiana a oltre il 25% della domanda. Snam ha completato l’operazione con rapidità ed efficacia in un mercato caratterizzato da un elevato livello di competitività e scarsità dell’offerta e continua a lavorare alla ricerca di una seconda Fsru di dimensioni simili, sulla quale è attualmente in corso una negoziazione in esclusiva che si prevede possa concludersi entro fine giugno». La nave è stata acquistata dallo stesso gruppo da cui Snam il 18 maggio ha acquistato la piccola Fsru Golar Arctic che servirà a portare il gas in Sardegna, unica regione d’Italia che ne è ancora priva. Si tratta di una società fondata nel 1946in Norvegia con sede a Bermuda e quotata al Nasdaq di New York.

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Usa, AR-15: l’arma usata nelle stragi degli ultimi 10 anni. Perché è così micidiale

mercoledì, Giugno 1st, 2022

di Milena Gabanelli e Francesco Tortora

Nella strage alla scuola elementare di Uvalde, Texas, è stato usato l’AR-15: un fucile semiautomatico progettato dagli americani per il conflitto in Vietnam. Si tratta di un’arma micidiale che spara a raffica proiettili piccoli e velocissimi, colpiscono l’obiettivo a 800 metri al secondo, con caricatori da 45 o 60 colpi. Quando il proiettile colpisce una parte dura, perde stabilità e traiettoria dentro al corpo umano devastandolo. Se colpisce una spalla, il foro di uscita lo trovi dietro la schiena all’altezza del fegato. È un’arma da guerra, ma venduta negli Usa anche come arma da caccia o difesa personale. L’AR-15 è stato utilizzato per compiere la strage di Aurora, Colorado, nel luglio 2012 (14 vittime); Newtown, Connecticut, dicembre 2012 (27 vittime alla scuola elementare «Sandy Hook» di cui 20 bambini tra i 6 e i 7 anni); San Bernardino, California, dicembre 2015 (14 vittime); Orlando, Florida, giugno 2016 (49 vittime); Parkland, Florida, febbraio 2018 (17 studenti al liceo «Marjory Stoneman Douglas»). E infine i 19 bambini e 2 insegnanti di Uvalde. Nessun poliziotto armato di pistola può fronteggiare un soggetto con in mano un AR-15.

Il Secondo emendamento della Costituzione americana risale al 1791, e proclama il diritto dei singoli cittadini a possedere armi per difendersi. Nel 1934 il governo statunitense interviene per la prima volta con una interpretazione restrittiva della norma imponendo limiti e controlli con il National Firearms Act: registrazione di alcune categorie di armi (fucili a canna rigata e fucili a canna liscia inferiore a 18 pollici, armi con silenziatore, mitragliatrici), il divieto di possedere fucili senza il porto d’armi e ne scoraggia l’uso con una tassa di 200 dollari. Nel 1968 c’è un nuovo intervento normativo con il Gun Control Act che vieta trasferimenti interstatali di armi da fuoco e l’acquisto di pistole e fucili per corrispondenza.

Reagan e la lobby delle armi

La storia si allenta negli anni 80, quando Reagan, il primo presidente eletto con l’appoggio della lobby delle armi, la NRA, presenta il «Firearm Owners’ Protection Act», legge che abroga parzialmente le limitazioni, ma stabilisce il divieto della vendita libera di fucili automatici ai civili. Nel 1992 tornano i democratici al potere e Bill Clinton vara il «Brady Bill», che rende più difficile l’acquisto di una pistola, e «l’Assault Weapons Ban», bando sulle armi d’assalto come i fucili semiautomatici tipo l’AR-15, e limita anche il numero di proiettili per caricatore. Nel 2004 l’amministrazione Bush non rinnova il bando, ma la svolta arriva tra il 2008 e il 2010 con le sentenze «District of Columbia v Heller» e «McDonald v City of Chicago». La corte Suprema, presieduta dal conservatore Antonin Scalia stabilisce che possedere armi per la difesa personale è un diritto fondamentale dei cittadini su tutto il territorio nazionale.

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Il 2 giugno e la Nato: una doppia lezione

mercoledì, Giugno 1st, 2022

di Antonio Polito

A ripensarci tanti anni dopo, la frattura monarchia-repubblica aperta dal referendum del 2 giugno del 1946 fu ricucita in un tempo sorprendentemente breve. E non era stata certo una spaccatura da poco: quasi undici milioni di italiani, pari al 45,7% dei votanti su scala nazionale e maggioranza nel Meridione, avevano votato per conservare la monarchia sabauda. Il clima era stato così incandescente («o la Repubblica o il caos», aveva minacciato Nenni) che le accuse di brogli durarono per anni. De Gasperi, ben consapevole del radicamento della causa monarchica nel Paese, aveva voluto il referendum proprio per togliere alla Dc la responsabilità della decisione. Non a caso la scelta dei due primi capi dello Stato, Enrico De Nicola e Luigi Einaudi, cadde su personalità che avevano votato per la monarchia al referendum.

Eppure, in pochi anni, la delicatissima questione della forma di Stato smise di essere una causa di conflitto politico. La Repubblica seppe assorbire il dissenso, grazie alla crescita economica e ai massicci investimenti pubblici nel Mezzogiorno, guidati dalla Dc; e grazie alla scelta del Pci di Togliatti di accettare il gioco democratico nell’arena costituzionale garantita dalla scelta repubblicana. Già alla fine degli anni ‘50 i partiti monarchici avevano esaurito la loro forza politica, nonostante il successo locale del laurismo a Napoli.

Ben diversamente le cose andarono con l’altra grande frattura politica che segnò il primo dopoguerra: quella tra i sostenitori dell’adesione italiana alla Nato e i suoi contestatori. Tra chi scelse l’Occidente e gli Stati Uniti nella nuova divisione del mondo e chi invece immaginava di poter stare dall’altra parte nella Guerra Fredda incipiente, con il comunismo e con l’Urss.

Ci fu anche nel mondo cattolico una spinta per tenere una posizione «neutralista», o l’illusione di un possibile «terzaforzismo» per il nostro Paese. Ma il dissenso nella Dc, che De Gasperi aveva tollerato sulla monarchia, venne invece combattuto e sconfitto sulla questione delle alleanze internazionali. Così il Pci, che pure aveva fatto fronte comune con gli altri partiti antifascisti per far nascere la Repubblica e aveva poi partecipato a scriverne le regole nella Costituzione, finì all’opposizione per i successivi quarant’anni, fino a Berlinguer. E anzi le onde d’urto provocate da quella frattura sembrano essere arrivate fino ai giorni nostri: se ne sente un’eco nelle polemiche dei filo-russi contro il sostegno all’Ucraina dell’Italia.

Questi precedenti storici ci dicono che, contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare, perfino una questione istituzionale serissima come quella della monarchia può essere risolta con gli strumenti della politica e con il compromesso. Ne è un magnifico esempio la Quinta Repubblica francese, di fatto una «monarchia repubblicana». Non così è per la politica estera, che in definitiva è l’essenza della politica, perché il suo oggetto è l’interesse nazionale.

Ogni qualvolta si presenta in termini da reclamare scelte di campo — e il tempo che stiamo vivendo è una di quelle volte — impone decisioni nette e conseguenti. Non è aggirabile con giochi di parole e soluzioni pasticciate. Ogni crisi internazionale — come ha scritto di recente Angelo Panebianco — lascia un panorama politico che non sarà mai più quello di prima. Si può infatti dire — ed è stato detto — che l’atto di nascita della Repubblica italiana è duplice: c’è il referendum istituzionale del 2 giugno, e ci sono le elezioni del 18 aprile del 1948, che diedero la maggioranza assoluta alla Dc e aprirono la strada, meno di un anno dopo, all’adesione dell’Italia alla Nato. Una sorta di Costituzione materiale che vincolò la Repubblica e si affiancò alla Costituzione vera e propria, scaturita dal referendum del 1946 e dalla collaborazione delle forze antifasciste.

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Salvini, la Russia e i 3 incontri all’ambasciata: il Copasir indaga su un diplomatico (poi espulso)

mercoledì, Giugno 1st, 2022

di Cesare Zapperi

Salvini avrebbe partecipato ad almeno 3 incontri all’ambasciata russa in Italia: il Copasir indaga sul ruolo di un diplomatico, poi espulso, che avrebbe fatto da tramite. Il premier: il governo è collocato con Ue e Nato, e non si sposta

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MILANO — «Ho raccomandato anche al Copasir che l’importante è che questi rapporti siano trasparenti». Formale e felpata, arriva la chiosa del premier Mario Draghi (che precisa anche che il governo «è fermamente collocato nell’Ue e nel nostro rapporto storico transatlantico») a rafforzare il coro di critiche che hanno investito Matteo Salvini e il suo progetto di missione a Mosca .

Un piano maturato dopo che il leader leghista avrebbe partecipato per almeno tre volte a incontri all’ambasciata russa in Italia.

Salvini persevera per il terzo giorno consecutivo nel suo insolito silenzio in piena campagna elettorale. E così la scena è tutta o quasi dei suoi contestatori.

Il segretario pd Enrico Letta è netto: «Con Salvini l’incompatibilità è totale. Mentre stavamo discutendo in Europa, Salvini con un non meglio identificato consigliere che è anche consulente dell’ambasciata russa, andava a cena dall’ambasciatore a fare non si sa cosa».

Il leader dem ne approfitta per avvertire i 5 Stelle in previsione del 21 giugno: «Nato e Ue sono i pilastri sui quali un governo si regge e se questi pilastri vengono meno la maggioranza non può stare insieme, se non è unita su questi temi».

Su Salvini il leader di Azione Carlo Calenda taglia corto: «È un leader abbastanza disperato, dice cose a vanvera».


La replica è affidata, insieme a una serie di dichiarazioni concertate che arrivano alle agenzie in serata, ai capigruppo leghisti di Camera e Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo: «Attaccare chi vuole la pace non è un bel segnale che arriva dall’Europa. Salvini è l’unico pronto a mettersi in gioco per cercare la via del dialogo». E il vicesegretario Lorenzo Fontana: «Indegno il doppiopesismo nei confronti di Salvini». Di suo, il segretario aggiunge un messaggio destinato a chi ha fatto distinguo (Giorgetti ), affidato alla chat del partito: «La Lega è una grande squadra, che ha vinto e vincerà a lungo, per questo il tentativo di alimentare litigi e divisioni si ripete sempre uguale, noioso e inutile».

Diatribe intestine a parte, il progetto salviniano e le modalità con cui si è mosso, a partire dal ricorso al consulente Antonio Capuano e dai rapporti con l’ambasciata russa, continuano ad alimentare la discussione, in Italia e non solo.

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Tito Boeri: “Siamo il Paese delle diseguaglianze, aiutare i più deboli è un’urgenza”

mercoledì, Giugno 1st, 2022

PAOLO BARONI

I salari troppo bassi e la povertà, ma non solo. Perché sono tante le disuguaglianze di cui soffre il Paese, avverte Tito Boeri alla vigilia dell’apertura del Festival internazionale dell’economia che inizia oggi a Torino sotto la sua direzione.

«Nel Paese – spiega l’economista – come rivela una indagine curata da Nando Pagnoncelli che presenteremo domani (oggi – ndr), c’è molta indignazione per i livelli e la natura delle disuguaglianze che sono nate dopo la pandemia. Sono disuguaglianze diverse, come quelle sulle condizioni di salute o il livello di apprendimento scolastico dopo la chiusura delle scuole, che si aggiungono a quelle che già c’erano in termini di redditi e ricchezza. Disuguaglianze che la gente non è disposta a tollerare soprattutto quando sono slegate dal merito».

Sui salari a causa dell’inflazione siamo all’emergenza…

«L’inflazione è chiaramente una preoccupazione molto forte, soprattutto per coloro che hanno redditi fissi: è uno choc in più che si aggiunge a una situazione già di forte disagio che fa nascere forti preoccupazioni sulla coesione sociale».

E come si evita il peggio?

«Innanzitutto bisogna cercare di contenere queste disuguaglianze, perché hanno raggiunto livelli eccessivi, ma soprattutto bisogna che corrispondano davvero a differenze nell’impegno individuale anziché alla fortuna oppure ai clientelismi. E soprattutto non devono essere legate a discriminazioni, altro tema che al festival tratteremo a vari livelli: discriminazioni di genere (dai divari salariali uomo/donna alle differenze nelle carriere, all’accesso alle posizioni manageriali), etniche, legate alle varie disabilità o agli orientamenti sessuali».

Aumentare le paghe serve a sostenere la domanda allontanando la recessione.

«La prima cosa da fare è preoccuparsi dei livelli più bassi. Per cui in Italia è fondamentale affrontare seriamente la questione del salario minimo. È disdicevole che la cosa venga continuamente rinviata: questo è il momento».

Per i sindacati il riferimento sono i minimi fissati dai contratti nazionali.

«No, non è la soluzione, perché i contratti nazionali coprono una percentuale di lavoratori che è decrescente nel tempo e oggi abbiamo già più di 3 milioni di lavoratori che hanno salari inferiori ai minimi stabiliti dalla contrattazione collettiva. Come in Germania anche in Italia i sindacati dovrebbero prendere atto che, a partire dai servizi, ci sono tantissimi lavoratori non coperti dai contratti collettivi. Per questo dovremmo affidarci ad un salario minimo fissato per legge. Poi è chiaro che dove c’è contrattazione collettiva questo minimo sarà più alto».

Tanti lavoratori precari e in part-time involontario stanno sotto la soglia di povertà.

«Questo è un altro aspetto del problema, che si affronta con altri tipi di strumenti, come il reddito minimo garantito. In Italia esiste il reddito di cittadinanza, che nel momento in cui si introduce un salario minimo andrebbe però ridefinito. I due livelli vanno coordinati tra di loro in modo attento, altrimenti si rischia di fare danni».

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Embargo al petrolio russo, ecco i rischi per l’Italia

mercoledì, Giugno 1st, 2022

Luca Monticelli

L’embargo dell’Europa al petrolio russo scatterà alla fine dell’anno e prevede lo stop alle importazioni via mare. L’Italia, ha detto il premier Mario Draghi, non esce penalizzata dal nuovo accordo sulle sanzioni, e il motivo è presto detto: nel 2021 il 10% del greggio che l’Italia importa è di origine russa, pari a 5,7 milioni di tonnellate. E anche il 10% dei prodotti petroliferi importati viene da Mosca. I due terzi dei barili che arrivano nel nostro Paese sono destinati alla raffineria di Priolo, nel siracusano, dove si concentra un quinto della produzione di carburanti. L’altra rotta importante è verso il porto di Trieste, ma per il resto le quantità di greggio e prodotti petroliferi destinate al mercato italiano rappresentano una quota non particolarmente significativa. Quindi, il piano messo in campo dal governo per ridurre la dipendenza dal gas di Putin vale anche per l’oro nero: incrementi degli stoccaggi e import dall’Africa.

Le conseguenze però le sentiranno, eccome, i lavoratori della raffineria di Priolo di proprietà della russa Lukoil. L’altro effetto sarà il rialzo della benzina, visto che le quotazioni del petrolio stanno risalendo.

I costi
Ieri a Londra i prezzi del petrolio hanno superato i 124 dollari al barile, dopo l’accordo dei leader europei. Il presidente degli Usa Joe Biden ha chiesto all’Opec di aprire i rubinetti e sta valutando una visita in Arabia Saudita, ma il principe Faisal bin Farhan la scorsa settimana a Davos ha detto che l’Opec ha già fatto tutto il possibile per stabilizzare i mercati. L’Opec+, il cartello petrolifero a guida saudita allargato alla Russia, sarebbe intenzionato a mantenere invariati i piani di produzione di greggio, nonostante l’accordo di Bruxelles. Per il Wall Street Journal alcuni membri dell’Opec stanno valutando l’ipotesi di sospendere la Russia dal cartello.

Il governo Draghi ha tagliato le accise sulla benzina garantendo uno sconto di 30 centesimi al litro alla pompa, tuttavia questo provvedimento scadrà l’8 luglio.

La media nazionale della benzina in modalità self service la settimana scorsa (23-29 maggio) si è attestata a 1,885 euro al litro, circa un centesimo in più rispetto alla settimana precedente quando era a 1,873 euro. Il gasolio, sempre al self, a quanto emerge dai dati del ministero della Transizione ecologica, tocca 1,812 euro al litro, quasi un centesimo in meno della settimana precedente (1,819).

Le rotte

Secondo il Financial Times l’Italia negli ultimi anni ha quadruplicato le importazioni del greggio russo, diventando uno dei migliori clienti di Putin. Rispetto a prima della guerra in Ucraina, nel nostro Paese giungono da Mosca 450 mila barili al giorno. Per trovare un precedente simile bisogna tornare indietro di dieci anni. Tuttavia, scrive il quotidiano finanziario britannico, una parte di questi barili transita solamente in Italia per poi finire in Germania. Il greggio “italiano” è consumato soprattutto dai trasporti su strada; la domanda dei tir per il gasolio, ad esempio, è altissima. L’intesa siglata dai Paesi Ue blocca l’export del petrolio russo via mare, mentre continuerà a viaggiare negli oleodotti, almeno per ora. Si tratta di un compromesso raggiunto per ottenere il sì dell’Ungheria. Comunque, complessivamente l’embargo riguarderà i 2/3 dell’oro nero del Cremlino e scatterà tra otto mesi. Alcune eccezioni saranno concesse alla Repubblica ceca per 18 mesi e fino al 2024 per la Bulgaria. Allo stop alle navi si dovrebbe aggiungere anche quello di Polonia e Germania dai tubi. Intanto, Italia, Austria, Repubblica ceca e Germania stanno stringendo un patto per potenziare la pipeline che parte da Trieste.

Le forniture
Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, contattato da La Stampa, sottolinea proprio come l’accordo sull’embargo spingerà inevitabilmente i costi dei carburanti: «Dopo l’intesa europea il prezzo del petrolio è aumentato di tre dollari, la benzina arriverà a nuovi picchi». Il premier Mario Draghi ha definito la decisione Ue «un grande successo», Tabarelli è d’accordo dal punto di vista politico, ma è molto cauto sul futuro che attende l’Italia: «Sotto il profilo energetico abbiamo dei problemi, sostituire questi volumi non sarà così facile, la domanda sta tornando ai livelli pre-pandemici del 2019: parliamo di 100 milioni di barili al giorno per tutto il mondo, l’Europa ne consuma 10 milioni e ne importa tre dalla Russia». In più, «veniamo da otto anni in cui non sono stati fatti investimenti sulla capacità produttiva».

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Stipendi, il monito di Visco: “Non seguano la corsa dei prezzi”

mercoledì, Giugno 1st, 2022

PAOLO BARONI

ROMA. L’inflazione fa segnare un’altra fiammata record, ma per il governatore di Bankitalia bisogna tener duro ed evitare di innescare una rincorsa tra prezzi e salari, a suo giudizio «vana», limitandosi semmai a concedere aumenti una tantum. Visco ha da poco iniziato a leggere le sue «considerazioni finali» che l’Istat scodella i dati preliminari sui prezzi a maggio. Ed è uno choc: dopo il calo di aprile legato alle misure del governo, l’indice sale di 0,9 sul mese precedente e addirittura di 6,9 punti rispetto al 2021. Si tratta di un livello che non si registrava dal 1986 e che per i consumatori si traduce in media in una stangata da 2.421 euro a famiglia.

Colpa (ancora) del caro energia (+42, 2% in 12 mesi), ma anche dei rincari di alimentari e trasporti. Il risultato finale è una inflazione acquisita per il 2022 che sfiora al 5,7% ed una inflazione di base al 3,5% che desta a sua volta allarme. Inevitabile che ripartano le polemiche sulla perdita del potere dei salari su cui tornano ad insistere i sindacati.

Per Visco la guerra sta determinando «un significativo rallentamento dell’economia mondiale» e a suo giudizio l’inflazione resterà a livelli elevati quest’anno per poi calare nel 2023. «L’aumento dei prezzi delle materie prime importate è una tassa ineludibile per il Paese» ha poi aggiunto. Più che la politica monetaria, che ha il compito di assicurare la stabilità dei prezzi nel medio termine, però tocca soprattutto al governo intervenire con «opportuni interventi di bilancio di natura temporanea, calibrati con attenzione alle finanza pubbliche» allo scopo di contenere i rincari delle bollette energetiche e sostenere il reddito delle famiglie. Attenzione, però: «L’azione pubblica può ridistribuirne gli effetti tra famiglie, fattori di produzione, generazioni presenti e future, non può annullarne l’impatto d’insieme».

Sui contratti, per ora, la situazione appare sotto controllo visto che non si registrano «segnali di trasmissione delle pressioni dai prezzi alle retribuzioni». Stando alla relazione annuale di Bankitalia sino ad oggi «la crescita delle retribuzioni minime stabilite dalla contrattazione nazionale è stata molto contenuta (0, 9% nel settore privato non agricolo, 0, 6% nel complesso dell’economia)». Questo perché gli accordi in vigore sono stati in larga parte rinnovati prima dell’incremento dell’inflazione e perché la debolezza della domanda ha rallentato le trattative nei settori dei servizi più colpiti dalla pandemia (commercio, ristorazione, alberghi). E anche le trattative in corso nei settori chimico-farmaceutico, delle assicurazioni e dell’energia, pur prefigurando rialzi superiori rispetto al passato, presentano nel complesso richieste moderate.

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Guerra Russia-Ucraina, Biden: “Non vogliamo guerra Nato-Russia. Invieremo a Kiev missili hi-tech per difendersi, non per attacchi”. Mosca avvia esercitazione con forze nucleari

mercoledì, Giugno 1st, 2022

AGGIORNAMENTI DALL’UCRAINA DI MONICA PEROSINO, NICCOLÒ ZANCAN. DIRETTA A CURA DI DANIELA LANNI, MARINA PALUMBO

È il 98° giorno di guerra in Ucraina. Gli Stati Uniti forniranno all’Ucraina sistemi missilistici Himars, che hanno una gittata di 80 chilometri. Lo riferiscono fonti dell’amministrazione dopo che Joe Biden, in un editoriale sul New York Times, ha annunciato l’invio a Kiev di sistemi missilistici più avanzati.

L’Ue sembra aver trovato l’accordo sull’embargo al petrolio russo: il sesto pacchetto di sanzioni prevede lo stop immediato al greggio via mare. Rinviato invece l’embargo per quello trasportato da oleodotti. In queste ore però l’Unione europea starebbe valutando la possibilità di introdurre dazi al petrolio russo in arrivo via oleodotti nel caso in cui non si arrivasse a un accordo chiaro sulla scadenza delle deroghe prevista dall’intesa al vertice europeo per Paesi che non hanno sbocco sul mare: in particolare le deroghe riguardano gli Stati dove arriva l’oleodotto Druzhba, tra i quali l’Ungheria di Orban.

Oggi si deciderà della black list del sesto pacchetto di sanzioni e il patriarca Kirill potrebbe essere incluso nella lista nera. I leader Ue sono pronti inoltre a offrire 9 miliardi di euro per le esigenze immediate e l’avvio della ricostruzione dell’Ucraina.

Roman Abramovich ha intentato una causa presso la Corte europea della Giustizia di Lussemburgo contro il Consiglio dell’Unione europea per le sanzioni adottate nei suoi confronti in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. La causa del magnate russo è stata registrata dal tribunale il 25 maggio scorso.

Il ministro degli esteri russo, Serghei Lavrov, sarà in visita in Turchia la prossima settimana per discutere della creazione di “corridoi sicuri” per il trasporto del grano ucraino, come annunciato dal suo omologo turco Mevlut Cavusoglu.

Intanto Putin avrebbe dato l’ordine di occupare l’intera regione di Lugansk e Donetsk entro il 1° luglio. E il Consiglio norvegese per i rifugiati fa sapere che circa 12.000 civili sono intrappolati a Severodonetsk e l’amministrazione militare di Kiev ha riferito che è in costruzione la prima linea di difesa della capitale, per fronteggiare un eventuale nuovo attacco russo. 

Segui gli aggiornamenti ora per ora

08.40 – Il Canada ha imposto sanzioni a 22 persone e a 4 società russe
Il Canada ha imposto sanzioni a 22 persone e a 4 società russe. La decisione è stata presa in risposta all’invasione dell’Ucraina, come riporta il sito web del governo canadese. L’elenco delle sanzioni include funzionari delle istituzioni finanziarie russe e membri delle loro famiglie, nonché istituzioni finanziarie e banche. La prima nella lista delle persone è la campionessa olimpica Alina Kabayeva, direttrice generale del National Media Group e, secondo vari media, compagna e madre dei figli di Putin.

08.30 – Ucraina: sale a 243 il bilancio bambini morti, 446 i feriti
È salito a 243 il numero dei bambini ucraini morti dall’inizio dell’invasione russa, mentre 446 sono rimasti feriti. Lo ha riferito questa mattina il Parlamento ucraino, secondo quanto riporta il Guardian.

08.20 – 007 Gb: “Metà Severodonetsk in mano a russi e ceceni”
Oltre metà di Severodonetsk, la città nell’oblast di Lugansk, da giorni assediata dalle truppe ucraine, è «ora occupata dalle forze russe, tra i quali i combattenti ceceni». Lo ha rilevato l’intelligence militare Gb nel suo ultimo aggiornamento della situazione sul campo in Ucraina. «Le operazioni di terra russe rimangono strettamente focalizzate», si legge ancora nel rapporto, «con il peso della potenza di fuoco concentrato in un piccolo settore dell’oblast di Lugansk. Nel corso del 30-31 maggio, i combattimenti si sono intensificati nelle strade di Severodonetsk« e «le forze russe che si sono avvicinate al centro della città».

Gli Usa inviano il sistema missilistico a lungo raggio HIMARS: l’arma più potente mai usata da Kiev e che potrebbe colpire anche il territorio russo

07.45 – Zelensky: “Putin male oscuro, Dio da nostra parte”
«Dio è dalla nostra parte» e Putin e la Russia sono «il male oscuro»: lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un’intervista all’emittente Usa, Newsmax. 

07.35 – Zelensky: “L’Ucraina non può cedere nulla a Mosca”
La posizione dell’Ucraina come «perimetro difensivo» per il mondo contro la Russia significa che Kiev non può “cedere” nulla: così il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy durante un’intervista al sito di notizie americano Newsmax. «Non siamo pronti a cedere nessuno dei nostri territori, perché i nostri territori sono i nostri territori: è la nostra indipendenza, la nostra sovranità; questo è il problema», ha detto Zelenskyy riconoscendo che «ci sono alcune difficoltà con alcuni territori. Ci sono alcuni dettagli, ma tutte queste difficoltà potrebbero essere discusse e quelle discussioni sarebbero necessarie per fermare la guerra».

07.34 – Zelensky,: “Lanciarazzi Usa solo per autodifesa. Non abbiamo intenzione di attaccare la Russia”
I lanciarazzi a lunga gittata MLRS richiesti agli Stati Uniti non sarebbero utilizzati dall’esercito ucraino per attaccare il territorio russo, ma esclusivamente per l’autodifesa contro gli invasori. Lo ha precisato, in una intervista al canale conservatore americano Newsmax il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo che nei giorni scorsi l’invio di tali armi era stato ipotizzato e poi smentito dal presidente Usa Joe Biden. «So di persone negli Stati Uniti e anche alla Casa Bianca che pensano che possiamo usare gli MLRS per attaccare la Russia. Guarda, non attaccheremo la Russia. Non siamo interessati alla Federazione Russa, non stiamo combattendo sul suo territorio come loro fanno con noi», ha precisato Zelensky.

05.50 – Zelensky: “Perdiamo tra i 60 e i 100 soldati ogni giorno”
L’Ucraina sta perdendo dai 60 ai 100 soldati ogni giorno, ha detto il presidente Volodymyr Zelensky in un’intervista al canale americano Newsmax ripresa da Cnn e Tass. «La situazione nell’Est è molto difficile. Ogni giorno perdiamo dai 60 ai 100 soldati e contiamo qualcosa come 500 feriti in combattimento», ha detto Zelensky.

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